L'astuzia del calabrone
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Anteprima del libro
L'astuzia del calabrone - Emmanuel Angilletta
Angilletta
1
Non si è mai considerato un eroe. Ma da quando ha visto il primo film di Batman del 1989, Frank ha capito che nella sua vita e in quella degli altri ci doveva essere giustizia. Certo, non indosserebbe mai un costume vero e proprio: l’ha sempre trovato ridicolo. Ma da quel momento in poi ha cercato di fare qualcosa per gli altri. In un modo o nell’altro ha cercato di portare quella giustizia nelle loro vite. Ed è per questo che si ritrova alle 02:23 di notte di un umido e soprattutto caldo 12 luglio, a girovagare, come un lupo solitario in caccia delle sue prede, per i vari paesi della provincia di Lecce. In diversi di questi paesi ultimamente stanno succedendo le cose più disparate: qualcuno si diverte ad incendiare auto di gente comune, lo spaccio di droga è sempre più in aumento tra i giovanissimi e le risse non mancano.
Non può stare a casa e fare finta di niente. Deve intervenire.
2
Due giorni dopo, il suo cadavere, il cadavere di Frank Surace, viene ritrovato in un garage nella periferia di Lecce. Oscilla proprio nel mezzo della stanza e ha, intorno al collo, una corda.
Prima ipotesi: suicidio.
3
«Ciao Capitanoooo!!! Sono felicissima», sta urlando Sara al telefono, piena di entusiasmo, mentre sta lasciando un messaggio alla segreteria di Radio 105. «Ho appena scoperto che io e il mio compagno aspettiamo un bambino. Mi fareste ascoltare per le 06:55 la canzone di Vasco, quella che fa: "Laura aspetta un figlio per Natale"?. Grande Capitanooo. Sono Sara da Lequile. A colacioneee.»
4
Una settimana dopo, il cadavere di Sara Cuna viene ritrovato dal compagno nella propria camera da letto. Per terra, vicino al suo corpo, alcune scatolette di vari medicinali.
Prima ipotesi: suicidio.
5
È ormai da qualche anno che Ignazio Longo si è affermato come uno dei migliori cuochi del Salento. Il suo ristorante La risacca blu di Martano è uno dei più gettonati, soprattutto nel periodo primavera-estate.
6
Tre giorni dopo, il corpo di Ignazio viene ritrovato sul marciapiede di un cortile interno di una palazzina di Martano.
Prima ipotesi: suicidio.
7
Si dice che il tempo cura le ferite. O almeno così gli hanno insegnato. Eppure Riccardo non fa altro che domandarsi perché, nonostante siano passati circa quattro anni, continua a provare quella profonda fitta al cuore. Certo lo sguardo di sua figlia, ogni volta che i due si incrociano, non aiuta a rimarginare la ferita. D’altronde quello era il suo ragazzo, la persona con cui forse un giorno avrebbe passato il resto della sua vita. E, anche se adesso Ludovica ha un altro fidanzato, il ricordo di lui è molto forte. Forse Alex era davvero l’uomo della sua vita, anche se all’epoca aveva solo diciassette anni.
Chiunque senta la loro storia non può far altro che pensare, o almeno dire, che quello che è successo è stata solo una tragica fatalità, un maledetto incidente. Ma Riccardo continua a sostenere che la colpa è solo sua. È vero, quel maledetto giorno il maltempo non aveva dato tregua e proprio per questo aveva detto a Ludovica che forse era meglio rinunciare ad uscire con Alex. Ma lei aveva insistito, dicendogli che in fondo avrebbero fatto un giro al centro commerciale e quindi sarebbero stati al coperto.
Riccardo ricorda tutto con precisione.
L’appuntamento era per le 18:00 e, dal momento che era il 10 dicembre, il sole era tramontato già da un po’. Ormai era praticamente buio.
Aveva smesso di piovere quando erano partiti da casa diretti verso casa di Alex. Erano arrivati cinque minuti dopo. Alex li aspettava nella verandina. Salì in auto e partirono.
«Ci vediamo per le 21:00, ragazzi» fece Riccardo lasciandoli di fronte all’ingresso del centro commerciale.
«Ok, papà.»
Mancavano pochi minuti alle 20:30 quando la sua radio trasmittente avvisò che un paio di uomini armati erano entrati nella gioielleria del centro commerciale e avevano iniziato a far fuoco contro le vetrinette, dove erano riposti i gioielli. Le commesse, insieme ad alcuni clienti, erano riuscite a scappare.
Riccardo, cercando di non perdere la lucidità, prese la chiamata. «Sono l’ispettore Giusti. Mi reco io sul posto. Sono quasi arrivato al parcheggio.»
«Ok, ispettore», fece una voce femminile alla radio. «Nel frattempo stanno arrivando i rinforzi.»
Dopo aver parcheggiato, Riccardo si avvicinò con cautela verso l’ingresso. Di fronte a lui moltissime persone che scappavano da una parte all’altra. Sganciò il caricatore della pistola per controllare quante cartucce ci fossero. Una volta varcata la soglia iniziò a camminare rasente il muro. I corridoi erano ormai quasi deserti.
Poi, tutto accadde all’improvviso. Uno dei rapinatori sbucò fuori dall’ingresso della gioielleria. Aveva sulle spalle un borsone. In mano una pistola.
«Getta l’arma! Polizia!» urlò Riccardo.
Il rapinatore, preso alla sprovvista, iniziò a sparare un paio di colpi verso la sua direzione. Riccardo riuscì a pararsi dietro ad una colonna appena in tempo. Poi si sporse e rispose al fuoco. Qualcosa o, meglio, qualcuno cadde a terra di fronte ai suoi occhi. Era Alex.
Non si sa come, né il perché, ma improvvisamente anche lui era saltato fuori dal nulla.
Riccardo lo riconobbe subito e rimase come impietrito. Ma un urlo alle sue spalle lo fece rinsavire. Si voltò e vide che era sua figlia. Stava per andare da lei ma, dopo qualche passo, si rese anche conto che proprio dietro alle sue spalle, proprio dietro a quella colonna che fino a quel momento lo aveva protetto c’era ancora il rapinatore. Anche lui era rimasto quasi impietrito nel vedere quel giovane ragazzo cadergli di fronte. Poi arrivò il suo compagno che lo scosse e cercò di spingerlo via.
«Muoviti! Sono arrivati i rinforzi. Dobbiamo scappare.»
E, in un ultimo disperato tentativo per poter sfuggire, il secondo rapinatore esplose un colpo di fucile. Riccardo cercò di gettarsi contro sua figlia per proteggerla. Ma la traiettoria del proiettile essendo incerta, fece sì che questo si frantumasse contro la colonna. Poi i due fuggirono lasciando poche tracce.
Ludovica scoppiò a piangere, ma quasi subito si rese conto che anche suo padre era a terra. Una pozza di sangue si stava formando sotto la sua testa.
8
«Oh, mio Dio! Oh, mio Dio!» continuava a ripetere Ludovica, sempre più spaventata, sempre più agitata. «Aiuto!!! Qualcuno mi aiuti!»
Dopo qualche istante entrarono un paio di poliziotti che chiamarono un’ambulanza. E, nel frattempo, altri due non poterono far altro che constatare la morte di Alex.
Riccardo fu portato d’urgenza al pronto soccorso.
Una volta all’ospedale, i medici scoprirono che una scheggia piccolissima del proiettile si era conficcata vicino alla corteccia visiva del cervello di Riccardo. Toglierla avrebbe comportato un intervento lungo, complesso e delicato.
Fortunatamente però l’operazione riuscì alla perfezione.
Ma per capire esattamente quali danni avesse riportato dovettero aspettare che Riccardo si risvegliasse dal coma.
Passarono circa due mesi, e una notte Riccardo si risvegliò. Fu accertato che la sua vista si era abbassata di cinque decimi in un occhio e di sei in un altro. Un paio di occhiali avrebbe potuto tamponare momentaneamente il problema. Ma erano i dolori il vero disagio. Alcuni giorni erano intensi, altri più tenui.
Dopo qualche mese, vista la situazione, Riccardo decise di congedarsi. Avrebbe usufruito di una piccola pensione di invalidità per tirare avanti la famiglia. Ma le spese aumentavano e con esso anche il dolore alla testa. Stupidamente iniziò a far abuso dei medicinali prescritti e, nel frattempo, il suo umore peggiorò di giorno in giorno. Alla fine, sua moglie Celine decise di lasciarlo portando con sé anche Ludovica che, se pur felice del fatto che suo padre fosse sopravvissuto, aveva iniziato man mano ad essere fredda nei suoi confronti.
Dopo circa un paio di anni dal risveglio dal coma, i dolori finalmente iniziarono ad attenuarsi fino a scomparire del tutto. Un giorno un suo vecchio amico e collega in pensione gli chiese se avrebbe voluto diventare suo socio in