I singhiozzi di Jerry e Gunther
Di Aldo Augieri
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Anteprima del libro
I singhiozzi di Jerry e Gunther - Aldo Augieri
Table of Contents
Aldo Augieri - I singhiozzi di Jerry e Gunther
Aldo Augieri - I singhiozzi di Jerry e Gunther
Lettera al lettore
Agata
Fai paura
C’è un problema
Gunther
Una serata tranquilla con la donna giusta
Fate un’offerta a un povero miserabile
Rapporti difficili
Mia madre
Dove sei?
Terapia di gruppo
Rakesh il bambolotto
Due topi
Un attore
Profilo biografico
Aldo Augieri - I singhiozzi di Jerry e Gunther
Musicaos Editore, 2018
Narrativa, 17
Progetto grafico
Paolo Guido
Per la foto dell’autore
Giuseppe Affinito
Impaginazione dell’interno
Bookground
Ogni riferimento a fatti, cose, persone, è da ritenersi puramente casuale.
Musicaos Editore
Via Arciprete Roberto Napoli, 82
Neviano (Le) - tel. 0836.618.232
www.musicaos.org
info@musicaos.it
Isbn 978-88-99315-948 (libro)
Isbn 978-88-94966-015 (ebook)
Aldo Augieri - I singhiozzi di Jerry e Gunther
alla Signora Gaudenzi e ai suoi amici nani
Lettera al lettore
Ti ho cercato da quando ero piccolo e solo soletto, scrivevo racconti ambientati in vecchi castelli dismessi dove uno scienziato pazzo costruiva creature immaginarie collocando il cuore al posto del fegato e lo stomaco al posto del cervello.
Per me, sei stato un essere mutevole, mostruoso, mi hai sempre fatto paura. La tua estraneità, la tua distanza, a volte la tua invidia, mi hanno intimorito. Ora ho deciso di venirti incontro e di affrontarti. A noi due! A volte crederai che stia parlando di te, a volte mi prenderai per un imbecille, sappi che Jerry e Gunther esistono davvero, sono fatti di carne ossa, si aggirano nei giorni caldissimi, quando la temperatura sale dai quaranta gradi in su. Li puoi incontrare per le strade di qualsiasi città, quando il sudore viscido cola perennemente dalla fronte.
Sono loro ad avermi suggerito queste storie e per questo li ringrazio. Hanno contribuito a rendermi coraggioso e a decidere finalmente di entrare in casa tua, caro lettore, poggiarmi sul tuo comodino o sulla tua scrivania e non lasciarti mai più solo!
Il resto l’ha scritto la mente accaldata, quando, sarebbe forse stato più logico stendersi con un ventilatore direzionato in faccia, invece di scrivere fino a sciogliermi per terra diventando una piccola pozzanghera ai piedi del pc. Vieni, aprimi, ti aspetto, tra bugiardi ci capiremo!
Agata
Agata è ossessionata dal mio corpo. Dobbiamo avere sempre un frammento fisico attaccato l’uno all’altra. Due dita? Naso con naso? Bocca con bocca? Braccio con coscia? Braccio con mano? Cazzo con fica? Qualsiasi cosa, per lei non è questo l’importante! Io e Agata, appena conosciuti, eravamo due linee parallele, due esseri più diversi non esistevano.
Questo non è mai stato un problema.
D’altronde, col tempo, le nostre differenze si sono presto attutite.
Ci siamo fidanzati per affrontare il mondo turbolento e caotico, il via vai dei sentimenti, eravamo stanchi di soffrire a causa della mutevolezza del cuore umano. Cercavamo stabilità.
Per me, ora, ciò che provo per Agata è diventato un mistero.
Non sono così costante come appaio ai suoi occhi, vacillo. Questo ad Agata non l’ho mai confessato. Mi appenderebbe al gancio se conoscesse parte delle elucubrazioni di cui sono vittima quando penso a lei.
Se non ha un contatto fisico con me, Agata, deve toccare un oggetto di mia appartenenza. Una chiave? Un bicchiere? Una matita? Un vestito? Lenzuola? Qualsiasi cosa!
Il contatto con gli oggetti, a differenza di quello con la mia persona, la soddisfa e la acquieta solo per qualche ora, anzi, avermi sostituito la rende ancora più affamata del mio corpo.
Agata è molto determinata, straordinaria direi.
Io sono una chance per lei, credevo che anche lei fosse una chance per me.
A me piace stare con Agata, però non quanto piaccia, a lei, stare con me.
Forse sarebbe più esatto dire che mi piaceva la sua vicinanza ma ora non mi piace più?
Luci a led accese la notte intorno al letto, una specie di discoteca fatta in casa, un movimento perpetuo senza mai staccare i corpi.
Anche quando siamo immobili, un frammento, un’unghia, qualcosa è sempre in contatto, altrimenti apriti cielo.
Se stacco il frammento, valanghe di lacrime, putiferio di urla, oggetti sbattuti per terra, vetri rotti, bestemmie, offese, un casino.
Dico subito che non ho mai avuto intenzione di ucciderla. Qualche mio amico lo sospetta, pensa che un giorno lo farò, ma si sbaglia, questo non succederà mai.
Amo troppo Agata, o forse sarebbe più corretto dire che l’amavo?
Le elucubrazioni di cui sono vittima, spesso mi fanno smarrire lo stato d’animo giusto con cui affrontate le giornate. Capita, anche se in rarissime occasioni, che possa apparire alterato.
D’altronde, può accadere che ci siano pensieri distorti, anche nella testa di un uomo che non si è mai tirato indietro di fronte al desiderio di contatto perenne nutrito dalla donna con cui egli ha deciso di condividere la sua vita.
Ho dato mille opportunità ad Agata per staccarsi un momento da me. Ho cercato di farle capire come fosse importante allontanarsi e poi ritrovarsi, niente, si passa da un frammento all’altro senza interruzione.
Luci a led e musica da discoteca per le nostre notti bruciate da sogni perversi, notti in cui l’oggetto di studio è il frammento che ci tiene incollati.
Ci concentriamo, immobili, per ore, a guardare il punto che ci tiene uniti, poi, interrotto il silenzio, si avviano interminabili discussioni.
Parliamo, fissando il punto, discutiamo di ogni fantasticheria.
Tipo ieri, col mio mignolo incollato al suo capezzolo, siamo stati tutta la notte a immaginare come sarebbe la nostra vita in un ranch.
A volte ci viene in mente il nome di un personaggio famoso, per esempio Diego Abatantuono.
Ne parliamo fino a sviscerare ciò che pensiamo di lui e intanto, ossessivamente, l’attenzione non si distoglie da quel dettaglio che ci tiene uniti.
Lei lo osserva con stupore, dimostrando una curiosità maniacale.
Io la assecondo, so che discutere è solo un pretesto, ciò che le interessa davvero è quel pezzettino di corpo, quel millimetro di pelle che consente l’unione.
Sono convinto che non sia sempre lei a parlare.
È come se Agata sia posseduta da una voce che nasce dal contatto.
Mi è sembrato, in alcuni casi, che lei non avesse neanche bisogno di muovere le labbra, la voce veniva emessa ugualmente e sembrava provenire da lì, dal frammento.
A volte argomentiamo un giorno intero con le schiene incollate.
Lei, in questo caso, è costretta a fare una torsione faticosissima della schiena e del collo che le permette di non perdere di vista ciò che ci ha unito.
L’accurata conoscenza delle cose
– la chiama lei – questa pratica di parlare di qualsiasi tema andando fino in fondo, fino a sfinirsi.
Se durante il sonno i nostri corpi si sono involontariamente staccati, al mattino, se si sveglia prima di me e si accorge dell’incidente, urla come una pazza, minaccia di buttarsi