Questione cannabis: Le ragioni della legalizzazione
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Contributi di Salvatore Giancane, Leopoldo Grosso, Luigi Manconi e Antonella Soldo, Marco Rossi, Grazia Zuffa.
Prefazione di Roberto Saviano
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Anteprima del libro
Questione cannabis - Leopoldo Grosso (a cura di)
Lucioni
Il libro
Il consumo di cannabis, più o meno frequente, interessa un numero di italiani oscillante tra sei e otto milioni. Quasi un terzo degli studenti di età compresa tra i 15 e i 19 anni ha una qualche esperienza di consumo. Più di quanti frequentano gli stadi di calcio o vanno a visitare mostre e musei. È, dunque, un fenomeno di massa che non può essere governato solo con la proibizione e la punizione. Eppure il discorso pubblico al riguardo continua a essere viziato da confusioni e luoghi comuni. Scopo di questo libro è sostituire i pregiudizi con l’analisi razionale rispondendo in modo rigoroso e documentato ad alcune domande fondamentali: come dare alla cannabis una disciplina legale? quali sono gli effetti della legalizzazione sull’entità del consumo e sulla salute dei consumatori? quali le ricadute sui mercati criminali? quali i risultati delle esperienze di legalizzazione in corso nel mondo?
Gli autori/le autrici
Salvatore Giancane, medico tossicologo, vive e lavora a Bologna. Ha un’esperienza trentennale sul mondo del consumo di droghe e delle tossicodipendenze, maturata lavorando in carcere, sulla strada e nei servizi pubblici di cura. È esperto in strategie di riduzione del danno ed è stato professore a contratto della Scuola di Specializzazione in Psichiatria dell’Università di Bologna. Ha scritto, tra l’altro, Eroina. La malattia da oppioidi nell’era digitale (Edizioni Gruppo Abele, 2014).
Leopoldo Grosso, psicologo e psicoterapeuta, è stato per molti anni coordinatore del settore Accoglienza del Gruppo Abele e formatore dell’Università della strada. Consulente per istituzioni comunali, regionali e ministeriali, è autore di numerose pubblicazioni in tema di dipendenze, consumi e problematiche giovanili. Tra i suoi scritti più recenti per le Edizioni Gruppo Abele: Atlante delle dipendenze (con Francesca Rascazzo, 2014) e La comunità terapeutica per persone tossicodipendenti (con Maurizio Coletti, 2011).
Luigi Manconi, sociologo e politico, è stato senatore in tre legislature. Negli anni Ottanta ha fondato la rivista Antigone ed è attualmente presidente dell’Associazione A buon diritto
. È da decenni impegnato nello studio e nel contrasto del proibizionismo in materia di stupefacenti su cui ha curato, già nel 1991, per i tipi di Feltrinelli, Legalizzare la droga. Una ragionevole proposta di sperimentazione. Tra i suoi ultimi libri: Abolire il carcere. Una ragionevole proposta per la sicurezza dei cittadini (con Stefano Anastasia, Chiarelettere, 2015) e Non sono razzista, ma. La xenofobia degli italiani e gli imprenditori politici della paura (con Federica Resta, Feltrinelli, 2017).
Marco Rossi è docente di economia politica ed economia pubblica all’Università di Roma La Sapienza dal 2008, dopo essere stato professore aggregato all’Università di Foggia dal 2001 al 2006. Ha lavorato a diversi studi e pubblicazioni in tema di econometria, mercati finanziari, economia dello sport ed economia dei mercati illegali.
Roberto Saviano è autore del bestseller internazionale Gomorra (Mondadori, 2006). è inoltre ideatore, autore e sceneggiatore dell’omonimo film (Grand Prix du Jury a Cannes, 2008) e di Gomorra – La serie, distribuita in oltre 150 Paesi. Con Feltrinelli ha pubblicato, tra gli altri, nel 2016 La paranza dei bambini e nel 2017 Bacio feroce. Dal 2006 vive sotto scorta in seguito alle minacce dei clan che ha denunciato.
Antonella Soldo, laureata in Filosofia, è presidente di Radicali italiani e consulente della Commissione per la tutela dei diritti umani del Senato.
Grazia Zuffa, psicologa, svolge attività di formazione e supervisione nel campo sociale. è stata docente di Psicologia delle tossicodipendenze presso la Facoltà di Psicologia dell’Università di Firenze. Componente dell’Associazione Forum Droghe, ha diretto per anni la rivista Fuoriluogo. Ha pubblicato numerosi lavori in tema di dipendenze, tra cui: I drogati e gli altri (Sellerio, 2000); Cocaina. Il consumo controllato (a cura di, Edizioni Gruppo Abele, 2010); Droghe e autoregolazione (con Susanna Ronconi, Ediesse, 2017)
Indice
Prefazione
di Roberto Saviano
Legalizzare la cannabis: le buone ragioni e le occasioni perdute
di Luigi Manconi e Antonella Soldo
Un’opportunità per una miglior tutela della salute
di Leopoldo Grosso
Una valutazione economica: legalizzare conviene (con qualche accorgimento)
di Marco Rossi
Le molte strade della legalizzazione
di Grazia Zuffa
Una proposta razionale e praticabile: estendere l’area della prescrizione medica
di Salvatore Giancane
Prefazione
di Roberto Saviano
Parlare di legalizzazione delle droghe leggere non è semplice. E sapete perché? Perché legalizzare viene percepito come «fate pure uso di droghe, ora potete, con la benedizione dello Stato». La confusione tra legalizzazione e incentivo a fare uso di droghe è il grande equivoco su cui discutere. Legalizzazione è esattamente il contrario della promozione al consumo. Legalizzare significa portare alla luce ciò che fino a ora è stato avvolto dall’oscurità più cupa del mercato nero. Legalizzare le droghe leggere farà estinguere le mafie? Nemmeno a parlarne.
Legalizzare le droghe leggere farà scomparire completamente il mercato illegale? Ovviamente no. E allora perché legalizzare? Perché legalizzarle indebolirà le mafie sottraendo loro capitali e allo stesso tempo ridimensionerà il mercato illegale. Chi vorrà fumare uno spinello preferirà di certo sostanze controllate che si possono acquistare regolarmente, senza incorrere in sanzioni, e non andrà a cercare un pusher in strada, non chiamerà lo spacciatore che si leva
il fumo in casa, inventando parole in codice al telefono per capire se è un momento buono per andare a prenderlo o no.
Eppure è così difficile fare breccia nei ragionamenti di chi è contrario senza appello. Di chi non vuole sentire ragioni perché – dice – «non si può scendere a patti con le mafie», «non si può accettare il male minore», «si devono debellare le droghe, non renderle legali». Chi potrebbe dirsi contrario? Il genitore che teme per i propri figli? Il fratello che ha scoperto che il piccolo di casa fuma spinelli di nascosto? Non scherziamo: a nessuno verrebbe in mente di mettere in discussione questi principi generali. Ma dobbiamo fare i conti con il mondo reale. E il mondo reale è quello in cui chi fuma molte sigarette al giorno rischia di ammalarsi di cancro. Il mondo reale è quello in cui quando bevi tre cocktail sei pericoloso per te stesso e per chi trovi sulla tua strada, se poi ti metti al volante. In Italia le vittime del tabacco sono stimate sulle 80.000 all’anno. Le vittime dell’alcol 40.000. E invece non c’è una sola vittima causata da droghe leggere. Nemmeno una.
Non convincerò gli scettici dicendo che applicando alla cannabis la stessa imposta del tabacco lo Stato incasserebbe in tasse una somma ingente (secondo alcuni stimata tra i 6 e gli 8 miliardi di euro). Ma forse potrei richiamarli alla responsabilità ricordando che le droghe leggere sono merce di scambio tra organizzazioni criminali e organizzazioni terroristiche. Sapete come è stato finanziato l’attentato in Spagna del 2004? Con l’hashish che i gruppi vicini ad Al Qaeda hanno venduto anche alla camorra napoletana. Lazarat, in Albania, la capitale mondiale della marijuana, è finita sotto il controllo di gruppi criminali che sostengono Daesh. L’Is controlla ormai una produzione da oltre 5 miliardi di dollari. Sì, l’erba e l’hashish sono diventati gli strumenti primi di finanziamento delle organizzazioni fondamentaliste. E legalizzare sarebbe adesso un modo per sottrarre alle organizzazioni criminali tra gli 8 e gli 11 miliardi di euro l’anno.
Dove voglio arrivare? Esattamente qui: se il mondo in cui viviamo non ci piace, abbiamo davanti a noi due possibilità. La prima è pensare al mondo ideale che vorremmo, e quindi percepire come compromissorie tutte le misure intermedie, quelle che intervengono riformando gradualmente, e che siccome non riescono a risolvere il problema immediatamente e nella sua totalità vengono avvertite come inutili. La seconda possibilità che abbiamo è quella di provare a riformare
la realtà che viviamo: procedendo per tentativi, ragionando, misurandosi con la complessità dei problemi reali. Esempio. Le mafie esistono, fanno affari con il traffico di droga, ma anche con edilizia, appalti, servizi, gioco d’azzardo, ovunque c’è una falla nel sistema, o meglio, ovunque c’è una domanda a cui far corrispondere un’offerta. Ma di tutti questi ambiti il più redditizio resta il mercato degli stupefacenti. Perché è il più rischioso: ma è anche quello che procura i capitali da reinvestire in tutto il resto. Dove credete infatti che le organizzazioni trovino la liquidità per corrompere amministratori pubblici e politici? Dove credete che trovino le risorse per poter creare dal nulla aziende competitive sul mercato, che anzi con il mercato a volte non devono nemmeno confrontarsi perché guadagnano altrove e lì ripuliscono solo?
La risposta a tutte queste domande non può essere il solito mantra: «Anche Paolo Borsellino era contro la legalizzazione». E non solo perché Borsellino diceva innanzitutto una cosa diversa: «Non bisogna stabilire una equazione assoluta tra mafia e traffico di stupefacenti, la mafia esisteva ancora prima e probabilmente, se mai dovesse scomparire il traffico di stupefacenti, la mafia esisterà anche dopo. È da dilettanti di criminologia pensare che legalizzando il traffico di droga, sparirebbe del tutto il traffico clandestino». Giustissimo: infatti la mafia non scomparirà. Ma dovrà leccarsi le ferite: perché uno Stato che legalizza le droghe leggere è uno Stato forte che non ha paura di combattere. Guardiamo poi i dati. Il Portogallo nel 2001 depenalizza la cannabis e lì in 15 anni diminuisce il consumo. L’Uruguay nel 2013 e il Colorado nel 2014 ne legalizzano il commercio a scopo ricreativo: e anche lì il consumo diminuisce invece di aumentare.
Ma non basta. Chi continua a opporsi alla legalizzazione ragiona più o meno così: se le droghe leggere venissero legalizzate si incrementerebbe il mercato di droghe più pericolose che lo Stato non potrebbe affatto legalizzare (droghe chimiche, cocaina, eroina). Ma perché mai? Se le droghe leggere divenissero legali, chi ne faceva uso prima potrebbe continuare a farlo senza rischiare sanzioni. Il mercato delle droghe, come ogni altro mercato, è fatto di domanda e offerta. E oggi le organizzazioni criminali rispondono perfettamente alla domanda di droghe diverse da quelle leggere, essendo un ambito nel quale le mafie hanno maniacale attenzione. È evidente come su questo fronte non cambierebbe nulla e chi oggi fa uso di droghe leggere non inizierebbe certo a fare uso di cocaina, eroina o metamfetamina solo perché quelle leggere sono diventate legali. Sembra una barzelletta: Tizio fino a ieri fumava solo spinelli, ma da quando lo spinello è legale, per il gusto di trasgredire, ha deciso di sniffare cocaina. A me sembra un ragionamento assolutamente privo di buon senso. E a voi?
Lo Stato sembra voler giocare la sua unica partita sulla coltivazione della canapa per uso terapeutico, anche lì con esiti fallimentari, eppure, per vincere la sfida, è della legalizzazione della cannabis a uso ricreativo che dovrebbe occuparsi, perché questo è davvero l’unico strumento che abbiamo per arginare lo strapotere delle organizzazioni criminali laddove la repressione ha fallito. Le nuove energie sociali e lo sviluppo si sprigionano proprio dal coraggio in tema di diritti; per questo, quando parlo di legalizzazione delle droghe, mi rivolgo soprattutto a chi come me non ha mai pensato di fare uso di droghe leggere né di volerne un uso di massa. Le parole d’ordine, insomma, sono «non voglio drogarmi, odio il consumo e per questo legalizzo».
Legalizzare la cannabis: le buone ragioni e le occasioni perdute
di Luigi Manconi e Antonella Soldo
Per il bene dei malati
Noi siamo i malati che con la cannabis medica si curano e vogliono continuare a farlo senza elemosinare il diritto a una continuità terapeutica, a non dover peregrinare per trovare il nostro farmaco e non perdere la dignità nel nostro dolore, nelle nostre crisi e in tutte le nostre patologie.
Noi siamo i malati che in questo momento stanno correndo a destra e a sinistra cacciando l’ultimo grammo di un Bedica, una Bedrolite o un Bediol¹ ormai introvabili, siamo i malati che, se non si farà nulla, faranno un bruttissimo Natale tra sofferenze, crisi epilettiche e chissà quali altre patologie potrebbero essere non più controllabili in questo mare di farmaco-resistenti.
Per questo chiediamo di richiedere una importazione