Demian ritorno a casa
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Anteprima del libro
Demian ritorno a casa - Paolino Ziliotto
Indice
Prologo
1 confusione
2 la sacerdotessa
3 in principio
4 Eliandra
5 il risveglio
6 cambio rotta
7 Lucifer
8 l'attacco dei traditori
9 il Saggio, il Sommo e Nemesi
10 chiarimenti
11 antichi ricordi
12 inevitabilmente soli
13 scontro fra tridenti
14 sconfitta
15 la caduta del Traditore
Ringraziamenti
Biografia
ISBN | 9788827826911
Prima edizione digitale: 2018
© Tutti i diritti riservati all’Autore
Youcanprint Self-Publishing
Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)
info@youcanprint.it
www.youcanprint.it
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A Iks e Kappa
Che si sono susseguiti nella mia esistenza
Paolino Ziliotto
Demian
ritorno a casa
In principio c’era Khaos
e regnava incontrastato.
Niente aveva vita.
Poi venne il Bene con la luce
il quale diede vita
al Male e alle tenebre.
Insieme, Bene e Male attaccarono Khaos
e lo confinarono moribondo
negli abissi più remoti dell’universo.
Da allora Khaos
attende il giorno del suo ritorno
meditando vendetta.
Prologo
Era una notte fredda e piovosa. Neppure una stella ad illuminare tutto il monastero che si ergeva sullo scoglio di fronte al mare. Solo il fuoco che bruciava le prime case vicino alle mura rischiarava il buio. Dentro al monastero aleggiava il silenzio assoluto. Solo il trambusto e le urla degli uomini che cercavano di entrarvi rompeva quelle fredde sensazioni. Lei sapeva che doveva fare presto, doveva arrivare a quella stanza per dare l’allarme. Ormai i soldati nemici stavano entrando abbattendo il portone.
Era entrata nell’ordine delle sacerdotesse da poco, era stata scelta per le sue doti di guerriera. Indossava un abito di velluto blu e bianchi pantaloni che avrebbero brillato se ci fosse stata la luna a rischiarare quella cupa nottata. Quando entrò nell’ordine, sapeva benissimo che stava per giungere il giorno che tutti attendevano da ormai troppo tempo, sapeva che quel giorno lei doveva esser pronta a lottare accanto a tutte le altre sacerdotesse, aveva pianificato ogni cosa e si era preparata da sempre a quel giorno.
Ma quella notte, tutta la sua preparazione venne meno, tutto risultava così inaspettato, tutto andava troppo velocemente per poter pensare all’addestramento. Sapeva che doveva correre il più veloce possibile, doveva dare l’allarme e preparare l’ultima difesa. Quei soldati non dovevano in alcun modo arrivare alla stanza prestabilita, questi erano gli ordini della sacerdotessa madre. Dovevano esser disposte a dare la vita pur di impedire l’avvicinarsi dei soldati.
Salì le scale molto velocemente, saltò di due tre scalini per volta, la fatica si faceva sentire sulle sue gambe.
La porta della stanza era lì in fondo al corridoio. Entrò e altre sacerdotesse le sguainarono contro gli spadini temendo fosse un’invasore; vide la sacerdotessa madre che aveva abbandonato la spada su una sedia e teneva per mano una giovane fanciulla che stava per partorire. Tutte le lessero sul volto il terrore e compresero che ormai il tempo a loro disposizione era sempre meno.
I soldati avevano appena sfondato il portone principale delle mura attorno al monastero. Sapevano già dove si dovevano dirigere. Corsero distruggendo ciò che si poneva davanti a loro. Dovevano uccidere chiunque. Quello era il giorno che avrebbe stabilito il futuro.
Nella stanza, la giovane fanciulla aveva partorito un maschio, che venne avvolto in un lenzuolo e consegnato alla giovane sacerdotessa.
Sai dove portarlo
disse la sacerdotessa madre. Corri, noi rallenteremo l'avanzare dei soldati
.
La giovane sacerdotessa iniziò a correre giù per i cunicoli segreti con il neonato fra le braccia. Doveva raggiungere la piccola scialuppa e portare in salvo la creatura.
Arrivò alla scialuppa meno facilmente di quel che aveva pensato, per strada rischiò di incrociare i soldati nemici, e il bambino emanava una strana luce azzurra. Salì sull’imbarcazione e remò per portarla fuori dalla grotta. Uscita dalla grotta guardò in alto, sopra la parete di roccia, vedeva la torre del monastero e la stanza dove c’erano tutte le sue consorelle. Sentì le grida. Poi allontanandosi vide le fiamme invadere tutta la fortezza. Sapeva che quella era l’ultima volta che avrebbe visto ciò che per poco tempo era stata casa sua.
Era stanca e smise di remare per lasciarsi trasportare dalla corrente. La torre del monastero era in lontananza, la riconosceva perché sembrava una candela oramai arrivata al moccolo, quando la fiamma si fa più alta. Fu pervasa dalla tristezza. I nemici avevano distrutto e ucciso ogni cosa li intralciasse. Fissò il neonato e si chiese se fosse davvero lui coloro che tutti attendevano, se tutta quella distruzione e tutto quel sangue versato valessero realmente la vita di un neonato. Sapeva che prima di questo ce n’erano stati altri di simili, che altre sacerdotesse dovettero portare nei luoghi prestabiliti altri bambini, ma che per loro non vi fu nessun spargimento di sangue. Per questo era tutto diverso, era il più importante, o almeno così credevano.
Assorta nei suoi pensieri si assopì lasciando che fosse il mare a guidare la piccola barca. Sperava nessuno l’avesse vista e che nessuno si fosse messo per mare a cercarla.
All’alba arrivò nel piccolo porto, corse per la città e arrivò nella casa che le era stata indicata attraversando il lungo ponte che teneva quella città legata alla terraferma. Suonò il campanello e le aprirono la porta. sapete che fare
disse la ragazza porgendo il bambino. I due signori, una coppia di cinquantenni, presero il bimbo e fecero un cenno affermativo con la testa, poi chiusero la porta cercando di capire se qualcuno avesse assistito a quella scena, se anima viva avesse visto quella ragazza vestita in modo strano e armata con spade che oggi giorno si usano solo come arredo.
La giovane sacerdotessa capì che il suo compito era arrivato a termine. Era riuscita nella sua missione, per quello che in poco tempo era stata addestrata. Si alzò, e se ne andò dalla casa.. ma non sapeva dove andare e cosa fare, ora che la sua missione era finita, nessuno le aveva dato ordini sul da farsi dopo, non sapeva se tornare nella fortezza o se vegliare sul bambino. Ma rifletté e comprese che se i soldati la avessero vista e inseguita l’avrebbero cercata e avrebbero trovato il neonato. Così decise di tornare alla fortezza, forse qualcuna delle sue consorelle si era salvata, forse qualcuna era ferita e aveva bisogno di soccorso.
Riattraversò il lungo ponte, arrivò nella piazza principale di quell’isola, dove una chiesa costeggia il mare. S’arrampicò sul cupolone della cattedrale e osservò le onde. Sapeva di non poter vedere la sua terra, ma lo guardò ugualmente. Ad illuminarle le lacrime la luna che quella sera splendeva più del solito.
"piccola creatura, molto sangue è stato versato per te. Molto tempo sei stato atteso. Molte persone si son viste togliere casa, amici, dignità e la propria vita. Tutti ti attendevano, io ti attendevo. Ma nessuno mi ha mai spiegato perché.
Ora, piccolo mio, la mia missione è terminata. Forse un giorno ti rivedrò. Ma questo non è importante. Fa si che tutto ciò che i miei occhi han visto, e tutto ciò che ci han raccontato di quel che è successo al nostro popolo per te, non sia andato sprecato."
E svanì.
1
confusione
Era una bella giornata a Venezia. Finalmente il periodo dell’acqua alta era finito ed il sole brillava nel cielo. Scendere dal treno e correre per le calli veneziane quel giorno ad Alan risultava più strano del solito.
Era un ragazzo di 16 anni, capelli neri e un po’ lunghi, carnagione biancastra. Indossava i suoi jeans preferiti e la maglietta portafortuna. Quel giorno aveva il compito di matematica e sapeva di non essere pronto, non era riuscito a dormire le notti precedenti. Strani sogni pervadevano la sua mente. Arrivò a scuola e si sedette al suo banco. Entrò nell’aula senza salutare i suoi compagni; non aveva molte amicizie lì, anzi in realtà non ne aveva avute mai molte. Ai suoi anziani zii, che lo avevano accolto in casa sin da piccolo, dopo la morte dei genitori, si giustificava sempre con la scusa che aveva cambiato da poco scuola e che quindi doveva ancora conoscere gente nuova.
Le prime ore di lezione passavano lente, la sua testa era altrove, pensava a quegli strani incubi che lo tormentavano la notte. Non erano sogni nitidi, si ricordava solo di fulmini, facce disperate di persone mai viste, e poi due ombre oscure.. immagini contorte e senza un ordine apparente nella sua testa, tutte le notti.
Arrivò l’ora di scuola che più lo angustiava quel giorno. L’insegnante di matematica, un anziano uomo della vecchia guardia di insegnanti che cercano di modernizzarsi e diventare amici degli alunni, entrò in classe e consegnò subito il compito ai suoi studenti.
Arrivò anche ad Alan, che non aveva il coraggio di guardarlo. Girò il foglio e cercò con tutte le sue forze di concentrarsi e affrontare la prova. Era finalmente riuscito a rispondere alle prime due equazioni quando ebbe una sensazione di freddo improvvisa. Il tempo per lui iniziò a scorrere lento, tutt’attorno divenne grigio. Le sue pupille si dilatarono come quando si entra in una stanza poco illuminata. Avvertiva paura e di scatto guardò fuori dalla finestra e vide due strane ombre sotto gli alberi del giardino della scuola.
Poi tutto finì d’improvviso, il freddo svanì e tornarono i colori tutt’attorno. Alan si sentiva sfinito e svenne sul banco destando non poca preoccupazione dell’insegnante e dei suoi compagni.
Si risvegliò qualche ora dopo nel letto della sua stanza. I suoi zii stavano borbottando qualcosa nella stanza accanto. Li voleva chiamare ma riusciva solamente a biascicare qualche parola e s’arrese, se fossero andati a vedere come stava avrebbe volentieri chiesto loro un bicchiere d’acqua.
Suonò il campanello di casa e gli zii aprirono la porta.