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La regina dei 1000 giorni
La regina dei 1000 giorni
La regina dei 1000 giorni
E-book484 pagine7 ore

La regina dei 1000 giorni

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Info su questo ebook

Le forze dell'oscurità sono ormai all'opera. Le barriere che dividevano i tre regni stanno scomparendo.L'attivazione delle pietre della Creazione da parte della perfida Seven, la regina dei sette peccati, porterà il mondo alla rovina. Dal giorno dell'attivazione rimangono 1000 giorni in cui le pietre devono essere riunite. Ormai però il tempo sta per giungere al termine e solo 60 giorni separano dalla fine.Solo una discendente dei creatori delle pietre può riportare la pace e la giustizia nel mondo. C'è bisogno di una nuova regina dei 1000 giorni. Un crescendo di tensioni, avventura, sentimento, uniti a epiche battaglie e molto altro ancora.
LinguaItaliano
Data di uscita19 mar 2015
ISBN9788891180698
La regina dei 1000 giorni

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    Anteprima del libro

    La regina dei 1000 giorni - Manuel Mura

    633/1941.

    Amici e nemici

    Una figura ammantata di nero si stagliava alla luce pallida della mezza luna che si sporgeva ogni tanto tra l'andirivieni di nuvole come una timida ospite che ogni tanto fa la sua apparizione. Pareva un tutt'uno con l'oscurità di quella notte nuvolosa ma tutto sommato calda. L'autunno era alle porte, ma tutto sommato lasciava ancora spazio al calore che portava l'estate e che pure a quell'ora di notte rendeva piacevole passeggiare.

    Il percorso che faceva era però in salita e si inerpicava su un sentiero tortuoso che avrebbe reso la vita difficile a chiunque non fosse così esperto come chi lo percorreva da sempre. La giovane, di cui spiccava solo il volto, faceva da sempre quella strada e la conosceva come le sue tasche, oltre ad aver imparato a orientarsi senza problemi anche al buio.

    I capelli neri le ricadevano sopra le spalle sulla veste dello stesso colore, un abito che stringeva su ogni curva delle sue forme perfette. Anche se pareva non avesse dormito molto negli ultimi tempi, i suoi occhi grigi erano penetranti più di quelli di qualsiasi persona che si potesse incontrare. La combinazione di affascinante bellezza, distaccato contegno e acuto intelletto la rendeva allo stesso tempo disarmante e intimidatoria. Chi la vedeva non poteva che rimanere colpito dalla sua figura, sia per la bellezza, sia per la risolutezza che emanava.

    Era giovane, solo da poco aveva superato la maggiore età, ma aveva già l'aria adulta e desiderava avere anche una vita da tale. Odiava dipendere da qualcuno e presto sarebbe andata a vivere per conto proprio, poggiandosi sulle sue gambe e ragionando con la sua testa. La seconda cosa in realtà la faceva già da parecchio: non era tipo a cui si potesse imporre nulla, né che agisse in base a quello che dicevano o facevano gli altri. Era fiera e indipendente, ascoltava sempre i consigli e le opinioni altrui, ma poi era della sua vita che si stava parlando e stava a lei decidere.

    Aveva sempre vissuto in una casa indipendente nei boschi di Arboland insieme a sua zia Zelina, e continuava a farlo, ma ancora per poco. Voleva molto bene a sua zia, era la sua unica famiglia, l'aveva sempre trattata come fa una madre con la figlia e non le aveva mai fatto mancare niente, ma ora era grande e doveva imparare a cavarsela da sola; del resto anche la zia le aveva insegnato tutto ciò che sapeva proprio perché fosse forte e indipendente. Le diceva sempre di pensare solo con la sua testa e fare ciò che riteneva giusto, e lei l'aveva sempre fatto. Le diceva di non vergognarsi delle sue idee, anche se erano diverse da quelle di tutti gli altri, o del suo carattere, perché ognuno è fatto a modo suo.

    Lei aveva sempre fatto tesoro dei suoi insegnamenti. Sua zia era una donna anziana e molto colta e le aveva insegnato le cose più disparate, dalla botanica alla carpenteria, dalla matematica all'addestrare animali. Pareva non ci fosse cosa che non conoscesse, e voleva che lei fosse sempre in grado di cavarsela in qualsiasi situazione. Aveva fatto tesoro dei suoi insegnamenti e imparato ogni cosa che le veniva insegnata, a un ritmo che Zelina definiva incredibile. Molte cose a dire il vero le venivano naturali, e del resto vivere in mezzo ai boschi richiedeva per forza la conoscenza di tante cose per poter sopravvivere. Aveva imparato a orientarsi, a seguire le tracce e le piste battute e i segni degli animali, a cacciare e a sopravvivere in quegli ambienti naturali.

    La zona boschiva di Arboland non era un luogo pericoloso, e lei vivendoci da sempre ne conosceva ormai ogni angolo come le sue tasche. Era una zona vasta, ricca di vegetazione e animali per lo più tranquilli, e a lei piaceva quel luogo naturale, non l'avrebbe scambiato per niente al mondo. Non si era però mai spinta oltre nei territori dell’Ovest, e di come era fatto il resto del mondo, in realtà, non ne sapeva quasi niente, solo le storie raccontate dalla zia o le nozioni apprese dai libri.

    I territori dell'Ovest erano una delle tre parti in cui era stato diviso il mondo più di vent’anni addietro ed erano anche il territorio più piccolo e verdeggiante del pianeta. Le sarebbe piaciuto viaggiare e vedere tutto l'Ovest, ma il resto era un sogno, sia per lei che per tutti. Da quando più di vent’anni prima una potente magia aveva eretto una barriera che separava il mondo in tre zone nessuno poteva uscire dal proprio territorio o entrare in un altro. Lei non sapeva niente di magia, non l'aveva mai vista e dubitava persino che esistesse, eppure il muro invisibile che delimitava i confini del mondo esisteva. Diversi avevano provato ad attraversarlo ed erano morti nel tentativo, o almeno così si diceva, perché non erano più tornati indietro per raccontarlo. A lei veniva da credere che fosse tutta una favola e che fossero semplicemente restati dall'altra parte, però nessuno da quella zona era mai venuto lì, o almeno così pareva.

    Non sapeva bene cosa pensare, però conosceva i guardiani del confine, come venivano chiamati gli uomini che perlustravano quotidianamente quella zona e che ne sapevano più di tutti al riguardo. Erano uomini duri e irreprensibili, sorvegliavano il confine sempre pronti ad affrontare ogni forma di pericolo, che però non era mai giunto, o almeno lo credeva.

    Conosceva uno di essi, il capo: era un uomo forte e risoluto, serio e preciso. Era un tipo diretto, senza fronzoli, e le aveva detto che intorno alla barriera c'erano delle creature mostruose che lui e gli altri tenevano a bada in modo che non andassero oltre. Non sapeva se fosse vero, non le pareva e se non glielo avesse detto lui non ci avrebbe creduto, ma non era persona che mentisse. Lo conosceva da tanto ed era l'unico uomo di cui avesse una buona opinione, oltre che l'unico che la trattasse con rispetto. Di solito gli altri, o erano attratti da lei per il suo aspetto e ci provavano in tutte le maniere, o ne erano spaventati e si tenevano alla larga.

    Lei era una persona un po' solitaria ma socievole, tuttavia aveva qualcosa che pareva desse fastidio alla gente; comunque, visto come almeno gli uomini si comportavano nei suoi confronti non le dispiaceva che stessero lontani. Il guardiano era l'unico che la rispettava e non ci provava, forse perché aveva già una bella famiglia, o più semplicemente perché era un uomo onesto. Oltre a lui non aveva molti amici, l'unica era una donna poco più grande di lei che considerava come una sorella e abitava poco distante.

    Infatti si stava dirigendo lì. Era tardi ma l'aveva avvisata che sarebbe passata, e di sicuro l'avrebbe accolta volentieri malgrado l'ora. Era una persona semplice e gentile, praticamente erano cresciute insieme ed erano sempre andate molto d'accordo. Viveva in una casa indipendente che si era costruita con l'aiuto di alcuni amici, tra cui lei, e al momento viveva da sola.

    La giovane arrivò in cima al sentiero e pure alla debole luce della luna, che ogni tanto sbucava, riusciva a scorgere il paesaggio sottostante. C'erano alberi e zone alberate in ogni dove, con piccoli fiumi e sorgenti che li attraversavano, e si sentiva il verso di molti animali, che rappresentavano l'unico rumore della notte.

    Respirò a pieni polmoni guardando ancora un attimo. Di giorno il paesaggio era bellissimo, ma la notte le era sempre piaciuta, le dava un senso di pace e tranquillità. Di giorno c'era sempre troppa gente e tanto rumore, ma di notte tutto piombava nella pace e nella tranquillità, secondo lei il mondo raggiungeva la sua perfezione. O almeno il mondo che conosceva, pensò, e fece per incamminarsi, quando uno scintillio sotto di lei attirò la sua attenzione.

    Non essendo sicura di aver visto bene, fissò con attenzione la pista erbosa con alberi radi, che portava a una zona più boschiva da un lato e a un piccolo laghetto dall'altro. Le sembrò strano perché non era una zona molto frequentata nemmeno di giorno, e ancora meno la notte. Forse era una guida dei boschi che tornava dal suo lavoro, e quel pensiero le fece tornare in mente quello che anche lei voleva fare nella vita. Pensava di non essere da meno di nessuno, ma non era ancora diventata ufficialmente una vera guida. Presto però ci sarebbe riuscita e avrebbe avuto la sua vita indipendente.

    Fin da quando era bambina sua zia Zelina l'aveva portata con sé alla ricerca di erbe particolari, e durante quelle camminate le aveva mostrato quali piante doveva prendere, dove crescevano e a cosa servivano, e le aveva insegnato il nome di tutto ciò che si trovava nei boschi. Lei aveva ormai imparato tutto ciò che c'era da sapere e pensava di essere pronta per diventare una guida, era solo questione di poco.

    Un altro luccichio la distolse dai suoi pensieri e la fece guardare nuovamente verso il basso. Vide una figura muoversi tra gli alberi bassi, non pareva avesse fretta, anzi si muoveva col passo lento ma costante del viaggiatore esperto. A prima vista pareva un uomo, ma da quella distanza non scorgeva bene i tratti, era già dura scorgerlo. Però anche quando non lo vedeva e scompariva tra i piccoli alberi c'era o un fruscio dei rami o dei piccoli spostamenti tra essi, e riusciva subito a localizzarne la posizione.

    Si accorse però anche di un'altra cosa, molto più strana e inquietante: non era solo. Dietro di lui scorse quattro o cinque figure incappucciate, che avanzavano con fare furtivo passando dietro gli alberi e i massi. Lo stavano pedinando e comprese allora cos'era quel luccichio visto per ben due volte: un coltello. Sì, ne era certa, quelle figure ammantate di nero erano armate di coltelli o spade corte, vide che ognuna di esse ne aveva e si avvicinavano sempre di più all'uomo. Erano ancora lontani ma coprivano sempre di più la distanza, e l'uomo pareva non essersene accorto, infatti proseguiva per la sua strada tranquillo.

    La ragazza rimase immobile senza sapere cosa fare. Non sapeva perché quelle persone ce l'avessero con quell'uomo, magari aveva fatto qualcosa di male ma non pareva comunque quello il modo di agire. Erano in cinque e lo volevano assalire alle spalle, non era il modo di chi vuole fare giustizia ma solo degli assassini.

    Cosa poteva fare per aiutarlo? Avrebbe potuto andarsene e lasciarlo al suo destino, ma non le parve giusto. Era una che non si tirava mai indietro davanti alle sfide ed era sempre pronta a dare una mano a chi aveva bisogno, ma ora che possibilità aveva? Loro erano in cinque e forse quell'uomo non era nemmeno armato, e a ogni modo l'avrebbero presto preso alle spalle.

    Aveva imparato a cacciare ed era abbastanza abile con l'arco, ma non l'aveva con sé. In effetti non aveva nemmeno il suo solito coltello ma solo un piccolo pugnale, che era poco più che un tagliacarte e andava bene giusto a tagliere le corde e i lacci. Non ce l'avrebbe mai potuta fare da sola contro cinque uomini, e non sapeva nemmeno a chi potesse rivolgersi. Del resto li non c'era nessuno, era una zona boscosa e il primo villaggio era parecchio distante. C'era più avanti la casa della sua amica Conaire, ma non voleva certo metterla in pericolo, e poi una volta che fosse giunta lì quegli assassini avrebbero già ucciso l'uomo.

    Era sola e doveva agire di conseguenza; si sforzò di pensare a un modo per poter salvare quell'uomo. Era sempre stata abile nella strategia, anche se non aveva mai preso parte a nessuna battaglia: erano posti tranquilli, e poi lei voleva fare la guida dei boschi. Aveva letto però molti libri sull'arte della guerra. Certo leggere era una cosa ed esserci tutt'altra, però pensava di avere una dote naturale per quella, come le diceva spesso sua zia. Era stata proprio lei a portarle molti libri, trovati chissà dove, che parlavano di battaglie e strategie militari. L'aveva istruita anche a giochi strategici come gli scacchi, a cui nessuno l'aveva ancora battuta, ma del resto erano solo giochi, appunto, e lì invece c'era da affrontare la realtà.

    L'unico che l'avrebbe potuta aiutare era il suo amico Tower ma non era lì, non c'era nessuno e doveva cavarsela da sola e in fretta.

    Le venne in mente un'idea, e ancora prima di realizzarla del tutto si era già mossa rapida verso il basso, scendendo per il sentiero scosceso che al buio poteva essere molto pericoloso. Lei però l'aveva già fatto molte volte, da bambina per gioco faceva cose così sotto gli occhi preoccupati di Zelina. Ora però non era un gioco e malgrado qualche graffio e qualche strappo nel vestito scuro arrivò fino in fondo, dove c'erano rocce e piccoli rami. Saltò su una roccia, allontanò qualche rametto e fece qualche passo in avanti, poi cominciò a correre rapida. Era abituata alla fatica e alle lunghe marce e corse, ma doveva darci dentro per raggiungere l'uomo prima degli inseguitori. Era tesa, aveva il cuore che batteva forte e il respiro affannoso, ma sapeva di potercela fare. Conosceva bene quei luoghi e stava prendendo una scorciatoia che le avrebbe consentito di raggiungerlo in tempo.

    Sapeva che l'uomo era prossimo a raggiungere un punto in cui la pista raggiungeva un bivio. Se avesse svoltato a sinistra avrebbe dovuto inerpicarsi sulla collina da dove lei stava giungendo grazie alla scorciatoia. Ci avrebbe messo tempo e fatica per salire e gli inseguitori l'avrebbero raggiunto e ucciso. Lei però stava venendo da lì per avvisarlo prima che lui arrivasse allo svincolo. Lo avrebbe poi portato sulla strada di destra, che usciva dal bosco diventando un sentiero montano e che li avrebbe condotti verso il villaggio più avanti. Certo era molto distante, ma quella era una strada che presentava molte insidie per chi non la conosceva bene come lei, e prima che gli uomini potessero raggiungerli sarebbero stati ben lontani. Almeno era quello che sperava e tutto ciò che le era venuto in mente in quel momento, ma doveva prima arrivare allo svincolo e sperare di riuscirci in tempo.

    Nel punto in cui si trovava ora la vegetazione era più fitta e si faceva strada più a fatica, ma la ragazza conosceva il sentiero più agevole e lo percorse rapida, malgrado fosse stanca per la corsa sostenuta. Qua e là le spuntava qualche taglio, ma ci era abituata, e vide finalmente quello che stava cercando: era il bivio, finalmente l'aveva raggiunto.

    Guardò rapida eventuali tracce dell'uomo ma non ne vide; significava che non aveva ancora superato quel punto e questo la sollevò molto. Si fermò un attimo a riprendere fiato, era sudata e sentiva il cuore martellarle in petto, pareva dovesse saltarle fuori da un momento all'altro.

    In quel momento sentì un rumore di passi alle sue spalle e si acquattò dietro un cespuglio. Non era una gran protezione, ma di notte al buio un occhio non attento poteva benissimo non scorgerla e darle il tempo di agire. Sperò che fosse l'uomo che doveva raggiungere, e difatti lo vide sbucare da dietro una curva e lo vide chiaramente alla luce della luna che ora illuminava la notte.

    Era un uomo alto, almeno un palmo più di lei, che per essere una donna aveva un'altezza superiore alla media. I capelli castani erano ricci e folti e molto spettinati, mentre gli occhi azzurri riflettevano coraggio e determinazione, soprattutto per essere relativamente giovane. I lineamenti del viso erano marcati e il naso un po' pronunciato ma non era brutto, e aveva un fisico molto ben fatto. Spalle larghe e petto vigoroso, con muscoli delineati che si intuivano da sotto la sua cotta di cuoio non molto spessa. Forse era un soldato o una guardia, ma nonostante il fisico non pareva tale, anzi aveva un che di reverenziale e quasi malinconico stampato in volto. Le ricordava più un contadino, magari strappato alla sua casa per combattere una qualche guerra, anche se da quel che sapeva non c'erano mai state guerre nei territori dell’Ovest da tanti anni a questa parte.

    Sua zia le aveva parlato di un grande periodo di conflitti, scoppiati quasi trent’anni prima e durati una decina d'anni. Le genti provenienti dal Sud del mondo avevano invaso tutte le altre, dando inizio a lotte senza quartiere. Zelina le parlava di bruti senza remore, animati solo dalla follia omicida, pronti a schiacciare con la forza e la violenza ogni forma di vita che si frapponesse al loro passaggio.

    Non avevano pietà di nessuno, che fosse uomo, donna o bambino. Uccidevano, torturavano, violentavano, distruggevano ogni persona che incontravano, e lasciavano al loro passaggio solo morte e desolazione. Erano una forza immensa e inarrestabile, che pareva impossibile fermare. Le genti del resto del mondo si coalizzarono contro di loro, malgrado i dissapori iniziali, e riuscirono a resistere e respingerli per tanti anni, ma poi non ce la fecero più. Fu allora, più di venti anni prima, che una grande maga che aveva a cuore le sorti del mondo creò, grazie a un artefatto magico, la grande barriera che tuttora divide il mondo in tre parti.

    Inizialmente una sola grande barriera separava i territori del Sud dal resto del mondo, ma poi ne era stata creata un’altra subito dopo. I territori del Est e dell'Ovest avevano grossi dissapori, in più i primi erano governati da un sistema monocratico, con re e regine che governavano sul popolo in vari regni sparsi per il territorio. Quelli dell'Ovest invece avevano abolito da tempo quel sistema, preferendo una democrazia governata da un consiglio di anziani e presieduta da un primo ministro. Questi doveva attenersi alle direttive del consiglio e applicarne le leggi. Insomma le due parti del mondo erano molto diverse per usanze e mentalità, e sicuramente sarebbero sorti altri conflitti, per cui la barriera li aveva separati per sempre. Così si era creato il mondo attuale con i suoi tre territori: quello dell'Ovest dove viveva la ragazza, quello dell'Est e quello del Sud. In realtà erano termini un po' grossolani, infatti il suo territorio era a nord-ovest, mentre quello dell'Est comprendeva parte del nord ed anche del centro del mondo. Quello del Sud era il più vasto ed era tutto il sud del mondo e parte del centro.

    Lei sapeva sugli altri due territori solo quel poco che aveva letto, e più che altro quello che le aveva raccontato sua zia, che era molto anziana e saggia e conosceva molte cose, e che proveniva dall'Est.

    L'uomo che vedeva di fronte a lei doveva avere la sua età o poco più, e non pareva potesse aver mai preso parte a qualche conflitto. Aveva un colorito chiaro, non sembrava appartenere ai territori dell'Ovest, ma su questo non poteva giurare. Del resto con la barriera nessuno poteva entrare o uscire. Si avvicinò a dove era appostata lei con passo sicuro, ma non pareva averla notata, così lei uscì dal suo nascondiglio cercando di non spaventarlo. Lui si trovò davanti una ragazza estremamente bella, con lunghi capelli neri e occhi grigi, che aveva delle forme perfette seppur non abbondanti. La guardò con un misto di stupore, apprensione e meraviglia, e sembrava combattuto se considerarla un nemico o un dono degli dei.

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    Gli fece segno di tacere e si avvicinò a lui parlando sottovoce.

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    Senza dire altro si incamminò verso destra seguita dall'uomo, e presto il terreno divenne scosceso e in salita. Il giovane si chiese se poteva davvero fidarsi, ma il fatto di sapere che gli assassini l'avevano già trovato e che fossero vicini lo spinse a fare affidamento su quella ragazza. Inoltre non aveva mai visto donna più bella in vita sua, e forse era un segno degli dèi, che l'avevano mandata ad aiutarlo nella sua difficile missione.

    Silena si muoveva rapida e con passo sicuro. Diverse volte gli fece cambiare direzione e lo guidò su sentieri stretti e pericolosi, ma che riuscirono a superare con facilità. Pareva non ci fosse luogo visibile o nascosto che non conoscesse, e dopo un tempo indefinito si trovarono in un ripido pendio e poi la strada cominciò ad allargarsi.

    Da lì potevano passare due persone alla volta ed erano molto in alto. Se fosse stato giorno si sarebbe potuto ammirare lo splendido panorama che offriva quel posto, ma ora era buio e nessuno dei due aveva testa per quello. Entrambi erano stanchi e si fermarono all'imboccatura della strada che poi sarebbe ridiscesa fino a valle. Il silenzio di quel luogo era interrotto solo dal gracchiare dei corvi, finché la ragazza non parlò.

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    L'uomo si zittì di colpo e anche la ragazza. Davanti a loro, fermi nel bel mezzo del sentiero, c'erano due degli inseguitori. Silena non capì come fosse possibile che li avessero scoperti e addirittura preceduti. Spiegava la cosa solo come un'incredibile botta di fortuna da parte loro, ma a quel punto non restava che scappare per la strada da cui erano venuti e poi trovare un'altra via. Lei ne conosceva tante e quel posto collinare era un vero labirinto per chi non lo conosceva, e di sicuro la fortuna non avrebbe assistito due volte quegli uomini.

    Si mossero rapidi in quella direzione, ma dalle rocce soprastanti caddero due corde, e nel volgere di pochi attimi altri tre inseguitori si calarono sul sentiero, bloccando ogni via di fuga. Dai loro vestiti scuri trapelavano solo gli occhi: parevano tutti uomini, erano ben piazzati e avevano tutti in mano dei lunghi coltelli.

    Erano completamente circondati e senza scampo. Silena non si era mai trovata in una situazione simile e non sapeva proprio cosa fare, e l'uomo accanto a lei non era meno spaventato.

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    Si avvicinarono tutti con i coltelli in mano, pronti ad affondarli su di loro senza pietà. L'uomo si mise davanti alla ragazza, in un gesto di protezione che però serviva a poco, visto che erano totalmente circondati. La ragazza non sapeva proprio cosa fare e non avrebbe mai pensato di dover morire così giovane, né di trovarsi in una simile situazione. Anche se aveva agito d'impulso e per una persona che non conosceva, però, non ne era pentita, sapeva che era la cosa giusta da fare, ma non era servito a niente. Ora li avrebbero uccisi entrambi, era la fine. Si rese conto che non voleva morire, e che per quanto disperata fosse la situazione non doveva arrendersi. Zia Zelina le diceva spesso che un modo per uscire anche dalle situazione più disperate esiste sempre, e che per ogni problema esiste una soluzione, e lei ci credeva.

    Per un breve istante nessuno si mosse, poi i cinque uomini emisero un urlo di battaglia che fece sobbalzare Silena. Quegli uomini sembravano pronti a morire pur di portare a termine la loro missione. Capì all'istante che non erano solo assassini ma anche dei fanatici della peggiore specie, privi di pietà e morale.

    L'uomo cercò di reagire ma loro furono più rapidi. Silena tentò di schivare gli attacchi, ma non ce la fece e un primo coltello la prese al braccio sinistro, poi tutto si fece confuso e rimase solo l'oscurità. Successe qualcosa che non comprese, sentiva rumori forti, grida, urla e sentiva la morte che aleggiava intorno a loro, e alla fine non sentì più niente.

    Qualcuno la stava scuotendo e riaprì a fatica gli occhi, meravigliandosi che fosse ancora viva. Le ci volle un po' per capire che lo era davvero. Era sdraiata e si sentiva malissimo, e vide quell'uomo chino su di lei, sporco di sangue, che la stava guardando con apprensione.

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    Silena fece per tirarsi su, ma ci riuscì solo grazie all'aiuto di quell'uomo, di cui non sapeva ancora il nome, e quello che vide la lasciò sconcertata. Quattro degli aggressori erano riversi per terra in una pozza di sangue. Uno di essi aveva il suo coltello conficcato nel cuore, mentre un altro aveva la gola squarciata e un terzo la pancia aperta e il suo contenuto riverso per terra.

    A Silena venne da vomitare ma si accorse di avere lo stomaco chiuso e dolorante, come il resto del corpo, e poi vide anche il quarto, senza le mani e con il corpo pieno di tagli.

    <> riuscì a dire infine.

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    Silena si accorse solo ora che aveva il braccio sinistro fasciato e che tutto sommato le doleva ma non troppo. Guardò in alto e vide che era ancora notte, ma non doveva mancare molto all'alba: sicuramente era rimasta svenuta per parecchio tempo. Cercò di distogliere totalmente lo sguardo dai quattro uomini, e d'un tratto si ricordò che erano cinque.

    <>

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    Silena gli credette sulla parola, non aveva voglia di vedere anche quello, la notte era già stata piena di orrori.

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    <>

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    Silena non si sentiva solo debole, ma le pareva di essersi svuotata dentro, come se qualcuno le avesse prosciugato tutta la sua forza vitale. Comunque voleva solo andarsene da lì, e guidò Lugh fuori da quel dedalo di vie anguste, per ritrovarsi poi nella vallata che stava ormai spuntando l'alba. Si sentiva a pezzi e doveva trovare un posto per riposarsi; le venne in mente un vecchio capanno poco oltre il bosco. A volte lo usavano i cacciatori o le guide dei boschi. Era isolato e malmesso ma poteva dare riparo, e a volte era tutto quello che occorreva, come ora a lei. Anche Lugh non pareva meno esausto.

    Arrivarono lì che erano stremati e per fortuna non c'era nessuno, così entrarono e si buttarono su un piccolo giaciglio all’interno. Era poco meno di una baracca, piccolo e stretto, con qualche asse rotta e un'unica piccola stanza, se così si poteva definire. Non c'era quasi nulla tranne polvere e qualche animaletto. Silena si sforzò di alzarsi e darci una veloce pulita, poi si accasciò per terra senza neanche accorgersene. Lugh la prese delicatamente e la portò nel giaciglio; si addormentarono e si svegliarono che era quasi sera.

    Dopo un intero giorno di riposo si sentivano entrambi molto meglio, e la brutta esperienza passata il giorno prima pareva ormai sparita, almeno sul volto di Silena. Lugh aveva sempre un'espressione indecifrabile, ma il suo viso pareva teso.

    Silena prese quel poco da mangiare che aveva con sé e andò a raccogliere frutta e verdura, che lì nel bosco non mancavano mai. Non era un gran pasto, ma per ora se lo sarebbero fatto bastare. Promise a Lugh – che da come mangiava pareva fosse a digiuno da parecchio - che presto avrebbero fatto un pasto decente. Adesso aveva intenzione di andare dalla sua amica Conaire e spiegarle quello che le era successo. Lei era in gamba e le voleva bene, di sicuro l'avrebbe consigliata nel modo migliore, anche se prima doveva sapere un po' di cose da Lugh: pareva chiuso in se stesso e restio a spiegare perché quegli uomini volessero ucciderlo, ma lei voleva saperlo. Soprattutto voleva sapere se ce n'erano altri sulle sue tracce. A ogni modo ora voleva solo andarsene da lì prima che arrivasse qualcuno.

    Uscirono che era ormai notte. Il tempo si manteneva bello e relativamente caldo, e l'entusiasmo per la vita era nuovamente stampato sul volto di Silena. Camminarono per diverse ore in un tratto boschivo, con rami grossi e rampicanti che ostacolavano il cammino, e che richiese più tempo del previsto per attraversarlo.

    Faceva di proposito quella strada per evitare eventuali visite sgradite. Dopo l'esperienza del giorno prima decise di essere ancora più prudente, sperando che servisse. Non parlavano, impegnati com’erano a mettere un piede davanti all'altro e a non perdersi, e di sicuro senza di lei Lugh non ne sarebbe uscito facilmente.

    Dopo una radura rocciosa le querce, le betulle e gli aceri cominciarono a lasciare il posto agli abeti rossi, mentre il verde manto del terreno veniva sostituito da una distesa di aghi marroni. Man mano che proseguivano Silena cominciò a sentirsi a disagio. Nella mezz'ora che seguì i due rallentarono il passo e Silena osservò attentamente tutti i rami degli alberi che crescevano vicino al sentiero. Raggiunto l'ultimo crinale prima della casa, si acquattarono a fianco di un cespuglio di felci.

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    <<È proprio questo che mi insospettisce. Nessuno ha percorso quella parte del sentiero per tutto il giorno, ma dopo aver attraversato la radura le ragnatele sono scomparse.>>

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    Si avviarono su per il pendio, e raggiunta la cima si acquattarono dietro un pino e osservarono la casa. Le finestre erano state rotte, la porta, sempre chiusa a chiave, era spalancata e tutti gli effetti personali di Conaire erano stati sparpagliati sul prato adiacente. Silena si alzò in piedi preoccupata.

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    Non voleva esprimere il peggio che le veniva in mente e che poteva capitare ad una donna sola, non voleva né poteva credere che fosse successo proprio alla sua amica.

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    <>

    Silena era agitata come non mai, si passò le dita tra i capelli, fissò l'abitazione e cominciò a pensare al da farsi. Cercò di far riaffiorare la sua mente strategica e non agire d'impulso. Il retro della casa dava sul bosco, e poiché l'unica porta era rivolta verso la radura se qualcuno era all'interno li avrebbe sicuramente visti arrivare. Comunque che ci fosse qualcuno all'interno era solo un'idea, poteva essere che non ci fosse più nessuno, o che Conaire fosse lì e avesse bisogno d'aiuto.

    <> Lugh disse a voce quello che pensava lei da un po'.

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    Si fecero strada tra i grovigli di cespugli, compiendo un ampio giro intorno all'abitazione. Più si avvicinavano e più l'agitazione di Silena aumentava, sentiva che c'era qualcosa di sbagliato in tutto ciò, e di pericoloso. Quando giunsero al punto più vicino al retro dell'abitazione, Silena fece segno a Lugh di aspettarla. Se dentro c'era qualcuno non voleva fargli correre rischi, anche se non sapeva come affrontarlo. A lui non piaceva la cosa e la seguì lo stesso, anche se a una certa distanza.

    Per terra raccolse una pietra, non era una grande arma ma meglio che niente. Si avvicinò piano con cautela, senza fare rumore, e giunta in prossimità della finestra, che dava sulla stanza da letto, si fermò e ascoltò. Non sentì nulla, così si acquattò e riprese ad avanzare. Dopo pochi passi avvertì un movimento ai suoi piedi. Si immobilizzò, abbassò gli occhi e vide un serpente. Era piccolo e innocuo, attese che passasse e continuò.

    Giunta sotto alla finestra appoggiò una mano sul davanzale e alzò cautamente la testa per ispezionare l'interno della stanza. I vetri erano stati rotti, il materasso era stato squarciato e sul pavimento giacevano le pagine strappate di alcuni libri di valore. Silena ne riconobbe qualcuno, infatti li aveva dati lei all'amica tempo addietro. La porta era parzialmente aperta, ma non riuscì a scorgere se c'era qualcuno dall'altra parte nell'altra stanza.

    Si issò a metà del davanzale, poi si paralizzò sentendo uno scricchiolio. Conosceva molto bene quel rumore, era una sedia. L'aveva regalata lei all'amica intagliandola personalmente, e produceva quel tipico rumore quando qualcuno ci si dondolava sopra. Alla sua amica piaceva molto quel tipo di sedie e il rumore che facevano. Non c'era dubbio: qualcuno si era seduto lì e stava aspettando.

    Poteva essere Conaire, ma qualcosa dentro di lei le diceva che non era così. Non se ne sarebbe stata di certo seduta con la casa ridotta così. Era una ragazza energica che non si perdeva mai d'animo, entrambe erano molto simili ed erano sempre andate d'accordo.

    Un improvviso rumore alle sue spalle attirò la sua attenzione, e girandosi di scatto, pronta a colpire con la pietra, vide che era solo uno scoiattolo. Vide anche poco distante Lugh, che era incerto se rimanere indietro come gli aveva detto lei o raggiungerla. Gli fece segno di non muoversi e cercò di calmare il proprio cuore, che batteva all'impazzata. Guardò nuovamente dalla finestra, non c'era nessuno, ed entrò rapidamente, cercando di non far rumore e di evitare i vetri sparsi ovunque. Era agile e atletica e riuscì a entrare senza problemi, stando attenta a percepire anche il più piccolo suono proveniente dalla stanza accanto. Avanzò cauta fino ad arrivare al corridoio che portava verso l'altra stanza in fondo alla casa.

    L’angolo dove c'era la sedia era parzialmente illuminato dalla luce soffusa di una candela. A volte la sua amica rimaneva a leggere fino a tardi sulla sua sedia preferita, un'altra cosa che aveva in comune con lei. Sperò solo che fosse così anche ora, ma qualcosa le diceva che le cose stavano diversamente. Aveva una sensazione orrenda e il cuore pareva uscirle dal corpo, tanto martellava forte, mentre lo stomaco si irrigidì.

    Si sentiva sopraffatta dalla paura. Da una parte avrebbe voluto fuggire via, ma non era il tipo che scappasse davanti alle difficoltà o alle paure. Ormai era lì e sarebbe andata fino in fondo, avrebbe scoperto quello che era successo alla sua amica, augurandosi fino all'ultimo che stesse bene.

    In fondo poteva benissimo essere così, provava a convincersi. Poteva essere entrato un ladro, ma ora magari non era più lì, e Conaire magari era stanca e spaventata e stava riflettendo o dormendo sulla sua sedia. Poteva essere così, poteva essere in mille altre maniere, ma più si avvicinava e più la tensione saliva, e ancora prima di entrare capì che le cose stavano diversamente. C'era una parte di lei che non voleva nemmeno entrare per paura di quello che avrebbe potuto vedere.

    Sentì un odore che identificò subito, ma la sua mente si rifiutò di accettarlo e si buttò rapida dentro la camera con il braccio destro, dove aveva la pietra, alzato. Quello che vide prima la lasciò esterrefatta e poi la fece urlare.

    Non si spaventava facilmente né perdeva il controllo di sé, era sempre stata forte e risoluta, ma dopo quanto successo nell'ultimo giorno anche i suoi nervi saldi erano arrivati al limite. Urlò ancora una volta, mentre il cuore pareva non dovesse mai più fermare il ritmo frenetico che aveva preso, e il suo corpo rimase paralizzato per un tempo che non seppe quantificare. Sopra la sedia c'era il corpo di Conaire, con il viso contorto in una smorfia terribile di dolore; c'era sangue ovunque, aveva lo stomaco squarciato ed il suo contenuto rovesciato sul pavimento.

    Malgrado lo vedesse non riusciva a crederci. Chi poteva aver fatto una cosa così crudele e perché? Conaire era sempre stata una brava ragazza e non aveva nemici, perché era stata uccisa e in quel modo?

    Sentì un rumore di passi alle sue spalle e subito si riscosse del tutto. Ora c'era la rabbia in lei. Vide un'ombra che veniva nella sua direzione, urlò

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