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Janice
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E-book160 pagine2 ore

Janice

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Info su questo ebook

Janice perde tragicamente i suoi genitori in una rapina e viene catapultata alla Green Hall, un severo orfanotrofio. I primi anni per lei non sono per nulla facili, infatti fin da subito viene presa di mira da un gruppo di bambini, tra cui Sharon, sua compagna di stanza. Di certo le persone che lavorano lì non le sono d’aiuto. L’unico amico che la difende viene adottato e lei rimane di nuovo sola, fino a quando non conosce Steve, che darà una svolta alla sua vita. Ben presto scoprono di avere in comune la passione per la lettura, che riusciranno a coltivare all’interno di una caverna nel bosco, da loro chiamata Admirari.
Le giornate alla Green Hall proseguono con la solita monotonia, finché, proprio quando meno se lo sarebbe aspettato, Janice riceve una busta, accompagnata da un misterioso regalo.
“Scartai il pacchetto, e nel farlo i cristalli scivolarono a terra. I raggi del sole attraversarono le pietre facendole brillare con un’intensità tale da sembrare irreale. Appena vidi quella viola sentii in qualche modo di appartenerle. Forse era proprio questo a cui si riferiva mio padre…”

Elisa Varesco è nata nel 2007, vive in Val di Fiemme (TN) e frequenta il secondo anno al liceo classico. 
Quest’anno ha deciso di condividere la sua passione per la lettura anche su Tiktok e Instagram sul profilo @_lalibreriadieli_ , con l’intenzione di coinvolgere altri ragazzi. 
Il suo interesse per la scrittura è iniziato durante il lockdown, quando ha esordito sulla piattaforma Wattpad. Successivamente ha iniziato a raccogliere alcune idee, che nel corso del tempo hanno dato vita a Janice, il suo primo romanzo.
LinguaItaliano
Data di uscita31 dic 2022
ISBN9788830674806
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    Anteprima del libro

    Janice - Elisa Varesco

    Nuove Voci

    Prefazione di Barbara Alberti

    Il prof. Robin Ian Dunbar, antropologo inglese, si è scomodato a fare una ricerca su quanti amici possa davvero contare un essere umano. Il numero è risultato molto molto limitato. Ma il professore ha dimenticato i libri, limitati solo dalla durata della vita umana.

    È lui l’unico amante, il libro. L’unico confidente che non tradisce, né abbandona. Mi disse un amico, lettore instancabile: Avrò tutte le vite che riuscirò a leggere. Sarò tutti i personaggi che vorrò essere.

    Il libro offre due beni contrastanti, che in esso si fondono: ci trovi te stesso e insieme una tregua dall’identità. Meglio di tutti l’ha detto Emily Dickinson nei suoi versi più famosi

    Non esiste un vascello come un libro

    per portarci in terre lontane

    né corsieri come una pagina

    di poesia che s’impenna.

    Questa traversata la può fare anche un povero,

    tanto è frugale il carro dell’anima.

    (Trad. Ginevra Bompiani)

    A volte, in preda a sentimenti non condivisi ti chiedi se sei pazzo, trovi futili e colpevoli le tue visioni che non assurgono alla dignità di fatto, e non osi confessarle a nessuno, tanto ti sembrano assurde.

    Ma un giorno puoi ritrovarle in un romanzo. Qualcun altro si è confessato per te, magari in un tempo lontano. Solo, a tu per tu con la pagina, hai il diritto di essere totale. Il libro è il più soave grimaldello per entrare nella realtà. È la traduzione di un sogno.

    Ai miei tempi, da adolescenti eravamo costretti a leggere di nascosto, per la maggior parte i libri di casa erano severamente vietati ai ragazzi. Shakespeare per primo, perfino Fogazzaro era sospetto, Ovidio poi da punizione corporale. Erano permessi solo Collodi, Lo Struwwelpeter, il London canino e le vite dei santi.

    Una vigilia di Natale mio cugino fu beccato in soffitta, rintanato a leggere in segreto il più proibito fra i proibiti, L’amante di lady Chatterly. Con ignominia fu escluso dai regali e dal cenone. Lo incontrai in corridoio per nulla mortificato, anzi tutto spavaldo, e un po’ più grosso del solito. Aprì la giacca, dentro aveva nascosto i 4 volumi di Guerra e pace, e mi disse: Che me ne frega, a me del cenone. Io, quest’anno, faccio il Natale dai Rostov.

    Sono amici pazienti, i libri, ci aspettano in piedi, di schiena negli scaffali tutta la vita, sono capaci di aspettare all’infinito che tu li prenda in mano. Ognuno di noi ama i suoi scrittori come parenti, ma anche alcuni traduttori, o autori di prefazioni che ci iniziano al mistero di un’altra lingua, di un altro mondo.

    Certe voci ci definiscono quanto quelle con cui parliamo ogni giorno, se non di più. E non ci bastano mai. Quando se ne aggiungono altre è un dono inatteso da non lasciarsi sfuggire.

    Questo è l’animo col quale Albatros ci offre la sua collana Nuove voci, una selezione di nuovi autori italiani, punto di riferimento per il lettore navigante, un braccio legato all’albero maestro per via delle sirene, l’altro sopra gli occhi a godersi la vastità dell’orizzonte. L’editore, che è l’artefice del viaggio, vi propone la collana di scrittori emergenti più premiata dell’editoria italiana. E se non credete ai premi potete credere ai lettori, grazie ai quali la collana è fra le più vendute. Nel mare delle parole scritte per esser lette, ci incontreremo di nuovo con altri ricordi, altre rotte. Altre voci, altre stanze.

    Alla mia carissima nonna

    "Non fu tempesta, noi fummo tempesta

    in quel fatidico mattino plumbeo,

    sciogliendoci come gocce

    nel viscere del tempo."

    PRIMA PARTE

    Siamo fatti di ricordi

    Capitolo 1

    Il mio passato

    Tutto questo sembrava un sogno. Dopo una furiosa tempesta, riuscivo finalmente ad intravedere un piccolo spiraglio, un barlume di speranza.

    Sono Janice, Janice Anderson, la figlia del famoso dottor W.A. e sua moglie, o almeno, un tempo lo sono stata.

    Non ricordo molto dei miei genitori, ormai i miei pensieri sono così disordinati che faccio fatica a ripercorrere il mio passato. Per questo motivo ho deciso di compiere alcune ricerche, in modo tale da ottenere una visuale più ampia sulla mia vita.

    William, mio padre, nella sua breve vita lavorò come oncologo alla Cleveland Clinic Ohio, uno dei migliori ospedali degli Stati Uniti. I primi anni per lui furono molto intensi in quanto, spesso fu costretto a rimanere in clinica sia di giorno che di notte. Guarì molti pazienti, ma al contempo ne vide altri che non riuscirono più a risvegliarsi. La sua vita in ospedale fu un continuo susseguirsi di vittorie, alternate con alcune sconfitte, che risultavano difficili d’assimilare. Il mio grande Will però, non si fece mai abbattere e con forte determinazione si riprese dalle sue cadute.

    Qualche anno più tardi, durante un’operazione conobbe Emmeline Carter, una ragazza determinata e dolce d’animo.

    Fin dal primo momento in cui la vide, papà venne incantato dalla sua inestimabile bellezza. Non si era mai sentito così preoccupato per un’operazione e forse, fu anche grazie a questo suo timore che andò tutto per il meglio.

    Finito anche il turno di lavoro per quella giornata, William decise di trattenersi lì ancora un per po’ di tempo. Si diresse verso la stanza della signorina Carter, con l’intenzione di lasciarle un biglietto con scritto il suo indirizzo, in caso le venisse voglia di contattarlo.

    Entrò nella camera, ma con grande stupore vide che la donna aveva già ripreso i sensi.

    Anche per lei fu amore a prima vista ed in seguito a quel loro primo incontro decisero di continuare a vedersi. Per il primo periodo continuarono a tenere segreta la loro relazione. Emmeline ricevette spesso la visita del dottor W.A. che riuscì a tirarle su il morale anche nelle giornate più faticose.

    Passarono due mesi dal giorno dell’operazione e per lei i risultati di quell’ultimo controllo sarebbero stati decisivi. Sebbene fosse felice al pensiero che, se fosse filato tutto liscio sarebbe stata dimessa, non fu mai in ansia come quel pomeriggio.

    William non ne era al corrente, o almeno, questo era quello che lei credeva. La ragazza non ne parlò con in sua presenza, infatti non voleva correre il rischio di dargli false speranze. Poter illudere colui che amava sarebbe stato un brutto colpo da subire.

    Le ore sembrarono interminabili, così decise di dare un’occhiata all’esterno.

    Il giardino era più rigoglioso che mai, ed i fiori erano nel pieno del loro splendore. In quel luogo regnava la pace. C’era un clima di tranquillità caratterizzato dal cinguettio degli uccellini sugli alberi.

    Emmeline si coricò ai piedi di un enorme olivo per godere ancora meglio della maestosità di quel prato in fiore.

    Qualche minuto più tardi sentì dei bambini ridere in lontananza e, pensando a quanto sarebbe stato fantastico avere un figlio proprio, si addormentò.

    Non seppe mai esattamente per quanto tempo restò addormentata, perché quando riaprì gli occhi ogni suo pensiero svanì.

    Vicino a lei, c’era un uomo che le teneva la mano sorridendo. Si sfregò gli occhi più e più volte e tornando in sé capì di non stare sognando. William era proprio lì accanto a lei.

    Appena lo riconobbe lo strinse in un forte abbraccio. Aveva paura che da un momento all’altro potesse svanire nel più tranquillo silenzio, proprio come quando era arrivato.

    Quando l’abbraccio si sciolse lui estrasse con cautela una piccola scatola dalla tasca dei jeans.

    Successivamente aprì il cofanetto.

    Al suo interno era racchiuso uno strano ciondolo verde in malachite, della stessa tonalità degli occhi di mia madre e le fece la tanto attesa proposta.

    Non ebbe idea di cosa rispondere, non se lo sarebbe mai immaginato, non in quel momento. Non seppe come reagire e a volte la spontaneità è la cosa migliore.

    Fu così che iniziò a piangere di gioia.

    Tutte quelle tenerezze vennero purtroppo interrotte niente meno che dalla caporeparto in persona. Vedendola, i due si ricomposero il più velocemente possibile.

    La dottoressa, senza distogliere lo sguardo dal viso di Emmeline le chiese di seguirla. Dunque s’incamminarono, lasciando alle loro spalle il povero uomo dallo sguardo basito.

    Entrarono in un ufficio, dove le venne data la notizia più bella della sua vita… Il cancro se n’era andato.

    Abbracciò e ringraziò insistentemente la dottoressa e saltando di gioia corse ad aggiornare mio padre.

    Lui era ancora in giardino, seduto nella stessa posizione in cui lo aveva visto prima. Sapeva che sarebbe tornata con la lieta notizia e non aveva fatto altro che aspettare pazientemente il suo ritorno.

    I giorni successivi trascorsero velocemente. Presero il volo, trascorrendo la loro prima vacanza insieme in una villa al mare. Passarono giornate intere sulla spiaggia, godendosi il dolce calore del sole estivo. Trascorsero intere notti a guardare le stelle, per poi aspettare l’arrivo dell’alba. Nuotarono con i delfini e fecero windsurf sulle cristalline acque dell’Oceano Pacifico.

    Purtroppo i periodi di relax non possono durare all’infinito e tornati a casa iniziarono a dedicarsi ai preparativi per il grande giorno.

    Si sposarono nella chiesa di Kirtland, che per l’occasione fu tutta in fronzoli. Noleggiarono tanto di carrozza e cocchiere in livrea. Fu una cerimonia decorosa e senz’altro memorabile.

    Esattamente un anno dopo nacqui io.

    Fin da piccola ero una bambina timida e molto curiosa. Mi piaceva scoprire nuove cose e per questo molto spesso finivo nel cacciarmi nei guai. Ad esempio, all’età di cinque anni, cercando di capire il meccanismo dei fiammiferi mi sono accidentalmente data fuoco a un ciuffo di capelli. Come ogni bambino, durante l’infanzia ne ho combinate di tutte i colori. A volte penso che potrei davvero trarne ispirazione per un libro.

    La mia vita era perfetta, i miei genitori mi volevano bene ed ero la reginetta di casa.

    Solitamente il mattino e il pomeriggio li passavo con mamma, mentre la sera ci raggiungeva anche papà. Quando fuori era bel tempo lei mi portava al parco del centro, oppure al lago vicino a casa, dove ero libera di sguazzare. D’inverno invece ci trasferivamo in uno chalet sul Vermont. Il viaggio durava all’incirca dodici ore, ma ne valeva la pena. Purtroppo papà poteva raggiungerci solo di tanto in tanto, il che era un vero peccato.

    Lassù nevicava quasi tutti i giorni e potevo giocare a palle di neve quanto volevo. Per non parlare delle costruzioni industriali di igloo e pupazzi di neve con mamma.

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