Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Il Grande Corvo
Il Grande Corvo
Il Grande Corvo
E-book227 pagine3 ore

Il Grande Corvo

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Miki, Tommi e Gio, i tre inseparabili amici, pensavano ad un viaggio di piacere al polo nord. Si imbattono, loro malgrado, nel Dio del nord e nei suoi scagnozzi. Fughe, rapimenti, poteri soprannaturali. Il grande Corvo, Dio malvagio e supremo, vuole conquistare il mondo moderno; Miki, Tommi e Gio si alleano con gli dei buoni per fermare l’avanzata del male. Ma una profezia incombe su di loro. Prenderanno le decisioni giuste per salvare il mondo?
LinguaItaliano
Data di uscita14 mag 2018
ISBN9788828321644
Il Grande Corvo

Leggi altro di Ivan Migliozzi

Autori correlati

Correlato a Il Grande Corvo

Ebook correlati

Fantasy per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Recensioni su Il Grande Corvo

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Il Grande Corvo - Ivan Migliozzi

    Ivan

    CAPITOLO 1

    «Fatemi uscire! Fatemi uscire da qui!».

    Gio non aveva quasi più voce, stava urlando da diverse ore, senza risultato. Aveva deciso che avrebbe passato la giornata a strillare, sperando che qualcuno potesse sentirlo. Non ricordava di preciso da quanto tempo fosse rinchiuso tra quelle quattro pareti di legno. Si era già rammaricato di non aver preso nota dei giorni passati in prigionia, ma d’altra parte non era semplice capire quanto tempo fosse passato, non solo perché la cognizione del tempo non era facile da mantenere all’interno di quella piccola stanza, ma anche perché, guardando fuori dalla piccola finestra con le sbarre, c’era sempre luce; il sole non tramontava mai.

    Dopo aver passato diverso tempo a disperarsi, poi a cercare di capire cosa fosse successo, poi ancora a disperarsi, pensando a sua madre e ai suoi due amici Miki e Tommi, aveva deciso di essere sistematico e ragionare. Oggi voleva passare del tempo ad urlare, qualcuno da fuori magari lo avrebbe sentito. La mossa successiva sarebbe stata quella di cercare di fuggire, anche se non riusciva a trovare un modo per poterlo fare.

    Era stanco di gridare, la voce gli stava finendo e decise di riposarsi un po’. Si sdraiò sulla piccola brandina di metallo, buttata in un angolo della stanza e si guardò in giro. Il locale era quasi completamente vuoto; oltre alla branda di metallo su cui era stato sistemato uno squallido materassino di gommapiuma, più grande del letto stesso, c’era una piccola stufa che si alimentava con un filo che usciva da un piccolissimo foro alla parete. Aveva già pensato più volte di cercare di allargare il foro, ma senza risultato: si era già fatto male ad un paio di dita. Non aveva nulla con sé da poter utilizzare per poter aprirsi un varco. In un angolo della stanza c’erano un paio di coperte bucate, luride e scolorite; le aveva usate quando sentiva freddo, soprattutto quando si appisolava. Ma ora, seppur disperato e sconsolato, non aveva sonno: non era il momento di dormire. La parete di fronte aveva una porta in legno, ovviamente chiusa dall’esterno. Un paio di volte l’uomo che lo aveva rinchiuso lì, si era presentato alla porta portandogli del cibo ed una brocca di acqua gelata. La prima volta che si era presentato alla porta, Gio stava riposando, sfinito dal lungo viaggio che aveva percorso per arrivare fin lì e quindi non si era nemmeno accorto di lui. La seconda volta, invece, aveva deciso di strillare a più non posso; la reazione dell’uomo, che aveva appoggiato il cibo per terra e aveva subito chiuso la porta dietro di sé, lo aveva convinto che all’esterno potesse esserci qualcuno che lo avrebbe sentito, ed ecco perché aveva deciso di strillare per diverse ore non ottenendo, tuttavia, nessun risultato.

    Per l’ennesima volta il ragazzo decise di ripercorrere mentalmente quello che era successo dal momento dell’atterraggio del volo che trasportava lui, Miki e Tommi, fino all’arrivo alla prigione in cui ora era rinchiuso.

    Erano partiti alla volta di Oslo, per un viaggio organizzato dalla madre di Gio; la donna era antropologa ed era stata incaricata, per conto dell’università di Oslo, di effettuare delle ricerche sugli eschimesi, che vivono tutt’ora in gruppi poco numerosi presso il nord della Scandinavia. Dopo un paio di settimane dalla sua partenza, Gio aveva ricevuto una mail dalla madre in cui gli scriveva, per sua grande gioia, di avere ottenuto dei biglietti gratis per poterlo fare viaggiare con i suoi due migliori amici, Miki e Tommi, con destinazione Oslo potendola, così, raggiungere per un paio di settimane. Era una bellissima occasione e i tre non si fecero attendere; dopo un paio di giorni erano già in volo. Miki, Tommi e Gio erano legati da una forte amicizia, che negli anni si era ancor più consolidata dopo che si erano ritrovati a vivere fantastiche avventure insieme: dal lontano futuro, dove avevano conosciuto i tbot, al fantastico mare di Goondocks. Questo viaggio, tuttavia, era un semplice viaggio alla scoperta dei paesi nordici. Miki e Tommi avevano ottenuto il permesso di viaggiare da parte dei propri genitori, che conoscevano bene la madre di Gio e sapevano si trattasse di una bellissima occasione per i figli. Nessuno avrebbe mai pensato quello che sarebbe successo al momento del loro atterraggio.

    I tre amici si aspettavano di essere accolti dalla madre di Gio ed invece, non appena misero piede fuori dall’aeroporto, videro un grosso uomo con in mano un foglio di carta su cui c’era scritto Gio, Miki e Tommi. I tre, seppur sorpresi, non ebbero dubbi che l’uomo fosse stato mandato dalla donna ad accoglierli per portarli da lei. L’uomo era enorme, alto almeno due metri, poteva pesare una tonnellata. Aveva della mani enormi ed il foglio di carta che teneva tra le sue mani sembrava essere minuscolo; aveva dei lineamenti da inuit, seppur la staffa non poteva richiamare un eschimese.

    «Salve ragazzi, chi di voi è Gio?» domandò con una voce profonda e dura.

    «Io» rispose Gio, intimorito.

    L’uomo allungò la sua mano gigante e Gio esitò; dopo pochi secondi decise di contraccambiare il saluto e la sua mano fu stritolata da quella dell’uomo. Gio fece una smorfia di dolore, ma non disse nulla. L’uomo non degnò nemmeno di uno sguardo Tommi e Miki ed aprì la portiera dell’auto dietro di lui. I tre ragazzi si accomodarono, mentre l’uomo si sistemò nel posto passeggero anteriore; alla guida c’era un’altra persona. La portiera fu sbattuta con violenza e l’auto partì.

    «Benvenuti a Oslo, ragazzi» disse l’uomo che era alla guida. «Io sono Aglu, il vostro autista».

    Gio ricorda molto bene di avere incrociato il suo sguardo nello specchietto retrovisore; i suoi occhi, piccoli e neri, davano l’idea di essere molto furbi e per nulla sinceri. Ma è facile rendersene conto ora, dopo essere stato separato dai suoi due amici e rinchiuso in quella prigione di legno.

    Al momento ovviamente non ci aveva fatto caso e, mentre l’auto sfrecciava veloce dirigendosi verso la città, i tre amici avevano iniziato a fare domande, pensando di essere diretti verso l’università di Oslo, dove la madre di Gio li avrebbe accolti.

    «Quanto dista l’aeroporto dall’università?» domandò Tommi.

    «Pochi minuti» rispose seccamente l’uomo enorme.

    «Comunque io sono Tommi e lui è Miki. Lei chi è?» domandò Tommi, con un pizzico di arroganza, dovuta al fatto che era rimasto infastidito dai modi di fare dell’uomo.

    «Sono Crow».

    Tommi e Gio si scambiarono uno sguardo, incuriositi da quel nome e dallo strano modo in cui era stato pronunciato: un verso profondo e gutturale.

    «Come si chiama quel bellissimo palazzo?» domandò Miki, indicando un enorme palazzo con il dito.

    «Quello sulla destra? E’ il palazzo reale» intervenne Aglu, anticipando la risposta di Crow.

    «Che temperatura c’è in questo periodo dell’anno?»

    «E’ estate, non fa per nulla freddo».

    «Sì, ma che temperatura c’è in questo momento?»

    Gio non ebbe risposta e Crow abbassò il finestrino.

    «Ora puoi sentirla tu la temperatura!»

    «Per colpa tua ci arriva l’aria gelida addosso» e Tommi tirò una gomitata a Gio.

    «Ahia» urlò Gio, che saltò addosso a Tommi per vendicarsi della gomitata.

    A qual punto Miki intervenne, per fermare i due amici che si stavano azzuffando, ma senza riuscirci.

    Improvvisamente l’auto si bloccò con una forte frenata ed i tre ragazzi furono sbattuti violentemente in avanti; per poco Gio, che si trovava nel posto centrale, non si ritrovò scaraventato davanti, tra i due uomini.

    «Avete finito?» urlò Crow.

    Bastò la sua domanda a far capire ai tre ragazzi di finirla e forse anche di smetterla di fare domande. Aglu riprese la guida e Crow alzò il finestrino; l’auto riprese la sua veloce marcia, senza che più nessuno si scambiò una parola.

    Dopo una decina di minuti, Aglu rallentò e si accostò ad un marciapiede. Solo in quel momento Tommi prese coraggio e domandò se fossero arrivati all’università.

    «No» rispose bruscamente Crow.

    «Siamo arrivati in hotel» aggiunse Aglu. «Crow vi accompagnerà alla vostra stanza».

    I tre ragazzi si trovarono nella hall di un piccolo albergo e si iniziarono a domandare dove fosse la madre di Gio.

    Gio sentì un rumore provenire da fuori; si alzò velocemente dalla branda. Guardò dalla finestra, ma non era facile vedere chiaramente al di fuori. La finestra era perennemente appannata e vedeva solo un’immensa distesa di neve; il bianco la faceva da padrone ed ogni volta che aveva guardato fuori aveva visto solo neve e cielo che, a tratti, si confondeva con l’immensa distesa di bianco: tutto sembrava uguale. Cercò di osservare con più attenzione perché era sicuro di avere sentito un rumore di un motore, forse di una motoslitta. Aguzzò la vista e fu sicuro di aver notato un movimento, appena oltre la collina di neve, che si trovava a non più di trecento metri dalla sua prigione. Ancora una volta il viso della persona comparve per poi scomparire di nuovo. Gio era sicuro che stesse succedendo qualcosa e si rimase alla finestra ad osservare.

    Passarono però molti minuti, forse delle ore e il ragazzo iniziò a domandarsi se non fosse stata la sua immaginazione, unitasi alla sua speranza, ad avergli tirati un brutto scherzo. Così, mentre si trovava ancora alla finestra, la sua attenzione diminuì e tornò a pensare a quello che era successo dopo che lui, insieme ai suoi due amici, si erano sistemati nella camera dell’hotel.

    «Gio ma tua madre dov’è?» domandò Tommi, mentre apriva il piccolo frigorifero della camera in cerca di qualcosa da bere.

    «Non ne ho idea…» rispose Gio, mentre guardava con attenzione dalla finestra della camera verso la strada.

    «Io voglio andare a visitare la città!» disse Miki, mentre si buttava sul letto centrale. «Questo è il mio letto!»

    «E questo è il mio!» urlò Tommi, gettandosi sul letto alla destra di Miki, vicino alla porta del bagno.

    «Ma che importanza ha il letto? Qui c’è qualcosa che non mi torna…» Gio si stava sedendo sul letto, quando riprese subito a parlare. «Aglu è rimasto nell’auto, ancora parcheggiata fuori dall’albergo e Crow è appena fuori dall’ingresso, che si guarda in giro. Non vi sembra strana questa situazione? Non mi sembrano affatto due persone che lavorano all’università. E per quale motivo mia madre avrebbe mandato loro a prenderci? E perché non si è fatta ancora sentire…»

    Miki tirò il cellulare a Gio, che lo prese al volo. «Chiamala!».

    Gio digitò il numero, ma non ebbe risposta. Riprovò più volte, sempre con lo stesso risultato.

    «Dai andiamo!» Tommi era pronto davanti alla porta della stanza. «Usciamo di qui. Sappiamo come arrivare all’università, ci andiamo per i fatti nostri, senza bisogno di Aglu e di quell’altro energumeno».

    Miki e Gio furono d’accordo con l’amico, si misero le giacche a vento ed uscirono dalla stanza. Nel corridoio si avvicinò a loro una ragazza. Si muoveva furtivamente, strisciando lungo le pareti e continuando a guardarsi intorno. La ragazza dimostrava la loro età, era piuttosto alta ed era bellissima. Mentre si avvicinava a loro, i tre ragazzi rimasero immobili ad osservarla: aveva dei lineamenti delicati, capelli biondi lucenti raccolti in una lunga treccia ed occhi di un colore indefinito, molto chiari e splendenti.

    «Ciao» gli si rivolse, continuando a guardarsi intorno. La sua voce era delicata e cristallina. «Non uscite dalla hall, è pericoloso. Seguitemi. Di qua» La ragazza aprì la porta che dava sulle scale di servizio, mentre i tre amici si stavano dirigendo agli ascensori. Si guardarono in viso e decisero di seguirla.

    «In che senso è pericoloso? E tu chi sei?» domandò Tommi.

    «Non è importante chi sono io. Venite con me. Crow e Aglu non vi avrebbero mai permesso di uscire dall’hotel…»

    «E tu come fai a sapere il nome di quei due? Li conosci?» la curiosità di Gio stava prendendo il sopravvento. «Conosci mia madre?»

    La ragazza non ebbe il tempo di rispondere in quanto la porta che dava alle scale del piano di sotto si aprì e Crow li vide; si stava dirigendo verso di loro. «Fermi!» urlò.

    La ragazza prese per mano Gio e lo trascinò nella direzione opposta, risalendo per la breve rampa di scale che avevano appena fatto, rientrando nel corridoio da cui erano venuti; Miki e Tommi li seguirono. I quattro ragazzi erano molto più agili e veloci di Crow e fecero in tempo a chiudersi all’interno di una stanza, prima che l’uomo fosse giunto nel corridoio. Sentivano però i suoi passi e le sue urla. Li stava cercando sbattendo le grosse nocche a tutte le porte delle stanze.

    «Chi di voi è Gio?» un ragazzo che era all’interno della stanza rivolse loro la domanda. I tre non si erano nemmeno accorti della sua presenza, intenti a riprendere fiato dalla corsa e impauriti dalle urla di Crow. Il ragazzo assomigliava molto alla ragazza che li aveva condotti nella stanza, era sicuramente suo fratello, se non addirittura il suo gemello. Simile in tutto, nei lineamenti del viso, nella corporatura, nello sguardo, anche i capelli erano dello stesso colore, biondi e splendenti, seppur tagliati molto più corti.

    «Sono io…» rispose con il fiato corto Gio.

    «E tu chi sei?» gli si rivolse Miki.

    Il ragazzo non prestò attenzione alla domanda, e spostò un grosso comò dietro la porta della camera, oltre a chiudere a chiave la porta stessa. «Aningat, ora cosa facciamo?»

    Tommi si scagliò addosso al ragazzo, gettandolo sul letto. «Il mio amico ti ha rivolto una domanda, chi sei?» Ma il ragazzo non si scompose per il gesto violento di Tommi, si alzò dal letto e, con uno sguardo sprezzante, fissò Tommi; solo dopo alcuni secondi prese a parlare. «Io sono Aningat e lei è mia sorella Malina. Siamo qui per aiutarvi a fuggire da Crow. E non ti conviene fare più una cosa del genere. Ti assicuro che non ti conviene!»

    Un istante dopo Crow era fuori dalla porta della stanza, batteva i pugni rumorosamente urlando parole incomprensibili. Ed iniziò anche a sbattere, probabilmente con tutto il corpo, per cercare di sfondare la porta.

    «Presto, di qua» Aningat aprì la finestra della stanza: sul lato destro, attaccata alla parete, c’era una scala di sicurezza. La stanza dava sul retro dell’hotel ed in basso si vedeva il giardino che circondava l’edificio. Aningat si mosse con enorme agilità e fu subito seguito da Miki e Tommi; Malina era già sulla scala quando si rese conto che Gio era ancora affacciato alla finestra.

    «Presto Gio, muoviti» fece un paio di passi in alto per arrivare all’altezza della finestra ed allungò la mano. «Ti aiuto io, non avere paura».

    Ma Gio era letteralmente immobilizzato dalla paura dell’altezza. In quel momento la porta della stanza si aprì e Crow fece irruzione. Malina prese la mano di Gio, ma non poteva strattonarlo, lo avrebbe fatto cadere dalla finestra; all’interno, invece, Crow non ebbe difficoltà a prendere Gio di peso. L’uomo si affacciò alla finestra e vide che i tre ragazzi sul prato erano intenti ad aspettare Malina che stava scendendo le scale a gran velocità. Non appena la ragazza ebbe messo piede sul terreno, i quattro presero a correre verso gli alberi che circondavano il giardino nascondendosi alla vista dell’uomo.

    Gio si era stancato di stare alla finestra, fuori il sole splendeva un po’ meno, sapeva che non sarebbe calato del tutto e la luce sarebbe rimasta, ma era evidente che si stava andando verso la notte. Aveva rinunciato a guardare fuori, forse qualcuno c’era realmente al di là della collina di neve, ma non era certo lì per lui. La sua mente era arrivata a ricordare il momento in cui si era separato dai suoi amici, il momento in cui non aveva avuto il coraggio di scendere per quelle scale; il momento in cui aveva deluso la bellissima Malina. Chissà cosa pensava di lui. Che fosse uno stupido codardo? Sì, lo era.

    La porta della sua prigione si aprì; Gio si aspettava il solito piccolo uomo che gli avrebbe portato il cibo e l’acqua senza proferire parola, invece, questa volta, si presentò Crow.

    «Maledetto, fammi uscire di qui!» gli si scagliò contro Gio, ancora scosso dal ricordo appena avuto.

    «Calmo moccioso!» L’uomo appoggiando la sua enorme mano alla fronte del ragazzo, lo tenne a distanza. «Mangia. Ti vogliamo in forze per domani. Ci sposteremo al nord».

    «Ora dove ci troviamo? Dov’è mia madre? Ed i miei amici?» Gio odiava l’uomo che aveva davanti, ma si rese conto che avrebbe potuto ottenere alcune informazioni. Quindi prese coraggio e fece diverse domande, mettendosi a sedere sulla branda.

    Crow però non sembrava avere nessuna intenzione di rispondere.

    «Certo che farsi fregare così da due ragazzi… Malina e Aningat, sono stati bravi a fare fuggire Miki e Tommi».

    «Malina e Aningat non avrebbero dovuto intromettersi. Ed invece lo hanno fatto ed ora anche loro verranno annientati! Basta parlare, mangia!» Crow se ne andò, sbattendo la porta e lasciando nuovamente solo Gio, che decise di mangiare.

    Il ragazzo non aveva idea di dove sarebbe stato portato l’indomani e nemmeno di dove si trovasse in quel momento, ma ricordava bene il lungo viaggio che aveva fatto per arrivare fin lì.

    Dopo

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1