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Jodissea
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E-book254 pagine3 ore

Jodissea

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Info su questo ebook

La storia è ambientata in una città italiana non ben definita, in un futuro abbastanza lontano. Un futuro dal clima torrido. Jodi è un precario (sì, nel ventiduesimo secolo questo non è cambiato) che vende vestiti termorefrigeranti per un vecchio truffaldino. Ma gli affari vanno male, così il capo impone a Jodi un ulteriore incarico: sorvegliare il nipote, Sasha, che ha manifestato intenzioni suicide. Perché lo zio ha sottoscritto una polizza sulla vita del ragazzo, tra le cui clausole una prevede l’annullamento della liquidazione se il decesso è causato da un suicidio prima che siano trascorsi ventiquattro mesi dalla stipula del contratto.
Jodi diventa l’ombra del ragazzo a cui, al di là di ogni aspettativa, passa la voglia di farla finita, scacciata dall’ossessione per una donna che esercita il mestiere più antico del mondo. Quando la donna scompare, il giovane Sasha obbliga il povero Jodi a cercarla.
Personaggi ambigui e surreali, come surreali e a tratti esilaranti sono i dialoghi e le situazioni che attraversano questo romanzo, futurista ma non inverosimile. Un romanzo godibilissimo, una cifra stilistica originale e densa di humour.
LinguaItaliano
Data di uscita30 mag 2014
ISBN9788868990596
Jodissea
Autore

Federico Nanut

Federico Nanut ha quarant’anni, una laurea in lingue e letterature straniere, e tanti lavori nel curriculum (copywriter, responsabile di una scuola d’inglese…). Nel 2008 ha pubblicato con Excelsior 1881 il suo primo romanzo In Africa saremmo già morti.

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    Anteprima del libro

    Jodissea - Federico Nanut

    1

    «A noi ci hanno rovinato gli americani… dopo la seconda guerra mondiale… Avevano paura perché sapevano che eravamo dritti, che l’Impero Romano… il Rinascimento… la Repubblica di Venezia… Noi italiani abbiamo delle potenzialità che loro le vedono con il telescopio spaziale… Hanno approfittato che eravamo in crisi… rincoglioniti dal fascismo… per creare un sistema per azzeccagarbugli: i notai… i commercialisti… tasse illegali… E così ci hanno fottuto. Questi fatti a scuola non li raccontano. Ci sono interessi… Quanti anni sono passati? Secoli! Ma tutto è cominciato lì. L’inizio della fine. Cosa puoi fare oggi in Italia? Appena ti muovi ti arriva una multa. Secondo te gli americani hanno gli ausiliari del traffico? Figuriamoci… Ce li hanno messi a noi per fermarci. Non si può continuare così…»

    Jodi non entrò nello sfogo del signor Gambini, che continuò: «Guarda questa fattura… Cinquanta t-shirt e trenta pantaloni. Sai quanto mi sono rotto il culo per far firmare quest’ordine? E adesso devo anche perdere tempo a registrare tutto? O lavoro o cincischio con la burocrazia. Io credo che lavorare sia più importante, giusto?».

    Jodi annuì per dovere.

    «È dal 2093 che faccio fatture. È cambiato tutto: il cibo, le automobili, il clima… Solo queste cazzo di fatture sono sempre uguali! Io non lo so…»

    Il signor Avvocato Gambini – Avvocato era il nome di battesimo, ché evidentemente già i genitori devono essere stati due filibustieri – era sconfortato. Anche i suoi capelli erano avviliti, mosci. Lo si notava perché li teneva un po’ lunghi. Non li tingeva, assomigliavano all’interno dei vecchi filtri per sigarette.

    Jodi pensò di rincuorarlo ricordandogli che comunque il totale del fatturato non superava il sette per cento di quello che vendevano, ma non lo fece.

    «Quel negozio là… vicino all’hotel… ti ha confermato l’ordine?»

    «No, ha detto che ce lo invia tra qualche giorno.»

    «Chiamalo e digli che per questa estate è previsto un aumento della temperatura di cinque gradi e il nostro abbigliamento termorefrigerante andrà via come il pane.»

    «Ma è la scusa che ho tentato questa mattina!»

    «Allora telefonagli e digli che ci è arrivata una richiesta urgente per quella merce e o la prende subito o non potremo più darla a lui.»

    Il venditore rifece il numero sommessamente.

    «Pronto, parla la Fridge, è il signor Alessandro? Volevo farle sapere che… siamo stati sollecitati da un cliente che vuole quei capi che interessano anche a lei. Chiaramente voi avete una prelazione… però dovete effettuare l’acquisto in giornata.»

    Il signor Gambini tendeva l’orecchio come un coyote.

    «Eh… i tempi per produrre quel tipo di articoli sono abbastanza lunghi: settimane…»

    Gambini vedeva già il bonifico sul suo estratto conto.

    «Capisco… D’accordo: nel caso l’altra persona non confermi l’interessamento glielo farò sapere. Arrivederci.»

    «Richiamalo. Digli che l’altro ha rinunciato.»

    Jodi aveva una teoria. La terra era il set di un enorme Grande Fratello manovrato dagli alieni. La sua supposizione aveva una base scientifica: il cosiddetto Principio della Mediocrità. Si tratta di un’ipotesi che nasce dal fatto che il sistema solare ha un’età che è una via di mezzo rispetto a quella di altre parti dell’universo, e perciò è probabile che in certe zone sviluppatesi prima esistano degli esseri che hanno iniziato a evolversi con notevole anticipo e adesso potrebbero disporre di tecnologie inimmaginabili, così potenti da poter controllare un intero pianeta. Se si pensa alla differenza che c’è tra gli uomini delle caverne e quelli che sono riusciti ad andare sulla luna… quella tra gli alieni e gli esseri umani potrebbe essere ancora più ampia, considerando che potrebbero avere un grande vantaggio temporale. I sostenitori del Principio della Mediocrità pensano che gli extraterrestri non si siano mai rivelati apertamente per poter osservare senza essere visti quella che potrebbe essere una fase primordiale della loro civiltà, come fanno gli antropologi quando studiano i selvaggi di nascosto.

    Jodi aveva elaborato una variante ancora più angosciante: gli alieni si divertono a prenderci per il culo.

    Chissà che share farò se il cliente mi manda a cagare… pensò seguendo il suo ragionamento che tutte le rogne che gli capitavano erano incentivate da qualche perfido autore per alzare l’audience del programma.

    Anche il terzo tentativo non attecchì.

    «Dai, Jodi, non ti demoralizzare, fai un ultimo sforzo, prova a offrirgli il 65 per cento di sconto.»

    Rubare… rubare è più dignitoso che lavorare in questo modo… È che non lo so fare…

    Il cliente non s’infastidì e respinse gentilmente l’offerta. Forse l’autore non voleva infierire o forse voleva alleviargli per un attimo la pena per poi fargli qualche scherzo più pesante.

    Alle nove di sera finalmente fu libero. Uscì dalla sede della Fridge. Faceva ancora molto caldo, almeno trentacinque gradi, e quella mattina aveva dovuto parcheggiare abbastanza lontano. Nonostante indossasse vestiti dell’azienda per cui lavorava, che come diceva la pubblicità erano fatti interamente in Icetex, sudò come un fornaio. Sfinito dalla calura e dal signor Gambini, arrivò alla sua Ford Torpedine, una delle prime auto elettriche ad aver superato il milione di esemplari venduti. E anche se quello era uno dei modelli più vecchi e montava una tecnologia superata, anacronisticamente privo di pilota automatico, Jodi le era affezionato. Aveva una bella linea slanciata che ricalcava quella delle prime Ferrari, l’interno però non avrebbe stonato in una di quelle auto da rottamare che nelle campagne più arretrate venivano usate come ricovero per le galline.

    C’era ancora luce. Era giugno. Davanti a Jodi degli operai del Comune avevano parcheggiato il loro camioncino. Stavano piantando delle palme, uno dei pochi alberi che resistevano bene. Ormai erano sempre di più i lavoratori che avevano optato per turni che iniziavano di sera, quando il sole era calato. Soprattutto chi doveva stare all’aperto.

    Passò un ciclista. Jodi non ne incrociava uno da parecchi giorni. Partì in fretta per raggiungerlo e vedere chi era. Avrà avuto più di settant’anni. Andava anche veloce, sopra i venti all’ora, e gocciolava come un ghiacciolo.

    La Torpedine si fermò di fronte a una gelateria. Jodi prese mezzo chilo di gelato, gusto malaga. Era l’unico cliente. Conosceva la gelataia: comprava lì la sua cena minimo un paio di volte alla settimana.

    «Cosa fai stasera?» gli chiese.

    «Non so, magari vedrò un film. Ne ho trovato uno girato più di un secolo fa: la storia di un disertore americano di non so che guerra…»

    «Come s’intitola?»

    «Non mi ricordo, ma deve essere interessante.»

    «Io invece mi vedo con la mia nuova fidanzata.»

    «Beata te» la benedì Jodi pensando che era positivo il fatto che dichiararsi lesbica non fosse più un problema da tanti anni, solo che stava cominciando a diventarlo per gli uomini etero, visto il costante aumento di ragazze omosessuali.

    Tenne per sé questa osservazione e pagò. «Tieni. Ci vediamo.»

    «Grazie. Ciao.»

    Da pochi giorni il proprietario dell’appartamento in cui viveva gli aveva trovato un nuovo coinquilino, Aldo. Aveva due anni meno di lui, cioè trenta esatti, ed era un giornalista di Famiglia Cristiana. Jodi non aveva ancora potuto farsi un’idea di che tipo fosse, usciva spesso e quando era a casa stava sempre in camera sua, probabilmente a scrivere. Solo una volta avevano bevuto un caffè insieme e gli aveva detto che non si occupava di un argomento in particolare, anche se comunque, data la sua età, gli commissionavano soprattutto articoli su tematiche giovanili.

    Arrivato a casa, Jodi si mise a mangiare il gelato davanti al computer. Come sempre cercò qualche offerta di lavoro che potesse riguardarlo. Quasi ogni giorno rispondeva a un annuncio, ma le uniche aziende che lo avevano contattato erano alla ricerca di venditori di farmaci antinfluenzali e vini rossi, prodotti che rispetto a quelli della Fridge erano meno assediati dalla concorrenza, però avevano mercati troppo ristretti, troppo obsoleti. Rischiava di fare come chi si muove nelle sabbie mobili e affonda ancora di più. Con quel caldo il vino rosso non lo beveva più nessuno.

    Dopo una decina di minuti il giornalista uscì dalla sua camera.

    «Ciao, non ti ho sentito entrare, ascoltavo musica. Come è andata la giornata?»

    «Lascia perdere.»

    «Vuoi cambiare lavoro?» gli chiese Aldo indicando gli annunci sullo schermo.

    «Vorrei, sì, ma non ci riesco. Non c’è interesse nei miei confronti.»

    «Cosa hai studiato?»

    «Ero iscritto a Conservazione dei Beni Culturali. Credevo che avrei avuto tante opportunità per via dei cambiamenti climatici… Volevo salvare le cose vecchie dall’azione demolitrice delle alte temperature degli ultimi decenni. Poi ho capito che la faccenda non è sentita più di tanto. Ci sono altre priorità. Così dicono.»

    «Che lavoro fai adesso?»

    «Vendo abbigliamento termorefrigerante.»

    «Be’, c’è una notevole richiesta di quel tipo di vestiti.»

    «Sì però altre marche. I nostri capi refrigerano poco.»

    «Che marca sono?»

    «Fridge.»

    «Non conosco.»

    «Non mi meraviglio. Stai scrivendo qualche articolo?»

    «Una raccolta di interviste a delle fan di Matteo Bradford.»

    «Ha un grande successo, no, tra le ragazzine?»

    «Enorme.»

    «Occhi azzurri, vita sregolata… Come icona è perfetto. Cosa ti hanno detto?»

    «Niente.»

    «…»

    «Mica le ho fatte veramente le interviste. Non ho tempo da perdere con le mocciose.»

    «E cosa hai scritto?»

    «Le solite cose che dicono le pischelle sui loro idoli. Sempre quello.»

    «Hai ragione.»

    «Le compilation di interviste inventate sono una costante del mio lavoro. Quando non so cosa mandare scelgo una fascia della società e ne cavo fuori un articolo in cui presento le opinioni di quel gruppo verso un certo argomento. Due settimane fa ho preso spunto dalle difficoltà che hanno i ragazzi a trovare un’occupazione quando finiscono di studiare. Posso andare avanti all’infinito.»

    «Ti sei organizzato bene.»

    «Mi arrangio. Anch’io se non c’era uno zio di mia madre che faceva il giornalista sarei disoccupato. È stato lui a sistemarmi. Io non avrei mai immaginato che un giorno avrei fatto questo lavoro. A dirla tutta, non avrei mai immaginato che un giorno avrei lavorato.»

    «Da quanti anni lo fai?»

    «Saranno quattro, cinque… circa.»

    «Vuoi un po’ di gelato?»

    «No, tranquillo. Sto cercando di dimagrire. Dovrei perdere almeno quindici chili. Il medico mi ha detto che se sei in sovrappeso di dieci chili senti due gradi in più. Infatti dopo un secondo che sono in strada divento una grondaia. Forse mi converrebbe comprare qualche vestito da te. Mi fai lo sconto?»

    «Ti conviene scegliere una marca migliore, di quelle che abbassano la temperatura veramente.»

    «Ne hai qualcuna da consigliarmi?»

    «Ce ne sono tante. L’unica che è una schifezza è la nostra.»

    «Dici?»

    «Purtroppo sì.»

    «Quindi, dopo che hai piazzato una volta uno stock a un cliente, non hai speranze che quello ti compri ancora qualcosa.»

    «Non proprio. C’è l’autoconvincimento. Quando uno pensa di avere addosso dei vestiti contro l’afa, in nove casi su dieci gli sembrerà di sentirsi più fresco.»

    «Funziona così?»

    «Più o meno.»

    «Hai detto che hai studiato Conservazione dei Beni Culturali, ti intendi di motori a scoppio?»

    «No. Mai visto uno. Da quel poco che so sono illegali. Perché me lo chiedi?»

    «Ne ho trovato uno da un vecchio, su una Honda, una moto, e vorrei provare a farlo funzionare.»

    «E il carburante dove lo trovi?»

    «Si trova, si trova. Pensi che i proprietari delle Ferrari del secondo millennio non si facciano qualche giretto?»

    «Certo, ma quanto costa un litro?»

    «Niente. Si fa cambio merce. Ovvio che non potrei pagarlo normalmente, non mi basterebbe il compenso di cento articoli.»

    «E cosa baratti?»

    «Dipende. Io sono un appassionato di antiquariato, modernariato, chiamalo come vuoi. Cose che una volta non costavano niente e adesso che sono diventate rare valgono cifre stratosferiche. Mezzi con motori a scoppio… molluschi considerati estinti… fiori… Il rischio non è piccolo: le leggi sono quasi marziali. Però i profitti sono brutali. Se riuscissi a rimettere in moto quella Honda… Non capisci proprio niente di meccanica?»

    «Mi dispiace, no.»

    «Conoscevo uno che avrebbe potuto resuscitarla… È morto neanche un mese fa. E con i vecchi orologi come te la cavi? Tipo quelli al quarzo…»

    «Non mi è mai capitato di averne uno tra le mani.»

    «Rendono molto bene. Ieri ho piazzato un Casio…»

    A Jodi cadde lo sguardo sullo schermo, su uno dei soliti annunci di lavoro umiliante, e si sentì uno sterco in confronto a quel ragazzo più giovane di lui che non aveva certo i suoi problemi economici.

    «La collaborazione con il giornale mi serve come copertura. Quando mi sono ritrovato a dover dare spiegazioni alla polizia, ho tirato fuori il badge e millantato che stavo facendo un’inchiesta. Per il momento mi è andata bene. Ti piace il tartufo?»

    «Non so. Non l’ho mai mangiato.»

    «Ne ho uno che mi è avanzato. Tartufo siberiano, meglio di quelli che c’erano una volta nelle Langhe. Ci facciamo una frittata?»

    «Non hai detto che eri a dieta?»

    «Dovrei… Una frittatina non conta. Allora?»

    «Se per te va bene… ti seguo.»

    La frittata era buona ma Jodi non riuscì a gustarsela, gliela rovinò il pensiero che ogni boccone equivaleva a una bella fetta della retribuzione che gli elemosinava il Gambini. Lasciò che Aldone sbranasse la porzione più grande: tre uova contro un ovetto fu grossomodo la divisione. Poi il giovane imprenditore tornò sull’argomento orologi. Ne stava trattando diversi, anche non funzionanti e un po’ arrugginiti, che però secondo lui valevano come se fossero d’oro.

    Patacche al quarzo pre-zio-sis-si-me… Forse è un cazzaro… ipotizzò Jodi prima di addormentarsi.

    E se fosse una scenetta ideata dal Grande Fratello alieno per ridere alle mie spalle? Magari il tartufo era cacca di cane… Se sono tanto evoluti non avranno mica un senso dell’ironia così idiota!

    2

    La sveglia aggredì lo sguattero della Fridge alle otto in punto. Gli ringhiò contro per più di un minuto. Non aveva nemmeno la forza di spegnerla, l’ansia di vedere di nuovo Gambini lo paralizzava. Alle dieci dovevano andare insieme in un centro commerciale a cercare di prendere un nuovo cliente, e il dress code aziendale imponeva che quando ci si presentava la prima volta da un negoziante bisognava bardarsi con giacca e cravatta. La beffa di quella tortura gratuita era che la Fridge non smerciava né giacche da uomo né cravatte. Ma il Gambini era un piazzista vecchio stile, era l’ultimo venditore al mondo convinto che l’apparenza fosse tutto. Invece appariva solo ridicolo.

    Jodi cercò eroicamente un motivo per alzarsi. Non ne trovò nessuno: le previsioni dicevano che la canicola non sarebbe diminuita prima di una settimana, e mancavano ancora quattro giorni pieni al week-end, che per lui era come se fossero quattro anni; non poteva comprarsi un paio di occhiali da sole nuovi per non creare un pericoloso buco nel suo bilancio e doveva tenersi quelli che aveva già, che avevano più graffi di un gatto in amore; la nuova segretaria della Fridge non lo considerava, era una con cui non poteva neanche farsi illusioni, la veniva a prendere un ingegnere con una BMW… Anche se, se non aveva visto male, era una di quelle che andavano a pellet, un progetto bislacco che la BMW aveva troncato dopo pochi esemplari.

    In due anni alla Fridge gli erano transitate davanti come minimo una quindicina di segretarie, tutte accalappiate con promesse di contratti da top model e tutte immancabilmente allontanate dopo pochi giorni di prova gratuita durante i quali avevano dovuto sbrigare cataste di lavori arretrati, perché tra un’illusa e l’altra passava sempre un po’ di tempo.

    Il paranco che lo sollevò dal letto fu l’immagine della data, imminente, entro la quale doveva pagare la rata del computer. Non poteva assolutamente permettersi di farsi pignorare l’unica cosa che ogni tanto gli portava qualche speranza, qualche annuncio incoraggiante.

    Fece colazione con tè freddo e biscotti scaduti. Che faccia triste che ho, commentò guardandosi allo specchio mentre si faceva il nodo alla cravatta bordeaux.

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