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La giostra zingara
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E-book136 pagine1 ora

La giostra zingara

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Info su questo ebook

Mentre il padre, ingegnere trasfertista nell’industria della carta, è costretto dal suo datore di lavoro a una lunga e impegnativa trasferta in Cina, Lisa scopre che la nonna paterna, Rosa, ha un segreto che custodisce da molto tempo.
All’età di diciassette anni, ebbe una storia d’amore con un giostraio di nome Andrej. Il giovane, in occasione dell’annuale celebrazione religiosa di Santa Croce, nel lontano 1966, rimase ferito quando la giostra di famiglia bruciò in un incendio. Adesso, dopo oltre cinquant’anni, Rosa annuncia che Andrej, prima di morire, le ha scritto per rivelarle il vero motivo che lo costrinse ad abbandonare la città di Lucca e la stessa Rosa.
Lisa, con l’aiuto dell’amico Lapo, vuole vederci chiaro, ma la strada verso la verità non è semplice e prevede, tra l’altro, una trasferta nella città rumena di Iași, dove vive, ormai novantatreenne, Gustave, il padre di Andrej.
Un romanzo emozionante, dagli imprevedibili risvolti. Nella narrativa di Franco Amato c’è una tale carica di fiducia nella vita da costituire già di per sé, in tempi di afflizione e di apocalissi proclamate, una notevole peculiarità di tratto.
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2018
ISBN9788832921854
La giostra zingara

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    Anteprima del libro

    La giostra zingara - Franco Amato

    Anonimo

    Prologo

    La serata è fredda, Bruxelles una perla nera. In un pub in centro, Lapo e Lisa siedono a un tavolino, separati da due boccali di birra e schiuma. Lisa racconta di lei e della sua esperienza in città, dei suoi studi giuridici e delle forti motivazioni con cui sta affrontando tutti quegli impegni.

    Lapo la guarda affascinato, attento a non perdersi niente. È arrivato nel pomeriggio con un volo da Milano: aveva desiderio di incontrare la sua vecchia amica, di sapere come se la sta cavando. Lucca non ti prepara in questo senso. Ti coccola, come solo le città di provincia possono fare, ma ti toglie le opportunità, e non ti prepara, certamente non alla vita di una grande città.

    Lisa non è più quell’adolescente insicura con cui Lapo era cresciuto. È fiorita di una bellezza sincera e spietata. Parla a ruota libera, con disinvoltura, senza soluzione di continuità. Dei suoi impegni tra l’università e le istituzioni europee, delle amiche disinibite del nord Europa, del folclore del Belgio, delle opinioni diffuse sugli italiani come depositari della scienza del gusto ma eterni bambinoni, costantemente richiamati da mamma Europa che non fa altro che sorprenderli a fare marachelle. Lapo la osserva con malcelata ammirazione, la mandibola abbandonata a se stessa. Di tanto in tanto, Lisa scosta una ciocca di capelli rossi che continua indisciplinata a invaderle il campo visivo, lo fa con un gesto al tempo stesso teatrale e naturale, inclinando di lato la testa e con un movimento circolare e deciso manda per un attimo gli occhi verso il cielo, occhi azzurri e profondi come il mare del Nord.

    E tu? spara la domanda secca Lisa che coglie Lapo alla sprovvista.

    Io?...

    Sì, tu che fai? Che combini a Lucca?

    Eh, le solite cose. Lo sai com’è. Faccio siti internet.

    Lapo sembra quasi scusarsi, senza sapere esattamente perché; una smorfia, come una fitta, gli dipinge un sorriso amaro sul volto.

    Lisa sorride tranquilla e intanto beve da quell’enorme boccale di birra e schiuma. Dopo un po’ tra i due torna la sintonia che aveva sempre caratterizzato il loro rapporto.

    Parlano tutta la serata, ripensando ai tempi andati, quando passavano giorni felici insieme a Lucca. Ridono, ricordando il compagno di classe di Lisa, Micheloni. Lapo racconta che Micheloni è entrato in banca, è solo impiegato ma già si atteggia a direttore, ora è una persona importante. Lisa ride sorpresa e felice, per quello che ricorda come un ragazzetto imbranato.

    Io, invece, sono ancora senza una destinazione certa, in cerca di me stessa. Sono una zingara. Questo era il mio destino.

    Questa volta a sorridere è Lapo. I suoi capelli folti, la falda che si scomponeva sul suo volto, ormai è solo un ricordo. I capelli sono stati rasati e appare il cranio con una peluria rada come la buccia di un kiwi. I suoi occhi azzurri, però, ora risaltano come fiammelle vivaci.

    Lapo allunga la mano e prende il polso di Lisa, guardandola fissa, sembra volerle dire che lui ci sarà sempre, che lui l’aspetterà per sempre.

    Per fortuna che c’è Gregor con me, una lama calda trapassa il cuore di Lapo, mentre per un riflesso incondizionato la mano di Lisa è liberata.

    Il sopracciglio sinistro del giovane si inarca interrogativo.

    Ho conosciuto questo ragazzo ungherese, ti dico, un grande. Lavora per una O.N.G., vuole andare in Africa. È veramente in gamba. Vorrei presentartelo.

    No, Lisa questo no.

    Sempre la stessa storia, come al solito, Lapo capisce che non ci riuscirà, nemmeno questa volta: si tratta di una strada senza uscita, un’impasse. Un nodo gordiano e inestricabile si stringe nella sua gola. Prende deciso il boccale di birra, e, in apnea, butta giù una sorsata abbondante, poi si asciuga la bocca con il dorso della mano.

    Guarda Lisa intensamente negli occhi e poi dice: Ma chi se lo sarebbe immaginato? Che la piccola Lisa sarebbe diventata...

    E Lisa risponde: Una girovaga, in cerca di se stessa, in giro per il mondo?

    Beh, sì...

    Il bello degli zingari è che non hanno patria.

    Eh, già.

    Nessuna terra per cui valga la pena di combattere.

    Non ci sarebbero guerre se...

    Non credo proprio che gli zingari abbiano mai fatto guerre, anticipa la giovane lucchese.

    Però, non hanno un posto dove tornare.

    Ogni medaglia ha il suo rovescio.

    Una leggera tristezza stringe il cuore di Lapo per un breve e indefinito momento. E poi ci sono gli zingari di via della Scogliera, si riprende.

    Quelli non sono più zingari, hanno rinunciato a loro stessi, si sono piazzati su un pezzo di terra e hanno messo radici. Gli zingari non possono avere radici.

    Tu pensi davvero di non avere radici? la incalza interrogativo Lapo.

    Io gioco. So di non essere una zingara, sono solo curiosa. E ho radici fortissime che mi legano alla mia terra. Ho bisogno di fare esperienze. E di cercare la mia strada, si arrende Lisa sorridendo. E quella strada, non so quanto sia lunga, ma so che mi riporterà a Lucca.

    Lapo vorrebbe dire qualcosa in merito al fatto che lui l’aspetterà, a Lucca, che quando tornerà, lui sarà là pronto ad accoglierla, ma non dice niente, tace. E per non rimanere intrappolato nel silenzio imbarazzante che cala come un sipario, si nasconde dietro il solito rituale della serata, bere birra. Lapo capisce quanto il desiderio di conoscere e cambiare il mondo abbiano spinto Lisa nelle sue scelte. Però, questo non fa proprio per lui, lui non vuole lasciare Lucca, lui vuole restare. Vorrebbe cambiare alcune cose, ma non il mondo. Il mondo è troppo grande da cambiare, a lui basterebbe cambiare Lucca, renderla quel posto speciale che potrebbe essere.

    Lisa riprende a parlare dei tempi andati con naturalezza e disinvoltura, ricordando la storia di sua nonna. Non ne hanno più parlato.

    Certo nonna Rosa... E bla bla bla bla.

    La voce di Lisa ormai arriva a Lapo come ovattata. Un formicolio scorre sulla sua faccia che avvampava di caldo e un sorriso ebete si è accampato stabilmente proprio in mezzo alle sue orecchie.

    Posa il boccale di lato sul tavolo e subito dopo sposta quello di Lisa, poi si protende e raggiunge la nuca di lei, senza che la stessa abbia smesso di parlare. Le parole sono ormai un rumore di fondo indistinto. La tira a sé e la bacia con tutta la lingua che può. Un umido caldo si diffonde nel suo corpo, lo avvolge fino alle propaggini dello stomaco. Ma mentre mulina la sua lingua nella bocca di Lisa, si accorge che anche lei, dopo aver smesso di parlare, ha abbandonato ogni resistenza, più di modo che di sostanza, e anzi ora sta partecipando con passione. A parte il dolore acuto del tavolino che preme contro una costola, tutto sembra finalmente mettersi nel modo sperato. Solo una domanda si inerpica inaspettata su fino alla materia grigia, un pensiero che si attacca a quelle cellule neuronali come un virus: ma Lisa fa così con tutti?

    Alla fine del bacio, lungo e appassionato, Lapo si accorge che tutto il pub è in silenzio, tutti si sono fermati a osservarli con ammirazione e adesso stanno applaudendo felici.

    Quando le ruote poggiano sulla pista dell’aeroporto di Pisa, Lapo riemerge dal torpore che mal delimitava la linea tra sogno e realtà. Un dolore si espande dal collo, trafiggendolo come uno spillone. Si incunea giù per la spina dorsale e riemerge lancinante dal suo fianco destro, che evidentemente era stato a contatto con il bracciolo della poltroncina.

    I compagni di viaggio stanno applaudendo per celebrare la bravura indiscussa del comandante Steve Marlowe, capace di atterrare senza quasi far sentire gli scossoni con quelle condizioni meteo. Fuori, Pisa offre la solita pioggia pigra e una temperatura di quindici gradi.

    Il comandante vi augura una buona permanenza e spera di ospitarvi presto a bordo della linea aerea.

    Plin, plin.

    Ma cominciamo dal principio, da quando un’estate sta dissolvendo, languendo in attesa dell’incipiente autunno. Ingialliscono le foglie, disidratate dal sole; il sottobosco si screpola nel desiderio di qualche goccia d’acqua. L’asfalto rincuoce evaporando in immagini scomposte sulla linea dell’orizzonte. Intanto, qualcosa nell’aria sta cambiando.

    Marco, ingegnere del settore cartario, è partito per una trasferta di lavoro in Cina. A Wuhan, è andato a montare una nuova linea produttiva, mettendo a segno un risultato insperato per la MAC.KART, società per cui lavora. La MAC.KART produrrà un nuovo tipo di carta, con un brevetto nuovissimo e segretissimo

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