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La farina del diavolo II - L'oscuro segreto
La farina del diavolo II - L'oscuro segreto
La farina del diavolo II - L'oscuro segreto
E-book249 pagine2 ore

La farina del diavolo II - L'oscuro segreto

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Info su questo ebook

Satana progetta la perdizione dell’umanità tramite una modifica del DNA della specie, sfruttando una falla sciaguratamente aperta dal competente ma incauto architetto tirolese mastro Oliviero dell’Armentara. L’abate-conte Stephanus da Anterselva, sapiente fra i sapienti, santo fra i santi e integerrimo persecutore di diavoli, streghe, fattucchiere e jettatrici, è l’ultimo baluardo dell’umanità.
Lucifero conosce i punti deboli dei suoi avversari e li sfrutta abilmente. Ma deve tenere a bada il partito di opposizione in Inferno, e coltivare buoni rapporti con l’alta Dirigenza in Cielo; il gioco si fa complesso.
Realtà e fantasia, tempo, spazio, storia e geografia si dilatano in un caleidoscopio immaginifico e abbagliante. Come in un quadro cubista, l’emozione del lettore non scaturisce da verosimiglianza oggettiva, ma dalla potenza evocativa – simbolica, ironica e linguistica – della narrazione.
Dopo il successo de Il ponte maledetto, ecco il secondo volume della trilogia La farina del diavolo: un altro scintillante romanzo di Stefano Nocentini, sospeso fra realtà e fantasia, cultura e umorismo, profondità e leggerezza, che delizia il lettore per la forza dell'immaginazione e per la piacevolezza della scrittura.

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Stefano Nocentini, laureato in Fisica, dirigente d’industria, toscano cosmopolita, ha lavorato e vissuto in varie città in Italia, in Germania e negli USA.
Ama scrivere e leggere: apprezza le trame avvincenti, la fantasia senza limiti, la libertà e l’originalità espressiva, la fine ironia, la citazione colta, la coerenza stilistica, la bella lingua.
Ha pubblicato La farina del diavolo-Il ponte maledetto; La guerra di Lorenzo; La lettera del diavolo.
 
LinguaItaliano
Data di uscita11 ott 2018
ISBN9788867933945
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    Anteprima del libro

    La farina del diavolo II - L'oscuro segreto - Stefano Nocentini

    ponte.michele@gmail.com

    Sefano Nocentini

    LA FARINA

    DEL DIAVOLO

    II – L’oscuro segreto

    Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi e avvenimenti sono fittizi o usati in modo fittizio. Tutti gli episodi, le vicende, i dialoghi di questo libro, sono partoriti dall’immaginazione dell’autore e non vanno riferiti a situazioni reali se non per pura coincidenza.

    Il diavolo è stato creato dall’uomo

    a propria immagine e somiglianza.

    Fëdor Mikhailovič Dostoevskij

    Il manoscritto di Stefanardo continua...

    Altissime omnipotens bone Domine...

    Così comincia la seconda parte del manoscritto che scovai nella biblioteca dell’antico monastero di Neukapelle, in Sudtirolo.

    Come sa chi ha letto la prima parte La farina del diavolo - Il ponte maledetto, questa Narratio fidelis de vita magni peccatoris sive Magister Olivarius era un inedito di un autore famoso: Stefanardo da Vimercate, il colto frate domenicano priore del convento di Sant’Eustorgio a Milano e titolare della cattedra di teologia nella Schola del Duomo di Milano.

    Ecco dunque la seconda parte delle avventure di mastro Oliviero dell’Armentara e dell’abate-conte Graf Steffenhart von Antholzertal, cui si aggiungono nuovi protagonisti: santa Elisabetta del Cencio, santa Caterina Roiota, don Pietro Pizzicannella, l’unno Berthold Schwarz.

    L’abominevole Satana, il tentatore, figura inquietante e sinistra, sembra sul punto di portare a compimento il suo piano perverso: la perdizione definitiva dell’umanità intera. L’ingenuo mastro Oliviero ne è lo strumento ideale, seppure inconsapevole, e l’abate-conte von Antholzertal, ultimo baluardo rimasto a protezione della specie umana contro il piano diabolico, sembra definitivamente neutralizzato, dopo essere stato precipitato nell’inferno a seguito di un patto scellerato.

    Ma non è detta l’ultima parola: ancora una volta Belzebù dovrà scontrarsi con la santità integerrima dell’abate Stephanus.

    Nel possente ritratto a figura intera che campeggia ancor oggi nel refettorio del monastero, si vede l’Abate che schiaccia sotto i piedi il Maligno. È un’allegoria comune nella pittura del tempo: indica che il personaggio ha trionfato sul peccato. Tuttavia, contro le convenzioni pittoriche allora in uso, Satana è raffigurato con sembianze umane e non mostruose o animalesche.

    Sotto il dipinto si legge un’elaborata scritta in caratteri gotici:

    Comes Stephanus Antersilvae

    ingenium incomparabile supra homines omnes

    enormem erectum gladium ferens

    strenuus defensor fidei

    debellator diaboli.¹

    Il modo in cui Satana è rappresentato e la scritta che accompagna il dipinto sono così congruenti col manoscritto, da convincermi che anche il pittore Michael Pacher ebbe modo di leggerlo, e probabilmente vi si ispirò.

    Sia coincidenza o altro, una mano ignota in epoca più tarda inserì alla base del dipinto un cartiglio che recita:

    La farina del diavolo va in crusca.

    Buona lettura.

    Stefano Nocentini

    All’inferno e ritorno

    ltissimo, onnipotente, buon Signore, che vedi ciò che è nascosto; che tutto sai di ciò che accadde nel passato, quello prossimo, quello lontano e quello remoto; che tutto conosci di ciò che accade nel presente, in ogni luogo; che tutto prevedi di ciò che accadrà nel futuro, in ogni tempo! Ispira e guida il tuo umile servo, perché possa far rivivere fedelmente quei fatti mirabili che accaddero un giorno, per la delizia di chi legge e perché gli servano da ammaestramento e lo aiutino a restare sullo stretto sentiero del bene, e a non precipitare nei vasti burroni del male che circondano l’uomo da ogni lato: omne tulit punctum qui miscuit utile dulci lectorem delectando pariterque monendo².

    Ma veniamo al dunque: in medias res³.

    Avevamo lasciato l’abate Stephanus da Anterselva in volo precipitoso verso gl’inferi, vittima sacrificale del patto scellerato stipulato col demonio da mastro Oliviero dell’Armentara: merce di scambio per il ponte sul Rio Burrone a Castiglion Che Dio Sol Sa⁴.

    Siamo lieti di poter dire che, pur ritrovandosi inaspettatamente all’inferno, l’ultimo posto che avrebbe immaginato, l’abate Stephanus non aveva perso il suo sangue freddo.

    Non si era disperato, non aveva chiesto misericordia. Aveva invece preso pergamena, penna e calamaio e aveva stilato in bella grafia una memoria circostanziata, dove con dispiego di luminoso intelletto e di elegante prosa denunciava la sua abductio ad infera come atto arbitrario e privo di base giuridica; e pertanto ricorreva in appello presso la giustizia divina.

    Infatti, argomentava l’Abate, Dio ha dato all’uomo la libertà di decidere del proprio destino: homo est liberi arbitrii, alioquin frustra essent consilia, exhortationes, praecepta, prohibitiones, praemia et poenae⁵. Ognuno sceglie la sua via, per il bene o per il male, assumendosene la responsabilità di fronte a Dio: homo per liberum arbitrium se ipsum movet ad agendum⁶. Non se ne conoscono in anticipo gli effetti, che sono anche condizionati dal contesto, dalle azioni degli altri uomini, e dal caso; ma la scelta in quanto tale rimane sola responsabilità dell’interessato.

    Fatta questa elegante premessa giurisprudenziale, l’Abate entrava nel merito della questione.

    Il fatto era che egli, Stephanus, si trovava all’inferno non in seguito a sue libere scelte, ma per una trattativa privata fra terzi, alla quale era totalmente estraneo, e della quale nulla sapeva. La sua discesa agli inferi era pertanto da considerarsi arbitraria e perciò illegittima.

    Nessuna colpa poteva essergli imputata: Non enim quisque dum id quod non vult patitur peccat⁷.

    L’argomentazione suscitò scalpore nei cieli, dal momento che toccava nientemeno che il principio del libero arbitrio, una colonna portante di tutta l’Organizzazione, fra l’altro di scottante attualità per via di certi eretici svizzeri che lo mettevano in discussione.

    Non è esagerato affermare che l’olimpica e solitamente sonnacchiosa gerarchia celeste ne fu sconvolta.

    L’esposto dell’Abate salì uno a uno i gradini gerarchici, come un alpinista che scala una vetta dopo l’altra verso la cima più alta, fino ad approdare sulla scrivania di Nathanael, un Serafino a sei ali che parlava direttamente con Dio e aveva giurisdizione sulle cause riguardanti i massimi sistemi dell’universo.

    Esaminato il fascicolo, costui si affrettò a chiedere una perizia ai massimi Dottori della Chiesa, che studiassero a fondo la delicata controversia ed emettessero bonissima sententia, sulla quale il tribunale dei Serafini avrebbe basato la sua decisione.

    A san Tommaso d’Aquino e a sant’Agostino d’Ippona fu subito evidente la rilevanza teologica della questione.

    I due sommi teologi risposero prudentemente al Serafino che l’esposto dell’Abate era non manifestamente infondato, e che sarebbe stato esaminato imparzialmente e senza preconcetti. Non era cosa da trattarsi in fretta: bisognava approfondire l’accaduto e formulare una perizia inattaccabile. Chiesero sei mesi per espletare le indagini, appurare l’esatto svolgimento dei fatti, e stabilirne la valenza giurisprudenziale.

    Ma in parallelo fecero anche pervenire a Belzebù in camera charitatis un messaggio ufficioso: che una prima analisi lasciava sospettare che il suo agire non fosse stato del tutto legittimo, anzi forse gravemente scorretto; che per eventuali attenuanti specifiche o generiche non pareva esserci spazio, essendo l’atto chiaramente premeditato; che, insomma, le cose per lui non si mettevano bene.

    Gli suggerirono dunque – a mo’ di consiglio amichevole s’intende, e nel suo interesse – di pervenire a un accordo extra-giudiziale con l’Abate, evitando così una sentenza del tribunale dei Serafini che, se come appariva non improbabile gli avesse dato torto, lo avrebbe messo in grave difficoltà, sollevando dubbi in alto loco sulla sua capacità di gestire correttamente un processo delicato come quello della dannazione.

    Quando il messaggio gli arrivò, Satana era in una pessima disposizione di spirito: aveva un diavolo per capello (metafora quanto mai appropriata nel caso specifico), perché stava esaminando una proposta presentatagli da Mefistofele e da altri demoni del suo partito, che lo esasperava.

    In breve, costoro proponevano una campagna di tentazioni diaboliche basata sulla legalizzazione e diffusione della pornografia, tramite riviste hard e sex-shops, complice una rete di tenutari e papponi già contattati.

    Più leggeva e più gli montava l’odio verso quel damerino di Mefistofele. Belzebù monologava rabbioso, battendo l’unghia adunca sul fascicolo sottoposto alla sua approvazione.

    "Come al solito, il signorino: facciamo così, facciamo cosà… con una spocchia rivoltante, la boria di chi non si è mai sporcato le mani col lavoro duro sul campo. Dice solo ovvietà. Donne nude? grazie tante, lo so anch’io, le donne nude sono il piatto base delle tentazioni cialtrone, buone per chi non ha l’intelligenza e la creatività per proporre qualcosa di più sofisticato: con una donna nuda a disposizione, anche il diavolo più cretino, qualcosa ottiene. Mi fa la lezioncina, ’sto bellimbusto, come se non lo sapessi già. Questa proposta non vale un fico: è una sbrodolata sciatta, disordinata, incompleta, che non dà nessun valore aggiunto.

    Per prendere una decisione mi servono dati, numeri. Dov’è l’analisi di mercato? Dove sta il benchmark? Qual è il rapporto costi/benefici? Qual è l’incremento percentuale del fatturato? Come si distribuisce negli anni? Insomma, quanti dannati mi porterebbe questo programma? Intendo, quanti nuovi dannati, cioè gente che senza il programma si salverebbe e con invece si danna? Parliamoci chiaro, le seghe se le fanno anche adesso! Se lanciamo il programma così alla cieca rischiamo che quelli che già peccano continuino a peccare, solo con più gusto; ma di dannati nuovi ce ne siano pochi. Bel successo davvero!"

    Più parlava, più Satana s’inferociva. La rabbia gli faceva schizzare saliva dagli angoli della bocca e gli spingeva fuori dalle orbite gli occhi iniettati di sangue.

    "Sono stufo marcio delle cosiddette idee brillanti di questi dilettanti! Dati ci vogliono, dati, dati e ancora dati: serve un business case solido, la stima del ROI⁸, il piano di rientro dell’investimento, le assumptions, le dependencies, la contingentazione del rischio; e bisogna anche definire una exit strategy d’emergenza.

    E cosa trovo, invece, in questo schifo di proposta? Solo idee cosiddette brillanti, esposte con una sicumera da ignoranti, e anche in modo sgram-ma-ti-ca-to (e qui Satana sottolineò due volte con un matitone blu la frase le modelle è meglio che si mettono le calze nere, correggendola con l’appropriato congiuntivo); naturalmente col sottinteso che chi scrive ha il monopolio dell’intelligenza, mentre chi legge è un vecchio coglione sclerotizzato con inizio di Alzheimer, che ha il terrore del nuovo e nasconde la sua mentalità retriva dietro richieste ottuse e pedanti di dati, numeri e quant’altro. Bah!"

    E così dicendo scaraventò il fascicolo nel fuoco, sputandoci dietro a mo’ di viatico, inferocito come una bestia.

    Così, quando il messaggio dei Dottori gli giunse, Satana, già in uno stato mentale notevolmente alterato, ne rimase sconvolto.

    Sapeva bene che una condanna avrebbe comportato spiacevoli conseguenze per la sua posizione nella Gerarchia; tanto più preoccupanti, in quanto non si sentiva tranquillo neppure sul fronte interno.

    Da un po’ di tempo percepiva come un’aria di contestazione da parte dei diavoli più giovani: chi diceva che, pur non potendosi negare che egli dirigesse l’inferno con mano ferma e autoritaria, i tempi moderni richiedevano uno stile più aperto e partecipativo; chi insinuava che la sua tendenza a gestire tutto

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