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Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale
Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale
Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale
E-book150 pagine2 ore

Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale

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Info su questo ebook


Il titolo del libro è tratto da una citazione di Freud che descrive il lavoro di psicoanalista come “un mestiere impossibile”, in quanto vi è “la certezza di un risultato insufficiente”.
Il libro è diviso in due parti. Nella prima: «Le strade dritte non sono sempre le più facili» ci sono quattordici racconti che esplorano alcune tematiche psicologiche e sociali come: la nascita di un bambino disabile, il disturbo pragmatico della comunicazione sociale, le implicazioni del DSA sull'identità, l'autolesionismo e il sexting in adolescenza, la violenza assistita e l'alienazione genitoriale, il dramma dei cosiddetti “orfani bianchi”, la nostalgia del bambino migrante, gli stereotipi e i pregiudizi razziali.
Nella seconda parte del libro viene presentato l'uso creativo di alcuni strumenti nel lavoro clinico del bambino e dell'adolescente: l'uso dell'indistinto (Bruno Munari) e del binomio fantastico (Gianni Rodari).
 
LinguaItaliano
Data di uscita30 giu 2020
ISBN9788832281453
Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale

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    Anteprima del libro

    Un mestiere impossibile. Il lavoro con bambini e adolescenti con disagio psicologico e relazionale - Giorgio Bertini

    edizioni

    Copyright

    © Copyright Argot edizioni

    © Copyright Andrea Giannasi editore

    Lucca, giugno 2020

    1° edizione

    Tutti i diritti sono riservati. Riproduzione vietata ai sensi di legge (art. 171 della legge 22 aprile 1941, n. 633).

    ISBN 978-88-32281-45-3

    I lettori che desiderano informazioni

    possono visitare il sito internet:

    www.tralerighelibri.com

    Immagine di copertina di Eleonora Bissoli.

    dedica

    La parola è soltanto il suono dello strumento che siamo noi

    (Tonino Guerra)

    Un mestiere impossibile

    Accendo la radio e inserisco il CD, attendo un attimo.

    Mio fratello che guardi il mondo e il mondo non somiglia a te, mio fratello che guardi il cielo e il cielo non ti guarda (1).

    Mi metto a piangere. Mio fratello se ne è andato da un paio di settimane, dopo una lunga malattia e sono combattuto tra il desiderio di ricordarlo e la voglia di lasciarlo andare. Mancano pochi chilometri al lavoro. La giornata è bella e faccio la solita strada in mezzo alla campagna. Il lungo rettilineo alberato mi ricorda la poesia del Carducci che ho imparato alla scuola media.

    I cipressi che a Bólgheri alti e schietti... (2), ne bisbiglio alcune parole.

    Oggi vedrò la signora Francesca per il terzo incontro. La prima volta era sconvolta, non si capacitava che fosse successo per davvero.

    "Mi sembra un incubo da cui non riesco a svegliarmi", aveva detto.

    Pochi giorni prima che morisse avevo raccontato a mio fratello un episodio dell'infanzia che lui non ricordava. Aveva riso molto.

    Un tardo pomeriggio d'estate mi aveva chiesto per la prima volta di andare a fare un giro in bicicletta con lui. Avrò avuto tre anni, lui ne aveva sette di più. Mi aveva messo sulla canna e si era diretto in fondo alla via e poi da lì in mezzo alla campagna; avevamo attraversato un piccolo ponte di legno e poi, per una strada sterrata, ci eravamo inoltrati dentro un fitto bosco di pioppi. Io ero così felice di essere insieme a mio fratello anche se avevo paura ad essere nel bosco. Nelle favole che mi raccontava mia madre in quel posto si incontravano personaggi come il lupo cattivo o l'orco che mangiava i bambini.

    All'improvviso mio fratello si era fermato e mi aveva fatto scendere dalla bicicletta e senza dirmi nulla si era allontanato. Mi aveva abbandonato nel bosco, come Pollicino. Gli alberi erano altissimi, i rami mossi dal vento sembravano fantasmi dalle lunghe braccia; non c'era nessuno. Mi aspettavo di veder apparire all'improvviso il lupo o l'orco.

    Ero tornato di corsa e ogni tanto mi giravo per vedere se c'era qualcuno che mi inseguiva. All'improvviso da dietro un albero appare lui, mio fratello. Io mi metto a piangere, lui ride "ti ho fatto uno scherzo", dice.

    Gli ho dato un pugno nella pancia.

    Il pensiero che volesse abbandonarmi per davvero mi ha accompagnato negli anni e mi ha condizionato nel rapporto con lui.

    Se c'è una strada sotto il mare prima o poi ci troverà, se non c'è strada dentro al cuore degli altri prima o poi si traccerà.

    Quando Francesca aveva sentito il marito la sera prima, lui aveva chiesto se Paolo fosse già andato a dormire, voleva salutarlo e augurargli la buona notte. Si era informata degli incontri di lavoro della giornata e lui le aveva detto che quella sera preferiva non andare a cena e farsi un giro sul lungomare.

    Sembrava tranquillo.

    Si erano salutati come le altre sere.

    "Amore mi manchi", le aveva detto.

    "Manchi anche a me, domani ci vediamo".

    Al mattino avevano suonato il campanello e dalla finestra Francesca aveva notato la macchina dei Carabinieri.

    Francesca era sbiancata in viso, aveva capito che si trattava di qualcosa di terribile.

    "All'alba alcuni pescatori hanno trovato suo marito annegato vicino al porto. Ci dispiace molto".

    "Mamma mamma chi ha suonato?"

    Era Paolo che era stato svegliato dal suono del campanello.

    "Mio fratello che guardi il mondo e il mondo non somiglia a te, mio fratello che guardi il cielo e il cielo non ti guarda".

    Mio fratello aveva paura di morire. Nell'ultimo periodo lo capivo quando incrociavo il suo sguardo spaventato. Non parlava mai della malattia e della morte.

    Avevo imparato ad apprezzarlo per la dignità con la quale viveva la sua vita. So che era orgoglioso di avere un fratello come me e lo ero anch'io.

    Spengo la radio e tiro fuori il CD. Francesca sta entrando nella sala d'attesa del distretto dove lavoro tenendo in braccio il suo bambino che ha la testa appoggiata sulla spalla.

    Paolo mi vede da lontano e con la manina mi fa ciao.

    Tre mestieri impossibili.

    Secondo Sigmund Freud ci sono tre mestieri "impossibili: quello di psicoanalista ("l'arte di analizzare e guarire la psiche), quello di politico (l'arte di governare), quello di insegnante (l'arte di educare) (3). Tutte e tre queste professioni hanno come caratteristica fondamentale, per la loro stessa natura, la certezza di un successo insufficiente".

    Il lavoro psicoterapeutico è particolarmente coinvolgente perché l'oggetto su cui verte l'intervento (il paziente) non può essere indifferente. Jung sostiene che ogni paziente rappresenta per l'analista un problema che lo tocca molto da vicino, ed è questo disagio comune che in realtà determina il successo o l'insuccesso della terapia. C'è l'ascolto non solo del paziente ma anche della risonanza interna dello psicoterapeuta che coglie dentro di sé, nel rapporto con lui, le risposte e le interpretazioni, che non servono solo al paziente ma anche al terapeuta. Quando il disagio verte su tematiche traumatiche, vissute contemporaneamente da entrambi, la situazione diventa molto complessa anche se ricca di potenzialità terapeutiche.

    Vivere contemporaneamente l'esperienza del lutto facilita il processo empatico, ma può creare confusione attraverso proiezioni e identificazioni continue. Il coinvolgimento emotivo in queste situazioni è così forte che non è facile da sostenere, nemmeno dal terapeuta che ha fatto un lungo percorso analitico.

    Note:

    1) Tratto dall'Album di Ivano Fossati "Lindberg-Lettere da

    sopra la pioggia" – 1992.

    2) Davanti a San Guido di Giosuè Carducci da "Rime nuove"-

    1906.

    3) S. Freud "Analisi terminabile e interminabile" – 1937.

    1. Le strade dritte non sono sempre le più facili

    Tre sogni in gravidanza

    Durante la gravidanza di Eugenio ho fatto tre sogni.

    Il primo: Ho tredici anni. É il giorno della Cresima. Sono in camera e sto indossando il vestito bianco della cerimonia. Sento bussare alla porta, è mio padre, indossa un vestito chiaro, ha una cravatta rossa e le scarpe nere.

    Ciao mia principessa, dice.

    Ciao papà, entra pure, gli rispondo.

    Si siede sul letto e, dopo un paio di colpi di tosse, dice: Oggi per te è un giorno importante. Io sono orgoglioso di essere tuo padre. Sei la figlia che ogni padre vorrebbe avere.

    Grazie papà, mi avvicino e lo abbraccio. Il mio corpo, ormai sviluppato, entra in contatto con il suo. Mi allontano bruscamente, sento un turbamento che non avevo mai provato prima.

    Mio padre si alza dal letto, mi fa l'occhiolino e prima di andarsene mi manda un bacio; Sei una ragazza bellissima, dice.

    Il secondo: "Sto guidando la macchina e vedo un gruppo di persone a fianco della strada, sembrano agitate, qualcuno alza le braccia al cielo, altre parlano ad alta voce. Dallo specchietto retrovisore vedo un signore allontanarsi dal gruppo e fare, in mia direzione, il gesto di fermarmi. Metto le frecce e mi accosto sul lato della strada.

    Mentre esco dalla macchina mi accorgo che la pancia non c'è più e questa constatazione mi dà un senso di paura e nello stesso tempo di sollievo.

    Abbiamo trovato sul marciapiede un neonato avvolto in un lenzuolino, sta bene, dice il vecchio con tono pacato.

    É il mio bambino!, urlo precipitandomi in direzione del gruppo di persone.

    Lo guardo da lontano e non lo riconosco, mi avvicino e scorgo i suoi capelli chiari, gli occhi sono chiusi, ha delle sopracciglia folte che coprono una parte della fronte, che ricordano quelle di mio padre.

    É lui. È il mio bambino, grido prendendolo in braccio.

    Mi sveglio tutta sudata".

    Il terzo: "Accendo il computer e nella lista dei possibili vincitori del premio Nobel per la medicina c'è il suo nome. Eugenio mi ha chiamato da Chicago una settimana fa e mi ha confermato che ci sarà anche lui, con il suo gruppo di ricerca, nella lista. Hanno scoperto una terapia genetica che nel giro di pochi anni debellerà il cancro. Sarà una delle scoperte più importanti dell'umanità e avrà riflessi significativi sulla qualità della vita degli uomini.

    Me lo vedo a Stoccolma, davanti ad una platea di persone importanti, seduto in prima fila. Fanno il suo nome, lui si alza e si dirige, sicuro di sé, verso il palco. É in giacca e cravatta, la stessa che gli ho regalato il giorno della laurea presa con la lode.

    Riceve il premio, insieme ad una busta; poi va al microfono e in un inglese perfetto ringrazia la platea.

    Ho sempre voluto che imparasse bene l'inglese".

    Ora Eugenio ha trentacinque anni e lavora come direttore di un discount. É felicemente sposato con Giovanna e ha due figlie.

    La preoccupazione materna primaria di D. Winnicott

    I nove mesi della gravidanza si accompagnano a cambiamenti graduali che riguardano il corpo e la mente della donna nella loro complessità. Questo tempo necessario alla maturazione e all’accrescimento fetale è necessario anche alla maturazione delle competenze genitoriali che sono alla base del legame madre-figlio. Nel corso della gravidanza quindi la donna, se sostenuta dal contesto di coppia e da quello ambientale, crea uno spazio fisico e mentale per il nascituro che contiene le rappresentazioni di sé come madre, del partner come padre e del futuro bambino.

    Tale spazio è un luogo-tempo i cui confini si confondono con quelli delle aree più antiche che attingono alla realtà come alla fantasia, all’immagine e al ricordo dei propri genitori.

    La prima descrizione di un investimento affettivo specifico verso il bambino atteso si deve a Winnicott (1958) che definì «preoccupazione materna primaria» quello speciale coinvolgimento affettivo, così intenso da sembrare uno stato di passeggera follia, che la madre sviluppa verso il bambino durante la gravidanza attraverso un focalizzarsi dell’attenzione,

    dei pensieri e delle fantasie verso tutto quello che riguarda il bambino in via di sviluppo escludendo in gran parte il resto. Tale stato mentale "che sarebbe una malattia se non vi fosse la gravidanza, paragonabile ad uno stato di ritiro, di dissociazione" fondato sulla capacità materna di identificarsi col bambino, rimane attivo nel periodo postnatale e facilita la recettività affettiva nei confronti

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