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Tresia: La Saga Dei Maghi Delle Pietre
Tresia: La Saga Dei Maghi Delle Pietre
Tresia: La Saga Dei Maghi Delle Pietre
E-book211 pagine2 ore

Tresia: La Saga Dei Maghi Delle Pietre

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Info su questo ebook

Una vecchia fiamma torna a bruciare per ridurre in cenere il mondo di Constance, ma non se è lei a trovarla per prima.

Le miglia da frequent flyer valgono per chi viene rapito? È una cosa che Constance vorrebbe sapere. Ma, nonostante la sua morale discutibile, l’ultimo uomo che la tiene in cattività vuole solo proteggerla e addestrarla. O almeno, così pare.

Jack potrebbe non essere un nemico, ma c’è una lista di migliaia di persone che vogliono ucciderlo. E ne basta una sola per mandare in frantumi la fragile pace di Constance.

LinguaItaliano
EditoreBadPress
Data di uscita4 nov 2018
ISBN9781386834052
Tresia: La Saga Dei Maghi Delle Pietre

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    Anteprima del libro

    Tresia - Raven Whitney

    Tresia

    Tresia

    Raven Whitney

    Raven Whitney LLC

    Tresia

    Questo libro è un’opera di finzione. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono il prodotto della fantasia dell'autore, sono usati per scopi narrativi e non devono essere interpretati come reali. Qualsiasi analogia con persone, eventi, aziende o organizzazioni reali è puramente casuale.

    Copyright © 2016, Raven Whitney

    Tutti i diritti sono riservati. È vietato qualsiasi utilizzo o riproduzione dei contenuti del presente libro senza previa autorizzazione scritta, eccetto in caso di brevi citazioni contenute in articoli e/o riviste critiche.

    Copertina realizzata da The Killion Group

    ( http://thekilliongroupinc.com/ )

    Traduzione di ES Traduzioni


    Revisione di Eugenia Franzoni

    Creato con Vellum Creato con Vellum

    Indice

    Ringraziamenti

    Capitolo primo

    Capitolo secondo

    Capitolo terzo

    Capitolo quarto

    Capitolo quinto

    Capitolo sesto

    Capitolo settimo

    Capitolo ottavo

    Capitolo nono

    Capitolo decimo

    Capitolo undicesimo

    Capitolo dodicesimo

    Capitolo tredicesimo

    Capitolo quattordicesimo

    Capitolo quindicesimo

    Capitolo sedicesimo

    Capitolo diciassettesimo

    Caro Lettore

    L’autore

    Also By

    Ringraziamenti

    Vorrei ringraziare entrambi i miei genitori per avermi tanto sostenuta nel mio desiderio di essere artista e di perseguire i miei sogni, e anche per avermi permesso di vivere nel granaio insieme ai miei gatti. Mia madre, in modo particolare, si merita un abbraccio forte per avermi tramandato il gene della scrittura e avermi mostrato come usarlo.

    I miei amici e le mie amiche che mi sostengono da prima che ci crescesse il seno, che hanno letto ogni bozza di questo libro e che mi hanno garantito che non è una schifezza completa, si meriterebbero una medaglia. Dato che non ho un soldo e non mi posso permettere di farle fare, dovranno accontentarsi di questo. Vi voglio bene, ragazzi. Davvero, follemente e profondamente.

    Infine, vorrei ringraziare la mia editor per aver tenuto a bada la mia pazzia, e la mia correttrice di bozze per essere stata tanto paziente con me.

    Capitolo primo

    Raven glyph

    Il grido di battaglia pieno di rabbia di Lexie, epico quanto quello di una regina guerriera, riecheggiò nella casa, strappandomi da un sonno relativamente tranquillo. Fu subito seguito dal suono di lei che colpiva il muro esterno.

    Con grande riluttanza, mi misi in posizione eretta e camminai lenta dall'accogliente camera da letto verso il davanti del piccolo bungalow sulla spiaggia. Sbirciando dalla finestra, vidi Lexie usare lo spigolo del portico per tirarsi su. La sua caviglia pendeva molle a formare un angolo di quarantacinque gradi.

    Sciabattando scalza, arrivai fino al portico anteriore, facendo molta attenzione a dove mettevo i piedi per evitare di prendere qualche scheggia. Appoggiata con cautela alla ringhiera, tenni una mano aperta accanto a Lexie.

    Senza dire una parola, mi porse il coltello che aveva in mano, dalla parte del manico.

    Con un cenno di sorriso per quanto era diventata strana la nostra vita, feci scorrere la lama sulla superficie del mio avambraccio. Glielo avvicinai quanto possibile senza cadere di sotto.

    Saltellando un po', ruotò su se stessa per poter mettere la caviglia sotto al mio sangue che gocciolava. Quando questo incontrò la sua pelle nuda, la caviglia iniziò a tornare al suo posto, emettendo lievi scricchiolii mentre si muoveva.

    Grazie disse, con ancora sul volto una smorfia di dolore. Doveva trattarsi di una brutta frattura se riusciva a sentirla. Ora che era uno zombie, non percepiva più il dolore, la pressione, il calore o il freddo con la stessa intensità di prima. Doveva essere forte, perché facesse quella faccia.

    Nessun problema. Le restituii il coltello e andai a prepararmi qualcosa per colazione, lasciando la porta aperta; non c'era aria condizionata che potesse disperdersi e quella brezza marina era rinfrescante.

    Lexie gridò a Jack: Pagherai caro per questo!

    "Allora fatti sopra, sfacciatella." Riuscivo a percepire quel suo sorrisetto da stronzo anche da dentro casa.

    "Si dice fatti sotto!" lo corresse Lexie, caricandolo di nuovo.

    Sospirai, feci scorrere le mani sul nido che avevo in testa e infilai una ciambella nel tostapane. Non era di certo una colazione a cinque stelle, lo ammetto, ma la nostra credenza era quasi vuota e conteneva principalmente prodotti non deperibili. Jack era l'unico che poteva uscire di casa ed era un disastro a fare la spesa, a prescindere da quanto fossi chiara nello scrivere la lista.

    Il bungalow era una baracca per surfisti piuttosto spartana: due camere da letto, un bagno, o meglio un mezzo bagno, dato che l'unica doccia presente era una da spiaggia fuori nel cortile dietro la casa, una cucina con solo una piastra di cottura, un frigorifero arrugginito degli anni '60, un forno a microonde da casa di studenti e quel tostapane a dir poco veterano. L'intero posto non poteva essere più di cinquantacinque metri quadrati.

    Appena Lexie aveva visto la piccola casa color crema e pervinca sbiadito, il suo disagio era stato tangibile, e non solo perché eravamo appena state rapite. Di nuovo.

    Sai, aveva detto, ho accesso a una mezza dozzina di case sulla spiaggia, due delle quali si trovano su isole private. Potremmo andare in una di quelle.

    Jack l'aveva schernita a quel suggerimento, che era stato un evidente sforzo da parte sua per riportarci almeno in un territorio familiare dove avremmo potuto chiedere aiuto. "Avevi accesso a una mezza dozzina di case sulla spiaggia. Non sei più quella ragazza ricca. Restiamo qui, siamo al sicuro."

    Lexie aveva tenuto il broncio per due giorni interi, dopo quella conversazione. Non era avvezza a case più piccole della sua vecchia camera da letto, ma ci aveva fatto l'abitudine. Quando alla fine eravamo uscite dalla camera senza che Jack se ne fosse andato, era passato quasi un mese.

    Essere rapite di nuovo non era stato facile per nessuna delle due. Jack aveva insistito di essere dalla nostra parte, ma eravamo preoccupate, ed era comprensibile. Ormai eravamo abbastanza sicure che non avesse intenzione di ucciderci, ma nessuna di noi si fidava del tutto di lui.

    Guardai l'oceano mentre aspettavo che la ciambella si abbrustolisse e mi soffermai sull'affollata spiaggia della Carolina del Nord, piena di gente. Era un posto davvero insolito per nascondersi, ma era circondato da incantesimi e barriere simili a quelli della fossa, talmente potenti che chiunque passasse non batteva ciglio se lanciavo palle di fuoco o se Jack mi scagliava dall'altra parte dell'ampio cortile, perché non poteva vedere né sentire nulla. La notte successiva al nostro arrivo, avevo lanciato contro quella barriera ogni cosa avessi, anche se ovviamente non era molto in quel momento, ma non si era neanche mossa.

    Lexie gli aveva chiesto una volta perché avesse scelto un posto così affollato in cui nascondersi. Aveva detto: Bikini e birra come se quello spiegasse tutto.

    Erano passati più di nove mesi da quando Jack ci aveva sottratte alla custodia di Liam e sette da quando ci eravamo convinte che fosse un alleato. Non avrebbe avuto senso che fosse così irremovibile nell'addestrarci, se avesse avuto intenzione di ucciderci.

    Prima che Jack tornasse sapevo che, in teoria, c'era qualcuno là fuori con cui condividevo il legame speciale fra maghi delle pietre. Mi aveva spiegato che era simile a quello tra un mago e il suo demone domestico, ma in questo entrambe le parti erano allo stesso livello, invece che padrone e animale.

    La maggior parte dei maghi classici prende un demone vincolando la propria anima a quella di un animale, che quindi si lega alla sua volontà. Un mago può comandare l'animale domestico in tutto e per tutto e, siccome le loro anime sono collegate, può resuscitare quell'animale se il suo corpo dovesse morire.

    Io e Lexie eravamo l'unica eccezione nota a quella regola. Jack ipotizzava che, dal momento che lei era uno zombie, questo aveva diminuito il suo livello innato di energia magica al punto in cui io avevo potuto legarla come un demone. Non avevo idea di come ci fossi riuscita, ma ne ero felice.

    I maghi non avevano una magia abbastanza forte da creare i tipi di legame che i loro antenati Atlantidei erano invece in grado di formare. Tuttavia, poiché i set di pietre di Atlantide si legano individualmente al proprio mago in modo molto profondo, allo stesso livello di un familiare, se ci si scambia una pietra, si crea un legame indiretto tra gli individui.

    Quel legame era ciò che mi aveva tenuta in vita nell'infernale castello di Octavius, quando sarei invece dovuta morire. La persona dall'altro capo di quel legame mi aveva riportata in vita ogni volta che ero morta, ma a quel tempo non avevo ancora scoperto di chi si trattasse.

    Quando Jack ci aveva rapite, mi aveva confessato di essere stato lui a legarsi con me quel giorno al bar, scambiandoci un potere. Aveva invertito le due magie del fuoco dei set di pietre che ci erano stati affidati, quindi nessuno di noi aveva guadagnato o perso nulla nel processo. Aveva detto che pensava fosse giusto non sottrarmi nulla, dato che era stato lui a legarci senza neanche chiedermelo.

    Ciò che proprio non aveva voluto dirci, nonostante le nostre richieste e insistenze, era perché l'avesse fatto. Perché, fra tutte le persone, aveva scelto di legarsi con me? Se tutta questa cosa del legame era indissolubile, ero forse la persona peggiore da scegliere. Avevo molto potere, ma nessuna capacità di usarlo; per non parlare dell'enorme bersaglio disegnato sulla mia schiena.

    A parte il fatto che non sapevamo quasi nulla di lui, c'era qualcosa di strano in quel giovane italiano dall'aria misteriosa, cordiale e civettuola. Forse ero solo troppo paranoica, ma ero titubante a fidarmi di lui fino in fondo. C'era qualcosa di importante che non ci stava dicendo.

    Non aveva mai fatto nulla per far pensare a me o a Lexie che volesse farci del male. O almeno non avevamo visto niente, e lo stavamo osservando come falchi da mesi. Ciò che era certo, però, era che voleva far del male a Liam. Jack aveva promesso a me e a Lexie che non lo avrebbe ucciso se si fossero incontrati di nuovo, ma non ci aveva mai spiegato bene cosa fosse successo tra loro due.

    Mentre cominciavo a guardarmi intorno sovrappensiero, Lexie attraversò l'aria, agitandosi come uno di quegli enormi omini pubblicitari cilindrici che si gonfiano con il vento. Atterrò sull'acqua schiumosa senza troppe cerimonie, facendo alzare in tutte le direzioni tanti schizzi che doveva essersi fatta male anche lei. Era un'ottima cosa che il fascino che ci teneva nascoste si estendesse anche fino all'acqua e che la barriera impedisse a qualunque spettatore innocuo di farsi del male durante le nostre sessioni di allenamento quotidiane.

    Strisciò carponi sulla spiaggia, minacciosa come quella ragazza che fradicia gattonava fuori dal televisore in quel film horror.

    Oh oh. Non potevo perdermelo.

    Tirai la ciambella fuori dal forno a microonde prima che suonasse e uscii fuori nella veranda per osservare quella carneficina.

    Scelsi l'unica sedia di vimini sul portico che non sembrava cedere da un momento all'altro, mi sedetti e sgranocchiai la ciambella calda, ma ancora morbida.

    Lexie raggiunse il margine della sabbia bagnata e si alzò lenta, facendo schioccare il collo da un lato e dall'altro. Era riuscita a non perdere il coltello e lo teneva stretto in mano.

    Si lanciò verso Jack, così veloce che era quasi sfocata.

    Senza perdere un colpo, lui schioccò le dita e Lexie fece un salto mortale all'indietro sopra di lui, atterrando sulla schiena. L'impatto fu talmente forte che la sabbia le formò attorno una buca così profonda da farla sparire.

    Ahi mormorai in segno di solidarietà. Nonostante riuscisse a sviluppare grossi picchi di forza e velocità, era ancora talmente scarsa nel combattimento corpo a corpo che Jack di solito riusciva a ritorcerglieli contro. Da quando avevamo accettato di iniziare a lavorare con lui, sei mesi prima, Lexie non aveva fatto molti progressi. Nonostante avesse fatto dei passi in avanti rispetto al corso di autodifesa femminile di sei settimane che avevamo fatto in passato, non era poi granché.

    Jack si raddrizzò e, agitando le mani, la rimproverò: Gridi sempre a ogni mossa che fai e carichi come una bestia selvaggia. Riuscirei a batterti anche con entrambe le mani legate sulla schiena.

    Un dito medio emerse dalla buca.

    Lui sbuffò e l'afferrò per un polso per tirarla su.

    Lexie gemette e si scrollò la sabbia dal didietro. Zoppicando un po', si avviò barcollante verso il portico. Tocca a te.

    Mi sono appena alzata.

    Io sono qui da sei ore. Ho sabbia dappertutto, anche dove non dovrebbe esserci. Il bianco che le si vedeva negli occhi e la punta di risata isterica nella sua voce mi dicevano che, se avesse dovuto fare un altro round con Jack, avrebbe potuto pugnalarlo sul serio. Aveva davvero bisogno di una pausa.

    Sbuffai. D'accordo. Ti serve del sangue per quella gamba?

    Lei annuì e mi passò il coltello. Lo affondai nello strato carnoso alla base del mio pollice e le spalmai il sangue sul ginocchio, nel punto che mi aveva indicato. Era un po' una rottura dovermi pungere un paio di volte al giorno perché, in quanto zombie, Lexie non poteva più guarire da sola, ma sarebbe stato peggio non avere la mia migliore amica. E potevo sempre curare le mie ferite con la magia curativa, quindi non è che mi sentissi come un puntaspilli dolorante per tutto il tempo.

    Da qualche altra parte? chiesi.

    No, a meno che tu non voglia aprirti una vena per sciacquarmi la sabbia via dal culo si lamentò e andò dentro per raggiungere la doccia, nel cortile sul retro.

    Sbuffando, mi guarii la ferita, mi tolsi il resto del sangue dai pantaloncini e tornai alla mia ciambella.

    Appena ebbi ingoiato l'ultimo boccone della colazione, Jack saltellò su per i tre gradini del portico. Se anche si fosse mai sfinito, non me ne sarei resa conto.

    Sei sveglia sorrise, dandomi una pacca sulla spalla mentre mi superava per entrare in casa. Seguimi. Ho una sorpresa per te.

    Sarà stato per il pessimismo mattutino, ma non mi sembrava promettere nulla di buono. Mi alzai e lo seguii dentro casa verso la porta sul retro. Uhm, Lexie sta facendo la doccia.

    Fece spallucce e aprì la porta.

    Il cuore mi balzò in gola. Lo afferrai per la cintura dei jeans e lo tirai dentro.

    Un colpo rimbombò davanti a lui. Gli girai intorno e vidi che il coltello di Lexie era adesso incastrato nella porta e ancora vibrava per l'impatto. Era proprio dove sarebbe stata la faccia di Jack. Almeno la sua mira stava migliorando.

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