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L'isola del risveglio
L'isola del risveglio
L'isola del risveglio
E-book292 pagine4 ore

L'isola del risveglio

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Info su questo ebook

Neri è un affermato architetto di mezza età che conduce una vita intensa, ma non del tutto appagante. Un terribile incidente lo riduce in fin di vita. Una volta ripresosi dal coma, scopre di essere rimasto solo. La lunga e dolorosa degenza ed il riaffiorare dei ricordi segnano un punto di svolta nella sua vita: decide di mollare tutto e di trasferirsi in un paradiso tropicale, dove inizia un'attività di charter nautico. Quando le cose sembrano prendere la piega giusta, durante un'uscita in mare insieme ad alcuni turisti, l'agognato equilibrio viene spezzato da una devastante tempesta. La barca affonda ed il gruppo si trova per giorni alla deriva in mezzo all'Oceano Pacifico a bordo di una piccola scialuppa di salvataggio. Inizia un'epica battaglia, nella quale i superstiti si aggrappano alle proprie vite con tutte le forze. Quando sembra non esserci più nulla da fare, i naufraghi riescono a raggiungere quella che dopo poco scopriranno essere un'isola deserta. Quel luogo incantato li ospiterà per molto tempo ed insieme condivideranno dolore e privazioni, ma anche gioia ed emozioni travolgenti, che salderanno profondamente il rapporto di amicizia nato fra loro.
LinguaItaliano
Data di uscita29 gen 2019
ISBN9788827868515
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    Anteprima del libro

    L'isola del risveglio - Stefano Ricci Labischi

    STEFANO RICCI LABISCHI

    L'isola del risveglio

    Indice

    Frontespizio

    Colophon

    Dedica

    Capitolo 1

    Capitolo 2

    Capitolo 3

    Capitolo 4

    Capitolo 5

    Capitolo 6

    Capitolo 7

    Capitolo 8

    Capitolo 9

    Capitolo 10

    Capitolo 11

    Capitolo 12

    Capitolo 13

    Capitolo 14

    Capitolo 15

    Capitolo 16

    Bibliografia

    Titolo | L'isola del risveglio

    Autore | Stefano Ricci Labischi

    ISBN | 9788827868515

    Prima edizione digitale: 2019

    © Tutti i diritti riservati all’Autore

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Marco Biagi 6, 73100 Lecce

    www.youcanprint.it

    info@youcanprint.it

    Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore.

    Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    Dedicato a mio fratello Raffaele.

    Capitolo 1

    Il mondo per come lo conosceva era sparito, ciò che ne rimaneva era soltanto una sottile striscia di luce intensa che si estendeva da destra a sinistra del suo campo visivo. Non ricordava cosa fosse successo prima e di come tutto si fosse ridotto a questo, tanto meno riusciva a comprendere dove si trovasse. Non provava dolore in alcuna parte del corpo, ma si sentiva come stordito ed in una certa maniera fluttuante, quasi etereo, come sospeso a mezz'aria. Quel buio totale lo disorientava, si sentiva inerme e del tutto perso senza nessun punto di riferimento tangibile.

    Il cuore cominciò a martellargli forte nel petto; piano piano il panico si stava insinuando nella sua mente stordita, come una lucertola che, stanca di stare al sole, rientra di corsa nella sua tana e scende sempre di più in profondità nei meandri della terra. Provò a muovere braccia e gambe, ma stranamente non notò nessuna risposta immediata dagli arti, che sembravano lontani una decina di metri dal resto del corpo. La lama di luce resisteva fissa ed imperterrita davanti al suo sguardo immobile.

    Il suo cervello, nel tentativo di controllare le ondate di terrore che a intervalli sempre più frequenti lo investivano, passò al vaglio varie ipotesi. La prima teoria che prese in seria considerazione fu quella di essere il sopravvissuto di un tremendo terremoto e di trovarsi in stato di semi incoscienza, sepolto sotto una ventina di piani di un palazzo crollato. Poi pensò di essere stato rinchiuso in una grotta per mano di qualche presunto rapitore, dopo essere stato pesantemente narcotizzato e di trovarsi in attesa che qualcuno pagasse il riscatto, per donargli di nuovo la libertà. Ma nessuna delle due congetture lo soddisfaceva pienamente.

    Mentre divagava su quei pensieri bizzarri, sembrava però che in quella assurda situazione qualcosa stesse cambiando. Con il passare dei minuti ebbe la netta sensazione che la fessura di luce si stesse in qualche modo ingrandendo. Era un po' come se si trovasse all'interno di un enorme guscio d'uovo, che qualche gigante avesse appena rotto su di un lato per farsi una bella frittata, preparandosi a versare il suo corpo paralizzato su di una enorme padella rovente.

    Scartando tutte le ipotesi, ritenute inaccettabili, piano piano si insinuava nella sua mente intorpidita una nuova idea, molto più calzante rispetto alle precedenti bucoliche meditazioni. Credeva di essere stato rapito, durante il sonno, da una qualche forma di vita aliena e di trovarsi all'interno di un'astronave che lo aveva portato in un altro mondo. Cercò invano di calmarsi e di riflettere quanto più razionalmente sulle circostanze in cui si trovava. Il suo giaciglio, duro come la pietra, sembrava un banco operatorio. Probabilmente lo stavano tenendo da parte per cominciare quegli esperimenti corporei di cui tanto si sente parlare a proposito dei rapimenti alieni. Ormai era solo una questione di minuti e qualche essere bislungo e dalla testa enorme con occhi spropositati si sarebbe avventato su di lui, cominciando ogni sorta di introspezioni corporee, per mezzo di sonde e diavolerie varie sconosciute al genere umano. Doveva essere proprio cosi, adesso era tutto più o meno chiaro.

    Cercando di snebbiare i pensieri e di concentrarsi a dovere, notò che quello che si poteva considerare il portellone principale della nave, si stava aprendo con una lentezza disarmante e progressivamente lasciava entrare al suo interno quella strana luce surreale, proveniente con ogni probabilità da un sole che non poteva essere il suo, il cui colore e la cui intensità emanavano qualcosa di inquietante, ma allo stesso tempo di irresistibile ed invitante. All’improvviso vide dei lampi, brevi e numerosi che si ripetevano con frequenza sempre maggiore. Adesso la velocità con la quale la luce filtrava aumentava progressivamente e la fessura si apriva sempre di più, a volte riabbassandosi per poi risalire di nuovo, violando quel mondo di tenebre che in cuor suo stava quasi rimpiangendo, non sapendo davvero cosa aspettarsi.

    Man mano i lampi intermittenti divennero uno solo e quello che poco prima era un buio pressoché totale diventò un unico bagliore, che si fuse con la luce accecante proveniente dall'apertura, adesso ormai del tutto spalancata. Fu completamente stordito dall’incandescenza di quel bianco assoluto ed il suo cuore comincio a battere cosi velocemente che temette di sentirlo cedere da un momento all'altro. In preda ad un autentico terrore, cercò di mettere a fuoco le sagome che intravedeva attraverso quella nebbia luminosa. Una fitta lungo la schiena lo pugnalò, quando gli sembrò di vedere due figure di colore verde che si muovevano lente sopra di lui. Provò istintivamente il desiderio improvviso di divincolarsi e fuggire da quelle creature sconosciute, ma non riusciva a muovere un solo muscolo del suo corpo, saturo di chissà quale sostanza narcotizzante. Dopo qualche secondo di inutili e disperati tentativi di reazione, si rassegnò al suo destino.

    Perso nei meandri del terrore più autentico, ad un tratto gli sembro di udire distintamente una voce che invocava un nome, il suo, ripetendolo più volte. Credette che la sua mente stesse cedendo, incapace di mantenere un minimo di integrità in una situazione che definire surreale era riduttivo. Poi la udì di nuovo, distinta e più forte. Ma come era possibile? Non capiva cosa stesse succedendo, era inconcepibile che creature provenienti da un altro mondo parlassero la sua lingua. Pian piano quel bagliore etereo che prima lo accecava diminuì di intensità e lasciò il posto ad una luce più sopportabile.

    Con estrema lentezza i suoi occhi si adattarono a quella nuova situazione e iniziarono a distinguere quei particolari che prima non erano in grado di cogliere e che lo ricondussero immediatamente alla realtà. Intravide una finestra semichiusa, dalla quale entravano prepotenti i raggi del sole rovente di metà agosto, parzialmente ostruita da una delle due figure che aveva distinto in precedenza. L'altra era china sopra di lui, indossava un camice verde acqua ed uno stetoscopio gli penzolava dal collo.

    La parte terminale in metallo dello strumento rifletteva i bagliori provenienti dall’esterno ad ogni oscillazione. Il medico aveva in mano una pila, che evidentemente aveva usato per scrutare le sue pupille qualche attimo prima che riprendesse conoscenza, testandone di prassi i riflessi con una sequenza di lampi luminosi.

    Finalmente capì almeno una parte delle circostanze in cui si trovava e si abbandonò di nuovo ad un confortante stato di incoscienza, provato dalle recenti emozioni che lo avevano svuotato di ogni forza, rimandando la comprensione del resto a quando si fosse nuovamente svegliato nel suo letto d'ospedale. E fu di nuovo buio.

    Il regalo della moto fu una vera e propria sorpresa. Il giorno del suo compleanno Neri e sua moglie Anna erano ospiti a cena dei suoi genitori, che vivevano in aperta campagna in un piccolo borgo di poche abitazioni, isolato dal resto della comunità. La casa colonica che suo padre aveva pazientemente restaurato trasudava da ogni mattone il carattere e la bellezza inconfutabile delle dimore tipiche della zona. Una grande arcata a sesto ribassato in mattoni rosati faceva da ingresso ad uno splendido loggiato, il cui soffitto in travi e correnti di castagno e pianelle di cotto era il solaio del piano superiore. Lo spazio era arredato con gusto; al centro si trovava un grande tavolo da pranzo in noce di fine ottocento e da una parte erano presenti un ampio divano e due poltrone consunte sulle quali godersi i momenti di relax durante i mesi estivi, magari sorseggiando una birra o un buon bicchiere di Chianti. Sul porticato si affacciavano un ampio salone triplo e la cucina. Davanti alla casa, così come sugli altri tre lati, si estendeva un meraviglioso prato verde di gramigna, rasato alla perfezione, dove sua madre aveva sistemato ogni tipo di fiore e pianta che potessero resistere al clima della zona. La colonica si sviluppava su due piani, oltre ad una grande taverna ed un immenso garage al piano seminterrato.

    Quel giorno suo padre si trovava proprio nell'autorimessa, quando lo chiamò a gran voce, chiedendogli di raggiungerlo al piano sottostante. Appena Neri arrivò nel locale si diresse verso di lui, chiedendo in cosa potesse aiutarlo. Suo padre, con un sorrisetto malizioso sulle labbra, osservò: Sapevo di aver concepito il mio primogenito a finestre aperte e per questo alcune qualità basilari si siano disperse nell'ambiente esterno, ma così stordito non ti facevo proprio figlio mio... noti niente? In un primo momento non fece caso a quel grosso telo grigio che copriva l'oggetto misterioso sistemato nell'angolo del garage. Appena vi posò sopra lo sguardo, un certo fremito di emozione si manifestò nella sua mente; fu pervaso dalla stessa curiosità che aveva sempre avuto anche da bambino per i regali inattesi, quando addirittura si sentiva male fisicamente per l'emozione e la sorpresa. Suo padre disse dolcemente: Io e la mamma ti auguriamo un felice quarantesimo compleanno. Non lo vuoi aprire il tuo pacco? Non stava più nella pelle ed iniziò a sollevare lo spesso coltrone che copriva ciò che non si sarebbe mai aspettato di trovarvi sotto. Era una Honda cb750 Four del 1972, il suo anno di nascita. Il serbatoio ed i fianchetti color oro metallizzato, le cromature impeccabili, i raggi delle ruote lucenti; si mostrava in tutta la sua bellezza, con quella linea mozzafiato nonostante l'età avanzata. L'aveva cercata per mari e per monti per cinque lunghi anni, ma senza risultato; era una moto apprezzatissima dai collezionisti e per questo di scarsa reperibilità. Rimase a bocca aperta e senza riuscire a dire nulla, si girò verso il padre e lo abbracciò con delicatezza, con una lacrima che gli scendeva dall'occhio sinistro. Gli sussurrò solamente: Grazie babbo.

    Con lui non importavano tanti discorsi, bastava uno sguardo e si capivano all'istante. Era stato così da sempre ed il loro rapporto era qualcosa di unico davvero, fatto di un profondo rispetto reciproco ed amicizia autentica. Suo padre gli aveva insegnato fin da piccolo tutto quello che adesso sapeva fare, l'uso degli attrezzi, la pesca, il rispetto per gli altri, il senso dell'amicizia e soprattutto la voglia di ridere e di scherzare. Era un eterno ragazzo, sempre pronto alla battuta e capace di un senso dell'umorismo davvero unico e pungente.

    Neri si poteva davvero ritenere fortunato ad essere cresciuto in una famiglia talmente devota alla sua incolumità, alla sua educazione ed alla sua salute, che non poteva desiderare di meglio. Dalla madre aveva preso il carattere d'acciaio, quello di una donna di quarantacinque chili ed alta un metro e cinquanta, ma con la forza d'animo di un gigante di due metri. E da parte sua aveva trasmesso al ragazzo il rispetto per tutti gli animali e la passione per il buon cibo e la cucina. Aveva un cuore grande come una casa e, anche se a prima vista poteva sembrare una donna rude, era la persona più dolce del mondo.

    E poi c'era l'amore che aleggiava intorno a loro. Una cosa pura, eterna, che si toccava con mano tutte le volte che erano vicini, uno di quegli amori che non si possono davvero descrivere a parole, ma della cui grandezza ci si rende conto con una sola occhiata ed anche con un po' di invidia. Non erano intercambiabili e nemmeno separabili e forse era proprio per questo che quando sua madre se ne andò, addormentandosi per sempre in un grigio pomeriggio di gennaio, il cuore di suo padre non resse nemmeno un'ora e la raggiunse per stringerla di nuovo a se, come doveva essere giusto per lui.

    Adesso che i suoi non c'erano più il vuoto che provava era incolmabile, ma si confortava col pensiero di tutte le emozioni e le sensazioni splendide che riusciva a ricordare dei momenti passati insieme, custodendoli stretti nel profondo del cuore.

    Gli scherzi del destino. A volte è davvero incomprensibile il meccanismo machiavellico della sorte. L'immenso amore ricevuto dai suoi genitori fu paradossalmente la causa delle sue sventure degli anni a venire.

    Un pomeriggio di settembre, mentre era di ritorno dallo studio alla guida della sua moto, fu sorpreso da un improvviso acquazzone. Accelerò di un po' l'andatura per arrivare il prima possibile a casa, senza inzupparsi completamente. Spesso accadeva che, durante i suoi tragitti casa lavoro, il suo cervello si mettesse a lavorare avidamente ed i pensieri facessero a gomitate, rischiando di sovrapporsi in un ordine non logico.

    Iniziò a riflettere sul suo particolare momento della vita non proprio sorridente; i momenti bui erano diventati la consuetudine, i continui litigi con Anna, la nostalgia della voce dei suoi, i problemi al lavoro, un continuo susseguirsi di eventi negativi avevano consegnato al mondo un uomo provato nella psiche e nella forma fisica.

    Nel pieno della sua vita, si era ritrovato a fare un lavoro che si faceva piacere a forza e che gli concedeva davvero poco tempo libero. Lo studio del quale era socio insieme ad altri tre tecnici si occupava prevalentemente di consulenze per il tribunale. Neri aveva iniziato la professione di architetto attratto da ben altro, facendo i primi passi in giovane età nel piccolo studio ricavato nel sottotetto del suo primo appartamentino in piazza Santa Croce, situato nel cuore di Firenze. Aveva indubbiamente delle capacità naturali nel suo campo. La creatività, adesso sopita, era invece all’apice all'inizio del suo percorso lavorativo. Si immergeva completamente negli incarichi che riceveva, cercando i materiali di recupero, i mobili adatti dai suoi fornitori di fiducia, seguendo personalmente tutte le fasi dei restauri e consegnando l'immobile finito al cliente, che raramente si dimostrava insoddisfatto del suo operato.

    Allora il suo lavoro gli piaceva davvero e lo faceva star bene anche nell'animo, oltre che nel portafoglio. Ultimamente invece le cose erano cambiate. Alcuni colleghi lo avevano convinto ad entrare in società con loro per formare uno studio professionale di alto livello. Inizialmente le cose andavano bene ed i profitti erano notevoli, ma poi gli altri tre soci, tra i quali due fratelli, avevano optato per abbandonare il campo dell'edilizia e delle ristrutturazioni, per dedicare tutte le attenzioni della società alle consulenze tecniche per il tribunale. A nulla erano valse le vigorose proteste di Neri, che trovandosi in minoranza, aveva finito per accettare la decisione degli altri soci. I cinque anni di via vai dagli uffici pubblici, di noiosissime udienze e di un’infinità di situazioni spiacevoli lo avevano svuotato di quella passione per la sua professione, che tanto lo aveva motivato in passato.

    A casa poi le cose non è che andassero meglio. Lui ed Anna vivevano soli, ad eccezione del cane, poiché avevano deciso di non avere figli. Erano due spiriti liberi e si erano uniti profondamente fin da subito proprio per questa somiglianza. Lei era una sportiva nata, praticava il jogging, il pilates, amava l'aria aperta e spesso partiva insieme al suo gruppo per delle scalate davvero impegnative in montagna.

    Lui invece era un essere acquatico, amava il mare e tutto quello che gli ruotava intorno, dalla gente che abitava quei posti, alla pesca, alle barche, alle immersioni, ai tramonti mozzafiato e si rammaricava spesso di non essere nato in una città costiera o su di un isola. Amava profondamente la sua città e la teneva in un posto speciale del cuore che solo i fiorentini veri hanno, ma appena poteva scappava verso il litorale in cerca di pace e, come un drogato in astinenza, dell'odore della salsedine.

    Si erano conosciuti all’isola d'Elba, Neri era in vacanza sulla barca a vela di alcuni amici, lei era di stazza a sant'Andrea, un delizioso paesino nel punto più selvaggio ed affascinante dell’isola, in attesa di partire per un’escursione sul monte Capanne. Durante una festa paesana si erano incontrati, si erano piaciuti all'istante e la passione li aveva travolti per diverso tempo. Fu una lunga caccia, quasi un gioco al gatto e al topo che ebbe l'epilogo una fresca mattina assolata di aprile in una piccola chiesa arroccata in cima ad un monte a pochi chilometri dalla città.

    Si sposarono in gran segreto e si trasferirono sulle colline intorno a Firenze, dove vissero spensieratamente per diversi anni, caratterizzati dal buon cibo, serate piacevoli tra amici intimi e notti insonni piene di sesso appagante. Mentre pensava a quei momenti, Neri non pote fare a meno di provare una fitta allo stomaco. Le cose erano cambiate di poco in poco e la passione era sparita prima che tutti e due se ne accorgessero. Era il naturale percorso delle cose e nessuno stratagemma avrebbe potuto porvi rimedio. Sia lui che Anna avevano accettato la cosa, ma nessuno dei due era pronto materialmente a fare il primo passo e la situazione di stallo li stava logorando a poco a poco.

    Si scosse immediatamente da quelle divagazioni, che spesso faceva quando era alla guida, ma vide troppo tardi e solamente con la coda dell'occhio, il sopraggiungere a tutta velocità del furgone rosso, appena oltrepassato l'incrocio con la statale e la stradella che portava a casa sua. Lo schianto fu impressionante, fu letteralmente catapultato per aria, descrivendo un arco perfetto di quindici metri, per atterrare rovinosamente contro le auto parcheggiate sul lato opposto della carreggiata.

    Rimase esanime a terra fino all'arrivo dei soccorsi, che misero in atto tutti i loro mezzi per strappare alla morte quel giovane uomo dal corpo martoriato, stabilizzandolo e trasportandolo con urgenza all'ospedale più vicino. Nell'impatto si ruppe un po' di tutto, ma la peggio l'ebbe la sua testa per il forte impatto con l'asfalto; nonostante indossasse un buon casco integrale, gli provocò un edema celebrale che lo ridusse all'incoscienza per un lungo periodo.

    Successivamente si seppe che il guidatore del furgone era ubriaco e che aveva attraversato l'incrocio passando con il rosso, fuggendo dopo l'impatto. Arrestato dopo due giorni, non si era neanche premurato di chiedere notizie del ragazzo.

    Si era svegliato in ospedale senza ricordare nulla, neanche del tremendo schianto contro quel furgone mentre era alla guida della sua moto, ma con la mente altrove. Era rimasto in coma per oltre sei mesi, dapprima aveva avuto accanto ogni giorno la sua mogliettina, poi le visite si erano fatte sempre più rade, finché negli ultimi tempi la donna non si era nemmeno degnata di telefonare in ospedale per sapere se ci fossero delle novità sulla sua ripresa. La carogna non si era neanche preoccupata di avvertire dell'accaduto gli amici di Neri, con i quali si erano persi di vista da un bel po' di tempo e che quindi non sapevano ancora nulla dell'incidente.

    L'unico instancabile e devoto compagno sempre presente nella sua vita era il suo cane Dante. Anche in quei momenti di assoluta immobilità gli era stato accanto, in paziente e fiduciosa attesa del suo risveglio. L'idea era stata di Greta, la sua vicina di casa, autentica e genuina amante degli animali, alla quale Anna aveva chiesto di prendersi cura del cane, dicendole di dover partire e di voler star sola per superare il momento doloroso che stava passando, visto che non poteva fare molto per suo marito in quelle condizioni.

    Fin dai primi giorni che si erano incontrati, Greta e Dante si erano piaciuti profondamente e nel giro di pochi minuti erano diventati ottimi amici, da una parte per l'estremo amore che la ragazza riversava su ogni forma animale presente sulla terra e dall'altra per l'enorme passione del quadrupede per ogni forma di cibo, materia della quale la ragazza non si risparmiava nel rifornirlo abbondantemente ad ogni incontro.

    Nei mesi precedenti l'incidente Greta gli aveva chiesto il permesso di portare Dante all'ospedale pediatrico, dove faceva servizio di volontariato, per farlo conoscere ai bambini ricoverati. La pratica della Pet-Terapy era sempre più diffusa ed il biondo, cosi lo chiamava Neri, un bel esemplare di Golden Retriever di quasi quarantacinque chili, aveva le caratteristiche giuste per rientrare nel programma.

    Il fidato compagno di merende era stato accanto al letto del padrone per tutto il tempo del ricovero, quasi avesse avuto la certezza di un suo prossimo risveglio. E così era stato in effetti. Quando Neri riapri gli occhi, dopo il primo traumatico risveglio, quasi mezzo anno dopo che quel tremendo schianto glieli aveva chiusi, la prima cosa che vide non fu il nasino in sù alla francese della sua cara mogliettina, ma il madido tartufo nero del suo fedele cane, con il mento appoggiato sulla sua pancia e la coda impegnata in frenetici ed incomprensibili movimenti. Quando il cane si rese conto di aver avuto ragione al riguardo della sua teoria dell'attesa, balzò con le zampe anteriori sul letto e dimostrò il suo entusiasmo lavando completamente la faccia di Neri, che per poco non fu rispedito nel mondo dei sogni dal caratteristico alito pestilenziale che sempre accompagnava la bestiola.

    La perdita della memoria gli impediva di ricordare le cose e le persone che avevano popolato la sua vita di prima, ma con il cane era diverso, lo aveva riconosciuto subito, lo sentiva vicino e sapeva di per certo di averlo avuto accanto per tutta la sua degenza.

    Anche Dante come lui era un essere marino; adorava l'acqua in ogni sua forma, se vedeva una pozza non si dava pace finché non ci si era sdraiato dentro. Se l’acqua era solida sotto forma di neve impazziva, cercando di scavare buche profonde fino al centro della terra. Neri si sentiva davvero onorato di avere tutto per se quell'enorme affetto e quella smisurata devozione e la presenza costante del cane gli rese meno angosciante rientrare nel mondo oscuro che lo attendeva.

    La convalescenza dal ritorno dall’ospedale fu molto lunga e dolorosa. Aveva passato sei mesi in coma e gli altri sei a praticare cure riabilitative in seguito ai danni lasciati al suo corpo dall’incidente. Si era praticamente distrutto le rotule delle gambe, un femore, il bacino e sei costole, per non parlare dei complicatissimi danni alla testa, che lo avevano reso immobile per tutto quel tempo.

    Gli esercizi, anche se dolorosi, avevano fatto miracoli ed al termine del periodo della riabilitazione in ospedale, era in grado di camminare,

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