Le varietà dell'ombra
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Anteprima del libro
Le varietà dell'ombra - Stefano Ricchiuti
parziale.
ad Alessandro Mora
Le stelle fisse
fra i nuvoli spariscono
e basta il vento
per il perdimento.
BIAGIO MARIN
Il Sole e l’Inganno
Ridiscese nell’afa del pomeriggio verso il mare, percorrendo la scogliera piena di agavi e ginestre, già attratto dal rumore delle onde.
Attilio Somma, villeggiante sbarcato su di una minuscola isola del Mediterraneo, vagliava con le punte dei piedi la scivolosità degli scogli sopra i quali si apprestava a transitare con passi da funambolo, aiutandosi talvolta con le braccia allargate all’altezza delle spalle, facendole ondeggiare, un po’ a destra un po’ a sinistra, per ritrovare l’equilibrio perduto.
E poi, in quell’incedere lento e ad intervalli, una sosta su di una piattaforma più larga e sicura delle altre, fermo per qualche istante con lo sguardo perso in lontananza, e poi sulla spuma del mare che sfrigolava sulla battigia. Attilio si passò un braccio sulla fronte conciata dal solleone, per asciugarla dal sudore.
Qui va bene
parve dire ad un tratto tra sé e sé. Si tolse la maglietta bianca e il piccolo zaino portato su di una sola spalla. La sua pelle scura, già brunita da altre intense giornate di sole, emerse tesa e ancora sufficientemente giovane, sostenuta da una muscolatura piacevole all’occhio, soda e nervosa, senza eccessi. Un ultimo sguardo in lontananza, con le mani sui fianchi, e poi il giusto riposo.
Tirò fuori dallo zaino il suo asciugamano bianco e celeste e lo spiegò, disponendolo sulla parete dello scoglio e orientandolo verso il sole. Stava per coricarsi quando vide in lontananza, a pelo d’acqua, una macchia scura emergere tra le piccole onde. Uno chignon nero, trattenuto da una forcina lunga e diagonale, risaltava immobile nel color verde azzurro della cala. Si trattava d’una giovane donna, che ora aveva palesato il suo viso, anche se lontano, verso la spiaggia.
Il fatto di non essere solo, completamente solo, rallegrò Attilio che per un attimo credette che un Qualcuno, lassù, avesse risposto ad un suo desiderio, ad un suo anelito vago e mai formulato, l’idea di una solitudine sfumata in una compagnia impercettibile e lontana, non invadente.
Questo lo portò a sporgersi con curiosità alla ricerca di un qualcosa che sino a poco prima non doveva aver notato. Ed eccolo: da un angolo, in un piccolo anfratto nascosto tra le rocce, emergeva un asciugamano spiegato molto simile al suo, vicino ad una grossa borsa da mare arancione ed ad un piccolo ombrellone dagli spicchi bianchi e azzurri.
L’uomo riguardò verso il mare: il piccolo viso veduto in precedenza avanzava ora lentamente verso la spiaggia, sommandosi man mano alla forma di un collo, ad un paio di spalle esili e scure, ad un seno, ad una vita stretta su dei fianchi larghi e sensuali.
Facendo leva sulle gambe per divincolarsi con un ultimo sforzo dalla resistenza dell’acqua la figura intera della donna raggiunse la riva e da lì avanzò con le punte dei piedi, come con passi da trampoliere, verso le proprie cose abbandonate temporaneamente sulla spiaggia. E fu lì, in quel preciso istante, tra quei passi puntuti ma eleganti, che Attilio scorse nella persona in bikini bianco una figura del tutto simile alla sua amata Nora. Ed allora, come raggiunto da un impeto maligno, provò una fitta al cuore, lancinante, palpabile, poiché il suo amore, quel pensiero al quale era stato rimandato con le sue strampalate associazioni, altro non era che l’aguzzino di un sentimento non corrisposto. Nora…
gli parve allora di sussurrare, ma in realtà quella parola egli non l’ebbe mai pronunciata seppur, già da un po’ di tempo, gli pareva che il dolore gli confondesse la ragione, non rendendolo più in grado di separare gli struggimenti d’amore realmente palesati da quelli solamente nascosti.
La donna si coricò, dopo essersi sciolta i capelli ed aver lasciato che la sua chioma lunga e scura, appesantita dall’acqua, le toccasse le spalle. Di nuovo quel gesto riportò Attilio ad una somiglianza con una gestualità consueta e tipica della sua amata. Nora
, pensò, è ora lontana più di mille chilometri da questa spiaggia isolata e selvaggia, eppure mi è del tutto presente.
Come e perché tra loro era finita egli ancora non lo sapeva con esattezza.
Un insieme di incomprensioni, divergenze e dissapori erano andati probabilmente a sommarsi in maniera lenta e subdola, ingannando le loro rispettive consapevolezze ancora tarate sui piacevoli ricordi.
Gli inizi invece, Attilio, se li ricordava fin troppo bene: una cena tra amici, degli sguardi fugaci lanciati in mezzo al caos per testimoniare un proprio interesse dettato dal fisico e dall’istinto. Dopodiché le prime uscite in due: una cena, un bacio al chiaror di luna. Da quel giorno in poi i due non avevano fatto che esalare in sospiri e profferte d’amore le loro anime, sino al giorno della fine, ad opera di lei.
Intanto, la donna della cala si era mossa, ridestando d’un tratto tutta l’attenzione di Attilio. Si era voltata dapprima su di un fianco, e in quella posizione era rimasta per qualche secondo guardandosi intorno, dopodiché si era coricata nuovamente, ma questa volta a pancia in giù, per prendere il sole di schiena.
Ora, contemplare quella donna aveva in sé un qualcosa di piacevole e doloroso, una strana sorta di masochismo, dolce e pieno di speranze. Lo sguardo di Attilio, man mano che ella aveva preso ad identificarsi con la sua amata perduta, si era serrato su quella nuova preda come l’impietosa stretta d’un polpo. Ogni azione, ogni singolo gesto, se non anche ogni respiro, erano infatti osservati e studiati da lui con la più attenta perizia.
Ma qual era la speranza dell’uomo?
Forse quella di rivivere per un attimo dei ricordi felici, pur a scapito delle dolorose emozioni che ne sarebbero seguite?
Oppure esisteva forse la speranza, stipata in fondo al cuore, nascosta, quasi negata a se stessa, di ritrovare un amore simile a quello già perduto, di poter ottenere una seconda possibilità?
In effetti, più Attilio si concedeva a quella sorta di contemplazione, e più gli pareva che i tratti, e i movimenti, e l’aura delle due donne coincidessero.
Se non fosse stato per qualche piccola dissonanza, per delle minuzie indistinguibili da altri occhi che non fossero quelli d’Attilio, si sarebbe persino potuto credere che Nora l’avesse con gran sorpresa raggiunto su di quella spiaggia, informandosi su di lui, sulle sue vacanze, e che ora si trovasse lì, ad una distanza insignificante, ad aspettare di ri-accoglierlo tra le proprie braccia.
Nel mezzo di queste meditazioni e congetture la donna-Nora si rimise a sedere. Poi fu un attimo, una lieve torsione del busto accompagnata da un simile movimento del capo, ma più accentuato, ed ella si era voltata, come richiamata dalla forza del pensiero (o magari dell’Amore, pensò Attilio), alla ricerca di una presenza, di un qualcosa o di qualcuno che la stava evocando da tempo.
Ad Attilio piacque credere in questa magia, in questa sorta di potere telepatico. In effetti i loro occhi si incontrarono, forse riconoscendosi, rimanendo per qualche istante perduti in una tensione impalpabile. Dopodiché tutto tornò