Joseito: La studentessa
Di Osamu Dazai
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Anteprima del libro
Joseito - Osamu Dazai
idrovolante edizioni
sedici raggi
Joseito - La studentessa
Osamu Dazai
© Idrovolante Edizioni, 2018
Tutti i diritti riservati
Direttore editoriale: Roberto Alfatti Appetiti
Responsabile attività editoriali: Daniele Dell'Orco
In copertina: Utagawa Hiroshige
Entrance To Enoshima in Sagami Province, 1858
1a edizione—dicembre 2018
Collana: Sedici raggi
idrovolante.edizioni@gmail.com
Joseito
La studentessa
osamu dazai
idrovolante edizioni
introduzione
Joseito di Osamu Dazai fu scritto nel 1938 e pubblicato nell’aprile del 1939 sulla rivista Bungakkai (Mondo letterario).
Il 20 luglio dello stesso anno la casa Editrice Sunakoya pubblicò una raccolta di novelle intitolate Joseito che comprendeva anche quest’opera. Nel settembre Dazai si trasferì nella sua casa di Mikata a Tokyo e nell’autunno di quello stesso anno gli venne conferito, proprio per Joseito, il quarto premio letterario Kitamura Tōkoku¹, ricevendo una medaglia commemorativa.
Siamo all’inizio di un periodo di vita relativamente tranquilla per l’autore che nel 1938, ottenuto il divorzio dalla prima moglie, si era sposato con Ishihara Michiko, donna colta ed intelligente e quest’opera, piena di lirismo, basata sul diario inviatogli da una sconosciuta, riflette fedelmente il suo stato d’animo in quel tempo.
Era uno stato di grazia nel quale il giovane scrittore era sereno e sentiva di possedere in sé la limpidezza dell’alba e del tramonto, come appare in modo evidente da quanto egli fa dire alla protagonista:
... Forse sono innamorata. Sono sdraiata sull’erba verde del prato e provo a chiamare mio padre. Papà, papà! Com'è bello il cielo al tramonto! La nebbiolina della sera è rosa: la luce del tramonto, stemperandosi nella foschia, assume un delicato colore rosa. Questa nebbiolina rosa fluttuante, filtrando tra gli alberi e muovendosi lungo le strade, lambisce il prato e poi avvolge delicatamente il mio corpo. La luce rosata illumina debolmente, furtivamente uno per uno i miei capelli e li accarezza teneramente. Ma la cosa più bella è il cielo: per la prima volta nella mia vita, per questo cielo, abbasso il capo. Io ora credo in Dio... Voglio amare tutti...
.
Dopo anni di vagabondaggio e follia, Dazai era diventato un buon padre di famiglia e aveva raggiunto un’inattesa serenità. Però questo stato, che per molte persone rappresenta il caso normale dell’esistenza, per lui era in gran parte una finzione. Una finzione alla quale egli si adattava soltanto per poter servire la sua arte, finzione che è appunto una caratteristica essenziale della sua letteratura.
In quest’opera Dazai, scrivendo la vita di una studentessa durante un’intera giornata, ne esprime la psicologia, che a volte appare originale e strana. La ragione è che in essa si riflette l’originalità e la stranezza dello scrittore che, in quel momento, cercava di vedere soltanto l’aspetto positivo della vita, la bellezza e la bontà.
In Joseito esiste inoltre sempre un bisogno inesplicabile di pregare qualcuno per essere aiutato; ciò può corrispondere alla psicologia di una giovane donna dotata di grande sensibilità, ma soprattutto corrisponde ai sentimenti dell’autore che per tutta la sua vita ha cercato di togliersi dalla miseria morale in cui si trovava, ma che sentiva di non poterlo fare senza l’aiuto di qualcuno.
Come buona parte dei romanzi scritti da Dazai in questo periodo, Joseito assume la forma di un monologo. Dazai sviluppa in questo senso il suo stile e con esso concretizza l’esigenza di preghiera che sta alla base della sua letteratura.
È difficile che un monologo non finisca per stancare il lettore e alla fine non diventi freddo e monotono, ma Dazai ha l’arte di mantenerlo sempre vivo, interessante, avvincente, dall’inizio alla fine.
Naturalmente questo racconto è influenzato dal diario inviatogli dalla sconosciuta, che ne costituisce la materia prima, ma è scritto anche nella forma più adatta alla materia stessa del diario, che è appunto il monologo cioè la forma più congeniale a Dazai.
Come detto l’atmosfera in Joseito è generalmente serena. Però anche in quest’opera affiora a volte, attraverso le parole della protagonista, la disperazione sempre presente nell’animo dell’autore, anche se è una disperazione che non toglie mai completamente la via alla speranza.
Dice infatti la studentessa:
... Alla mattina, chissà come mai, tutto è irreale. Tante, tante cose tristi mi passano per la mente: è insopportabile. È odioso. Di mattino io raggiungo il massimo della bruttezza. Ambedue le mie gambe sono stanchissime e non ho voglia di fare niente. Forse non dormo bene. Si dice che al mattino si sta meglio, ma è una menzogna. Il mattino invece è grigio ed è sempre lo stesso! Al mattino si diventa anarchici. Di mattino, a letto, sono sempre pessimista. Mi sento disgustata. Soltanto vari, brutti rimorsi, di colpo, tutti insieme si affollano nella mia mente, soffocano il mio cuore e mi tormentano. Il mattino è avverso. ‘Papà’, provo a chiamare sottovoce...
.
Queste parole, messe in bocca ad una ragazza disperata, ci danno l’autoritratto dell’autore. Dal canto loro, i giovani lettori giapponesi vedono rispecchiarsi in queste parole non lo stato d’animo dell’autore e neppure quello della studentessa, ma il proprio, e finiscono per trovare nella letteratura di Dazai un’oasi per la loro disperazione.
Come è ben noto, quasi tutte le opere di Dazai nascondono l’autore sotto il protagonista, ma in ognuna di esse egli si presenta in modo diverso. Per esempio al giovane donna protagonista di Joseito è molto diversa