Storie di onde e isole
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Anteprima del libro
Storie di onde e isole - francesco munari
VII
Prefazione di Roberto Ghezzo
Quando Francesco Munari mi ha chiesto se avevo voglia di scrivere una prefazione al suo secondo libro, mi ha, come spesso accade, spiazzato.
Io, che ho una formazione di studi filosofici più che letterari, ho acconsentito volentieri, perché, anche se non sono un esperto di letteratura, la lettura delle sue opere mi ha entusiasmato e penso di saper riconoscere un grande talento quando lo incontro, una promessa (Francesco ha 19 anni), destinata, sono sicuro, a stupire nel prossimo futuro una nutrita schiera di lettori.
Inoltre, in alcuni casi, non so mai dove finisca la narrativa e dove inizi la filosofia, e viceversa: i libri di Francesco fanno questo effetto, non solo traghettano storie dall’immaginario dello scrittore a quello del lettore, ma fanno pensare. Non solo allietano qualche ora con delle atmosfere intense, delle trame ben costruite e costellate di smaliziati trucchi
narrativi, di cui Francesco è esperto e ben consapevole. Sono sì storie in cui si percepisce il godimento dello scrittore nello scrivere, nel raccontare, ma che hanno una vena filosofica profonda, scaturiscono da un sentimento intenso e da una visione della vita che, come dicevo, un po’ mi spiazza trovare in un giovane di 19 anni, forse più maturo per la sua età, o forse no, semplicemente consapevole.
I romanzi che finora Francesco ha scritto sono tre (il primo si intitola Amievì nella valle dei Mukastori volan8
ti, edito da Editrice Veneta nel 2013). Questo che avete tra le mani è il secondo ad essere pubblicato. Tutti e tre estremamente e volutamente diversi, come degli esperimenti di laboratorio di scrittura nei quali Francesco ha voluto cimentarsi: anche da questa scelta stilistica si vede la stoffa dello scrittore, che pesca dall’ispirazione, da una vena profonda, che porta a galla le sue storie cercando di dare loro una forma molto razionale e precisa, pensata, strutturata, non lasciata al caso, ma anche varia, in modo da connotare uno per uno questi racconti, tanto da renderli unici, speciali.
Francesco mi ha chiesto di leggere i suoi libri per sapere cosa ne pensavo, e quindi ho avuto modo di sottolineare alcuni passaggi, di chiederne spiegazione e mi sono stupito della controcritica, sempre gentile e divertita quasi di ritornare sul perché dei propri passi, e nello stesso tempo puntigliosa da parte dell’autore, che rivela delle scelte stilistiche talvolta inusuali ma organiche rispetto al tutto, come nell’uso dei termini, spesso fuori dalle righe, o nell’uso di alcuni stratagemmi narrativi, che mi fanno pensare a quanto lavoro preparatorio, pregresso ci sia stato (Francesco ha iniziato a scrivere racconti verso gli 11 anni, e nonostante sia un nativo digitale, smaliziato nell’uso delle tecnologie, preferisce usare la penna e il foglio bianco).
L’invito a scrivere una prefazione mi ha spiazzato anche perché non amo generalmente le prefazioni: preferisco leggere e godermi prima il libro, farmene un’idea e poi eventualmente confrontare quello che ho vissuto io con qualche punto di vista esterno. Anzi avevo detto espressamente a Francesco di pensarci bene e di farmi sapere con calma. Dopo qualche settimana ricevo la sua e-mail, che trovo utile riportare perché fa capire al lettore che tipo di persona e di scrittore sia Francesco.
"Alla fine ho pensato sia meglio una prefazione, che comunque non sia un pre giudizio o pre commento al libro.
Questi sono in generale i temi:
Prefazione punti da svolgere:
- parlare dell’autore (non molto)
- parlare della bellezza nel piacere del fare le cose che piacciono
- accennare al primo libro
- esperienze personali nelle letture di entrambi i libri
- non citare nessun famoso
- non spoilerare niente della trama o storia
- parlare un po’ in generale del mare e degli stati d’animo che può lasciare in una persona
- parlare di come cambiano le persone e se veramente cambiano o non cambiano mai
- parlare del suono del mare
Non vorrei venisse fuori un confronto con l’altro libro.
Qualche semplice riflessione che uno può porsi prima del libro e riporsi alla fine. E qualche semplice appunto che può migliorare la lettura (mare, calma e suoni)
Grazie mille Roberto ciao.
Vorrei servirmi di questa e-mail come traccia e svolgere punto per punto il tema che Francesco mi ha dato.
- parlare dell’autore (non molto)
In effetti non so molto di Francesco: per cinque anni abbiamo vissuto molto vicini, in una via tranquilla di periferia e campagna. L’ho intravisto crescere, partire alla mattina assonnato per andare a scuola. Se devo dire la verità ho parlato molto di più con suo fratello Giovanni, poco più grande. Quando il papà Paolo è entrato nel giardino con uno scatolone pesante in braccio e mi ha detto tutto sorridente: - Ecco il primo libro di Francesco!
, mi ha colto di sorpresa. Non sapevo della sua passione di scrivere, quella che ha anche un po’ forse preoccupato la mamma Maristella: - È sempre su in stanza a scrivere, scrivere, scrivere… e già da alcuni anni
.
Non so molto di Francesco a parte che guarda la televisione, che faceva dei tiri a pallone di fronte al garage, che ha una fidanzata… ma conta qualcosa ai fini della lettura e della letteratura? Sì e no. Sì perché comunque la vita (soprattutto quella interiore e in genere nascosta, poco desumibile da quella esteriore) e le esperienze dello scrittore trapassano sempre nei suoi scritti. No perché comunque un’opera d’arte parla da sola e parla al lettore, che la ricostruisce
, ne costruisce sempre un significato personale, e in ciò sta appunto la ricchezza e l’inesauribilità dei racconti.
In quel non molto
che Francesco mi chiede, intuisco che anche lui sia d’accordo sul fatto che il libro deve viaggiare da solo. Come diceva più o meno James Joyce, una volta pubblicato il libro, allo scrittore non resta che pulirsi le unghie.
Nel non molto
, conoscendolo, leggo anche altro: da un lato Francesco si identifica
con i suoi prodotti, dall’altro li considera delle tappe, degli