Donne in Lotta: Rcconti
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Info su questo ebook
E a distanza di più di settanta anni ancora hanno la capacità di commuoverci.
Presentazione della autrice
Maria Cristina Da Col vive e lavora a Gorizia. Ha esordito con il racconto “Vipava moja liubica “ nel 2018, vincendo il secondo premio al Concorso Nazionale Cisl Medici.
Nel 2019 propone questa raccolta di racconti brevi a tema storico, dai quali traspare tutto l’amore per il passato del suo tormentato territorio.
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Anteprima del libro
Donne in Lotta - Maria Cristina Da Col
Maria Cristina Da Col
Donne In Lotta
Copertina e illustrazioni a cura di Damiano Carraro
© 2019 Maria Cristina Da Col
Tutti i diritti riservati
Prefazione
Sono tanti i fili che si intrecciano per tessere la tela che questo libro rappresenta e il primo è contenuto nel titolo: sono le donne. Le protagoniste dei racconti infatti sono tutte figure femminili: bambine, ragazze, giovani donne, professioniste mature. Sono persone innocenti, fragili, colte in momenti delicati della loro esistenza e che vengono travolte dalla Storia, la Storia che leggiamo sui libri di scuola e che sulle persone comuni lascia drammatiche cicatrici. Con le loro esperienze ci comunicano tutta la passione, il coraggio, la sensibilità di cui sono capaci.
Ciò che accomuna le quattro narrazioni sono anche il periodo storico e il territorio: parliamo del Fascismo e della fine della Seconda Guerra Mondiale vissuti nella provincia di Gorizia, in Friuli-Venezia Giulia.
I racconti brevi che ho voluto mettere su carta sono frutto di testimonianze vere e dirette di coloro che hanno condiviso quell’epoca tragica. Lo scorrere di più di settanta anni ha fatto appannare per noi il ricordo di quegli avvenimenti, ma certamente non per queste persone, protagoniste di eventi ancora nitidi nella loro memoria, scolpiti nel loro passato.
Mi sono sentita in dovere di trascrivere le loro parole, pur arricchendole di passaggi narrativi suggeriti dalla mia fantasia. I fatti che riporto sono quindi realmente accaduti e ringrazio di cuore coloro che me li hanno raccontati, affidandomi così i loro drammatici ricordi. Sono consapevole della responsabilità che mi sono assunta e spero di onorare il mio impegno nel migliore dei modi. Voglio precisare che non sono una storica, e per inserire le relazioni in un contesto corretto ho tenuto conto delle opere di studiosi noti e obiettivi.
Sottolineo inoltre che con questi racconti non voglio dare giudizi né schierarmi dalla parte di nessuno, per un motivo fondamentale: nella Storia tutti i popoli hanno le loro responsabilità e si sono macchiati di crimini orrendi, talvolta dimenticati. Vorrei soltanto che queste vite e ciò che le ha segnate non vadano perse, ma rimangano a monito per noi e per le generazioni future.
Quello che mi preme far nascere nel lettore è l’idea che la convivenza pacifica e la democrazia sono valori essenziali. Sembra ovvio, ma spesso ce ne dimentichiamo.
Ad Alba, Marialuisa e Maya:
perché il coraggio non venga mai meno.
LA PROFESSORESSA
Non si fa il proprio dovere perché qualcuno ci dica grazie, lo si fa per principio, per se stessi, per la propria dignità.
(Oriana Fallaci)
Anna era nata nel 1896, in una piccola città del Sud Italia. La sua era una numerosa e tradizionale famiglia di quel secolo. Sua madre si dedicava alla casa e agli undici figli che il sereno matrimonio le aveva regalato. Il padre lavorava nell’amministrazione pubblica ed era spesso trasferito di sede, costringendo la famiglia a frequenti spostamenti. Lei e i suoi dieci fratelli erano nati ciascuno in una città diversa, e avrebbero potuto disegnare una cartina geografica con i loro certificati di nascita. Ridevano spesso di questa vicenda tutti insieme, seduti a tavola, contando il discreto numero di tredici persone.
L’ultima sede a cui erano stati destinati era Roma, e lì si erano fermati. I suoi fratelli avevano studiato con volontà e profitto e lei, che era la quinta di undici, non si era rassegnata a un percorso scolastico breve: non voleva votare il suo futuro soltanto al matrimonio e alla famiglia. Certo, non escludeva di sposarsi prima o poi, ma la sua vera passione era la matematica. Fin da piccola era rimasta incantata dalle regole ferree dei numeri e per questo le capitava di perdersi nei calcoli come i suoi coetanei facevano nel mondo dei giocattoli. Aiutata dai fratelli più grandi che condividevano la stessa passione, aveva scoperto l’aritmetica, prima con operazioni elementari, poi con problemi via via più complessi. Quando voleva isolarsi dalla confusione della numerosa famiglia, cercava un angolino tranquillo e fino all’ora di cena si dedicava al suo passatempo preferito. Armata di un piccolo quaderno e una matita, tracciava disegni di semplici geometrie, calcolava aree, perimetri e quant’altro la sua mente potesse produrre. Sfidava i suoi fratelli a proporle calcoli sempre più difficili, e quasi sempre vinceva sui grandi. Oltre alla passione, la tenacia era una dote di cui era ricca.
Da originale gioco dell’infanzia, questo campo affascinante era diventato lo scopo della sua vita. Raggiunto il diploma di scuola superiore, si era iscritta all’Università a Roma, facoltà di Matematica. Era il 1915: le donne che continuavano gli studi in quegli anni non erano molte e in quel settore poi si contavano sulle dita di una mano. Grazie alle sue capacità arrivò alla laurea serenamente, impegnandosi con costanza, sempre accompagnata dall’affetto dei suoi cari. Al termine degli studi scelse la strada dell‘insegnamento e iniziò subito a lavorare con passione e buona volontà. Nella sua vita aveva affrontato la Prima Guerra Mondiale e dopo questa la nascita del Partito Fascista, che negli anni aveva preso il potere. Lei non aveva mai seguito la politica: era troppo presa dai suoi studi e successivamente