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La strada più lunga
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E-book178 pagine2 ore

La strada più lunga

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Info su questo ebook

La morte di Regina è l'inizio di questa storia che narra come la tragedia abbia sconvolto la vita di tre persone: Serenella, Rossana e Anna. In un susseguirsi di situazioni che accomunano i tre personaggi principali c'è l'incessante ricerca di una verità a lungo celata. Le tre donne sono protagoniste in ugual misura. Serenella, alla costante ricerca di una verità mai svelata, Rossana, lacerata dai sensi di colpa di un passato che non riesce a dimenticare e Anna, personaggio chiave sul quale si riflette tutta la vicenda. La storia, vera interprete del libro, si serve di queste tre figure per narrare i loro vissuti, le loro reazioni e i loro percorsi per arrivare fino alla logica conclusione.
LinguaItaliano
Data di uscita27 feb 2019
ISBN9788827857311
La strada più lunga

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    La strada più lunga - mariagrazia perricone

    LUNGA

    Capitolo 1

    Sua madre morì nel metterla al mondo. Non ebbe che il tempo di tenersela stretta al seno per poche ore, coccolandola e chiamandola col nome che aveva scelto per lei.

    Serenella, mia piccola Serenella, ora la tua mamma penserà a te.

    Ma Regina non poté mai mantenere questa promessa.

    Serenella fu allevata dalla zia Rossana, sorella della madre, che si prese cura di lei, crescendola con tutto l’amore di cui era capace.

    Marco - suo padre - che non aveva mai superato il dolore per la perdita della moglie, morì due anni dopo, stroncato da un infarto.

    A quell’epoca Marco, Regina e Rossana vivevano tutti e tre a Torralta, (*) un paese della Toscana, vicino a Grosseto. Per i due anni che sopravvisse alla morte della moglie, Marco fu un padre ammirevole. Amava Serenella con tutto l’amore che gli era rimasto, ma pur amandola con tutto il suo essere, seppe da subito che non avrebbe mai potuto allevarla da solo. Inoltre la casa dove abitava era troppo carica di ricordi, per questo volle tornare con la bambina al suo paese natio, all’Isola d’Elba.

    Chiese quindi a Rossana se fosse disposta a trasferirsi con lui all’isola e lei, in memoria della sorella, accettò. Non aveva nessun altro al mondo e nessun legame e quindi chiuse la casa nella quale abitava, ma non la vendette. Dentro di lei pensava che un giorno o l’altro ci sarebbe tornata, cosa che accadde dopo la morte di Marco.

    (*) Torralta è un paese di fantasia e non esiste. Il nome è inventato ai fini della narrazione.

    Così Serenella diventò grande grazie alle cure di zia Rossana.

    Per un tacito accordo col cognato, Rossana sostituì in tutto la sorella morta insegnando alla bambina a chiamarla mamma. Serenella era troppo piccola per capire e Rossana fu sua madre a tutti gli effetti. Non appena la bimba fu in grado di balbettare le prime sillabe, fu una cosa naturale per la zia attribuire quella prima incerta parolina ma-m-ma, come rivolta a sé ed era naturale che fosse così.

    Ma Serenella la sua vera mamma non l’aveva mai conosciuta.

    Era logico che Rossana fin dall’inizio impersonasse questo ruolo.

    La morte di Regina e di Marco aveva distrutto sia la famiglia di Serenella che la sua, lasciandola sola al mondo con una piccola vita da accudire.

    La bimba crebbe bene, era docile e intelligente e Rossana trovò in lei una ragione per affrontare e vincere il suo dolore.

    Dopo la morte di Marco, Rossana tornò nella casa che aveva lasciato a Torralta.

    Serenella era piccola a quell’epoca e non si rese conto della mancanza del padre. Appena trasferita nella casa di Rossana ebbe altre distrazioni e si ambientò con facilità alla nuova routine.

    Le prime difficoltà per lei iniziarono con la scuola. Apprendeva facilmente qualsiasi concetto le venisse spiegato, ma non riusciva a legare con le amiche e i compagni di classe. Durante la ricreazione era sempre isolata, non giocava mai e malgrado fosse sollecitata dall’insegnante ad unirsi agli altri, preferiva rimanere in disparte.

    Restava in un angolo del cortile e guardava gli altri giocare. Sembrava immersa in un mondo che non era quello nel quale viveva e i suoi occhi avevano spesso un’espressione triste.

    Rossana fu informata di questo suo atteggiamento e cercò di capire il motivo che la portava a comportarsi così, ma non era facile. Provò anche a invitare a casa i suoi compagni in occasione di piccole festicciole, ma il risultato fu disastroso. Serenella rimaneva sempre in un angolo, assorta e pensierosa. Per una bimba della sua età era un atteggiamento anomalo.

    Dal momento però che, a parte questo aspetto, il rendimento scolastico era ottimo e tutto il resto non destava preoccupazioni, Rossana pensò che forse le cose sarebbero cambiate col tempo e non si pose più alcun problema sul suo comportamento.

    Il tempo, in effetti, sembrò darle ragione. Quando cominciò la scuola media Serenella sembrò improvvisamente cambiare. Strinse amicizia con alcuni compagni di classe e in particolare con la sua compagna di banco, Chiara.

    Serenella e Chiara stavano spesso insieme durante l’intervallo, chiacchieravano fitto fitto confidandosi ogni loro piccolo segreto. La loro amicizia si solidificò e cominciarono a vedersi anche dopo la scuola. Facevano i compiti insieme e seguivano lo stesso corso di nuoto extrascolastico.

    Insieme partecipavano alle feste di compleanno e Rossana si rallegrò del fatto che finalmente Serenella avesse trovato piacere nell’amicizia e condividesse il tempo libero con i compagni di studio. 

    Durante il secondo anno delle medie però si verificò un avvenimento importante.

    La famiglia di Chiara dovette trasferirsi in un’altra città per ragioni di lavoro e la loro amicizia fu così bruscamente interrotta.

    Serenella ne fu molto rattristata e anche Chiara accettò malvolentieri questo cambiamento, ma si dissero che la loro amicizia non ne avrebbe sofferto. Si sarebbero scritte e forse avrebbero potuto incontrarsi durante le vacanze scolastiche.

    Ma questi buoni propositi non ebbero lunga durata. Poco a poco il loro rapporto si indebolì fino a terminare del tutto.

    Serenella ritornò ad essere schiva e pensierosa come lo era sempre stata. Si rinchiuse in se stessa e non volle avere altre amicizie.

    Rossana tornò a preoccuparsi per lei. Le dispiaceva dover ammettere che era in qualche modo diversa dalle sue coetanee e cercò con ogni mezzo di farla partecipare a un po’ di vita sociale. Provò a parlare con lei, le chiese perché si isolasse in quel modo ma lei rispondeva sempre che stava bene così e che stare con gli altri compagni non le dava alcuna soddisfazione. Terminava sempre questo tipo di discorso con questa frase:

    Di che ti preoccupi? Io non ho bisogno di stare con gli altri per sentirmi felice, al contrario. Non vedo perché dovrei farmi trapanare il cervello dai loro stupidi discorsi. Preferisco restare sola, ho altro da fare.

    Rossana non insisteva e si consolava vedendo che effettivamente Serenella non sprecava il suo tempo. Si era iscritta ad una biblioteca che frequentava regolarmente e praticava un po’ di sport. Due volte alla settimana andava in piscina e questa era un’attività che le piaceva moltissimo. Rossana constatava quindi con piacere che Serenella non era soltanto una secchiona dedita esclusivamente allo studio, ciò nonostante capiva che qualcosa non andava.

    Per assecondare la sua passione per il nuoto le propose di passare con lei qualche giornata al mare e lei ne fu felice.

    In quelle ore passate insieme sulla spiaggia Rossana cercava d’intuire quale fosse il motivo del rifiuto a rapportarsi con gli altri, ma arrivava sempre alla stessa conclusione. In Serenella non c’era nulla che non andava. Semplicemente lei bastava a se stessa, anche se a quell’età la cosa poteva sembrare strana.

    Serenella - è un gioco di parole - era serena e nulla turbava il suo animo.

    Forse sua madre le aveva dato il nome adatto a lei.

    Passarono quindi gli anni delle medie e del liceo e, arrivata alla soglia dell’università, scelse la facoltà di medicina.

    Durante tutti questi anni il suo carattere si era ovviamente modificato e la sua vita sociale si era un po’ più aperta.

    In modo del tutto naturale era passata dall’isolamento completo al partecipazione attiva alle varie attività di gruppo coi compagni di studio. Non si era comunque mai legata con nessuno ed era piuttosto selettiva nel scegliere le persone con le quali passare il suo tempo.

    Gli anni dell’università furono una tappa molto importante. Fu proprio in quel periodo che conobbe la persona che riuscì a fare breccia nella sua torre d’avorio. Il suo nome era Davide e frequentava la sua stessa facoltà.

    Bastarono un paio di uscite insieme perché entrambi si accorgessero di essere fatti l’uno per l’altra.

    Amavano le stesse cose e erano animati tutti e due dal sacro fuoco di voler cambiare il mondo. La scelta di diventare medico non era stata fatta a caso. A Davide sarebbe piaciuto specializzarsi in pediatria mentre Serenella voleva diventare chirurgo.

    Si amarono con passione. Stavano sempre insieme.

    Davide era un motociclista irriducibile e non ci volle molto perché Serenella condividesse con lui questa passione. Nei week-end facevano lunghe passeggiate spingendosi fino al mare sfidando qualsiasi tempo pur di lanciarsi velocemente con la moto e gustare il piacere della corsa per poi lasciarsi andare e sdraiarsi sulla sabbia dorata fin quando il tramonto colorava il cielo di rosso e oro. Solo allora, quando il sole annegava nel mare, si rimettevano in sella e tornavano verso casa, felici di essere insieme e di essersi amati.

    Una sera, durante uno di questi rientri, furono colti da un furioso temporale. Dalla spiaggia, Davide aveva visto il cielo oscurarsi di colpo e aveva detto a Serenella che dovevano sbrigarsi a ritornare.

    Fu una corsa contro il tempo, anzi contro il maltempo.

    A pochi chilometri dalla casa di Serenella grosse gocce di pioggia trasportate da un vento impetuoso annunciarono la tempesta.

    Davide riuscì ad accompagnarla fino alla soglia, dove si scambiarono un bacio frettoloso.

    Vai, corri a casa - gli disse Serenella - o arriverai fradicio come un pulcino!

    Sì, vado, vado. Ma non prima di un altro bacio. Disse lui tirandola a sé. Si abbracciarono ancora, poi lui voltò la moto e si diresse verso la sua abitazione.

    Andava proprio incontro alla bufera. Dalla strada si vedeva in lontananza una striscia di mare, nero come l’inchiostro e nel cielo i lampi si susseguivano velocemente illuminandolo. Il rumore dei tuoni accompagnava lo scrosciare della pioggia.

    Davide aveva la visiera del casco abbassata. Con la mano guantata cercava ogni tanto di detergerla con scarso risultato. Non ci vedeva bene, la visuale era offuscata dalla visiera che a tratti si appannava.

    Cercava di correre quanto la strada bagnata e viscida glielo consentiva. In condizioni normali sarebbe arrivato a casa sua in mezz’ora, ma con un temporale così violento tutto cambiava.

    Mentre affrontava una curva, un grosso ramo scosso dal vento si staccò dall’albero schiantandosi sulla strada a pochi centimetri da lui che scivolò e cadde. La moto gli si rovesciò addosso.

    Cadendo batté violentemente il capo. Il casco si sganciò. Davide lo vide rotolare qualche metro più in là. Poi perse conoscenza. Morì mente lo trasportavano in ospedale.

    L’amore che li aveva uniti era un fuoco destinato a durare a lungo ma il destino ci aveva messo la sua mano e aveva colpito pesantemente, spezzando per sempre i sogni e le speranze di Serenella.

    Capitolo 2

    Serenella superò con grande fatica la morte di Davide. All’inizio le sembrò di non poter mai più riprendere la sua vita normale, ma poi subentrò in lei un cambiamento.

    Rossana cercava di consolarla parlandole nel modo che riteneva migliore ma non otteneva alcun risultato, al contrario, Serenella si irritava e non voleva essere confortata. Da sola avrebbe trovato la pace, da sola doveva capire cosa le stava succedendo. Superò il dolore per la perdita di Davide, ma un altro dolore più sottile e più subdolo si insinuava nella sua mente, così tenacemente da farle dimenticare la morte di Davide. E questo dolore era la consapevolezza che non avrebbe mai più avuto nessun altro amore nella sua vita. Ne era convinta e lo desiderava. Non voleva più soffrire.

    Così, chiusa nella sua stanza, da sola, si rivedeva bambina, una bimba di sei o sette anni. Si rivedeva come in un film, con un vestitino bianco di cotonina sottile, in una calda serata estiva.  In punta di piedi sulla sedia davanti alla finestra, col dito indice vicino alla bocca e l’altra manina attaccata al vetro ammirava le stelle. Due lacrime rigavano le sue guance.

    Risentì quella frase uscire dalle sue piccole labbra:

    Solo le stelle mi sono amiche!

    Quella frase… un flash le tornò alla memoria e rivisse quel momento. La mamma l’aveva sgridata e l’aveva chiusa nella sua stanza. Non ricordava il motivo della sgridata, ma ricordava benissimo il viso adirato di Rossana. In quel momento di sofferenza chi poteva consolarla, se non le stelline che vedeva brillare? Non aveva nessuno che potesse condividere il suo dolore. A chi rivolgersi se non alle stelle?

    E’ possibile che già da piccola soffrisse per la mancanza di amicizia? Perché nessuna delle sue compagne di scuola aveva mai voluto giocare con lei? Lei ci aveva tentato tante volte. Molto spesso si era avvicinata ai

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