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Come un colpo di vento
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Come un colpo di vento
E-book278 pagine3 ore

Come un colpo di vento

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Info su questo ebook

In seguito ad un colpo di fortuna del tutto inaspettato Martino vede cambiare di colpo tutta la sua vita. Ciò che non sa è che il percorso che lo aspetta non sarà sempre agevole. La fortuna che appare così all'improvviso nella sua esistenza, sembra andare di pari passo con la vecchia compagna di Martino, la sua malasorte che lo accompagna da quando è nato. In un susseguirsi di vicende nelle quali verranno coinvolti anche gli altri personaggi della storia percorrerà una strada che spesso il destino cercherà di mutare, mettendolo di fronte a decisioni e scelte non sempre facili.
LinguaItaliano
Data di uscita5 feb 2019
ISBN9788827857519
Come un colpo di vento

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    Come un colpo di vento - mariagrazia perricone

    spunti.

    Capitolo 1

    Martino - Febbraio 2005

    Trentotto anni. Alto, capelli appena brizzolati alle tempie, due grandi occhi azzurri e uno sguardo da buono. Il suo nome: Martino.

    Una persona normalissima ma molto, molto sfortunata. In tutta la sua vita non era mai riuscito a migliorare il suo stato. Pur avendo studiato, non aveva avuto la possibilità di diplomarsi in quanto, poco prima di dare gli esami, i suoi genitori erano morti in un incidente automobilistico. Suo padre, quand’era ancora in vita aveva fatto molti sacrifici per permettergli di frequentare l’istituto linguistico. Martino infatti aveva una buona predisposizione per le lingue e i risultati erano stati soddisfacenti. Suo padre era contento. Con le lingue si va dappertutto – era solito dire – vedrai che troverai un buon impiego.

    Ma quando Martino si ritrovò solo, con la disperata esigenza di trovare un sostentamento economico, l’unica occasione che gli si presentò fu un lavoro come barman in un autogrill poco distante dalla sua abitazione. Anzi, non era neppure un autogrill, ma un bar con tavola calda all’inizio dell’autostrada, anche se sull’insegna, in grandi caratteri luminosi c’era scritto AUTOGRILL.

    Martino non era sposato e neppure aveva una ragazza. Nel passato era uscito due o tre volte con una collega, ma la cosa era finita in niente. Era un po’ dispiaciuto di questo, ma non più di tanto. Sarebbe venuta anche per lui l’occasione giusta e quindi la possibilità di cambiare la sua esistenza. Per il momento lasciava che la vita gli passasse sopra.

    Dopo la morte dei suoi genitori aveva continuato ad abitare nella loro casa, unico bene che gli restava. Aveva dovuto lavorare duramente per far fronte a tutte le necessità e a tutti gli impegni che si era trovato ad affrontare, quindi era costretto a far doppi turni per raggranellare qualche soldo in più. Lavorando sia di giorno che di sera poteva permettersi ben poche distrazioni.

    Cercava di risparmiare il più possibile perché, come tutti, aveva un piccolo sogno nel cassetto.

    Gli sarebbe tanto piaciuto fare un viaggio all’estero, magari a Londra, o in qualche altra capitale europea. A tale scopo, tentava di mettere da parte un po’ dei suoi guadagni per realizzare il suo progetto.

    Non aveva grandi aspirazioni, gli sarebbe bastato cambiare aria per un po’.

    Forse dopo, tutto sarebbe stato più sopportabile. Così, tra un caffè da servire e una pila di bicchieri da lavare, sognava ad occhi aperti, ma il tempo passava e i giorni si susseguivano gli uni agli altri con una monotonia ossessionante. A volte ne parlava con l’unico amico che aveva e che lavorava nello stesso bar, facendo il suo stesso lavoro.

    Nei momenti di pausa gli diceva:

    Hey, Gimy, cosa penseresti se un giorno io partissi e andassi in Francia, o in Inghilterra? Non sarebbe bello?

    Gimy gli rispondeva che sì, sarebbe stato bello, ma lui non poteva permetterselo.

    Un giorno me lo potrò permettere, vedrai. Gli rispondeva di rimando.

    Era sempre lo stesso ritornello, che ormai tutti e due recitavano senza neppure crederci.

    Era diventato una specie di gioco.

    Poi Martino gli chiedeva:

    E tu cosa vorresti fare?

    A sua volta Gimy gli confidava il suo sogno nel cassetto.

    Se avessi i soldi vorrei comprare una pompa di benzina. E anche un'autofficina, ci so fare con i  motori.  Un distributore di benzina e un'officina. Ecco cosa mi piacerebbe. E non dovrei rendere conto a nessuno. Sarebbe bello.

    Continuavano a sognare, ma a Martino non succedeva mai niente. 

    Per questo motivo fu molto sorpreso quando un giorno ricevette una lettera. L’intestazione era di uno studio notarile di Firenze, la città più vicina al paese nel quale abitava.

    La missiva lo invitava a un colloquio col notaio per importanti comunicazioni. Quali potevano essere queste importanti comunicazioni? Da parte di un notaio poi.

    L’appuntamento sarebbe stato per la settimana successiva e durante tutto quel tempo la curiosità di sapere quale fosse il motivo di tale incontro lo tenne in apprensione.

    Ne parlò subito con Gimy che gli consigliò di telefonare per sapere qualcosa di più, ma Martino non era dello stesso avviso. Si sarebbe presentato all’appuntamento come se per lui fosse una cosa normale. Non voleva fare una telefonata che lo avrebbe messo in imbarazzo. Era una persona molto semplice e detestava doversi confrontare con cose che non conosceva.

    Quando arrivò il giorno stabilito, si recò allo studio cercando di nascondere la sua agitazione.

    Lo studio del notaio era proprio in centro e non ebbe difficoltà a trovarlo. Il palazzo era uno dei più lussuosi della città e questo gli diede parecchio da pensare.

    Fu ricevuto da una segretaria che lo fece accomodare in una sala di attesa.

    Martino restò in piedi, guardandosi attorno e ammirando i grandi quadri appesi alle pareti e i soffici tappeti che ricoprivano i pavimenti.

    L’arredamento era sobrio ma molto elegante. Lui non avrebbe potuto permettersi una casa così neppure lavorando tutta la vita.

    Finalmente fu ricevuto. Il notaio era una persona molto cordiale che lo mise subito a suo agio e gli espose immediatamente al motivo dell’incontro.

    Aveva avuto l’incarico di convocarlo dalla sede principale che si trovava a York, nello Yorkshire. L’ufficio di Firenze era la filiale Italiana che adempiva incarichi sul territorio di competenza.

    Si trattava di un’eredità.

    Un suo vecchio zio era morto lasciandogli la sua casa e un discreto lascito. L’ammontare della somma era di ottocentomila euro.

    La casa ovviamente si trovava in un paese dello Yorkshire, del quale Martino non conosceva neanche il nome.

    Non poteva crederci. Mai avrebbe supposto una cosa del genere.

    Innanzi tutto questo zio era per lui quasi sconosciuto. Erano anni che non lo vedeva. Abitava in Inghilterra e ogni tanto tornava in Italia per rivedere la sorella. Era proprio in quelle rare occasioni che Martino lo aveva visto. Ricordava vagamente che sua madre  ospitava lo zio per qualche giorno, un omone grande e grosso, o almeno così sembrava a Martino. 

    Ricordava che lo prendeva sulle ginocchia per farlo giocare a cavalluccio.

    Ricordava anche il suo disagio. Lo zio aveva barba e baffi che gli pizzicavano il viso quando si avvicinava per dargli il bacio della buonanotte.

    Era sempre intimidito della sua presenza, anche perché le sue visite erano così rare e differite nel tempo che lui non aveva mai potuto instaurare un rapporto amichevole.

    Poi ad un certo punto non lo vide più e si dimenticò di lui. Ora questa convocazione gli riportava tutto alla memoria. Ma perché lasciare tutto a lui?  E perché non lo aveva mai cercato? Lo chiese al notaio che gli disse che suo zio aveva saputo della morte dei suoi genitori e sapeva anche che Martino era ormai il suo unico parente, ma ultimamente era molto malato, il che non gli permetteva di viaggiare. Gli disse anche che era molto orgoglioso e forse non avrebbe voluto essere aiutato da un nipote che non vedeva più da tanto tempo. Ciò che gli interessava era che tutto ciò che possedeva non andasse perduto. Ecco perché aveva fatto testamento in suo favore. Martino non sapeva cosa pensare.

    Il notaio notò il suo imbarazzo e gli disse:

    Congratulazioni! Vedrà che la tenuta di suo zio le piacerà; non capita tutti i giorni una simile fortuna, se posso permettermi di esprimere il mio parere!.

    Una tenuta?

    Sì, una proprietà terriera non molto grande, ma situata in una località decisamente interessante. Lei è un uomo fortunato!

    Fortunato? Beh, forse questa volta la dea bendata si era accorta di lui, anche se stentava a crederci. Comunque ringraziò e prese i documenti attestanti la sua nuova proprietà.

    Un’ultima cosa…questo è l’indirizzo dello studio di York. C’è anche una piantina della città. Non avrà difficoltà a trovarlo.

    Con questa formalità conclusiva, lo congedò accompagnandolo alla porta.

    Uscito dallo studio, Martino rimase fermo in mezzo alla strada, guardando con curiosità i documenti che aveva in mano. Non riusciva a rendersi conto di ciò che gli stava succedendo. Doveva avere un aspetto un po’ strano perché la gente lo guardava incuriosita. Qualcuno lo urtò passando. Lui si riprese e raggiunse la sua auto.

    Era quasi sera quando arrivò a casa.

    Andò subito da Gimy per raccontargli ogni cosa.

    Gimy si complimentò con lui, volle sapere ogni particolare e poi gli chiese:

    Cosa farai adesso che sei ricco?

    Ricco! Non avrò certo la possibilità di vivere di rendita, ma certamente starò molto meglio di adesso!.

    Allora, cosa farai? - Incalzò Gimy - Non vorrai certo continuare a fare lo sciacqua-bicchieri! Hai una casa, un terreno, un bel po’ di soldi...che vuoi di più? Non ti resta che partire! Ti si apre una nuova vita! E’ ciò che aspettavi, no?

    Ma Martino era titubante. C’era qualcosa che non gli tornava. Ancora non si rendeva  conto di ciò che gli era capitato. Stentava a crederci e si aspettava che da un momento all’altro ci fosse qualcosa che gli impedisse di entrare in possesso dell’eredità. Forse perché era successo tutto così in fretta o forse perché non aveva mai pensato ad una tale possibilità, fatto sta che dentro di sé qualcosa gli diceva che stava sognando e che presto si sarebbe svegliato.

    Gimy invece, che per natura era ottimista e si entusiasmava facilmente, non faceva che spronarlo a essere felice e gli consigliava di partire al più presto per vedere la sua casa e la sua nuova proprietà.

    "Ma ti rendi conto che stai realizzando il tuo sogno? Non ci ripetiamo forse ogni mattina le stesse frasi? Se partissi per la Francia o per l’Inghilterra? Eh? Beh, ora è arrivato il tuo momento! Dai una ripassata al tuo inglese e molla tutto!".

    Passarono il resto della serata discutendo e facendo progressi. Alla fine Gimy gli disse:

    Spero che tornerai a trovarmi qualche volta…non ti dimenticherai di un vecchio amico, vero?

    Ma che dici! Ci vorrà del tempo prima che io possa stabilirmi là, sempre che decida in questo senso!.

    Poi si salutarono e Martino tornò a casa. Quella notte dormì male. Continuava a pensare alla tenuta, al viaggio in Inghilterra, al vecchio zio…il vecchio zio…Sì, cercava di ricordarsi qualcosa di questo vecchio zio, ma il solo ricordo chiaro che gli veniva in mente era quello di una solenne sgridata con conseguente castigo perché aveva rotto un vetro giocando con la palla in assenza di sua madre. Aveva vissuto quel castigo come un’ingiustizia, visto che non gli era stato imposto dai suoi genitori, ma da una persona che lui considerava estranea.

    Era vero che lo faceva giocare, ma quell’omone imponente lo terrorizzava. Certamente lo zio non gli voleva bene, lo considerava uno scocciatore e non perdeva occasione per mortificarlo. Per fortuna le sue visite duravano poco. Ma allora, se non gli voleva bene, perché aveva pensato a lui prima di morire?

    Insomma, la sua prima notte da ricco non fu piacevole. Al mattino però aveva le idee un po’ più chiare ed aveva cominciato a ragionare in un’altra maniera. Ora vedeva le cose sotto un’altra prospettiva.

    Poteva permettersi di stare un po’ di tempo senza lavorare, quindi si sarebbe preso una vacanza.

    Sarebbe partito per andare a vedere la sua nuova casa. In seguito poteva decidere con più tranquillità il da farsi. Sembrava proprio la cosa più logica.

    Il giorno dopo si alzò più tardi del solito. Si stiracchiò e con calma fece colazione. Bighellonò un po’ per casa. Poi fece la doccia e si vestì. Guardò l’ora e decise che era abbastanza in ritardo. Non voleva arrivare puntuale al lavoro. Era stufo di correre ed ora poteva permettersi di non farlo. Pensò che sarebbe arrivato con tre quarti d’ora di ritardo. Poteva bastare. Il suo capo gli avrebbe dato una bella girata, ma adesso non gli importava un accidente di quello che poteva dire il suo capo. Anzi, il suo ritardo era provocatorio. Sarebbe stato bello fargli capire che poteva benissimo vivere senza quel misero lavoro da sciacquino e senza il suo stramaledetto autogrill.

    Appena arrivato, vide subito con non tirava aria buona. Gimy gli disse, indicando l’ufficio del capo: Ancora un po’ che tardavi e gli veniva un colpo! E’ già venuto tre volte a cercarti. Mi ha detto che ti vuole parlare subito.

    Ah si?

    E’ un bel po’ incazzato! disse Gimy ridendo sotto i baffi.

    Allora sarà meglio che non lo faccia aspettare ancora, che dici?

    Uuuhhh  Uuuhhh!.

    In quel momento il capo aprì la porta e si precipitò nel locale.

    Ah, Martino! Ce la prendiamo comoda vero? Lo sai che ore sono?

    Dando un'occhiata al suo orologio, Martino rispose tranquillamente:

    Le dieci meno un quarto.

    Ah! Complimenti! Per tua norma ti faccio sapere che ti tratterrò l’ora intera. Non sopporto i ritardi, lo sai bene!

    Ok, mi trattenga anche tutta la giornata, già che ci siamo, perché io me ne vado. Ero solo venuto a dirglielo, per correttezza, ma…

    Cosa?

    Già che ci siamo, - ripeté - mi trattenga anche il preavviso che non le darò. Da oggi non sono più alle sue dipendenze. Questa è la mia lettera di dimissioni. O basta che glielo dica a voce?

    Poi, lasciando la lettera sul bancone, senza dargli il tempo di rispondere, girò sui tacchi e si diresse all’uscita, non senza prima aver dato un’occhiata a Gimy che si stava godendo la scena e al padrone del bar, che era rimasto senza parole.

    Un’ora dopo Martino era a casa intento a preparare il bagaglio per il suo viaggio in Inghilterra. Pensò di accontentarsi di un grosso zaino da campeggio. Sarebbe stato più comodo non avere bagagli ingombranti.

    Voleva partire il più presto possibile. Fortunatamente aveva messo da parte qualche risparmio che avrebbe usato in attesa di entrare in possesso dell’eredità.

    Capitolo 2

    Marzo 2005

    Gli ci vollero un paio di giorni per sistemare tutto e finalmente venne il giorno della partenza. Caricò lo zaino in macchina e si accinse a partire. Il giorno prima aveva fatto controllare e lavare l’auto, che ora brillava sotto il sole primaverile. Per la prima volta in vita sua si sentiva felice ed emozionato.

    Finalmente gli stava capitando qualcosa.

    Da quando aveva avuto la notizia non faceva che cercare di immaginare come fosse la casa. Il notaio non era stato molto chiaro in quel senso. Gli aveva detto soltanto che era una bella costruzione situata in un luogo interessante. Cosa significava interessante? Interessante sotto quale punto di vista? Era vicina ad un grande centro, oppure era una località turistica molto frequentata? In tutta la sua esistenza non aveva mai avuto occasione di viaggiare e non conosceva affatto l’Inghilterra, non sapeva quindi cosa avrebbe trovato e questo lo impensieriva un po’, ma ad ogni modo il suo viaggio era iniziato e lui era ben deciso a goderselo.

    La giornata era bellissima e non troppo calda, l’ideale per viaggiare. Infilò un dvd nel lettore. Bruce Springsteen, il suo cantante preferito, gli avrebbe tenuto compagnia durante la guida. Aveva percorso forse tre chilometri quando improvvisamente una palla rimbalzò sulla strada davanti alla macchina costringendolo ad una brusca frenata.

    Dopo la palla arriva il bambino - pensò subito" - Infatti un bimbo stava proprio rincorrendo la sua pallina. Se non avesse frenato, lo avrebbe sicuramente investito. Tirò un sospiro di sollievo per lo scampato pericolo. La frenata però aveva fatto sbandare l’auto che era finita contro il marciapiede urtando violentemente il gradino. Scese a controllare e si accorse con disappunto che una delle gomme era seriamente danneggiata. Impossibile proseguire.

    Gli ci volle una buona mezz’ora per cambiarla ma alla fine tutto fu a posto. Si rimise dunque alla guida cercando di non dare a quel contrattempo un’importanza eccessiva, ma suo malgrado si era innervosito. Voleva portarsi avanti il più velocemente possibile. Il viaggio era lungo e lui era impaziente. Per arrivare a Calais doveva percorrere più di mille chilometri. Dato che non era abituato a percorrere lunghe distanze contava di metterci un paio di giorni. Poi doveva traghettare e proseguire fino a destinazione, nello Yorkshire, vale a dire altri ottocento o novecento chilometri. Altri due giorni, considerando anche le soste che inevitabilmente avrebbe dovuto fare.

    Non poteva perdere tempo. Poi però pensò che non era successo nulla di grave, non poteva rovinarsi la giornata per un malaugurato contrattempo.

    Perché non godersi il viaggio? Alzò il volume della musica e si mise a cantare con Bruce Springsteen le sue canzoni preferite.

    Non si fermò finchè non ebbe fame. Erano quasi le due del pomeriggio e il suo stomaco reclamava cibo.

    Parcheggiò nel primo autogrill che trovò. Si diresse al banco e ordinò due sandwich e una birra e cercò un tavolo libero.

    Il locale non era grande ma riuscì a trovare un posto. Mentre sbocconcellava il suo panino, una ragazza si avvicinò e si sedette di fronte a lui, deponendo sul tavolo una fetta di pizza e una coca-cola.

    E’ così affollato! disse con un mezzo sorriso. Eh sì– rispose Martino – questi posti lo sono sempre, a tutte le ore, lo so bene io…

    Viaggia spesso?

    No, al contrario, dicevo così perché io ci lavoro negli autogrill e so bene che la gente viene nelle ore più impensate.

    Hhmm.

    Seguì un silenzio durante il quale tutti e due continuarono a mangiare, guardandosi di tanto in tanto.

    La ragazza terminò velocemente la sua pizza e si alzò per andarsene. Girò attorno al tavolo dirigendosi all’uscita, ma inciampò nella gamba di una sedia e per non cadere si appoggiò pesantemente a Martino.

    Oh, mi scusi, spero di non averle fatto male!   

    No, si figuri…non è niente.. tutto bene?

    Ho solo inciampato, mi spiace, tutto a posto.

    Beh, se non si è fatta male…

    No, nulla. La saluto. E mi scusi ancora.

    Così dicendo uscì dall’autogrill.

    Anche Martino terminò il suo pasto.

    Si diresse verso la macchina. Doveva fare benzina e si accostò al distributore. Fu proprio in quel momento che si accorse di non aver con sé il portafoglio. Era sicuro di averlo messo nella tasca del giubbotto dopo aver pagato i sandwich, ma ora non c’era più. Realizzò immediatamente cosa era successo. La ragazza della pizza! Aveva finto di inciampare per derubarlo. Ci era cascato come un idiota. Si guardò attorno cercandola, pur sapendo che era inutile.  Quella non era certo rimasta in giro. Aveva sicuramente già preso il volo, col suo portafoglio. Cercò di ricordarne il contenuto. Quanto denaro c’era dentro? Forse un centinaio di euro, non molto per fortuna. I documenti e il resto del contante erano in uno zainetto chiuso nel baule dell’auto. Si precipitò alla macchina e si assicurò immediatamente che fossero ancora lì e vedendo che non erano stati toccati si sentì sollevato, ma capì di essere stato due volte stupido, lasciando nell’auto documenti così importanti e tutto il denaro che aveva. Doveva stare più attento. In viaggio può capitare di tutto. Non era abituato a preoccuparsi di queste cose. Nel piccolo centro dove viveva non vi era

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