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Arboria
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E-book241 pagine2 ore

Arboria

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Info su questo ebook

Ne succedono di cose a Durbuy, la città più piccola del mondo! Alexander, Hope, Meredith e Amy stanno trascorrendo una meravigliosa vacanza con i loro genitori in una casa ai margini di una foresta quando scoprono per caso un portale che conduce in una terra fantastica popolata da nani, gnomi e un gruppo di altre creature, una più strana dell'altra. Tuttavia, non saranno gli unici a cercare una via per tornare nel loro mondo. Una misteriosa strega sta cercando di localizzare il portale da secoli.

LinguaItaliano
Data di uscita11 set 2019
ISBN9781547583713
Arboria

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    Anteprima del libro

    Arboria - Anthony Stefano

    Arboria

    Il mondo tra gli alberi

    ––––––––

    Anthony Stefano

    Copyright © 2019Anthony Stefano

    Translated from French by Laura Ferloni

    Cover  : Alexis Di leto

    https://www.deviantart.com/alexisdto/gallery/

    A mia zia Christine, per le numerose correzioni ortografiche.

    A Romeo, spero che un giorno leggerai questo libro e che diventerà uno dei tuoi preferiti: ne sarei molto orgoglioso.

    All’infanzia, quel luogo dove tutti siamo stati e in cui abbiamo vissuto le nostre avventure più belle

    Capitolo 1: La chiave

    Quel giorno la pioggia scorreva lungo la finestra della camera di Alexander; era il mese di Aprile e il sole non si faceva vedere da ben diciassette giorni. Il cielo era grigio e non ne filtrava neanche un raggio. Erano le vacanze di Pasqua, Alexander giocava da solo con i soldatini di plastica nella sua cameretta. Ne aveva di due colori. Verde chiaro e verde scuro. Li aveva disposti e allineati in modo tale che la battaglia sul suo letto sembrasse imminente.

    —  Comandante siamo circondati!!! Le truppe nemiche stanno per entrare in azione, cosa facciamo?

    —  Capitano, avverta i sotto ufficiali di prepararsi a combattere!

    Alexander riposizionò i soldati in formazione di difesa sul bordo del letto. Si scatenò una guerra terribile. I soldati cadevano uno dopo l’altro, si riuscivano quasi a sentire i colpi di fucile talmente la battaglia, agli occhi di Alexander, sembrava reale. Poco più tardi erano rimasti in piedi solo due soldati: il comandante dei verde scuro contro il comandante dei verde chiaro; il duello stava per iniziare quando all’improvviso una voce che arrivava dal piano di sotto, sicuramente dalla cucina, gridò:

    — Alexander, si mangia!

    Alexander scese le scale correndo, seguì il corridoio e arrivò in cucina.

    — Bleah, esclamò guardando il piatto già in tavola, Ancora patate. Odio le patate.

    — Non lamentarti, rispose sua madre, ci sono bambini che muoiono di fame.

    Si chiamava Maryline, era una donna minuta, bionda e molto protettiva. Lavorava in un supermercato vicino a casa. Alexander fece il broncio, mise la forchetta nel piatto e iniziò a mangiare. Nella piccola cucina l’atmosfera era tesa, Alexander e sua madre mangiarono senza dire una sola parola.

    — Dov’è papà? chiese lui.

    — Buongiorno a tutti, disse una voce che proveniva dal corridoio.

    Il padre di Alexander aveva appena risposto alla domanda. Si chiamava Antonio e lavorava in una grande azienda Americana di Bulldozer gialli. Appoggiò lo zaino e baciò la moglie e il figlio.

    — Ho un’ottima notizia, disse con trasporto, ho appena incrociato il nostro vicino che ci ha invitati insieme alla sua famiglia e ad alcuni amici a passare qualche giorno in campagna a Durbuy.

    — Fico! Esclamò Alexander, quando partiamo?

    — A maggio, rispose il padre.

    La cena finì molto meglio di come era iniziata e la mamma di Alexander si stupì quando lui le chiese un’altra porzione di patate. Una volta finito di mangiare, il padre di Alexander andò a sedersi sulla sua solita poltrona, accese un sigaro e lesse un articolo sui telefoni cellulari.

    — Non sanno più cosa inventare disse alla moglie — un telefono che funziona senza filo... puoi essere dall’altra parte del mondo e ti trovano lo stesso

    — È un’invenzione interessante, almeno le mogli potranno contattare il marito in qualsiasi momento

    — Sì, sì, è una scusa per spiarci, per sapere se non siamo al bar all’angolo in cerca di un po’ di calma

    La mamma di Alexander fece finta di non sentire la riflessione di suo marito e accese l’aspirapolvere. Alexander ne approfittò per avvicinarsi al padre.

    — Papà, posso chiederti una cosa?

    — Certo, dimmi

    — Dov’è che si trova Durbuy?

    Suo padre si alzò e si diresse verso un armadio della sala. Rovistò per un po’ poi tirò fuori una cartina. La aprì sul tavolo e cercò la città con il dito.

    — Eccola, disse

    — È qui. Durbuy, la più piccola città del mondo .

    — È così piccola?

    — Sì, non è molto grande, giusto qualche strada in pietra. Anche le case sono di pietra, è una città medievale, si può perfino visitarla in carrozza. La cosa più impressionante è il castello in centro.

    — Un castello! Esclamò Alexander — Questo sì che è forte, potremo visitarlo?

    — Sì, se ti comporti bene

    — Ma io mi comporto sempre bene, papà Alexander fissò di nuovo la cartina.

    — Cos’è il verde che si vede tutto intorno alla città?

    — È la foresta, devono esserci davvero dei paesaggi favolosi

    — Una foresta... —  disse Alexander con un’aria spaventata — Non ci sono i lupi, vero?

    — No, non preoccuparti, non c’è nessun lupo Alexander sembrò rassicurato.

    — E questa famosa casa dove andiamo?

    — Da quello che mi ha raccontato il nostro vicino, il proprietario è un prete di una parrocchia non lontano da qui; è per questo che è riuscito ad avere le chiavi

    Una volta terminata la discussione, Alexander salì di nuovo in cameretta a finire la battaglia che aveva cominciato. Aveva portato con sé la cartina, la aprì sul letto urtando la maggior parte dei soldatini. Cercò nella sua libreria un libro che parlasse della città, ma non trovò niente di interessante. Il suo sguardo si fissò sulla finestra, la pioggia non era cessata un solo istante.

    — Spero che sarà bel tempo quando saremo là, si disse.

    Qualche giorno prima, in un quartiere tranquillo, un uomo sulla cinquantina con la barba e gli occhiali, piuttosto robusto, aspettava davanti al portone di una vecchia chiesa medievale. Era stata costruita nel tredicesimo secolo, si vedevano le finestre murate con delle pietre, segno che indicava numerose modifiche nel corso degli anni. Non era molto grande, ma tra le sue mura poteva accogliere un centinaio di fedeli. L’uomo che aspettava non era altro che il vicino di Alexander, François. Aveva appuntamento con il vecchio prete della parrocchia. Rimaneva immobile vicino al portone e contemplava l’ingresso della cripta a sinistra della chiesa, nel centro di un giardino molto curato. Due enormi spade erano incrociate su ciascun lato dell’entrata; la cripta aveva qualche cosa di affascinante e di spaventoso allo stesso tempo. François avanzò, percorse il sentiero che portava all’edificio e lo osservò. Attraverso una feritoia vide un sarcofago in pietra e lesse le iscrizioni incise: Conte Joseph Tiberian, nato nel 1600 e morto nel 1650. Dei fiori secchi erano sparsi tutt’intorno al sarcofago. Sul muro del retro François vide anche un affresco disegnato sulla pietra, due alberi con i primi rami intrecciati come per formare una specie di arco. François smise di guardare oltre la griglia quando vide dei parrocchiani che uscivano dalla chiesa e che lo osservavano indignati.

    — Finalmente la messa è finita, disse.

    Una volta che tutti i parrocchiani furono usciti, entrò nella vecchia chiesa passando accanto alle colonne di pietra nella navata centrale e un uomo anziano vestito con la tunica gli si avvicinò zoppicando. Si chiamava Charles.

    — Buongiorno, disse il prete — È talmente tanto tempo che non ti vedo François... Come stai?

    — Buongiorno Padre, va tutto bene, grazie.

    — Bene, allora andiamo dritti al punto; sei venuto per parlarmi della casa vicino al bosco, non è così?

    — Sì Padre, come le ho detto al telefono, mi piacerebbe affittare la casa qualche giorno durante le vacanze

    — Ti è mancata quella casa, vero? Mi ricordo che quando eri un bambino, adoravi andarci per giocare con i tuoi amici nei boschi lì intorno.

    — Sì, è vero Padre, vorrei far conoscere la casa a degli amici, ai loro figli, e a mia figlia Meredith

    — D’accordo

    — Padre...

    Il tono della voce di François era diverso, sembrava più timido.

    — Vorrei anche sapere perché io e gli altri orfani non ci siamo mai più tornati

    — È una storia lunga e triste, diciamo che quando l’età non mi ha più permesso di spostarmi facilmente e quando mi sono reso conto di non essere più in grado di proteggervi ho preferito rinunciare a portarvi ancora là, disse il prete con aria imbarazzata.

    — Proteggerci? Disse François incredulo — Proteggerci da cosa? O da chi?

    Il prete fissò François dritto negli occhi e lo valutò con lo sguardo.

    — Molto bene, disse cambiando discorso — Siamo d’accordo, ti do le chiavi della casa, ma ti ricordi della regola fondamentale?

    — Non oltrepassare mai, per nessun motivo, la foresta di pini vicino all’albero dei ringraziamenti, disse François come uno studente che ripete una lezione imparata a memoria.

    — Esatto, non dimenticare di ripeterlo ai tuoi amici e ai loro figli, una volta che sarete là

    — Va bene

    Il prete si ritirò nella sacrestia lasciando François da solo per qualche minuto. Il suo sguardo si attardò sulle sedie della chiesa e pensò che non dovessero essere un granché comode per i parrocchiani. Un quadro magnifico troneggiava vicino al confessionale; rappresentava una donna di una bellezza immensa e sullo sfondo un vecchio castello costruito su una roccia.

    Il prete tornò da François con la chiave della casa tra le mani.

    — Ecco la chiave e non dimenticare di non oltrepassare la foresta di pini

    — Sì Padre. Posso chiederle ancora una cosa?

    — Certo, rispose il prete

    — Non avevo mai visto questo quadro prima d’ora, è bellissimo

    — Ti ringrazio, invecchiando ho scoperto una nuova passione... la pittura

    — Quindi l’ha dipinto lei? Il prete annuì.

    — Chi è quella donna?

    — È una storia molto triste; si tratta di una persona che ho incontrato tanto tempo fa. Quando l’ho vista, ho capito che aveva bisogno del mio aiuto perché aveva preso una brutta strada. Purtroppo non sono riuscito a rimetterla sulla retta via. Quando l’ho lasciata, non somigliava più neanche un po’ a questo ritratto. I suoi tratti erano diventati severi e non aveva più un briciolo di compassione, credo.

    — E il castello, dove si trova? Il prete sembrò imbarazzato.

    — Nella mia immaginazione, disse in tono vago.

    François capì che la discussione era finita. Salutò il prete stringendogli la mano e uscì dalla chiesa. Adesso doveva dirlo ai suoi amici.

    Due settimane più tardi, François invitò tutti i suoi amici a una riunione per preparare il viaggio. Gli adulti erano seduti intorno a un tavolo, bevendo un ottimo vino Italiano.

    — Io mi occupo di portare le bevande, disse Jean tendendo il suo bicchiere di vino. Ci saranno alcol, bibite, acqua e soprattutto il vino, disse contemplando il suo bicchiere. — Alla salute! E lo scolò quasi tutto.

    Jean era il miglior amico di François, si erano conosciuti a scuola. Un giorno Jean, che era alto ma mingherlino si ritrovò coinvolto in una rissa senza volerlo e fu proprio François a toglierlo dai guai. Dato che era piuttosto massiccio, si gettò nella mischia e buttò giù gli altri studenti. Da quel giorno diventò il migliore amico di Jean.

    — Io porto la carne, disse Antonio, il papà di Alexander. — C’è un barbecue?

    — Sì, disse François — C’è un barbecue enorme nel bosco a pochi passi da casa

    — Potrei occuparmi dei prodotti per le pulizie, disse Denis.

    — Ottima idea, disse François finendo il suo bicchiere di vino.

    — Dobbiamo portare le stoviglie? Chiese la mamma di Alexander

    Una donna che non aveva detto nulla fino a quel momento accese una sigaretta.

    — Non è necessario, disse Margareth soffiando fuori il fumo — C’è già tutto quello che serve.

    — Mia moglie ha ragione, disse François — Ci sono piatti e bicchieri

    — La carta igienica, disse Carole ridendo

    — Questo dettaglio l’avevo dimenticato, disse François — Tua moglie è molto previdente, disse a Jean che rise e fece scivolare in gola l’ultima goccia del suo bicchiere di vino. La riunione proseguì, gli adulti perfezionarono gli ultimi dettagli. Il brusio delle loro voci uscì dal salone e risalì attraverso il corridoio fino al piano di sopra, oltre una scala in legno. Nella camera di Meredith, i bambini giocavano a incidere le loro voci su un registratore. Meredith, Hope e la sua sorellina Amy si erano travestite da hippie. Alexander invece non si era travestito.

    — Dai, Alexander, disse Hope — Facci contente, travestiti anche tu

    — No, grazie

    Hope era la figlia di Jean e Carole. Era altissima, per i suoi tredici anni. Era alta una testa in più rispetto ad Alexander che aveva la stessa età. Amy era la più giovane del gruppo.

    Aveva otto anni e sembrava davvero una piccola peste.

    — Vado a dirlo alla mamma, disse fissando sua sorella.

    Aveva appena sentito una conversazione in cui Hope confessava a Meredith di aver baciato un ragazzo. Alexander invece accese la tv per vedere cosa trasmettevano in quel momento.

    — Hey ragazze, guardate! C’è Misteri su TF1

    — Mio padre non me la lascia guardare, disse Meredith — È troppo spaventoso

    — Se lo guardi, lo dico ai tuoi genitori, disse Amy

    — Se lo fai, disse Hope — Io dico a tutti che ieri hai ancora fatto pipì a letto

    — Non è vero, disse Amy

    — Si, invece

    — No

    — Ascolta Amy, disse Alexander — Se non dici niente ai grandi, ti lasciamo vedere il programma insieme a noi

    — D’accordo, disse — Non dirò niente, promesso

    Si installarono tutti sul letto mentre risuonava la sigla della trasmissione. — Cari telespettatori buonasera. Oggi abbiamo in programma una casa che sanguina, dei fantasmi burloni e una misteriosa dama bianca che infesta le nostre strade.

    Amy si addormentò in braccio a sua sorella, mentre Alexander, Hope e Meredith erano troppo spaventati per addormentarsi.

    — Ogni volta che guardo questo programma dormo nel letto con i miei genitori, disse Alexander

    — Anche io, rispose Meredith

    — Io no. A me non fa paura, disse con fierezza Hope.

    All’improvviso si aprì la porta della camera e Hope lanciò un urlo.

    — Allora ragazzi, vi siete divertiti? disse François entrando nella stanza.

    — Sì, sì, risposero in coro

    — Bene, la riunione è finita. È ora di tornare dai vostri genitori

    François lasciò la stanza seguito da Meredith.

    Alexander si girò verso Hope che cercava di svegliare sua sorella.

    — Io non ho paura, disse imitando la voce di Hope.

    — Zitto!!!

    Capitolo 2: La casa al limitare del bosco

    Finalmente arrivò il mese di maggio portando con sé un gradevole aumento delle temperature e tre giorni di vacanze scolastiche per l’Ascensione. Il padre di Alexander portò il loro cane Malica, uno splendido esemplare di Bobtail, da suo fratello per non lasciarlo a casa da solo. Nonostante la taglia, era un vero e proprio orsacchiotto bisognoso di coccole. Giacché ne andava matta, lo zio di Alexander promise di darle pane e cioccolato tutti i giorni.

    — In macchina! Gridò il

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