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L’operaio intraprendente
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E-book233 pagine3 ore

L’operaio intraprendente

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Info su questo ebook

Alvise Maccagnan, trasandato operaio saldatore padovano renitente al lavoro, ha da poco avviato una villeggiatura distensiva in un paesino sul mare nel Sud Italia. Un pomeriggio, girovagando in auto, viene fermato a un posto di blocco da Carmine Cammarata, agente scelto di polizia municipale oppresso dal grigiore dei trascorsi personali e delle faccende quotidiane. Da quel momento inizia il susseguirsi di rocamboleschi accadimenti che porterà l’operaio malandrino prima a custodire il segreto di una valigia piena di soldi sporchi interrata in una discarica abusiva poi a vestire i panni dell’instancabile e intraprendente regista della fuga dalla vita passata e da alcuni dei peggiori e insanabili difetti dell’uomo. Con una narrazione esilarante, sarcastica e irriverente, Mauro Ronchieri guida il dispettoso Alvise Maccagnan nel viaggio iniziatico verso il sogno di libertà che coinvolgerà con crescente affiatamento lo stesso Carmine Cammarata e Salvo Diotallevi, incompreso insegnante socialista prepensionato e pittore emarginato. Armati di coraggio sovversivo, i tre onesti malfattori si ritroveranno a cogliere l’occasione di reinventare l’esistenza affrancandosi da una delirante società civile e ad avventurarsi, risoluti e speranzosi, nella irrinunciabile ricerca salvifica dell’amicizia, della solidarietà, dell’amore e… di un nuovo inizio.
Il romanzo con la lievità tipica dell’ironia esplora senza formalismi l’animo umano e le sue disillusioni.
LinguaItaliano
Data di uscita1 giu 2019
ISBN9788832924688
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    Anteprima del libro

    L’operaio intraprendente - Mauro Ronchieri

    Epilogo

    1

    Le villette in legno ben nascoste nella macchia mediterranea erano state costruite per lo più in barba al regolamento edilizio locale. Di norma, a Alvise Maccagnan simili dettagli interessavano poco, nella fattispecie, meno di niente. Si dava il caso che toccasse giusto a lui godere dell’ospitalità di una di quelle esclusive casette per ferie lungo la scogliera. E chi ha buonsenso lo deve pur usare!

    L’operaio saldatore Alvise Maccagnan risultava un tipo piuttosto patito, si affaticava facilmente, ex studente novello in Medicina all’Università di Padova. Tale qualifica e la frequentazione occasionale degli ambienti della facoltà gli avevano fornito le nozioni necessarie per stilarsi un’accurata e dirimente diagnosi che, per cautela, si guardava bene dal dare in pasto ai maldicenti. Soffriva di una cronica inidoneità patologica agli studi approfonditi e al lavoro pesante. Il suo definitivo addio alle armi della cultura e del medico chirurgo era quindi arrivato inesorabile come l’ingresso forzato in pianta instabile nell’ostile mondo del lavoro.

    L’imponente azienda manifatturiera FerroModerna Costruzioni S.p.A. se lo reggeva sul groppone già da qualche mese e al momento attraversava un periodo di grave crisi produttiva. Malgrado la incisiva azione delle sigle sindacali, il calo degli utili era dovuto esclusivamente alla maledetta congiuntura economica internazionale negativa. L’operaio saldatore, dati alla mano, si era deciso a chiedere una sospensione temporanea dal lavoro. Non si poteva di sicuro contestargli la mancanza di prontezza in certe cose. Sarebbe stata una questione di tre mesi soltanto. A conti fatti, tre mesi di disoccupazione non retribuita erano niente in confronto a quanto di brutto accadeva in giro per il mondo secondo i tambureggianti telegiornali nazionali. Nessuno negli uffici della Direzione Risorse Umane se l’era presa più di tanto. L’occasione andava colta al volo. La primavera al sud doveva essere assai gradevole e c’era la disponibilità trimestrale gratuita di quella villetta a due passi dal mare. Il padrone di casa l’aveva proposta diverse volte a Alvise Maccagnan: si sarebbe potuto permettere qualche distrazione, un po’ di meritato riposo lontano dal rumore e dalla concitazione tipici della pericolosa produzione industriale. L’operaio saldatore si sentiva una tuta blu solo quando giocoforza la indossava. La sera prima aveva ricevuto le istruzioni per l’uso riguardo la villetta. Si contavano sulle dita di una mano. Le inevitabili incombenze erano poco impegnative. La latitanza dal posto fisso dell’operaio saldatore Alvise Maccagnan nasceva sotto una buona stella. Aveva chiuso casa in souplesse e la tuta da lavoro in lavatrice, senza degnarla di un lavaggio. Se ne sarebbe riparlato più avanti. La pigra leggerezza dello sfaccendato per scelta l’aveva fatta da padrona.

    La plurirevisionata R4 TurismoLusso rossa ciondolava liscia liscia sulla strada tortuosa della costa, l’operaio saldatore la guidava con gusto. Il viaggio era stato affrontato con criterio. Le numerose soste programmate avevano dato modo al fisico e alla mente di tenere lontano la stanchezza. La giornata era splendida, il sole ormai caldo, la strada in alcuni tratti si avvicinava al mare. Le trasparenze azzurre dell’acqua ferma si facevano notare. Alvise Maccagnan capitolò. Si poteva senz’altro gustare il primo bagno di una lunga serie stagionale. Resistere alle tentazioni balneari non rientrava nei piani stabiliti. Qualcuno però, doveva tener d’occhio la R4 rossa con tutto l’invidiabile armamentario da turista ammassato a bordo.

    Il parcheggio custodito della pizzeria Da Ciro sembrò essere l’ideale. Di certo non era segnalato a dovere. Se lo trovò davanti all’improvviso, oltre una curva a gomito. Entrò bruscamente, con una manovra azzardata, alzando un polverone della malora ma piuttosto orgoglioso dei suoi riflessi. In piedi, ben visibile sotto un ombrellone sponsorizzato vicino all’ingresso del locale, un uomo annoiato indossava una canottiera fosforescente sudata. Aveva tutta l’aria di essere il parcheggiatore autorizzato. Con l’arrivo della nube densa si rifugiò all’interno. Impalato, dietro la porta a vetri, con gli occhi spenti e lo sguardo velato di disprezzo, assecondò le imprese dell’autista; anche se cominciava male era pur sempre un cliente, fino a prova contraria.

    I piedi callosi dell’operaio in congedo limitato si fermarono a un passo dalla battigia. I mari del sud si erano rassegnati in fretta alla loro maleodorante presenza. Come narravano le cronache locali, quei lidi erano sopravvissuti a eventi ben più raccapriccianti. Un tuffo scomposto li aveva comunque colti di sorpresa. Il corpo estraneo di Alvise Maccagnan si era immerso veloce e, ormai inarrestabile, vibrava di piacere per la purezza delle acque. In quel tratto preciso di litorale, in scia all’operaio saldatore, il danno ambientale, seppur lieve, sarebbe stato sicuramente rilevato.

    Su al parcheggio, Alvise Maccagnan aveva sistemato tutto, direttamente con il proprietario corpulento Ciro Javarone, senza eccessive smancerie. Si era scusato per l’ingresso un po’ troppo travolgente, aveva pagato il posto auto e fissato una pizza per la sera. In fondo, cosa aveva mai combinato! A seguire, aveva generosamente consigliato, per il bene del locale, di installare sulla strada una segnaletica commerciale più visibile, adatta alla sinuosità delle ultime curve, possibilmente di asfaltare il piazzale. Come ovvio, non aveva viaggiato fin lì per lavoro e si era dichiarato disposto a fare a meno d’inutili fatture o scontrini fiscali giustificativi. Insomma, l’involontaria eccezionalità dell’evento rallistico era stata chiarita. L’uomo in canottiera era apparso sollevato.

    Persino i più scettici avevano dovuto riconoscere a Alvise Maccagnan un particolare tipo di intelligenza nascosta, magari ben celata... Le inoccultabili prestazioni lavorative del suo fisico asciutto raccoglievano per natura minori consensi. Se i compagni di reparto lo avessero visto lì, riemerso dal mare blu, starsene in piedi a gocciolare sulla sabbia e coprirsi di salmastro... Era veramente un buon inizio, cavolo se lo era! E per tre mesi non gli sarebbe rimasto altro da fare. Niente a che vedere con i fumi tossici delle saldature, le vasche colme di acido per il lavaggio dei pezzi finiti destinati alla zincatura. Ognuno sulle proprie spalle ha la testa che si merita! Sulla testa, la capigliatura viene di conseguenza. Quella di Alvise Maccagnan aveva le forme di un pallone aerostatico, esagerato in volume, foggiato di leggeri riccioli lanuginosi, crespi e radi. Sulla nuca, la ineluttabile rarefazione raggiungeva livelli critici, da qualsiasi visuale la si osservasse. L’allergia ai lavaggi frequenti e al pettine era evidente. Erano capelli che bastavano a se stessi. Appesantiti dall’acqua gli calarono sulla fronte, le orecchie e il collo imbruttendolo il possibile. Di lì a poco sarebbero tornati alla loro imbarazzante normalità ondeggiando vistosamente sotto la spinta della brezza di mare. Li aveva portati in quella piega sin da ragazzo, allorché suo padre argomentava accalorato con gli amici della mescita Il Gotto che ai figli si deve insegnare a camminare, non la strada. Per strada, Alvise Maccagnan ci era finito per davvero. Aveva preso la cattiva abitudine di spostarsi con ogni mezzo in dotazione alle forze dell’ordine e di usufruire delle varie tipologie di alloggi statali messe a disposizione dall’autorità giudiziaria per le teste più calde. Tuttavia era riuscito a tenersi alla larga dalle azioni criminali più compromettenti. Aveva addirittura ritrovato la retta via, all’ultimo giro, frequentando le affollate serali della scuola pubblica.

    La pizza Ciro era una gran pizza, disseminata di ogni ben di Dio. Alvise Maccagnan diede poca importanza al fatto che l’addetto ai tavoli lasciasse intravvedere, sotto l’inappuntabile camicia bianca, la canottiera fosforescente del primo pomeriggio. Anzi! Quella invidiabile polivalenza naturale lo aveva messo a proprio agio. L’ex parcheggiatore sgambettava vivace per la sala nonostante la forma fisica chiaramente approssimativa. Gli eccessi di peso sobbalzavano a ogni passo senza impedirgli di esibire la sua spigliata professionalità. A giudicare da smorfie, sorrisi e ammiccamenti riscuoteva un indiscusso successo tra la attempata clientela femminile. L’operaio saldatore mangiò con provocatoria flemma, palesemente divertito. La spettacolare smanicatura del rotondo dipendente nelle operazioni di servizio meritava tutte le attenzioni del caso. Valeva la pena centellinare gli ultimi sorsi di birra ormai tiepida pur di continuare a osservarle. L’esperto cameriere muoveva competente lo sguardo vigile sui voraci avventori. Al turista padovano riservava le occhiate più feroci.

    L’operaio spettatore Alvise Maccagnan aveva considerato chiusa la giornata. Era arrivato il momento di mettere mano alle chiavi della villetta e sistemarsi. Avvertiva che avrebbe iniziato a pagare duramente la curiosa impertinenza della serata e soprattutto la precedente polverosa prestazione automobilistica.

    2

    La sempreverde R4 rossa si inerpicò dolcemente su un breve e malconcio sterrato in salita. L’operaio saldatore aveva manovrato con perizia e ben dosato l’acceleratore. L’abbrivio regolato era stato fondamentale nell’evitare uno stress eccessivo alle rattrappite sospensioni e alla provata meccanica più che trentennale. Alvise Maccagnan aveva individuato facilmente la deviazione, uscito dalla terza galleria, in prossimità di una addobbatissima cappelletta votiva intitolata a San Gennaro. La protezione del Santo in questione era ampiamente garantita ai devoti oblatori! La parete laterale lanciava un messaggio sibillino in vernice spray porpora firmato falce e martello: + case per tutti . Sulla destra, un cartello impallinato indicava per tutta risposta una poco probabile Zona Militare . Il vecchio segnale giallo, di dubbia provenienza, era affiancato da uno sbiadito divieto di accesso dipinto a mano su lamierino di riciclo. Un’ondivaga iscrizione tremolante su un cartoncino plastificato annunciava: Proprietà privata. Strada senza sfondo . Sette, otto grossi chiodi arrugginiti trafiggevano un malcapitato leccio e sostenevano tutta quell’inequivocabile cartellonistica.

    L’encomiabile impiegato dell’Agenzia del Territorio di Padova Marco Zanatta aveva fornito, insieme alle chiavi di casa, indicazioni molto precise e dettagliate. Corrispondevano alla realtà. Ogni cosa era al posto giusto, lasciapassare ufficiale compreso; prima di lasciarsi alle spalle il dissestato asfalto pubblico della provinciale, Alvise Maccagnan aveva dovuto inserirlo scrupolosamente nel taschino adesivo in plastica sul parabrezza. Il documento cartaceo era stato riconosciuto legalmente in un’assemblea condominiale straordinaria. I discreti partecipanti alla sregolata iniziativa immobiliare sulla costa concedevano pieno diritto di transito sulla strada bianca a chiunque lo avesse esposto correttamente. A curiosi e malintenzionati di qualsiasi natura, sprovvisti della suddetta carta di circolazione registrata, sarebbe stato servito il pane adatto ai loro denti! Una vidimata immaginetta devozionale di Sant’Antonio aveva così finito per svolgere la sua funzione salvifica in compagnia del tagliando dell’assicurazione.

    Un cancello sgangherato in legno fin troppo stagionato dava accesso alle dissimulate proprietà del dipendente statale Marco Zanatta. La TurismoLusso lo raggiunse su una spianata boscosa in fondo al tratto di sterrato. Il Villino La Posta si faceva apprezzare da vicino. Alvise Maccagnan dovette accostare al piccolo porticato d’ingresso prima di potersi rendere veramente conto di quale alta qualità e raffinatezza avesse raggiunto in campo civile, ai giorni nostri, l’arte della mimetizzazione. Dietro le apparenze i risultati erano mirabili. Riusciva difficile capire come i cavillosi uffici tecnici comunali si fossero fatti tornare i conti… anche se più volte i progetti nascono sulla carta e lì rimangono! L’operaio saldatore si figurò subito adatto al ruolo di geometra municipale in commissione edilizia. Un bel lavoretto pulito, non duro e malpagato come il suo! Gli capitava, nel fragile momento del rimpianto, di riconoscere le tante buone opportunità professionali mai considerate nella vita.

    Per essere onesti, Alvise Maccagnan aveva cominciato a battere la fiacca. La lucidità gli aveva fatto difetto e, forse, era stato portato a maturare opinioni eccessivamente sospettose e maldestre. Si sentiva fortunato ad aver imparato a ignorarle! Era poc’anzi entrato a curiosare nella villetta, quando, col favore dell’ultima luce della sera, un’intensa fase di stanca lo colse preparato nei pressi del soffice e ampio divano nella saletta. Il viso affondava nei cuscini morbidi. Il sonno lo aveva sopraffatto. Le prime visioni oniriche presero vita. Una, lo vedeva protagonista, accasciato soddisfatto su un tecnigrafo negli uffici dell’Urbanistica.

    Il mattino seguente, con una sostanziosa colazione nello stomaco, Alvise Maccagnan avviò le attività di alloggiamento. La variegata mercanzia stipata nella R4 rossa doveva essere traslocata e accomodata nella villetta. La rumorosa musica ritmata diffusa dal potente stereo di bordo e il fracasso generale costrinsero l’uccellagione locale a migrare precauzionalmente dai cieli della zona. Il troppo entusiasmo, la nota vocazione turistico-vacanziera di Alvise Maccagnan dirompevano fragorosamente investendo di energia vitale tutto ciò che maneggiava. Gli ambienti interni del villino per ferie erano accoglienti, arredati con cura. Non mancavano confort di lusso, elettrodomestici superflui e attrezzature varie. L’operaio saldatore decise di adattare in ogni caso gli spazi alla sua persona, aveva le sue esigenze e anche i suoi vizi. Tre mesi di vita non sono mica pochi! I cambiamenti apportati avevano interessato l’orientamento del suo letto rispetto alla luce mattutina proveniente dalla finestra della camera. Nella zona giorno, era stata modificata la disposizione del divano e del mobile bar in funzione della comodità ideale per la visione via satellite della tv ad alta definizione appesa alla parete meno illuminata. Sul lato nascosto della villetta riorganizzò la pratica veranda coperta spostando tavoli, sedie, sdraio e lettini. Alcuni pezzi, a cominciare da un’amaca in stile etnico, erano finiti in giardino nella parte in cui l’ombra era più intensa e ristoratrice. I pochi attrezzi personali li aveva appoggiati sul banco da lavoro nella cantina seminterrata, divisi per bene dagli arnesi corrosi e dalle altre cianfrusaglie di Marco Zanatta. La presenza di una macchina saldatrice gli aveva turbato marginalmente l’umore. La sgravata TurismoLusso era stata parcheggiata al riparo sotto la tettoia infestata dalle edere rampicanti che fungeva da garage a lato della casa. La calma tornò e solo per buona sorte non si annotarono danni materiali.

    Alvise Maccagnan dondolò con disinvoltura disteso sull’amaca in completo relax. L’encomiabile impiegato si era sistemato davvero bene! Com’era rimasto invischiato nel bel mezzo di quella lottizzazione riservata, fino là nel Mezzogiorno, rimaneva un mistero anche per l’operaio saldatore. Aveva già sofferto parecchio una volta, povero Marco Zanatta, a dover scendere a sud per infilare le gambe tra quelle della scrivania del suo nuovo posto di lavoro all’Agenzia di Padova. Lo aveva sistemato un amico di famiglia, autorevole membro del partito regionale di maggioranza. Era stato un gran sacrificio barattare l’aria fina di Treviso con un noioso impiego statale, così, dall’oggi al domani. Anche perché una buona posizione di funzionario dirigente non ti dà tutto nella vita! Alvise Maccagnan aveva tentato di far suo il problema. Si era interessato a più riprese alla questione meridionale sulla costa. L’impiegato modello, da consumato competente qual era, si era trincerato dietro il sempre utile segreto professionale. Durante l’ultima interrogazione ammantata d’amicizia si era coraggiosamente avvalso nientemeno che della facoltà di non rispondere.

    Alvise Maccagnan si arrese senza sforzi alla realtà! Camminava spensierato in ciabatte e calzoncini da bagno con il telo da mare in spalla lungo il sentiero che si allontanava dalla villetta e scendeva verso i primi scogli a picco sull’acqua cristallina. Da quel punto si raggiungeva in un minuto l’esclusiva spiaggetta privata di ghiaia bianchissima. In totale, erano tre minuti di facile passeggiata. Proprio lui, un operaio saldatore, era immerso nei profumi e nei colori! E pensare che aveva tentennato un bel po’, prima di accettare la proposta di concessione in uso trimestrale e indisturbato della villetta. Alla fine si era fatto convincere dai pianti greci del dipendente statale. Era stata tutta colpa di una coppia d’assi. Qualche mese prima, Alvise Maccagnan l’aveva calata sul tavolo verde dopo un’altra coppia d’assi, con un sorrisino beffardo. La responsabilità andava condivisa anche con il disperato e ridicolo tentativo di bluff di Marco Zanatta. Mamma mia, che disastro quel rilanciare affannato per una doppia coppia ai jack! Il resto lo avevano fatto i debiti pregressi e l’impietosa recessione economica lamentata in casa Zanatta.

    L’operaio sommozzatore d’azzardo Alvise Maccagnan aveva sguazzato in solitaria beatitudine, munito di maschera, verso gli scogli bassi all’estremità sud della spiaggetta. La curiosità di esplorare gli stupendi fondali dove sarebbero sorti, da progetto, il piccolo molo e l’indispensabile alaggio per le barche dei condomini, era irrimediabilmente più forte di lui.

    3

    Il posto di blocco, istituito come d’abitudine dalla polizia municipale, era nascosto alla vista degli ignari automobilisti in arrivo. Alcuni ammiccanti cartelloni pubblicitari fissati a terra e gli attigui cassonetti tracimanti rifiuti della raccolta indifferenziata facevano opportunamente da schermo. Più si spingeva sul gas lungo il rettilineo, più si rimaneva sorpresi e bastonati. L’agente scelto Carmine Cammarata ne aveva la completa responsabilità anche se non aveva deciso lui l’ubicazione di quel presidio armato a tutela della corretta circolazione stradale. Tali facoltà strategiche esulavano dalle sue competenze. Non gli spettava altro che svolgere con diligenza la pedante attività di controllo e prevenzione assegnatagli, senza metter bocca. Era perfettamente inutile fare menzione nei rapporti di servizio dei puzzolenti effluvi nauseabondi, della dose di tensione nervosa quotidiana e dei rigurgiti di acido gastrico. Le asfittiche casse comunali traevano un considerevole beneficio da quella postazione quasi fissa di pubblica sicurezza e bisognava sacrificarsi. La disposizione era arrivata direttamente dal sindaco, commercialista di grido prestato alla politica, ex manifestante rivoluzionario di professione, da sempre, uomo di notevole fascino. La comune in una segheria occupata, le multiformi proteste

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