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La ragione laicizzante dei filosofi: Il pensiero critico nel medioevo
La ragione laicizzante dei filosofi: Il pensiero critico nel medioevo
La ragione laicizzante dei filosofi: Il pensiero critico nel medioevo
E-book129 pagine1 ora

La ragione laicizzante dei filosofi: Il pensiero critico nel medioevo

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Info su questo ebook

A partire dal secolo XI, i filosofi cristiani del medioevo si trovarono di fronte a un problema che oggi potremmo chiamare “deontologico”: considerata l’impossibilità di rinunciare all’eredità concettuale della filosofia, cosa fare quando le verità di fede non coincidono con le verità di ragione? Applicare gli strumenti della logica significa trarre soltanto e tutte le inferenze necessarie che scaturiscono da certe premesse, anche quando tali inferenze non coincidono con i dogmi ricavati dalla Rivelazione e imposti dalla Chiesa. Di fronte al filosofo si pongono due opzioni: rinunciare all’esercizio della ragione e omettere i risultati a cui essa perviene; oppure rivendicare la possibilità di ricercare la verità secondo la ragione umana, senza mettere in discussione i dogmi rivelati e stabiliti dalla tradizione delle auctoritates. La linea di confine tra l’ortodossia e l’eresia è molto sottile: se il vero non può contraddire il vero, come si può sostenere che esitano due opposte verità, una di fede e una di ragione? Alle questioni teoriche si affiancavano quelle politiche: in primo luogo perché la Chiesa – mediatrice tra Dio e l’uomo – fondava la propria autorità nella custodia della verità necessarie alla salvezza; in secondo luogo perché lo scontro tra le ambizioni politiche del papato e il potere temporale veniva alimentato dalle argomentazioni di pensatori che si schieravano per l’una o l’altra parte.
Contro l’idea comune di un medioevo senza filosofia, questo ebook tenta di argomentare la tesi contraria, ripercorrendo alcune tappe della storia del pensiero medievale dall’XI al XIV sec. attraverso alcuni importanti protagonisti: Berengario di Tours, Guglielmo di Conches, Adelardo di Bath, Pietro Abelardo, Averroè, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia, Guglielmo di Ockham e Dante Alighieri.
LinguaItaliano
Data di uscita21 giu 2019
ISBN9788834143810
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    Anteprima del libro

    La ragione laicizzante dei filosofi - Marco La Spina

    Bibliografia

    Prefazione

    Quello che segue è un saggio che riproduce abbastanza fedelmente la mia tesi di laurea triennale in Filosofia¹. Non si tratta di un lavoro specialistico ma ho deciso comunque di pubblicarlo perché penso che possa essere argomento di interesse, e perché l'idea tenere i miei sforzi chiusi in un cassetto ad impolverarsi mi sembra uno spreco inutile di energie.

    Si tratta del mio primo, serio sforzo accademico che ormai risale a più di quattro anni fa. Rileggendolo oggi, mi rendo conto di tutti i limiti scientifici e le imperfezioni stilistiche che lo caratterizzano; nonostante ciò ho deciso di renderlo pubblico perché scrivere e divulgare è uno dei compiti di chi si dedica alla Filosofia.

    Desidero ringraziare chi, con le sue lezioni, mi ha fatto cogliere il fascino della filosofia medievale. Ringrazio infine Roberta per la stima, l'incoraggiamento e l'aiuto.

    [1] Uso il virgolettato perché per la laurea triennale si parla di elaborato finale o prova finale, mentre il rango di tesi spetta a ciò che si presenta alla commissione di laurea magistrale. 

    Introduzione

    «E se la tua mano destra ti è motivo di scandalo, tagliala e gettala via da te: ti conviene infatti perdere una delle tue membra, piuttosto che tutto il tuo corpo vada a finire nella Geènna»¹. Questo passo del Vangelo di Matteo evoca il ricordo della tragica sorte di Massimo il Confessore che, impegnato nella controversia contro il monotelitismo, fu mutilato della lingua e della mano destra². La convinzione di possedere l’unica dogmatizzata Verità, rivelata da un dio unico e «geloso»³, produsse durante il medioevo – e produce ancora oggi – intolleranti e instancabili difensori dell’ortodossia che si macchiarono di colpe e di ingerenze più o meno pesanti; soprattutto dove la ragione, per sua essenza laicizzante, tentò di affrancarsi dall’egemonia delle istituzioni religiose.

    L’intolleranza religiosa – probabile frutto del monoteismo (si pensi al culto del dio straniero degli ateniesi)⁴ ma, certamente, anche degli interessi politici ed economici che ovunque si fondono con le rispettive confessioni – si manifestò durante il medioevo in forme peculiari. Già la Chiesa dei primi secoli trovò un aspro terreno di scontro nella definizione della propria dottrina, dal quale sorsero i movimenti eretici caratterizzanti la Tarda Antichità⁵. La definizione e la garanzia del dogma cristiano furono prerogative che attraversarono, e superarono, tutto il medioevo; ogni forma di sapere doveva confrontarsi con una realtà profondamente religiosa, si tratta infatti di un’epoca dove «la religione permeava la vita dell’uomo in una misura che noi oggi abbiamo difficoltà a cogliere»⁶ e le dispute teologiche avevano un valore che andava al di là della semplice definizione della dottrina, condizionando gli equilibri politici di almeno tre mondi: quello latino, quello bizantino e quello arabo-musulmano⁷. Stabilire di volta in volta chi fossero i mali christiani poteva servire a distinguersi e legittimare un potere, oppure a indicare gli intollerabili nemici della vera fede⁸.

    È ormai noto che il medioevo non può essere considerato un blocco monolitico, una lunga parentesi dall’antichità al Rinascimento dove tutto rimase uguale a se stesso, una involuzione lunga mille anni. Così, chi si accosta allo studio del pensiero medievale, non può non rendersi conto dei cambiamenti che avvennero dalla metà del secolo XI, tanto da spingere qualche storico a parlare di una «rinascita culturale»⁹.

    Nonostante sia sempre azzardato isolare delle cause per spiegare complessi fenomeni storici, è evidente che in questa nuova fase culturale dell’Occidente europeo giocarono un ruolo importantissimo il progressivo ingresso della cultura greco-araba (che non può dirsi completo prima della fine del Duecento), la nascita delle scuole cattedrali e, successivamente, delle Università nel secolo XII¹⁰. Malgrado ciò il controllo religioso nei confronti del libero pensiero non accennava a diminuire, anzi, sembra proprio che a partire dal secolo XI i rapporti tra teologia e filosofia si facciano più aspri, e ciò fu dovuto al fatto che mentre il pensiero platonizzante fu facilmente conciliabile con la fede cristiana, lo stesso non può dirsi per quello aristotelizzante. I primi testi dello Stagirita che cominciarono a circolare nell’occidente latino furono le opere di logica. Esse fornirono degli strumenti concettuali e «un modello di scienza imponente e impossibile da ignorare»¹¹ scuotendo il mondo della teologia e della ricerca scientifica medievale, almeno nel metodo: non solo la dialettica veniva utilizzata per dirimere questioni di fede¹², ma, acquisiti gli strumenti della logica aristotelica, vagliatane la potenza, diventava dovere del filosofo inferire soltanto e tutte le conclusioni che derivavano dalle premesse assunte, anche nel caso in cui fossero in apparente contraddizione con le verità di fede. Successivamente agli scritti che compongono l’Organon, si diffusero in occidente anche le altre opere di Aristotele, filtrate però – almeno in un primo momento – dai commenti degli autori arabi¹³. Di questa seconda ondata l’occidente cristiano, come si vedrà più avanti, risentì in misura decisamente maggiore: la Fisica, il De Caelo, ma soprattutto il De Anima insieme al commento di Averroè a quest’opera, furono latrici di tesi controverse e duramente combattute. Così, da un lato il pensiero aristotelico, dall’altro le Università, innescarono un processo di laicizzazione che portò i filosofi docenti alla facoltà delle Arti a riconsiderare il proprio ruolo, nella convinzione che dovesse svolgersi secondo regole estranee ai compiti della teologia e aliene da imposizioni dettate dalla paura di violare il dogma¹⁴ . Questo progetto si scontrò con quello diametralmente opposto della Chiesa e delle alte gerarchie ecclesiastiche, impegnate nella conservazione dello status quo: le pretese di libertà dei filosofi e dei maestri delle Arti, gli insegnamenti di questi ultimi, non potevano essere accettati in un mondo dove – fino a quel momento – la filosofia era stata ancella della teologia, ovvero al servizio di quest’ultima e delle sue verità ¹⁵ .

    È questo il tema di cui vogliamo occuparci nelle successive pagine, ovvero dimostrare l’esistenza di forti esigenze laicizzanti da parte di alcuni pensatori e illustrare i termini dello scontro che ne derivò. Coscienti dell’impossibilità di indicare l’anno zero di un nuovo modo di intendere il compito della filosofia, né di esaurire la lista dei protagonisti, crediamo che fu il secolo XI il momento in cui personalità di spicco sentirono il bisogno di manifestare in maniera decisa la loro insofferenza nei confronti del soffocante controllo di quella organizzazione religiosa che fu la Chiesa cattolica, e di rendere esplicita la loro fiducia nel potere euristico della ragione di arrivare alla verità. Ma ciò non fu esclusiva del mondo cristiano occidentale: un importantissimo momento nel processo di laicizzazione del pensiero è costituito infatti dalle riflessioni del filosofo musulmano Averroè che contribuirono alla nascita del cosiddetto averroismo latino, a sua volta protagonista di uno dei maggiori momenti di tensione tra pensiero laico e religioso quando, attraverso le condanne del 1270 e del 1277, furono colpiti i maestri della facoltà parigina delle Arti, Sigieri di Brabante e Boezio di Dacia. Ma il medioevo fu anche l'epoca di importanti riflessioni politiche suscitate dallo scontro tra Impero e Papato, a cui si dedicarono pensatori di grande levatura come Gugliemo da Ockham e Dante Alighieri, impegnati nella definizione dei limiti del potere religioso e quindi nella laicizzazione dei rapporti tra Chiesa e Stato.

    [1]  Matteo 5:30.

    [2] F. Romano, C. Martello, Istituzioni di filosofia medievale, CUECM, Catania, 2002, p. 26. 

    [3] Esodo 20:5. 

    [4] Voltaire, Trattato sulla tolleranza, trad. a cura di L. Bianchi, Feltrinelli, Milano, 2009, p. 64.

    [5] G. Vitolo, Medioevo, i caratteri originali di un’età di transizione, Sansoni, Firenze, 2012, pp. 10 e ss. 

    [6]  Ivi, p. 320.

    [7]  K. Flasch, Introduzione alla filosofia medievale, Einaudi, Torino, 2002, pp. 50-51.

    [8]  Ivi, pp. 25 e ss.

    [9]  G. Vitolo, op. cit., pp. 264-266. Si veda anche Kurt Flasch, op. cit., pp. 108-109. L’autore del saggio parla di situazione storica aperta, società ormai dinamica, nuova mentalità.

    [10]  G. Vitolo, op.cit., pp. 264 e ss.

    [11]  M. Fumagalli Beonio Brocchieri, Introduzione. Il medioevo e la filosofia, in L. Bianchi, E. Randi, Le verità dissonanti, Roma-Bari, Laterza, 1990 pp. IX.

    [12] F. Romano, C. Martello, op. cit., p. 54. 

    [13] Ivi, pp. 75-79. 

    [14] M. Fumagalli Beonio Brocchieri, Introduzione. Il medioevo e la filosofia, cit., pp. VI e ss.

    [15] L. Bianchi, Il vescovo e I filosofi: la condanna parigina del 1277 e l’evoluzione dell’aristotelismo scolastico, Lubrina, Bergamo, 1990, pp. 116-117. 

    I secoli XI e XII

    Berengario di Tours

    «È chiaro perché la luce risplende nelle tenebre e le tenebre non l’hanno accolta»

    Durante il secolo XI

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