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Abbie Wilson - Cronache Oscure del 900
Abbie Wilson - Cronache Oscure del 900
Abbie Wilson - Cronache Oscure del 900
E-book355 pagine5 ore

Abbie Wilson - Cronache Oscure del 900

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Info su questo ebook

Narra le allucinanti vicende di un sinistro personaggio nato nel 1836 e deceduto nel 1916. Abbie Wilson,questo il so nome, fin da piccola fu attratta dal mondo dell’Occulto. Introversa e poco propensa alle relazioni umane,diverrà con la maggiore età la prima donna Killer più efferata e perversa d’America.

Nata ad Asheville, ripercorrerà oltre 100 anni di Storia Americana, catapultando la sua ancora giovane città in un incubo ad occhi aperti. Parallelamente, con l’avvento del progresso, dell’invenzione dell’automobile e dei primi grattacieli, il suo lato oscuro crescerà a dismisura macchiandosi nel corso del tempo di indicibili nefandezze, cui vittime inermi saranno prevalentemente bambini.

Hunter Oconnor, Capo della Polizia di Asheville assieme alla ricca ereditiera,Madeline Poulson, esperta di Scienze Occulte, le daranno la caccia per anni immergendosi loro stessi (e loro malgrado) nel suo mondo Infernale.

Il suo sarà un nome scomodo negli ambienti ecclesiastici. Lo stesso Vaticano preferirà insabbiare l’intera vicenda, desiderando con ogni mezzo possibile di cancellare il suo nome dalla Storia Americana.

Tutto verte su stralci,deposizioni di testimoni e documenti rinvenuti nell’arco di circa tre anni di ricerche. Un resoconto dettagliato che cercherà di focalizzare il sinistro personaggio dalla sua nascita fino alla sua resa in un susseguirsi di morti e orrore senza fine.
LinguaItaliano
Data di uscita24 giu 2019
ISBN9788831626460
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    Anteprima del libro

    Abbie Wilson - Cronache Oscure del 900 - Daniele Urru

    sostenuto.

    Prefazione

    Quanto di vero c’è nascosto fra le parole di una leggenda? Che peso diamo alle parole come Possessione, Occultismo, Stregoneria?

    Decido di scavare a fondo. Perchè no? Proviamoci. Se salterà fuori qualcosa di anomalo ci si penserà in un secondo momento. Questo fu il mio stato d’animo iniziale, prima di intraprendere questo lungo percorso ad ostacoli...

    Dopo una lunga e costante ricerca fra immagini e luoghi, consultando quanto più materiale possibile, vengo a conoscenza di un soggetto specifico che, nel mondo iconografico del genere Horror trova una sua precisa collocazione.

    Tale personaggio mise in moto una serie di inspiegabili e controversi meccanismi mentali, portandomi a generare questo libro.

    Scartabellando documenti d’epoca presso la Biblioteca  Centrale di Milano, il Centro Dati della Jhonson American Chronicles e siti internet come Inside America, Ghotic American Life, nonché l’Archivio aperto al pubblico del sito dell’FBI, entrai in possesso di fotografie, stralci di lettere, reperti autoptici, testimonianze accreditate e sottoscritte dalla Polizia di Asheville, North Carolina, della vita di una delle figure più agghiaccianti, perverse e sociopatiche che il mondo abbia mai avuto, ed é racchiusa nel nome di Abbie Wilson.

    Durante le ricerche mi accorsi ben presto di trovarmi di fronte a un caso alquanto strano. Quando cercai di approfondire la vita di questa donna, la mia curiosità cominciò a infastidire qualcuno. Furono fatte pressioni affinché non divulgassi la storia. Cercai altresì di spiegare la mia ricerca, che tale opera altro non sarebbe stato che un romanzo di Narrativa. Ed i relativi personaggi sarebbero stati celati sotto pseudonimi nel rispetto delle leggi in vigore, tranne ovviamente il personaggio principale. Ebbi quindi il benestare ed un "si" a procedere. Ma per uno strano caso, dopo essere riuscito a fare copie della documentazione (per mia fortuna), tutte le informazioni che fino a qualche tempo prima erano di dominio pubblico, oggi sono per così dire... (che strano!), magicamente svanite dalla rete e dalle biblioteche consultate. Dato la natura del soggetto (mi sono detto) potrebbe essere un valido motivo per aver voluto insabbiare tutta la vicenda. In gioco vi erano forze che andavano ben aldilà dell’umana comprensione.

    Capitolo 1

    15 giugno 1836

    Fu un anno bisestile. Mentre l’Arkansas si accingeva a far baldoria per tutta la notte, divenendo ufficialmente il venticinquesimo stato degli USA, ad Asheville in North Carolina, Jacob e Abigail Wilson, coppia di contadini e coltivatori diretti, si preparavano a diventare genitori, ignari dei nuovi sviluppi del paese.

    Erano periodi duri quelli, dove un carro colmo di pannocchie e sudore valevano poco più di un quarto di dollaro. E per i novelli genitori l’arrivo di un figlio, non fu sinonimo di felicità.

    A malapena riuscivano a provvedere al loro sostentamento.

    Di contro, essendo profondamente cattolici, non avrebbero in alcun modo optato per un aborto clandestino, con rudimentali tecniche fatte di calci in pancia o intrugli officinali nauseabondi. Quel figlio in arrivo inizialmente, fu soltanto un’altra bocca da sfamare.

    Jacob Wilson pregò fosse un maschio, due braccia in più nei campi avrebbero sicuramente fatto comodo. Ma i suoi desideri sfumarono quando Abigail partorì una sana e paffuta neonata, battezzata col nome "Abbie" in memoria della madre.

    Rudi e privi di basi nell’arte dell’essere genitori, Abbie fu svezzata come meglio poterono, imparando nel corso del tempo ad amarla in quanto dono di Dio. Non fu una bimba chiassosa ne piagnucolosa, anzi il contrario. Anche quando involontariamente inciampava cadendo sbucciandosi un ginocchio, non emetteva un solo lamento ma soltanto qualche sporadica lacrima.

    Abigail era una donna forte, autoritaria, racchiusa in una fisicità prosperosa. Dai fianchi larghi, braccia e gambe ben tornite nonostante il sovrappeso, grazie al faticoso lavoro di trasporto di casse di pannocchie dai campi al fienile, dove pazientemente vi passava ore a sgranare, riempendo sacchi da 50/60 chilogrammi. Suo marito invece era un uomo spigoloso, incredibilmente alto. A trentacinque anni soffriva già di mal di schiena per via della postura che per anni ha dovuto assumere, restando ore curvato nel piantare, dissotterrare, arare e trasportare pesi non indifferenti. Il lavoro spesso costringeva i coniugi ad assentarsi dalla casa-fattoria lasciando sola Abbie in camera sua a giocare con bambole di pezza realizzate da sua madre.

    Se per ipotesi, Abbie fosse stata maggiorenne e si fosse guardata indietro, sicuramente avrebbe costatato d’essere cresciuta in totale solitudine.

    Vi furono occasioni speciali, talune ricorrenti, soprattutto di domenica. Quando la famiglia non lavorava (come comandava la bibbia) e si faceva ben tre chilometri in calesse per raggiungere il centro abitato di Asheville, per presenziare alla messa di Padre Corbin. Appuntamento irrinunciabile per i Wilson.

    Abbie, solo in quelle occasioni, avrebbe avuto modo di conoscere altri bambini e socializzare.

    Ma per quanto la madre spingesse la figlia a giocare con altre bambine della sua età, mentre lei stringeva rapporti con le mamme, la figlia si chiudeva a riccio non volendo allontanarsi dalla sua gonna. Jacob invece, di domenica diveniva molto espansivo, più che altro un modo per conoscere e farsi conoscere espandendo così il suo giro d’affari nella vendita di mais, in tempi di carenza di offerta.

    Quando si presentò il quesito su come provvedere all’istruzione di Abbie, compiuto il quinto anno d’età, i coniugi entrarono in conflitto. La scuola era molto distante dalla fattoria e sicuramente avrebbe portato via del tempo per accompagnarla e riprenderla. Inoltre la scuola era considerata da quelli di campagna, come un posto per pochi eletti o per benestanti, loro non appartenevano a nessuna delle due categorie.

    Jacob voleva che fosse Abigail a impartire lezioni alla figlia acquistando alcuni libri in città di Storia e Matematica. Abigail sapeva benissimo che non avrebbe potuto ottemperare a suoi doveri poiché doveva mandare avanti contemporaneamente i lavori di casa, il lavoro nei campi e il fienile.

    E’ un assurdità! - Disse Abigail al marito con poderoso rigetto alle sue richieste.

    Non possiamo permetterci una scuola lo sai - Controbattè Jacob.

    Ma la soluzione giunse quando i Tompson, famiglia con 5 figli a carico, che abitavano in un ranch distante poco più di un chilometro, si offrirono di passare a prendere Abbie e riaccompagnarla a casa per tutto il periodo scolastico.

    George e Emily Tompson erano persone cosiddette benestanti. Lui aveva fatto fortuna ereditando oltre 350 capi di bestiame dal padre defunto, tra mucche, tori da monta e un allevamento di tacchini ai quali Wilson fecero riferimento per il giorno del Ringraziamento. Non era inusuale all’epoca riscontrare che, più una famiglia era numerosa, più sguazzava nell’agio. E i suoi cinque figli ne erano la prova. Madison 5 anni, Rebecca 6, Hannah 9, Nicholas 5 nonché gemello di Madison, e Zachary 13. Famiglia rispettata e rispettosa, sempre disponibile.

    In più di un’occasione furono veramente generosi con i loro vicini. Alcune volte, percependo le reali difficoltà della famiglia Wilson, George Tompson si dimostrò un amico nel coinvolgere Jacob all’annuale mostra del bestiame di Asheville, dove riusciva a distribuire il suo raccolto a molti fattori della zona con prezzi nettamente superiori a quelli di mercato.

    I Wilson fecero molti sacrifici affinché Abbie potesse avere un’istruzione, e quando si accorsero che la loro unica figlia portava a casa ottimi risultati, una punta d’orgolgio si rivelò decisiva nel suo futuro. Nel 1848 al compimento del dodicesimo anno d’età si ritrovò nella stessa classe insieme a Madison, Rebecca e Nicholas Tompson. Le sue capacità intellettive furono valutate dagli insegnanti di corso i quali all’unanimità, decisero che poteva senza problemi, essere ammessa a una classe superiore alla sua.

    Fu considerata diligente, attenta e rispettosa, doti rare che spiccarono nel mucchio di scapestrati, disattenti e svogliati nell’apprendere. Questa sua particolare attitudine allo studio, in particolar modo verso la Matematica, le costò delle inimicizie nella classe le quali, per oltre tre anni, la usarono come capro espiatorio nella copertura di marachelle e scherzi poco carini ai danni dei professori. Ciononostante nessuno mai riuscì a mettere in cattiva luce Abbie, troppo diligente, troppo studiosa e taciturna per combinare guai!

    Col tempo i rapporti con i Tompson divennero più consolidati. Spesso e sovente Abbie si recava nel loro ranch a studiare e fare compiti, gli stessi George e Emily avendola spesso a pranzo, cominciarono a considerarla come una di famiglia.

    Il 15 giugno del 1851, quando Abbie compì quindici anni, i Tompson decisero di organizzarle la prima festa di compleanno. Ovviamente l’invito era esteso anche ai genitori i quali all’inizio non videro di buon grado la cosa. Si sentivano in debito, un pò per orgoglio, un po’ perché sapevano di essere su un gradino inferiore rispetto alla loro scala sociale. L’insistenza dei Tompson fu tale da farli desistere dal non parteciparvi.

    Dapprima i Wilson credettero fosse una semplice festa cui unici invitati dovevano essere i compagni di scuola. Fu tale la sorpresa per Abigail nel vedere anche i genitori degli altri ragazzi al compleanno della figlia che, corse immediatamente a cambiarsi d’abito rispolverandone uno che non metteva più da ben cinque anni. Si pettinò per l’occasione raccogliendo i lunghi capelli biondo cenere in uno chignon fermato con una spilla d’argento, lascito della madre. Non voleva sfigurare di fronte a nessuno pur sapendo che il suo grado di cultura non fosse dei più eccellenti.

    Stranamente, nell’euforia generale dei preparativi, l’unica cui sembrò non importare della festa, fu proprio la festeggiata Abbie.

    ***

    Qualche mese prima dell’imminente ricorrenza, Abbie Wilson si mostrò distante, seria e più taciturna del solito. Questo fu percepito oltre che da Abigail anche da Madison e Rebecca, le quali chiesero all’amica spiegazione.

    Qualcosa non va? - Parlò Rebecca durante la pausa tra una lezione e l’altra.

    No. Va tutto bene. Sono solo pensierosa - Rispose Abbie abbassando la testa celando lo sguardo.

    Lo sai che a me puoi dire tutto, Abbie. Sono tua amica - Ribattè Rebecca.

    Lo so. Ma ho in testa alcune cose che devo risolvere da sola. Comunque grazie Rebecca. Niente che possa far preoccupare - Concluse Abbie, radunando gli appunti di matematica riponendoli nella sua sacca.

    La stessa sensazione fu per Madison. Avevano la stessa età, quindi poteva confidarle tutto se voleva. Ma Abbie non si sbilanciò mostrandole un lato malinconico, come se stesse attendendo qualche notizia che tardava ad arrivare.

    Nicholas invece la prese come Stranezze di ragazza. Stranezze che spesso hanno quelle della sua età, fatte di segreti, di primi amori non corrisposti, di scemenze, come lui le definiva.

    E ridi un po’ di più Abbie. Non costa nulla sai? - Parlò sarcastico Nicholas.

    "Ah..ah... ah... Potrebbe andare?". - Abbie al sarcasmo rispose con altrettanto sarcasmo.

    Abigail Wilson finì di prepararsi. Subito dopo portò il vestito bianco con pizzo sulle maniche corte e sul colletto ad Abbie, insieme a un bel paio di scarpe in vernice.

    Ecco. Lavato e stirato. Che ne dici? Farai un bel figurone alla festa - Disse la madre con una punta d’orgoglio per averlo cucito con le sue mani.

    - Mamma è bellissimo. Grazie - Rispose la figlia sistemandosi i capelli legandoli con un nastro rosso.

    - Sai, mia madre non era una donna espansiva. Raramente mi rivolgeva la parola, e quando lo faceva, era per sgridarmi perché secondo lei, non ero capace di fare nulla. Ma di una cosa devo esserle grata. Di avermi insegnato l’arte del cucito. E’ grazie a lei se riesco a creare qualcosa di bello, e un giorno mi piacerebbe insergnarlo a te. Se vorrai - Vi fu una punta nostalgica nelle sue parole che Abbie colse al volo.

    Sarebbe bello... mamma – Concluse Abbie dandole soddisfazione.

    Jacob varcò la porta accusando un lieve imbarazzo. Lui, sporco di terra dalla testa ai piedi, mentre loro, ai suoi occhi, sembravano due principesse.

    - Siete due fiori di campo. Le mie ragazze! - Sorrise l’uomo afferrando uno straccio e buttandolo sul pavimento all’ingresso per non imbrattare.

    - Io non verrò. Devo ancora terminare un paio di lavori nel campo. Non posso lasciarli a metà.

    - Ma Jacob... sapevi che i Tompson stavano organizzando la festa per tua figlia. Il minimo che puoi fare è onorarli con la tua presenza – Abigail fu seccata. Non voleva presentarsi senza il marito, in mezzo a quella gente che non conosceva.

    - Magari dopo il lavoro. Se finisco in tempi stretti farò una capatina veloce.

    - Sì. Conosco i tuoi tempi! Abbie, per te niente in contrario vero? Borbottò Abigail mentre cercava la sua borsa da messa della domenica.

    - Va bene papà. Nessun problema, del resto devi lavorare – Aggiunse la figlia, scorgendo nello sguardo della madre un senso di disapprovazione.

    Abigail e Abbie giunsero al ranch dei Tompson col calesse. Aveva preparato per l’occasione due torte di carote e mais e un cestino di biscotti fragranti alla cannella.

    Emily Tompson ne fu entusiasta, confessandole che lei non sapeva fare i dolci. In verità non sapeva cucinare un granché, difatti fece commissionare alla Fattoria Talbott, nella fattispecie la signora Rachel Talbott, famosa in tutta la contea per i suoi dolci caserecci che le valsero l’avvio di un’attività prospera, garantendo consegne in tutta Asheville, una grande torta alla vaniglia e zenzero.

    I compagni di scuola e a seguire relativi genitori le augurarono un felice compleanno. Alcuni, con estrema gentilezza, le regalarono piccoli pensieri, come un mazzo di fiori, un braccialetto in tessuto e un paio di orecchini in argento con incastonate due pietre nere come la notte che lei indossò all’istante. Fu proprio in quel frangente che, per la prima volta, i suoi compagni la videro felice e sorridente. Per Nicholas fu solo... un’altra Stranezza.

    II

    Fu quando il sole stanco, lentamente scese all’orizzonte, mostrando gradazioni di luce e ombre tendenti all’arancio, colori caldi in quella che doveva essere la festa di compleanno in onore di Abbie Wilson, che tutto si tramutò in tragedia.

    Testimonianza di Madison Tompson

    – Ore 20.35 –

    Asheville Police Station.

    15 giugno 1851.

    Presiede il Marshal, Isaac Benjamin Howell.

    Trascrizione dialoghi Dorothy Lowe.

    Marshal – Che cosa accadde precisamente dopo il taglio della torta?

    Madison – Abbie Wilson ebbe una crisi di pianto e corse in casa per andare in bagno

    Marshal – Chi altri c’era in casa in quel preciso momento?

    Madison – Soltanto Rebecca e a seguire Nicholas

    Marshal – Sei sicura della tua deposizione?

    Madison – Si, signore

    Marshal – Hai compreso il motivo della crisi di pianto della tua amica?

    Madison – No. Signore

    Marshal – Ci sono stati motivi particolari, situazioni strane o eventi che possono aver urtato la sensibilità della tua amica Abbie?

    Madison – No signore. Tutto stava procedendo tranquillamente. Ma perché mi fa queste domande? Il problema non é Abbie Wilson signore

    Marshal – Che cosa vide subito dopo che Abbie Wilson entrò in casa sua, e quanto tempo passò tra l’entrata di Abbie Wilson e la caduta dal primo piano di Rebecca e Nicholas?

    Annotazione. Madison Tompson si dispera in un pianto ininterrotto. La madre preoccupata entra nella stanza chiedendo di non tenere sotto pressione la figlia. Le viene intimato di uscire e di attendere ancora qualche minuto.

    Marshal – Ti va di rispondere alla mia domanda?

    Madison – Sì. Ho visto Rebecca sfondare di peso la finestra della sua camera al piano superiore. Fu come se qualcuno o qualcosa l’avesse afferrata dall’esterno tirandola a sè. E’ stato orribile! E non saprei spiegarlo altrimenti. Fece un volo lungo di almeno quattro o cinque metri, prima di schiantarsi sulla tavolata degli ospiti nel giardino dirimpetto alla casa

    Marshal – Dopo cosa accadde?

    Madison – Io non lo so di preciso, So solo che mio fratello Nicholas la seguì dopo qualche secondo. Pure lui volò giù a grande velocità. Colpì il terreno vicino alla tavolata. C’era sangue dappertutto... sangue dappertutto... mio Dio!

    Marshal – Vide Abbie Wilson dalla finestra del piano superiore?

    Madison – No. Lei uscì appena dopo l’incidente. Sembrò non essersi accorta di niente. Quando i presenti cominciarono ad urlare per lo spavento, solo allora Abbie mi raggiunse chiedendomi cosa fosse accaduto

    Marshal – Comprendo il suo stato d’animo signorina Madison, ma lei pocanzi affermò che suo fratello prima di toccare il suolo, gridò la parola: Abbie. E’ corretto?

    Madison – Sì. Lo fece

    Marshal – Sa dirmi il perché?

    Madison – No. Non so perché esclamò il suo nome. Ma le dico la verità dicendole che, quando i miei fratelli morirono, lei era uscita da casa tre o quattro secondi dopo. E’ impossibile pensare che abbia percorso tutto il corridoio, le scale e l’ingresso in così breve tempo... è impossibile. Impossibile

    Marshal – Va bene signorina Madison. Può bastare. Ora può raggiungere sua madre

    ***

    La famiglia Tompson ormai decimata si chiuse in un mesto dolore. La ricorrenza infausta legata alla data del compleanno di Abbie Wilson, fu talmente impressa nella memoria che George ed Emily, dopo due anni passati a piangere sulle tombe dei propri figli, decisero di lasciare Asheville, portandosi via vita e bestiame per ricominciare in un altro luogo, in un altro stato. Potevano farlo. Ne avevano i mezzi. E lo fecero.

    Da quel triste episodio, la vita di Abbie Wilson cambiò radicalmente. C’era qualcosa di oscuro nella ragazza taciturna. Qualcosa di indecifrabile.

    Con fatica riuscì a terminare gli studi nel 1857 all’età di ventuno anni. I rapporti col padre e la madre s’incrinarono. Non riconoscevano più in lei la figlia amorevole e riservata di un tempo. E crebbe all’ombra oscura dei suoi stessi pensieri. Lo stesso prete, Padre Corbin, colui che fu suo confidente e amico per i primi sedici anni di vita, (colui che considerava Abbie come una cristiana devota, sempre presente alle funzioni domenicali, nonché attivista nella divulgazione della parola di Cristo), notò che si era distaccata completamente, non presenziando più al sermone.

    Quando Padre Corbin fece visita alla Fattoria Wilson durante il suo giro di benedizioni, fu sconcertato nel constatare il clima pesante che si respirava, così come ebbe la netta sensazione che un qualcosa di Maligno albergasse fra quelle mura.

    Fu una sensazione. Una semplice ammissione che gli costò il rispetto di Jacob e Abigail dopo averne discusso, ma fu anche motivo di accertamenti da parte della Polizia dopo alcuni raccapriccianti fatti avvenuti nei pressi della Fattoria.

    Ne parlarono tutti in città. L’evento si sparse a macchia d’olio superando altresì in attenzione la notizia del progresso inesorabile che stava avanzando alle porte di Asheville, facendo passare a poca distanza dai campi di Jacob, la nuova Strada Statale che collegava l’hinterland con Washington, la Capitale.

    Abbie Wilson fece notizia più della Strada Statale? Si. Ma andò a suo totale discapito.

    Corbin, ormai convinto che nella famiglia Wilson si celavano misteri ben più cupi di una semplice introversione della figlia, allorché offeso ed amareggiato per il trattamento subìto da Jacob e Abigail, divulgò questo suo dubbio violando etica e segreto confessionale. Raccontò ad alcuni fedeli le sensazioni negative che ebbe dentro la fattoria. Dei comportamenti anomali della figlia di Wilson. Dei dubbi che nutriva verso la ragazza che fu spettatrice anni addietro dei terribili fatti in casa Tompson. Tanto bastò per far attecchire il seme del dubbio nelle menti più sempliciotte le quali, a loro volta, divulgarono la notizia che, a ogni passaggio, di persona in persona, cambiava ingigantendone i fatti, colorandoli ulteriormente di particolari fantasiosi e raccapriccianti.

    Non v’era alcun dubbio che vi fosse in atto un’azione diffamatoria nei confronti di Abbie Wilson. Che la stessa costrinse i genitori a esporre una denuncia pubblica presso la Stazione di Polizia di Asheville ma respinta al mittente, poiché il potere della Chiesa all’epoca, prevaricava ogni cosa e persona, garantendo l’impunità all’uomo in abito talare.

    Nei giorni a seguire furono rinvenute scritte ingiuriose contro Abbie lungo lo steccato del recinto che circondava la proprietà:

    "Strega!, Assassina, Figlia del Demonio."

    Solo allora la polizia decise che forse, era giunto il momento di intervenire con un sopralluogo. Contemporaneamente, gli affari di Jacob cominciarono a calare. Le vendite del mais subirono un forte arresto costringendolo a vendere un appezzamento di terra limitrofa, per far fronte alle spese che inesorabili gravavano sulla famiglia.

    Frattanto, durante un giro d’ispezione sommario, un ispettore federale, tale Samuel Rise, addentrandosi nel campo di pannocchie antistante alla fattoria, s’imbatté nel corpo senza vita di un uomo completamente nudo. Fra gli alti steli e fogliame giaceva privo della testa e delle mani, immerso in una pozza di sangue parzialmente raggrumato. Per Rise fu uno spettacolo da far gelare il sangue nelle vene. Poco distante dal corpo furono trovati gli abiti, una tunica cerimoniale, un paio di pantaloni neri, una camicia bianca su cui colletto interno vi erano state ricamate le iniziali A.C.

    Allertati i colleghi, l’ispezione si allargò a macchia d’olio setacciando ogni singolo metro quadro del campo. Oltre ad una piccola valigetta contenente un crocefisso, un’ampolla d’acqua santa e una bibbia. Fu rinvenuta più in là, semi sepolta nel terreno, la testa. Diedero dunque un volto all’uomo. Fu palese per tutti che il cadavere fosse Padre Aaron Corbin.

    ***

    Trascrizione della deposizione di Abbie Wilson

    – Ore 18.45 –

    Asheville Police Station.

    23 Luglio 1857.

    Presiede l’interrogatorio, il Marshal, Isaac Benjamin Howell, l’Ispettore Samuel Rise.

    Trascrizione dialoghi Dorothy Lowe.

    Marshal – Signorina Wilson, quando ha visto l’ultima volta Padre Corbin?.

    Abbie – Credo quindici giorni fa. All’incirca.

    Ispettore – E avete avuto modo di parlare?.

    Abbie – Si. Mi chiese il motivo della mia prolungata assenza dalle sue funzioni domenicali.

    Ispettore – E vuole cortesemente illuminarci a tal proposito?.

    Abbie – Semplicemente non credo più nella Religione Cattolica, ai suoi dettami, tanto meno ai discorsi di Padre Corbin.

    Marshal – Quindi ammette che tra voi non scorreva buon sangue?.

    Abbie – No.

    Ispettore – Signorina Wilson, le ricordo che lei in questo momento è sotto giuramento. Ha giurato di dichiarare tutta la verità ponendo mano sulla bibbia. Quindi come può affermare di non essere più credente?

    Abbie – Ispettore Price, non mi metta in bocca parole che non pronuncerei. Lei mi ha obbligato a porre mano sulla bibbia, non l’avrei fatto, se fosse dipeso da me. Per me è un libro come tanti altri. Inoltre Padre Corbin aveva infamato il mio nome e quello della mia famiglia. Mio padre venne a cercare giustizia proprio da voi. E voi non avete fatto nulla in proposito. Risulta fra i vostri atti.

    Marshal – Allora conferma che vi fosse del risentimento tra lei e Padre Corbin?.

    Abbie – Se volete sentire dalla mia bocca che l’odiassi, ebbene si. L’ho odiato profondamente per quello che aveva fatto. Chiunque l’avrebbe odiato. Un prete deve attenersi al segreto confessionale. Non può permettersi di andare in giro a diffamare la gente. Non potete accusarmi per questo

    Marshal – Ci sono i fatti. E i fatti raccontano che tra lei e Padre Corbin c’era del risentimento. Che il suo corpo senza vita è stato ritrovato proprio davanti a casa sua. C’è il movente. Ma manca un alibi...

    Ispettore – Signorina Wilson, vorrei approfondire il discorso della religione con lei se me lo permette. Vorrei comprendere se ha abbandonato la chiesa cattolica per inseguire qualche altro culto

    Note. Abbie Wilson alla domanda dell’ispettore riguardo la religione, rimane per qualche tempo in silenzio. Nervosismo.

    Ispettore – Dunque? Vuole rispondere alla mia domanda? E’ per caso seguace di qualche altra religione, culto o divinità?

    Abbie – Mi crede una stupida? Ovviamente no. Semplicemente ho preferito dedicarmi alla scienza, alla matematica e agli studi umanistici. Non credo sia un reato

    Marshal – Signorina Wilson, é vero che fuori dalla sua bitazione sono state rinvenute scritte come: Strega, Figlia del Demonio, Assassina?"

    Note. Aumenta il nervosismo e l’agitazione dell’interrogata.

    Abbie – Si! E voi dovreste essere i primi a condannare tali ingiurie e a cercarne i colpevoli!

    Ispettore – Sarà fatto, a tempo debito. Nel frattempo ci dica quali, secondo lei, siano state le cause a far scaturire tali sospetti

    Abbie – L’ignoranza di gente bifolca e priva d’istruzione, ispettore

    Ispettore – Bene. Non avendo ulteriori elementi confutabili a suo carico la lasciamo andare. Ma la intimiamo di non allontanarsi da Asheville per nessun motivo. Almeno fino a quando il caso non sarà risolto e archiviato

    III

    12 Aprile 1860. Abbie Wilson aveva terminato gli studi privatamente, all’alba dei suoi ventiquattro anni. Il grande polverone che si alzò tre anni prima in seguito alla morte di Padre Corbin, si diradò lasciando dietro di sé dubbi e cicatrici difficili a rimarginarsi.

    Il fallimento di Jacob, della sua attività di agricoltore sopraggiunse, costringendolo a prendere sofferte decisioni. Dopo la vendita in toto dei terreni e dei mezzi di coltivazione come aratri e carri da trasporto, decise che era giunto il momento di cercare fortuna altrove. Jacob e consorte maturarono la volontà di trasferirsi a Baltimore con la consapevolezza che Abbie, ormai adulta, sarebbe riuscita a cavarsela senza problemi, e in ogni caso, la Fattoria Wilson sarebbe divenuta casa sua a tutti gli effetti.

    La figlia difatti si era laureata a pieni voti, voleva seguire la strada dell’insegnamento facendo domanda di assunzione presso la scuola elementare di Asheville, candidandosi come Insegnante di Matematica.

    La scelta di Baltimore invece, nacque da un colloquio intercorso tra Jacob e Joseph McCarthy, un ricco allevatore, un tempo suo cliente, il quale l’esortò a trasferirsi presso una delle sue residenze gentilmente offerte, per iniziare una nuova attività. McCarthy oltre al bestiame, aveva fatto fortuna anche in altri campi produttivi, avendo avuto l’occhio lungo per gli affari. Era divenuto proprietario della fabbrica di legname più importante di Baltimore, la Sawmills by McCarthy

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