Scopri milioni di eBook, audiolibri e tanto altro ancora con una prova gratuita

Solo $11.99/mese al termine del periodo di prova. Cancella quando vuoi.

Trappola milionaria: Harmony Destiny
Trappola milionaria: Harmony Destiny
Trappola milionaria: Harmony Destiny
E-book179 pagine2 ore

Trappola milionaria: Harmony Destiny

Valutazione: 0 su 5 stelle

()

Leggi anteprima

Info su questo ebook

Il milionario Blake Ford ha solo un'estate per riuscire a ottenere ciò che desidera. E l'incontro con la sensuale Bella McAndrews è proprio quello che aspettava. Non solo lei accetta di prestarsi come madre surrogata, ma acconsente anche a prendersi cura del bambino in qualità di babysitter. Quando, finalmente, Blake riesce a ottenere il divorzio dalla sua prima moglie, una donna dedita solo alla carriera, l'ultimo passo che gli resta da compiere è convincere Bella a sposarlo. Lei, dolce e positiva, è la madre perfetta. Senza contare che il suo corpo, così sensuale, sembra fatto apposta per il piacere. Il suo piacere. Blake non sa, però, che Bella è più determinata di quel che appare e che si concederà solo per amore.
LinguaItaliano
Data di uscita10 mar 2020
ISBN9788830512474
Trappola milionaria: Harmony Destiny

Leggi altro di Cat Schield

Autori correlati

Correlato a Trappola milionaria

Ebook correlati

Narrativa romantica per voi

Visualizza altri

Articoli correlati

Categorie correlate

Recensioni su Trappola milionaria

Valutazione: 0 su 5 stelle
0 valutazioni

0 valutazioni0 recensioni

Cosa ne pensi?

Tocca per valutare

La recensione deve contenere almeno 10 parole

    Anteprima del libro

    Trappola milionaria - Cat Schield

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    The Nanny Trap

    Harlequin Desire

    © 2013 Catherine Schield

    Traduzione di Giuseppe Biemmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2014 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-3051-247-4

    1

    Le filanti limousine nere erano di casa davanti all’ingresso del St. Vincent’s, una delle scuole private più prestigiose di Manhattan, per cui Bella McAndrews fece a malapena caso a quella che aveva accanto mentre si inginocchiava sul marciapiede per salutare alcuni dei suoi piccoli alunni. Era l’ultimo giorno di scuola e una dozzina di bambini dell’asilo fece la fila per abbracciarla a turno per poi correre verso i veicoli che li attendevano. Bella premette il mento contro i loro blazer di lana blu con tanto di stemma del St. Vincent’s, accusando una stretta al cuore ogni volta che un paio di braccia la stringevano. I bambini erano il suo mondo e voleva bene in egual misura a ciascun componente della classe. Quando le si avvicinò l’ultimo alunno, Bella aveva ormai difficoltà a parlare a causa del nodo che le si era formato alla gola.

    «Questo è per lei.» Gli occhioni azzurri del bimbo erano solenni mentre le porgeva un disegno a matita. «Così non si dimenticherà di me.»

    «Come se potessi dimenticarti.» Bella sbatté le ciglia per ricacciare indietro le lacrime e abbassò lo sguardo sull’autoritratto. Quello che stringeva tra le dita non era un disegno consueto per un bambino di sei anni. Justin aveva dimostrato da tempo di avere del talento, non per nulla i suoi agiati genitori gli facevano prendere lezioni private da un insegnante di belle arti. Bella non poté non chiedersi dove avrebbero potuto arrivare i suoi fratelli e sorelle se i loro genitori avessero avuto gli stessi mezzi di Justin.

    «È davvero ben fatto, Justin.»

    «Grazie.» Un sorrisone trasformò la sua espressione solitamente austera. Ma prima che Bella potesse rallegrarsi perché per una volta si comportava come un normale bambino della sua età, Justin tornò serissimo. «Le auguro di passare una piacevole estate» terminò con tono assai formale.

    «Altrettanto a te.»

    Malgrado il suo umore rispecchiasse il cielo grigio di New York, lei sfoderò un luminoso sorriso e si alzò. Con il cuore pesante, osservò Justin salire su una berlina nera. La maggior parte dei suoi colleghi insegnanti erano eccitati quanto gli alunni quando arrivava la fine dell’anno scolastico, ma a Bella non piacevano gli addii. Fosse stato per lei, avrebbe tenuto per sempre con sé i suoi scolaretti. Ma non era così che andava la vita. Il suo compito era di guidarli fino a un certo punto nel loro percorso per poi lasciarli andare.

    «Bella!»

    Il suono del suo nome si levò al di sopra del chiacchiericcio eccitato dei bambini delle altre classi. Sebbene non la udisse dalla fine dell’estate precedente, Bella riconobbe la voce profonda di Blake Ford e, pur sentendosi pervadere da un’ondata di gioia, si irrigidì. Forse avrebbe fatto meglio a cercar rifugio oltre il portone di legno massiccio del St. Vincent’s che era lì a pochi metri. Diversamente, rivedendola, lui avrebbe potuto indovinare quanto si era sentita miserabile in quegli ultimi nove mesi e gliene avrebbe chiesto il motivo.

    Fingendo di non aver udito Blake, Bella girò su se stessa e puntò verso la scuola. Prima che potesse svignarsela, però, sentì le sue lunghe dita richiudersi attorno al braccio sinistro e avvertì un tuffo al cuore. Blake aveva avuto questo effetto su di lei fin da principio. Essendone ben conscia, cercò di tenere a freno l’agitazione che avvertiva e si voltò verso di lui.

    Un paio di spalle larghe, sottolineate dall’impeccabile giacca grigia di taglio sartoriale, le bloccò la vista della strada e della limousine parcheggiata accanto al cordolo del marciapiede. Bella tirò un profondo respiro per calmarsi e si ritrovò a mangiarsi Blake con gli occhi. Il suo profumo fresco e pulito le ricordava l’aria frizzante che si respirava in riva a un torrente di montagna. Eh, niente acqua di colonia dozzinale per Blake Ford.

    Enigmatico. Intenso. Riflessivo. Blake l’aveva affascinata e allo stesso tempo messa in soggezione già al loro primo incontro al centro di fecondazione assistita. Ma l’intuito ereditato da Nonna Izzy le aveva suggerito di ascoltarlo fino in fondo in quell’occasione.

    Era venuta a New York City per fare da madre surrogata per una coppia che aveva deciso di affidarsi alla fecondazione in vitro ma, prima di potersi incontrare con loro, la migliore amica della donna si era fatta avanti, offrendosi di portare in grembo il loro figlio.

    Più o meno in quello stesso periodo, Blake e Victoria si erano convinti che una madre surrogata fosse l’ultima chance rimasta loro. Ritenendo che Bella potesse essere indicata per la facoltosa coppia, il medico alla clinica aveva predisposto affinché Bella incontrasse Blake e la moglie.

    Di fronte a una tazza di caffè, mentre Blake e Victoria esternavano la loro profonda tristezza per l’incapacità di concepire, Bella aveva intuito che Blake era molto più del semplice CEO di successo di una grande finanziaria. Era un uomo con il profondo desiderio di una famiglia e di una prole.

    «Blake, che piacere rivederti.» La sua voce tradiva una certa difficoltà respiratoria. Affondandosi le unghie nel palmo della mano, si intimò di controllarsi. «Cosa ti porta dalle parti del St. Vincent’s?»

    La mano gli si abbassò. Non aveva alcun bisogno di mantenere un contatto fisico con lei. Il suo sguardo fermo e sicuro bastava a tenerla impietrita dov’era. «Tu.»

    «Io?» Lo stomaco le si rimescolò. «Non capisco.»

    Non si erano separati esattamente da amici. Blake non aveva capito perché lei non volesse avere ulteriori contatti con la sua famiglia e Bella non aveva intenzione di illuminarlo al riguardo, nonostante le avesse chiesto a più riprese una spiegazione. Da dove avrebbe potuto cominciare?

    Dalla sua inattesa e indesiderata ritrosia a rinunciare al bambino che aveva portato in grembo per nove mesi? Dal fatto che sua moglie le aveva detto senza mezzi termini che non avrebbe dovuto contattarli mai più? Dal modo in cui bastava che lui la toccasse per scatenare in lei qualcosa di primordiale e proibito? Dalla certezza che sarebbe venuta meno ai suoi principi morali se lui le avesse fatto capire che la desiderava?

    «Non sei tornata in Iowa come hai detto che avresti fatto.»

    Lei gli lesse negli occhi di un blu acciaio un’inequivocabile accusa. Era contrariato. Per nulla contento di vederla. E allora perché l’aveva cercata?

    «Il St. Vincent’s mi ha confermata per un altro anno.» Bella ignorò un vago senso di colpa. Non gli doveva nulla, a parte la spiegazione che forniva a tutti. La vera ragione per cui era rimasta a New York era che si sentiva legata al bambino che aveva portato in grembo in quella città. Ma la verità era troppo inquietante e profondamente personale per condividerla con qualcuno. «Pagano meglio che nelle scuole statali del mio paese.» Durante la loro precedente frequentazione, gli aveva fatto credere di avere problemi di denaro e lui si era trattenuto dal sondare ulteriormente la questione. «E poi comincio davvero ad amare New York.»

    «Sì, è quello che ha detto anche tua madre.»

    «Hai chiamato i miei genitori?»

    «Come pensi che avrei potuto rintracciarti altrimenti?» Lui la considerò con espressione impassibile. «Io e tua madre abbiamo fatto una bella chiacchierata. Non le avevi detto la verità riguardo a ciò che ti aveva portata a New York, non è così?»

    Bella lo guardò esasperata. Avrebbe forse dovuto confidare ai suoi genitori, tradizionalisti convinti, che aveva affittato l’utero a degli sconosciuti per impedire alla banca di prendersi la fattoria che apparteneva alla sua famiglia da quattro generazioni? Impossibile. Meglio che credessero che aveva ottenuto un impiego ben remunerato a New York e che fosse riuscita a farsi concedere un prestito personale grazie a quello. Sua madre si era molto arrabbiata con lei per il fatto che si fosse indebitata a causa loro, ma Bella le aveva assicurato che era una cosa che si sentiva fortemente in dovere di fare per la sua famiglia.

    «Non volevo che si preoccupassero.»

    «Sai, negli ultimi nove mesi ho scoperto che preoccuparsi è una delle occupazioni principali di un genitore.»

    Quando Blake lanciò un’occhiata all’auto che aveva alle spalle, lei si rilassò leggermente, felice di non avere più il suo sguardo puntato su di sé. «Oh, non ho difficoltà a crederti.»

    In effetti, anche lei aveva le sue preoccupazioni. Era felice il bambino che aveva dato alla luce? Vedeva abbastanza i suoi indaffaratissimi genitori? Ci giocavano insieme? Gli leggevano qualche favola prima della nanna? Bella odiava il dolore che provava in cuor suo. Indicava la crudele delusione che provava per la separazione dalla sua piccola creatura.

    «Immagino che i miei genitori saranno stati curiosi di sapere chi eri e perché hai chiamato, chiedendo di me. Cosa gli hai detto?»

    «Che ero qualcuno per cui avevi lavorato.»

    Il che, in modo piuttosto contorto, non era lungi dal vero. «Tutto qui?» Non poteva credere che sua madre non avesse indagato oltre riguardo allo sconosciuto al telefono. Non si era minimamente insospettita? Certo, Blake aveva dei modi rassicuranti. Dopotutto, dopo aver trascorso mezz’ora con lui, Bella aveva accettato di fare da madre surrogata a suo figlio. «O hai dovuto dire loro qualcosa di più?»

    «Ho detto che ti eri presa cura di mio figlio e che volevo sapere come te la stavi cavando.»

    «Me la sto cavando bene.»

    Blake le fece scivolare addosso il suo sguardo come se volesse sincerarsi davvero che fosse a posto. «In effetti, hai un aspetto magnifico.»

    «Grazie.» Sebbene non sottintendesse alcun secondo fine, l’occhiata veloce che le dedicò Blake bastò a farle rimescolare il sangue nelle vene. Sarebbe stato imbarazzante se lui avesse scoperto il modo in cui reagiva alla sua vicinanza. «E tu, come stai?»

    «Impegnato.»

    «Come sempre» lo prese in giro lei, strappandogli una mezza smorfia. Buffo come tutto era tornato a esserle familiare. Per un attimo, fu come se non fossero affatto passate tre stagioni dall’ultima volta che si erano visti. «Il solito stakanovista.»

    Lui scosse il capo. «Non più. Ti farà piacere sapere che rientro tutte le sere entro le cinque. Tengo troppo a mio figlio per trascurarlo.»

    Parlò con fermezza, deciso a sottolineare che le sue priorità erano diverse da quelle di suo padre, uomo che Blake aveva conosciuto a malapena, dato che passava quasi tutto il suo tempo in ufficio o fuori città per affari. Nei giorni prima di restare incinta del bimbo di Blake e Victoria, Bella era stata in pensiero per il prolungato orario di lavoro di Blake, ma una seria conversazione riguardo alla sua infanzia l’aveva rassicurata sul fatto che suo figlio avrebbe rappresentato una priorità assoluta nella vita dell’uomo che aveva davanti.

    «Sono contenta.»

    «Lo so.» I suoi lineamenti decisi si addolcirono per lo spazio di un battito di ciglia, ricordandole la faccia che aveva fatto il giorno in cui l’esame a ultrasuoni aveva annunciato che avrebbe avuto un maschietto.

    La gioia le fece schizzare le pulsazioni. I mesi di lontananza non avevano modificato la sua reazione a ogni cambiamento d’umore di Blake. Le capitava ancora di rimanere ammaliata dalla sua potente personalità e dalle fossette che gli si formavano nelle gote nelle rare occasioni in cui si abbandonava al sorriso.

    «Sapevo che saresti stato un buon padre.» Era il motivo per cui aveva accettato di fare da madre surrogata.

    «È molto più impegnativo di quel che immaginassi.» Lo sguardo gli si fece vacuo. «E di gran lunga più appagante.»

    «Come sta Andrew?» Era stata al contempo elettrizzata e sconcertata che Blake e Victoria avessero usato parte del suo cognome per dare un nome a loro figlio.

    «In famiglia, lo chiamiamo Drew» le spiegò Blake. «È sveglio. Curioso. E pieno di vitalità.»

    «Sembrerebbe delizioso.» Il lancinante desiderio di poterlo stringere a sé... che si era attenuato, diventando negli ultimi mesi un dolore sordo, si ripresentò di colpo e Bella si ritrovò a incrociare istintivamente le braccia sul petto.

    «Che programmi hai per l’estate?»

    La repentinità della domanda la colse alla sprovvista. «Io e la mia coinquilina intendiamo dare una mano a sua cugina nell’attività di catering.» Era una cosa che faceva regolarmente da quando si era trasferita da Deidre, fatta eccezione per i mesi in cui la gravidanza le aveva reso troppo scomodo trascorrere ore e ore in piedi. «Perché?»

    «Ho bisogno di una babysitter per Drew quest’estate. La ragazza cui ci affidavamo normalmente è caduta e si è fratturata la gamba in tre punti e ho bisogno di sostituirla per i prossimi due mesi, fino a quando si sarà ripresa.»

    «Ci sono un sacco di agenzie

    Ti è piaciuta l'anteprima?
    Pagina 1 di 1