Segreti in casa Danforth
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Brenda Jackson
E' un'inguaribile romantica e ha sposato il suo primo amore. Chi meglio di lei conosce il significato delle parole scritto nel destino?
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Anteprima del libro
Segreti in casa Danforth - Brenda Jackson
Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:
Scandal Between the Sheets
Silhouette Desire
© 2004 Harlequin Books S.A.
Traduzione di Elisabetta Elefante
Questa edizione è pubblicata per accordo con
Harlequin Books S.A.
Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o
persone della vita reale è puramente casuale.
Harmony è un marchio registrato di proprietà
HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.
© 2005 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano
eBook ISBN 978-88-3052-663-1
Frontespizio. «Segreti in casa Danforth» di Jackson Brenda1
Wesley soffocò uno sbadiglio, infilandosi i jeans.
Era stato svegliato da un rumore, quindi era meglio andare a controllare. Guardò il display luminoso della sveglia sul comodino: quasi l’una del mattino. Il volo da Dallas aveva subito un forte ritardo a causa delle avverse condizioni meteorologiche, perciò, al suo arrivo a casa, si era fatto una rapida doccia ed era crollato sul letto.
Il rumore improvviso gli aveva fatto spalancare gli occhi, ma ci aveva impiegato diversi secondi per ritrovare la lucidità e ricordare dove si trovasse. Si era trasferito in quella casa solo una settimana prima, poi era subito partito per un viaggio d’affari.
Dovette fare mente locale per ricordare che non viveva più con il suo migliore amico, Jacob Danforth.
Jake, lo scapolo d’oro amante della bella vita, era ora felicemente sposato con Larissa, che gli aveva dato uno splendido bambino. Non volendo fare da terzo incomodo ai due novelli sposi, Wesley si era deciso a compiere il grande passo: si era comprato quella villa sulle rive del Savannah River.
Udì un altro rumore.
Senza perdere tempo a infilare le scarpe, scese adagio le scale. Aveva appena raggiunto il pianterreno, quando sentì un altro rumore: proveniva dall’esterno.
Aprì l’ampia portafinestra e uscì sulla balconata.
Aprile aveva portato con sé l’aria frizzante e piena di promesse della primavera. Quella sera, poi, una luna piena incantevole rischiarava il cielo e tutto il giardino in fondo al quale, in un angolo, erano sistemati due grossi bidoni della spazzatura.
Ricordandosi di non aver chiuso a chiave il cancello al suo rientro, concluse che a svegliarlo doveva essere stato un gatto o un cane randagio venuto a cercare qualcosa da mangiare. Stava per girarsi e tornare dentro, quando colse il movimento di una figura troppo grande per essere un animale a quattro zampe.
Aguzzò la vista: c’era qualcuno chino sui bidoni, intento a frugare nella sua spazzatura. Forse un barbone, mosso dalla fame.
Istintivamente, provò una stretta al cuore.
Grazie alla sua compagnia di e.commerce su Internet, Wesley guadagnava diversi milioni di dollari all’anno, ma aveva giurato a se stesso che non avrebbe mai dimenticato da dove era venuto.
Non che sapesse molto delle sue origini. Ancora in fasce, era stato abbandonato sulla soglia di un orfanotrofio; da bambino era stato dato in affidamento a diverse famiglie, che non si erano mai affezionate a lui al punto da volerlo adottare. A quattordici anni, era scappato e aveva vagabondato per strada per tre giorni prima di essere acciuffato dalla polizia. In quei tre giorni, aveva fatto amicizia con Al Lombard, un vecchio barbone incontrato per caso. Parlando con lui, aveva scoperto che l’uomo era stato un insegnante: dopo aver perso la moglie in un tragico incendio, che gli aveva distrutto anche la casa, non avendo parenti né amici, e non essendo assicurato, era finito letteralmente in mezzo alla strada.
Al aveva diviso con lui il poco cibo che aveva e la coperta, per farlo dormire al caldo la notte. Anche a distanza di anni, Wesley lo ricordava come una delle persone più gentili e generose che avesse conosciuto. Dopo aver guadagnato il suo primo milione, aveva ingaggiato un investigatore privato per rintracciarlo, ma aveva scoperto che l’uomo era morto di polmonite pochi mesi prima.
Ritornando al presente e per riscattarsi in parte di quel vecchio debito, Wesley decise di offrire a quel poveraccio dei soldi per comprarsi un pasto decente e per cercarsi un posto dove andare a dormire.
Tornò dentro con l’intento di andare a prendere il portafoglio. Di solito, non aveva molto contante con sé, ma se non ricordava male, dentro doveva averci lasciato qualche biglietto da cento.
Certi giornalisti sarebbero capaci di tutto per uno scoop... e io sono diventata uno di loro.
Quello il pensiero cupo che attraversò la mente di Jasmine mentre frugava tra i rifiuti di Wesley Brooks. Si scoprivano tante cose di una persona cercando tra la sua spazzatura, ma lei finora aveva scoperto solo una cosa del milionario considerato il numero uno degli esperti di Internet in tutta Savannah: che aveva un debole per gli spaghetti in scatola.
E quelli preparati in casa, con la salsa di pomodoro fresco? Nessuna delle innumerevoli signorine cui si accompagnava il signor Brooks aveva scoperto che la via più rapida per arrivare al cuore di un uomo di solito passava attraverso lo stomaco e non necessariamente attraverso una parte più bassa della sua anatomia? Forse non era il caso di Wesley Brooks, rifletté.
A dare ascolto alle voci che circolavano sul suo conto, era un uomo fuori del comune. Jasmine aveva letto la sua biografia talmente tante volte da saperla a memoria. Orfano, abbandonato in fasce, era stato sballottato come un pacco postale da una famiglia all’altra fino a sedici anni, quando, frequentando il liceo, aveva avuto la fortuna di conoscere Jacob Danforth, rampollo di una delle famiglie più in vista di Savannah.
Jacob e Wesley erano diventati amici per la pelle e quando Wesley aveva rischiato di essere affidato all’ennesima famiglia, Harold e Miranda Danforth, genitori di Jacob, si erano fatti avanti aprendogli le porte di casa loro e dandogli la prima famiglia che il ragazzo avesse mai conosciuto.
Terminato il liceo, l’abilità nello sport e i voti altissimi presi in matematica gli erano valsi una borsa di studio alla Georgia Tech University, dove si era iscritto anche Jacob Danforth: i due avevano diviso la stessa stanza negli alloggi per gli studenti nei quattro anni successivi, fino alla laurea.
Jasmine sospirò, continuando a frugare nella spazzatura. Non c’era un solo dettaglio della vita di Wesley Brooks che non conoscesse, compreso il fatto che la compagnia di e.commerce che aveva fondato alcuni anni prima lo aveva reso milionario: all’età di trent’anni, era considerato uno degli uomini più ricchi di Savannah... nonché uno dei partiti più appetibili. Lei sapeva anche che i Danforth lo consideravano uno di famiglia, e quello era il motivo per cui era venuta a frugare nella sua spazzatura in piena notte.
Improvvisamente si bloccò.
Le era parso di sentire qualcosa alle proprie spalle. Lasciò passare qualche secondo. Niente. Forse si era sbagliata. Ricominciò a fare quello che stava facendo.
Secondo Veronica Ronnie Strongman, una sua collega, ma anche una cara amica, non era possibile che Wesley Brooks sciupasse un sabato sera a casa. Sicuramente stava facendo ciò che, a detta di molti, sapeva fare meglio, a parte guadagnare fior di milioni: si godeva la sua libertà dandosi alla pazza gioia.
Jasmine si arrestò di nuovo, udendo un altro suono, e si voltò di scatto, spaventata. Soffocò un urlo quando il suo sguardo incrociò quello del fascinoso playboy milionario, che usciva dall’ombra. Indosso aveva solo un paio di jeans.
Era più alto di come lo aveva immaginato e aveva un fisico asciutto, tutto muscoli, senza nemmeno un grammo di grasso. Nei vividi occhi scuri scintillava una luce intelligente. Il torace possente sembrava come scolpito nell’ebano: un colore di pelle splendido, ereditato probabilmente dai suoi antenati afroamericani.
Ma, a parte quelle frivole considerazioni, Jasmine era stata appena colta in flagrante, con le mani nella spazzatura di Wesley Brooks. Che fare? Girarsi sui tacchi e scappare? Sarebbe stata una buona idea, se fosse riuscita a muoversi. Invece era come inchiodata con i piedi per terra.
Wesley rimase un attimo interdetto. Il suo ospite non era un lui, ma una lei. Vide balenare un lampo di paura nei suoi occhi e capì che era pronta a darsela a gambe, ma non glielo avrebbe permesso, non prima di averle dato qualcosa.
«Aspetta un attimo. Non te ne andare. Voglio darti una mano.»
La vide sgranare gli occhi, gli occhi più scuri e più incredibili che avesse mai visto in una donna. Un’ampia sciarpa le copriva la testa e lì, in quell’angolo buio del giardino illuminato solo dal fioco bagliore della luna, Wesley si accorse che anche il viso di quella ragazza era incredibile. La pelle color cioccolata era perfetta, come levigata. Doveva avere sì e no venticinque anni, calcolò: la sua stessa età, quando aveva guadagnato il suo primo milione.
La ragazza indossava una logora tuta di felpa, ma, sorprendentemente, aveva un profumo gradevole. Gli parve di riconoscerlo: troppo costoso per una accattona. Evidentemente, la sua giovane ospite doveva averne trovato un fondo di boccetta frugando nei bidoni dei quartieri alti.
«Quanti anni hai?» le chiese, usando volutamente un tono pacato per non spaventarla e per farle capire che non aveva intenzione di denunciarla per essersi introdotta nella sua proprietà.
Intimorita, lei fece un passo indietro. «Io... ventisei. Perché?»
«Così. Ero curioso. Tieni questi.» Le porse alcune banconote. Cinque biglietti da cento dollari. «Comprati un pasto caldo e spendi il resto per qualcosa di utile, magari qualche vestito.» Anche se, guardandola meglio, non aveva l’aria di una barbona vestita di stracci. «Però non troverai rosticcerie aperte, a quest’ora. Se hai fame, vieni dentro. Ti preparo qualcosa.»
Le labbra della ragazza si allargarono impercettibilmente. «Spaghetti in scatola scaldati nel microonde?»
Wesley ebbe bisogno di un qualche secondo per cogliere la battuta. Si concesse una gran risata. Ovviamente la ragazza doveva aver trovato le sue scatolette vuote e scoperto la sua passione per gli spaghetti. I suoi amici lo prendevano addirittura in giro per quella passione sfrenata: li preferiva a una cena in uno dei tanti ristoranti esclusivi che pure era costretto a frequentare spesso, per mantenere i contatti di lavoro.
Quando smise di ridere, si accorse che la giovane aveva approfittato di quell’attimo di disattenzione per scappare. La vide sfrecciare nel vialetto e riaprire il cancello di ferro battuto per uscire in tutta fretta. «Ehi, aspetta! Hai dimenticato questi!» provò a urlare, sventolando le banconote per aria.
Troppo tardi. Non poté correrle dietro, perché era a piedi nudi. Raggiunse cauto il cancello e cercò di vedere in che direzione fosse andata, ma lei era già sparita. L’aveva spaventata.
Fece per voltarsi e tornare verso casa, quando abbassò casualmente lo sguardo. C’era qualcosa che brillava sul selciato del viale. Si chinò a raccoglierlo: una catenina con un ciondolo d’oro. Doveva essere caduta alla ragazza mentre scappava.
La strinse in una mano. E tornò a incamminarsi verso casa.
C’era mancato poco, rifletté Jasmine esalando un sospiro di sollievo