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Le parole che non ti ho detto: Harmony Collezione
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Le parole che non ti ho detto: Harmony Collezione
E-book160 pagine2 ore

Le parole che non ti ho detto: Harmony Collezione

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Info su questo ebook

Isobel Dorland continua a rileggere le lettere che il destino le ha fatto ritrovare nella soffitta della casa materna: contengono una sconvolgente verità sulle sue origini. Non ha nulla da perdere, adesso, a mollare tutto per cercare suo padre. L'unico scoglio, in realtà, sarebbe l'amore di Jared, un uomo dolce ma sposato che forse non lascerà mai la famiglia. Si pentirà di aver seguito l'istinto di partire senza lasciare traccia? Arrivata in Cornovaglia, apprende che

LinguaItaliano
Data di uscita11 gen 2016
ISBN9788858944042
Le parole che non ti ho detto: Harmony Collezione

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    Anteprima del libro

    Le parole che non ti ho detto - Anne Mather

    Titolo originale dell’edizione in lingua inglese:

    Savage Innocence

    Harlequin Mills & Boon Modern Romance

    © 2001 Anne Mather

    Traduzione di Viviana Guglielmi

    Questa edizione è pubblicata per accordo con

    Harlequin Books S.A.

    Questa è un’opera di fantasia. Qualsiasi riferimento a fatti o

    persone della vita reale è puramente casuale.

    Harmony è un marchio registrato di proprietà

    HarperCollins Italia S.p.A. All Rights Reserved.

    © 2002 Harlequin Mondadori S.p.A., Milano

    eBook ISBN 978-88-5894-404-2

    www.harlequinmondadori.it

    Questo ebook contiene materiale protetto da copyright e non può essere copiato, riprodotto, trasferito, distribuito, noleggiato, licenziato o trasmesso in pubblico, o utilizzato in alcun altro modo ad eccezione di quanto è stato specificamente autorizzato dall’editore, ai termini e alle condizioni alle quali è stato acquistato o da quanto esplicitamente previsto dalla legge applicabile. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata di questo testo così come l’alterazione delle informazioni elettroniche sul regime dei diritti costituisce una violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla Legge 633/1941 e successive modifiche.

    Questo ebook non potrà in alcun modo essere oggetto di scambio, commercio, prestito, rivendita, acquisto rateale o altrimenti diffuso senza il preventivo consenso scritto dell’editore. In caso di consenso, tale ebook non potrà avere alcuna forma diversa da quella in cui l’opera è stata pubblicata e le condizioni incluse alla presente dovranno essere imposte anche al fruitore successivo.

    1

    La soffitta era incredibilmente calda e soffocante. An che se fuori era una giornata piuttosto fresca, sembrava che tutto il sole delle recenti settimane fosse rimasto intrappolato nel tetto. Isobel ansimò leggermente mentre si faceva largo tra bauli e scatoloni che da anni non vedevano la luce del giorno.

    Era tutta colpa sua, naturalmente. Si sarebbe dovuta rifiutare di farlo, anche se doveva ammettere che non si aspettava che sgombrare la casa si rivelasse un compito tanto arduo. Appoggiata sui talloni, ispezionando l’accumulo di cianfrusaglie raccolto lì nel corso degli anni, cercò di non sentirsi ansiosa. Ma forse si stava sobbarcando un compito troppo impegnativo.

    D’altra parte, non c’era nessun altro disposto a svolgerlo. Marion non si sarebbe mai sognata di sporcarsi le mani arrampicandosi là sopra. Inoltre, come diceva sempre a Isobel, le ore della giornata non le bastavano mai per fare tutto quello che doveva. E Malcom non sarebbe stato contento se avesse impiegato il poco tempo libero che aveva a sistemare il ciarpame della madre defunta. Suo marito la vedeva già così poco.

    Insegnando in una scuola locale, Isobel poteva facilmente prendersi un giorno di ferie per gestire senza problemi le conseguenze di un lutto familiare. Poteva farsi sostituire da una collega, ma Marion aveva delle persone alle sue dipendenze, addirittura uno staff, che non poteva certo trascurare per occuparsi degli effetti personali di sua madre.

    Isobel suppose che fosse vero. Marion non solo aveva un marito e una figlia di otto anni, Emily, ma gestiva anche un’agenzia di collocamento. Era sempre impegnata a far colloqui o a prendere parte a riunioni importanti. A volte si chiedeva come mai la sorella si fosse presa la briga di sposarsi.

    Isobel non era sposata e sapeva che questo deliziava immensamente Marion. Sapeva ben poco della sua vita privata, naturalmente, ma il fatto che non avesse un compagno fisso la gratificava. La migliore amica di Isobel, Michelle Chambers, sosteneva che Marion fosse un po’ gelosa di lei. Invece, secondo lei, non aveva senso che Marion fosse gelosa della sorella adottiva.

    Per lei Marion era sostanzialmente infelice. Anche se asseriva con forza il contrario, non sembrava mai godersi il proprio successo. Isobel sapeva che sua madre aveva passato con Emily più tempo di quanto non fosse riuscita a fare Marion e la bambina avrebbe sentito terribilmente la mancanza della nonna.

    La signora Dorland era morta sei settimane prima. Aveva sofferto di un male incurabile per tre anni, perciò la sua morte non era giunta inaspettata. Nonostante questo, Isobel era ancora sbigottita dal vuoto che aveva lasciato nella sua vita la sua scomparsa. C’erano tante cose che non le aveva mai detto, tante cose che voleva dirle in quel momento.

    All’inizio aveva rimosso il suggerimento di Marion secondo cui la casa doveva essere sgombrata, tuttavia sapeva che prima o poi avrebbe dovuto farlo. Il loro padre era morto alcuni anni prima e Isobel non abitava più dai suoi, il che significava che la casa in Jesmond Dene ormai era vuota. In realtà era consapevole che sistemare gli effetti personali della madre sarebbe stato doloroso e aveva aspettato fino a quando l’emozione non si era placata prima di farlo.

    Ora, però, non aveva scelta. Se ne sarebbe andata presto e Marion si stava mobilitando per vendere la casa mentre il mercato immobiliare era ancora alto. Isobel sapeva che la quota di Marion del ricavato era destinata alla sua impresa e avrebbe voluto che la sorella si prendesse tutto quanto.

    Ma l’avvocato era stato irremovibile a riguardo: il testamento della signora Dorland affermava chiaramente che entrambe le figlie dovevano ereditare in parti ugua li. Sua madre non aveva mai fatto differenze tra loro e a volte Isobel si chiedeva se non fosse stato quello il motivo per cui Marion aveva lavorato tanto duramente... per ottenere l’approvazione dei genitori.

    Era stato abbastanza facile occuparsi dei mobili, dopo aver scelto alcuni oggetti; tutto il resto era stato venduto in un secondo tempo.

    Soltanto quando aveva aperto la porta della soffitta, Isobel si era resa conto dell’enormità del suo compito. Avrebbe dovuto occuparsi personalmente dei vecchi bauli e scatoloni, non poteva certo permettere a estranei di frugare tra le carte di famiglia. Finora aveva scoperto solo vecchi abiti, libri e album di fotografie, e comunque non se la sentiva di gettarli senza averci dato almeno un’occhiata. Poteva esserci qualcosa di valore. Lo doveva alla memoria della madre.

    Tuttavia non si era aspettata di soffrire tanto caldo. E la nausea che l’aveva stordita in mattinata stava iniziando a farla sudare di nuovo. Se non avesse mangiato qualcosa subito, avrebbe iniziato ad aver conati di vomito e non era una prospettiva che la entusiasmava.

    Stava muovendosi carponi verso la scala che portava al piano inferiore quando vide una valigetta, coperta di polvere. Era stata spinta sotto una delle travi e forse non l’avrebbe vista se non fosse stata in quella posizione. La tirò fuori, imprecando quando la maniglia venne via da una parte, graffiandole un dito. Poi, stringendola sotto il braccio, scese al piano inferiore.

    Una cosa alla volta, pensò sistemandosi i riccioli dietro le orecchie e scendendo le scale fino al pianterreno. In casa non c’era da mangiare, ma si era portata un thermos di caffè e qualche biscotto. Aprì la porta posteriore e uscì nel sole, mettendosi a sedere sulla panchina che circondava il vecchio melo.

    Era lì che sua madre si sedeva d’estate, ricordò tristemente. Sospirando, accantonò i pensieri malinconici e rivolse la sua attenzione alla valigetta. Aveva grosso modo le dimensioni di una ventiquattr’ore, e Isobel non ricordava di averla mai vista prima. Forse non apparteneva ai suoi genitori, pensò. I nonni erano vissuti in quella casa prima che suo padre e sua madre si sposassero, magari era appartenuta a loro. In ogni modo, era improbabile che contenesse qualcosa d’importante. Tutti i documenti privati della madre erano dal suo avvocato.

    Dapprima pensò che la valigia fosse chiusa a chiave. I primi tentativi di far scattare la chiusura a gancio fallirono. Cercò un cacciavite nella cassetta degli attrezzi e lo adoperò; qualche attimo dopo, finalmente il gancio cedette.

    Come si era aspettata, si trattava di un altro ricettacolo di carte. Conteneva lettere, questa volta, col timbro postale di un indirizzo in Cornovaglia; erano tutte di almeno venticinque anni prima. Isobel si accigliò. Non sapeva che i suoi genitori conoscessero qualcuno che viveva in Cornovaglia. Nessuno dei due ne aveva mai fatto cenno con lei. E dubitava che se Marion l’avesse saputo si sarebbe tenuta per sé una cosa del genere.

    A meno che...

    Scosse la testa. Possibile che quelle lettere avessero qualcosa a che fare con la sua adozione? Non sapeva praticamente niente dei suoi veri genitori. Le avevano detto che la sua madre naturale era morta in un incidente stradale poco dopo la sua nascita e che non era sposata, quindi lei era stata data in affidamento. Isobel aveva creduto di aver vissuto a Newcastle e che per questo i Dorland l’avessero adottata. La signora Dorland aveva sempre desiderato una famiglia numerosa ma, dopo la nascita di Marion, aveva scoperto che non poteva avere altri figli.

    Isobel si domandò come mai non aveva fatto domande riguardo alla sua adozione. La verità era che sua madre diventava sempre molto irritabile ogni volta che veniva toccato l’argomento. Fin da piccola, le era stato insegnato che era fortunata ad appartenere a una vera famiglia e in un certo senso le era sembrato ingrato e sleale chiedere informazioni sulla madre naturale.

    Forse questo non c’entrava niente con quelle lettere, decise togliendo l’elastico che le teneva insieme e studiando la busta con occhi pensierosi. Era indirizzata a sua madre, notò, e le si contrassero i nervi. Inutilmente, ne era sicura. Stava prendendo troppo sul serio quelle lettere. Probabilmente erano di un amico di gioventù della madre.

    Si chiese se non dovesse prima chiedere a Marion cosa fare di quelle lettere. Ma poi prevalse la curiosità e la consapevolezza che Marion non aveva mostrato il benché minimo interesse per gli effetti personali della madre. Dopo tutto, era solo la sua immaginazione che stava loro attribuendo un significato che probabilmente non avevano.

    Lesse l’indirizzo in cima alla lettera: Tregarth Hall, Polgarron. Impressionante!, si disse incuriosita: anche se la lettera era vecchia, la qualità della carta era ancora evidente al tatto. Poi notò che iniziava con Cara Iris, il nome di sua madre, e non con Signora Dorland. La tensione si allentò e guardò in fondo alla pagina. La firma era Robert Dorland. Quindi si trattava di lettere inviate da qualche parente di suo padre...

    Cara Iris, lesse di nuovo, e poi proseguì. Tutti i pre parativi sono stati completati. Matty ti porterà la bambina l’8 di agosto.

    La bambina? Matty?

    Isobel aveva la gola secca, ma si costrinse a continuare a leggere.

    So che consideri il mio modo d’agire biasimevole, ma non posso assolutamente tenerla nemmeno se lo volessi, e non voglio.

    Isobel si sentì mancare il respiro, ma doveva andare avanti.

    Sono certo che George - suo padre, intuì lei sempre più tesa - imparerà ad adattarsi alla situazione. È sem pre stato un bigotto, anche da giovane, e se non fosse stato per il tuo intervento, sono sicuro che avrebbe rifiutato la bambina. Comunque, chi sono io per giudicarlo? Come direbbe George, chi rompe paga e i cocci sono suoi. Non potrebbe mai perdonare le debolezze di qualcuno. Ecco perché mio padre ha lasciato Tregarth a me e non a lui, suppongo. Dubito che resteremo in contatto, cara Iris. Ti ringrazio e ti faccio i miei migliori auguri per il futuro.

    L’aria uscì dai polmoni di Isobel in un soffio doloro so, poi la nausea che aveva debellato solo pochi

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