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I soldati invincibili: Forze Speciali. Dalla guerriglia alle operazioni clandestine
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I soldati invincibili: Forze Speciali. Dalla guerriglia alle operazioni clandestine
E-book331 pagine4 ore

I soldati invincibili: Forze Speciali. Dalla guerriglia alle operazioni clandestine

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Info su questo ebook

Come nascono le forze speciali e in che contesto furono create? Quali sono le migliori unità da combattimento oggi? Questo libro offre una disamina completa delle forze d'élite degli eserciti contemporanei. Create per operare in ambienti ostili anche a grande distanza dalle proprie basi, le forze speciali rappresentano uno strumento di intervento e dissusione ormai insostituibile per i governi.
Il mondo è entrato in una nuova fase in cui la violenza in tutte le sue forme sta ponendo a dura prova l’equilibrio internazionale. I conflitti etnici e religiosi, le guerre civili e il terrorismo minacciano di incendiare intere aree del pianeta. Le opportunità di intervento delle forze armate si sono quindi moltiplicate e sono divenute essenziali per ogni Stato che si proponga di difendere i propri interessi ed i propri cittadini attraverso uno strumento militare in grado di adattarsi alle nuove minacce e a reagire efficacemente. A questo proposito, “le forze speciali”, unità di élite responsabili di missioni impossibili, composte da combattenti eccezionali, addestrate a operazioni pericolose, fulminee e segrete, sono oggi in prima linea nella lotta al terrorismo islamico. Queste unità che agiscono tra l’azione clandestina e gli interventi convenzionali, hanno sempre affascinato, perché incarnano il mito dell’invincibile guerriero. Attraverso un’analisi storica e politica di tale fenomeno contemporaneo, questo libro offre una riflessione unica sul ruolo delle unità speciali considerando che queste saranno sempre più richieste nelle guerre di domani.
LinguaItaliano
Data di uscita22 ago 2019
ISBN9788899301620
I soldati invincibili: Forze Speciali. Dalla guerriglia alle operazioni clandestine

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    Anteprima del libro

    I soldati invincibili - Eric Denécé

    editore.

    Indice

    Preambolo

    Introduzione

    Capitolo I Contesto storico delle operazioni speciali

    Capitolo II Le forze speciali sovietiche (1917-1991)

    Capitolo III Evoluzione delle principali missioni delle forze speciali britanniche (1936-2001)

    Capitolo IV La dottrina d’impiego delle forze speciali britanniche

    Capitolo V Azioni clandestine e operazioni speciali degli Stati Uniti (1941-2001)

    Capitolo VI La concezione americana delle operazioni speciali

    Capitolo VII L’impiego di forze speciali durante l’operazione Enduring Freedom

    Capitolo VIII La Francia e le operazioni speciali (1940-1992)

    Capitolo IX Il dispositivo francese d’Azione speciale

    Capitolo X Le altre esperienze di operazioni speciali nel mondo

    Capitolo XI Concetto d’uso e caratteristiche delle forze speciali

    Capitolo XII I limiti delle operazioni speciali

    Conclusione

    Bibliografia

    Autore

    Una democrazia che si privi, come l’Occidente fece con Hitler, di un uso limitato della forza per soffocare sul nascere una violenza sistematica non aiuterebbe lo sviluppo pacifico dell’umanità.

    Raymond Aron

    Preambolo

    Torna all’indice

    Questo libro ha origine da un gruppo di lavoro, istituito su iniziativa di un politico francese che, all’inizio degli anni ‘90, preparò un programma di riorganizzazione della Direzione generale per la sicurezza esterna (DGSE). Nel contesto di questo imponente lavoro in cui venni coinvolto, fui particolarmente colpito dall’assenza di una chiara definizione dei contenuti e dei limiti dell’azione clandestina nel sistema francese, una lacuna che ha causato molte confusioni con le operazioni speciali. Per questo motivo, alla fine di questo progetto, che rimase peraltro senza seguito – e che non poteva comunque offrire una pubblicazione aperta ai principi delle operazioni clandestine – decisi di dedicarmi ad una riflessione sulle operazioni speciali e sui loro legami con le azioni clandestine da una parte e le operazioni convenzionali dall’altra.

    Le pagine seguenti sono il risultato di un lungo processo di analisi e ponderazione basato sull’utilizzo di documenti ufficiali e interviste con elementi operativi appartenenti o appartenuti a diverse unità speciali francesi ed europee. Sono stati arricchiti dalle mie osservazioni sul campo di varie operazioni di guerriglia o contro insurrezione nel sud-est asiatico durante gli anni ‘90. Alcune di queste riflessioni, pubblicate sotto forma di articolo, sono state censurate, a suo tempo, dalle alte autorità militari francesi, prima di ricevere – un paradosso significativo – il premio della Fondazione per gli studi della Difesa (FED) nel 1996.

    Molte persone provenienti da forze speciali o dai servizi segreti francesi e stranieri mi hanno permesso di portare a termine con successo questo lavoro. I miei ringraziamenti vanno in particolare a Nicolas Varnery, Jean Deuve e al Generale de Marolles per il loro contributo e i saggi consigli nella stesura di questo libro, così come a tutti coloro che non possono essere citati a causa delle loro attività passate o attuali.

    Eric Denécé

    Introduzione

    Torna all’indice

    Nonostante l’implosione dell’Unione Sovietica e la scomparsa della grande minaccia che rappresentava, il mondo non entrato in un’era di pace e armonia. Molte ipoteche pesano ancora sull’equilibrio internazionale, che rimane in balia di esplosioni di violenza sempre più incontrollabili. Infatti, la fine dello scontro Est-Ovest ha liberato antagonismi che fino ad allora erano stati contenuti o contrastati, e le crisi possono ora scoppiare in tutti i continenti. In Europa, la realtà delle guerre civili multiple o di frontiera (ex Jugoslavia, l’implosione dell’ex URSS, ecc.) ha sostituito la minaccia dell’Armata Rossa. In Africa, Medio Oriente e Asia, la scomparsa dell’ordine bipolare ha lasciato aperta la strada all’espressione di antagonismi laici o conflitti legati alle ambizioni di potere degli attori regionali che cercano di sfruttare il nuovo contesto per realizzare con la forza le proprie ambizioni. In un ambiente globale sempre più interdipendente, molte di queste crisi possono avere potenti effetti collaterali regionali o continentali. Inoltre, le tradizionali rivalità interstatali sono ora complicate dai pericoli della criminalità transnazionale, del terrorismo o delle organizzazioni legate al narcotraffico: mafie, triadi, cartelli, movimenti religiosi radicali. Questi nuovi stakeholder stanno sviluppando strategie che sono indipendenti da qualsiasi controllo governativo e sono diventati in grado di operare autonomamente su scala globale.

    Così, dai primi anni ‘90, abbiamo assistito ad una vera e propria frammentazione politica della scena internazionale e ad un numero sempre maggiore di guerre civili, etniche o religiose. L’epoca attuale è anche caratterizzata da un indebolimento generalizzato del ruolo dello stato ovunque ci si trovi. Le funzioni che in passato gli erano sovrane, gli sono sfuggite gradualmente. Molti paesi del Terzo Mondo si stanno dimostrando sempre più incapaci di ridurre la violenza nei territori di cui sono responsabili. Di conseguenza, nei paesi meno sviluppati, l’autorità è indebolita a favore di potentati locali o bande mafiose e si osserva ormai la caduta di regioni intere del nostro pianeta nell’anarchia (Africa, America Latina).

    In questo nuovo contesto, le opportunità di intervento delle forze armate si moltiplicano. È ora essenziale per qualsiasi stato che intenda difendere i propri interessi, bisogni e impegni emergenti, disporre di uno strumento militare in grado di affrontare le minacce e di contrastarle efficacemente. Tuttavia, gli interventi esterni sono soggetti a numerosi vincoli. Da un lato, l’improvvisa insorgenza di crisi regionali non lascia ai governi interessati sufficiente tempo di assemblare e trasportare unità convenzionali bisognose di una logistica imponente e un dispiegamento lento. Inoltre, l’uso dello strumento militare in tempi di crisi deve ora essere sistematicamente adattato all’effetto desiderato. Il controllo del grado di violenza degli interventi è un nuovo parametro per gli eserciti. Questi non hanno più lo scopo di distruggere il potenziale militare o economico dell’avversario, ma di agire per dissuaderlo dal prendere la decisione di o continuare la sua aggressione. È necessario colpire abbastanza duramente e precisamente per persuadere l’avversario, senza però correre il rischio di un’azione sproporzionata che potrebbe portare alla guerra. Inoltre, a seconda dell’importanza delle crisi in atto, gli interventi esterni sono sempre più soggetti al controllo in tempo reale del potere politico, perché nella risoluzione di queste, la forza viene utilizzata insieme anche ad altri mezzi di pressione (diplomatici, economici) per cercare di trovare una risposta alla controversia. Infine, è necessario prendere in considerazione il costo psicologico delle perdite di proprio personale a seguito di interventi militari. Un invio massiccio di truppe, anche truppe professionali, è sempre molto difficile da realizzare materialmente e psicologicamente per le democrazie. Non possono permettersi di coinvolgere frequentemente i loro eserciti in conflitti che, sebbene brevi e delocalizzati, non sono meno violenti e mortali, causando perdite il cui costo è difficile da accettare da parte dell’opinione pubblica, limitando così il margine di manovra dei governi.

    La gestione delle varie situazioni di crisi, improvvise e imprevedibili, che gli stati possono trovarsi ad affrontare, e i vincoli operativi e politici che caratterizzano gli interventi, richiedono un nuovo tipo di meccanismo di risposta. Così, negli ultimi venti anni circa, lo stato maggiore di molte forze armate è stato indotto a rivedere i vincoli di impiego delle forze speciali, unità altamente specializzate in grado di intervenire senza indugio e in modo non clandestino, su tutto lo spettro dell’evoluzione delle crisi, effettuando operazioni militari non convenzionali note come operazioni speciali.

    Dalla fine della Seconda guerra mondiale si sono formate molte unità speciali in tutto il mondo, con usi e fortune diverse. Ma sono le nuove condizioni di sicurezza internazionale che hanno evidenziato la crescente necessità di questo tipo di unità. La Guerra delle Falkland nel 1982, i combattimenti in Afghanistan (1979-1989), la Guerra del Golfo nel 1991 – sia nella sua fase aeronautica che in quella terrestre – e gli interventi nei Balcani sono stati casi chiave ed evocativi del ruolo che le forze speciali possono svolgere. Il loro coinvolgimento in Afghanistan, durante la campagna contro la rete di Al-Qaeda e il regime dei talebani ha notevolmente accresciuto il loro valore.

    Le forze speciali possono essere utilizzate in tutti i tipi di guerra, da un grande conflitto nell’Europa centrale a lotte di contro-insurrezione nel mondo. Sono essenziali quando l’impiego di unità convenzionali non è possibile – per motivi di discrezione, di tempo o di efficienza – ma anche per le intrinseche difficoltà nel preparare l’invio di queste unità. Le forze speciali consentono invece una gestione avanzata e a basso costo delle crisi, evitando l’impiego di forze regolari in un conflitto con un esito ancora incerto. Spesso sono l’unica risposta possibile al terrorismo internazionale all’estero e sono l’unico modo per liberare gli ostaggi detenuti in un paese terzo. Le forze speciali rispondono anche ai problemi posti da una serie di imperativi moderni: il calo generalizzato dei bilanci della difesa, il costo psicologico delle perdite di intervento, il controllo del grado di violenza e il controllo in tempo reale da parte del potere politico. Ma operazioni speciali possono essere concluse, nel contesto improvviso e violento delle crisi internazionali, solo se gli stati hanno prima istituito un sistema adeguato di uomini e mezzi, regolarmente modernizzato in funzione dei nuovi vincoli operativi, degli sviluppi tecnologici e dello studio di azioni analoghe condotte da eserciti stranieri.

    Oggi, in tutto il mondo, l’utilità delle forze speciali è riconosciuta sia dai partiti politici che dall’istituzione militare stessa. I mezzi essenziali per la loro esistenza e la loro operatività sono ora concessi dai governi senza difficoltà. Si tratta di un significativo cambiamento di mentalità, perché per diverso tempo questo tipo di unità sono state oggetto di ostilità più o meno marcata da parte delle unità regolari e in particolare degli stati maggiori, che tradizionalmente diffidano delle unità atipiche, con un forte spirito di corpo e quindi difficilmente controllabili. Ma il settore delle operazioni speciali è stato così poco convenzionale e segreto che è sfuggito da tempo a qualsiasi dibattito sui principi fondamentali che ne regolano l’attuazione. Anche se diverse unità hanno definito i loro principi di azione già dagli anni ‘40, è stato solo a metà degli anni ‘80 che sono nati i primi concetti di uso comune delle forze speciali. Di conseguenza, mentre ci sono molti testi, sia in francese che in inglese, dedicati alla dottrina e all’organizzazione di unità speciali, poche pubblicazioni trattano delle loro condizioni di impiego. Da un lato perché l’informazione aperta su questo argomento è piuttosto limitata; dall’altro perché questo aspetto dell’argomento, più tecnico, non è di interesse per il grande pubblico. Di contro rappresenta per gli specialisti uno dei cardini essenziali per lo studio dei dispositivi ad azione speciale.

    L’analisi delle operazioni specifiche è quindi un approccio relativamente originale. Un esercizio teorico basato su un approccio storico è un nuovo tipo di studio in Francia e in lingua francese. I contributi principali su questo tema sono quasi tutti basati sulle esperienze e le testimonianze di uomini appartenenti a queste unità. Anche nei paesi anglosassoni, se si escludono gli studi riguardanti i dispositivi nazionali, non esiste una vera analisi globale. La divisione delle soluzioni adottate dagli stati occidentali illustra le diverse percezioni del singolo fenomeno. Tuttavia, l’analisi concettuale può fornire spunti significativi sull’evoluzione e le caratteristiche di questo campo dell’arte militare e dedurre proposte di azione. Nelle pagine seguenti, proponiamo quindi di studiare successivamente:

    - l’origine delle operazioni speciali e l’evoluzione del loro ruolo dal 1945 attraverso lo studio delle esperienze avutesi nei principali paesi che hanno utilizzato forze di élite:

    - l’analisi dei diversi concetti di impiego contemporanei e degli assetti di forze speciali disponibili nei diversi paesi.

    In particolare, concentreremo il nostro studio sull’Unione Sovietica, il Regno Unito, gli Stati Uniti e la Francia, perché, mentre molti paesi hanno istituito unità speciali negli ultimi decenni, quasi tutte queste sono state create grazie al trasferimento di know-how da questi quattro paesi, che sono i più avanzati in tale campo. Questo approccio consentirà di comprendere il modo in cui questi protagonisti hanno messo a punto e adattato i loro strumenti e la loro dottrina nei diversi periodi storici e di identificare le principali caratteristiche dei differenti sistemi nazionali. Della recente campagna in Afghanistan sarà posto un accento particolare proprio sull’impiego di forze speciali.

    Analisi storica e studio comparativo dei vari dispositivi dimostrerà inoltre che lo svolgimento di operazioni speciali rispetta, in ogni momento e in tutti i paesi interessati, principi abbastanza precisi. Cercheremo, in una terza fase, di formalizzarli per stabilire un paradigma mai visto prima a livello normativo.

    Questo libro è un lavoro di riflessione e di analisi, che si concentra più sulle scienze politiche che sulla storia specifica di operazioni e unità speciali. Non si tratta qui di descrivere la storia di un fenomeno, ma piuttosto di delineare le linee principali della sua evoluzione e di distinguere come, attraverso lo sviluppo delle sue finalità, sono stati costituiti degli strumenti chiave. Questo libro non si occuperà di unità antiterrorismo della polizia o delle forze paramilitari, perché, pur essendo gruppi d’élite estremamente specializzati, non sono forze speciali in senso stretto. Né parlerà dell’hardware ad alta tecnologia o di apparecchiature specifiche utilizzate da queste unità. Ci concentreremo più sulla loro essenza che sul loro arsenale. Questo libro cercherà quindi di definire le costanti che caratterizzano questo campo di azione militare. Esso cercherà di identificare, attraverso le esperienze osservate, gli aspetti operativi e politici di questa particolare forma di operazioni militari. Abbiamo privilegiato la divulgazione del fenomeno in una prospettiva pedagogica, al fine di accompagnare il lettore a comprendere come i decisori, politici o militari che siano, applichino le loro linee di azione risolutive, attraverso riferimenti e casi esemplificativi.

    Innanzitutto, però mi scuso con il lettore per le molte brevi imperfezioni di questo lavoro. Ma ho affrontato un tema ancora in gran parte inesplorato dalla scienza accademica e dalla stessa istituzione militare. Se propongo, alla fine del libro, una bibliografia selezionata, la stragrande maggioranza delle fonti più significative rimane riservata. Si tratta quindi solo di un primo passo che molti altri, l’autore non ha dubbi, potranno continuare e migliorare.

    CAPITOLO I

    Contesto storico delle operazioni speciali

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    Per l’osservatore attento che sa leggere tra le righe, la storia offre diversi esempi di individui o unità a cui governi hanno affidato missioni coraggiose o spettacolari, volte a influenzare l’esito dei conflitti, sia per assicurare una rapida vittoria, sia per invertire il corso di una battaglia mal combattuta o, anche per iterare la spirale della guerra e le sue distruzioni umane e materiali. Questo tipo di operazione pericolosa era generalmente prevista in un rapporto da debole a forte, era sempre l’estensione e lo sfruttamento di informazioni di qualità e rifletteva un approccio non ortodosso alla guerra, strettamente legato all’arte degli stratagemmi. Così gli esempi abbondano, anche se è necessario saperli trovare nel filo di una storia classica che ha prestato loro poca attenzione, soprattutto perché queste pratiche sono rimaste secondarie e segrete, al di fuori del campo delle cronache ufficiali. A queste azioni è tuttavia direttamente richiamabile il concetto di operazione speciale. Ne consegniamo di seguito alcuni casi selezionati.

    Dalle manovre alle operazioni speciali

    Fu probabilmente il guerriero ebreo Gideon, l’inventore delle unità speciali e il primo stratega ad aver compreso l’importanza degli attacchi di sorpresa condotti di notte. Sappiamo dal Libro dei giudici come, nel 1245 a.C., riuscì ad ingannare e sconfiggere i suoi nemici Madianiti. In primo luogo, Gideon si concentrò sulla qualità degli uomini, selezionando trecento combattenti d’élite tra le migliaia di soldati che aveva a sua disposizione. In secondo luogo, fece ricorso alla sorpresa e al suo corollario, la segretezza. Distribuì segretamente delle conchiglie e delle torce a questi trecento uomini, perché la sua idea era quella di utilizzare insieme tre effetti tattici che non sono mai stati superati qual che sia il progresso dell’arte della guerra e della tecnologia: il risveglio improvviso, la luce accecante e il rumore assordante; con il conseguente sconcerto e perdita della lucidità anche di un nemico molto più numeroso. Tale effetto richiese che la fiamma delle torce fosse nascosta in recipienti che tutti avrebbero innalzato contemporaneamente al momento giusto. Di notte, nell’oscurità, i soldati circondarono le posizioni madianite nel più grande silenzio. Al segnale concordato, ruppero le brocche e si lanciarono contro il nemico soffiando nelle loro conchiglie. I madianiti, svegliati dal rumore e dalla vista delle tante luci, erano convinti che una forza gigantesca stava irrompendo su di loro. Si affrettarono subito ad afferrare le armi e si gettarono nella mischia, massacrandosi però l’un l’altro nell’oscurità e nella confusione generale. A Gideon e ai suoi uomini a quel punto non rimase che fare a pezzi i sopravvissuti.

    L’Iliade e l’Odissea sono poi una vera miniera di fatti che richiamano a questo tipo di azioni. Gli esempi di operazioni che oggi chiamiamo speciali, in particolare quelle di Ulisse, abbondano. Omero ci racconta di questo eroe meno come un soldato che come un avventuriero; di volta in volta commerciante, pirata o partigiano, conobbe qualsiasi trucco e tipo di imboscata. Tra le qualifiche usate per definirlo vi sono, tra gli altri, il personaggio dai mille volti, l’ingegnoso (polymètis), l’astuto (polytropos), ecc. È necessario rileggere il suo ritratto fatto da Elena dalla cima dei bastioni di Pergamo: Conosce ogni tipo di torre, sa come disegnare molti progetti. Poco o niente si sa delle prodezze guerresche, ma abbondano: trattative, imboscate, trucchi, stile cretese. All’epoca di Omero, infatti, il modo cretese di combattere non era affatto simile a quello degli eserciti regolari degli Achei o di Troia. I connazionali di Ulisse hanno trasformato l’inganno in un’arte sublime a tal punto che hanno una solida reputazione di bugiardi: Cretesi falsi afferma il detto! Si nascondono di notte in montagna, astuti, mimetizzandosi o mascherandosi, imitando i versi degli animali, disponendo trappole per gli avversari. Si dedicano anche alla pirateria contro le navi straniere, di incursioni in terre lontane, seguite da razzie e rapimenti, e sequestri durante trattative commerciali. Gli eserciti regolari non possono fare nulla contro questi pirati che appaiono camme ombre, colpiscono per poi tornare in mare e scomparire. L’Iliade e l’Odissea sono piene di questi trucchi, probabilmente più vicini al brigantaggio che all’atto eroico. Solo al di fuori del campo di battaglia di Troia sono stati osservati agguati, sorprese, razzie, saccheggi, e incendi. Una vera e propria guerra fatta di molestie e logoramento dell’avversario, accanto alla guerra d’assedio o alle battaglie campali.

    L’episodio del cavallo di Troia è la migliore illustrazione di queste pratiche non convenzionali. La dea Atena, per accelerare la fine di una guerra estenuante, insegnò ad Ulisse il trucco del cavallo di legno. Lo stratagemma consisteva nel portare questo monumento votivo all’interno delle mura di Troia, con dei greci nascosti al suo interno che di notte avrebbero aperto le grandi porte della fortezza al resto delle loro truppe. Per preparare l’operazione, il greco Sinone, una spia al servizio di Ulisse, entrò in città e convinse i troiani che i greci avevano levato l’assedio e che lì avevano lasciato un idolo per la città. Infatti, gli Achei fecero finta di togliere il campo che avevano allestito di fronte a Troia. Apparentemente bruciarono le loro tende, fecero i bagagli, portarono uomini, donne e cavalli sulle navi e presero il mare. Si nascosero in realtà dietro le alture dell’isola di Tenedo. Nonostante gli avvertimenti di Cassandra, i Troiani abbatterono le porte e parte del bastione della cittadella per accogliere il cavallo all’interno delle loro mura. Poi, rassicurati e contenti della pace trovata, infine si addormentarono serenamente. Durante la notte, i greci commandos (il cui numero varia a seconda dei racconti) uscirono dal cavallo di legno e si dispersero nella città addormentata. La spia Sinone accese quindi un fuoco che la flotta achea vide dal mare. Si precipitò e scaricò la maggior parte delle forze che irruppero senza indugio nella cittadella. Questa venne presto ridotta ad un mucchio di ceneri.

    In realtà – cfr. dal racconto di Dictis di Creta – non si trattava di una guarnigione nascosta all’interno del cavallo di legno, ma di un’offerta accompagnata da proposte di pace da parte greca, un doppio inganno in questo caso. Il cavallo, probabilmente vuoto di qualsiasi combattente, servì solo a provocare l’apertura di una porta e la distruzione di parte della cintura di Troia, Sembrerebbe che questo sia un trucco usato molte volte nella storia, dalla presa di Giaffa da parte dell’egiziano Toutii, generale del faraone Thutmes III, verso il 1460 a.C., fino alla cattura delle fortezze di Fougeray e Mantes da parte del bretone Bertrand du Guesclin, duemila ottocento anni dopo. L’antica Grecia rese così gli inganni e i trucchi audaci una vera e propria arte. E se le cronache delle campagne di Alessandro non ci danno molte informazioni su azioni speciali, ciò non significa che non ce fossero state.

    È presente anche l’uso di questa forma di lotta armata nell’antica Cina: oltre al famoso trattato dei trenta stratagemmi, i cinesi Sun Ze e Wu Ze (VI secolo a.C.) dedicarono, nei loro scritti, una parte essenziale alla guerriglia nella conduzione della guerra. Il primo sosteneva l’azione alle spalle del nemico, per disorganizzarlo, e intendeva persino mobilitare l’intera popolazione. Il secondo enunciava i vari principi della controguerriglia.

    Un altro grande conquistatore eccelleva nell’arte del sotterfugio e delle operazioni speciali: Annibale. Il generale cartaginese mostrò, durante tutte le sue straordinarie campagne notevoli doti di invenzione e astuzia: Amava prendere decisioni inaspettate e singolari. Gli erano familiari agguati e stratagemmi di ogni tipo. Studiò con particolare attenzione il comportamento dei suoi avversari. Grazie ad un ineguagliabile sistema di spionaggio – aveva informatori anche a Roma – si teneva informato dei piani del nemico; lui stesso si travestiva usando anche una parrucca per ottenere notizie importanti. Alla fine del 217 a.C., durante la sua campagna in Italia, Annibale dovette lasciare una posizione esposta sulla quale non poteva passare l’inverno. Il suo percorso per raggiungere i territori dei suoi alleati passava attraverso un punto in cui il generale cartaginese sapeva che i Romani stavano progettando di attaccarlo. Annibale usò allora un espediente per ingannare i suoi avversari. Organizzò una mandria di duemila buoi, attorniò le loro corna con fasci asciutti che i suoi uomini accesero con le torce. Nel bel mezzo della notte, spinti da picchieri e cavalleria leggera, si diressero in anticipo verso il valico in questione, con l’ordine di salire sui crinali e di iniziare la lotta contro i romani che gli si sarebbero presentati. I fasci così illuminati fecero credere al nemico che l’esercito cartaginese, temendo di essere intrappolato, stava prendendo una direzione differente nel buio. Così, in quel punto le truppe romane portarono i loro schieramenti, abbandonando le loro posizioni. Fu solo alla luce dell’alba che i Romani notarono l’inganno. Nel frattempo, Annibale e il suo esercito passarono tranquillamente attraverso il passo con i loro pesanti bagagli e il bottino. Appena in sicurezza, il capo cartaginese inviò la cavalleria disponibile per assistere coloro che, sul crinale, stavano ancora combattendo il nemico, aiutandoli a scendere con ciò che restava dei buoi. Questo incidente finì per ridicolizzare l’esercito romano. Durante gli ultimi tre anni della sua vita, che Annibale passò presso il re della Bitinia,

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