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Guerra rivoluzionaria
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E-book222 pagine3 ore

Guerra rivoluzionaria

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Dalla fine della Guerra Fredda i conflitti hanno visto sempre più come protagonisti non più singoli Stati ed eserciti nazionali, bensì gruppi insurrezionali, istituzioni internazionali, organizzazioni terroristiche e bande armate. Oggi si combattono guerre a bassa intensità e spesso per procura, ma non solo con le armi. La nuova concezione di amico-nemico, specie se si considera il sempre maggiore coinvolgimento dei civili nelle guerre moderne, ha fatto si che dovessero essere riformulati, in un confronto armato, i termini strategici anche sotto il profilo psicologico, economico e sociale. Tra i primi a affrontare queste nuove tematiche militari vi sono gli analisti della scuola francese quali: Charles Larechoy, Roger Trinquier, David Galula e Jacques Hogard il cui pensiero nel presente saggio è pubblicato per la prima volta in lingua italiana, mettendo in evidenza, in primo luogo, come l’esperienza da questi maturata in Indocina e in Algeria, fra il 1940 e il 1960, servirà per comprendere la dimensione profondamente innovativa offerta, rispetto alla guerra tradizionale, del concetto di guerra rivoluzionaria. L’ampia disamina formulata nel saggio contribuisce a chiarire la centralità che esercitò su questi esperti il pensiero militare di Mao Zedong nell’elaborazione della strategia della contro-insurrezione
francese, mentre l’analisi comparata delle biografia di Galula e Trinquier rivela la profonda influenza determinata dalla loro riflessione sulla strategia contro-insurrezionale americana in Vietnam.
Al di là delle profonde innovazioni in ambito strategico e tecnologico delle guerre contemporanee, è indubbio che la comprensione della guerra rivoluzionaria nell’accezione francese sia ancora oggi centrale per conseguire risultati efficaci e duraturi da parte degli eserciti moderni, come in parte avvenuto in Iraq ed in Afghanistan.

LinguaItaliano
Data di uscita1 mar 2015
ISBN9781311942708
Guerra rivoluzionaria

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    Anteprima del libro

    Guerra rivoluzionaria - Giuseppe Gagliano

    Introduzione

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    Il XXI secolo si è caratterizzato a livello internazionale come il periodo che più di ogni altro forse è stato caratterizzato da molteplici conflitti non nel senso classico del termine, come nel passato, ma sempre più come lotta, anche ideologico religiosa, asimmetrica tra soggetti connotati da caratterizzazioni e peso diversi. Istituzioni sovranazionali e Stati da una parte si trovano attualmente a confliggere con una molteplicità di attori che spesso sfuggono anche ad una chiara classificazione. Movimenti pseudoreligiosi integralisti e gruppi ideologici estremisti, sia con l’arma del terrorismo, che con quella della guerriglia, minacciano oggi continuamente gli equilibri statuali che per un settantennio hanno garantito un certo livello di pace nel nostro Emisfero.

    La risposta ad un pericolo che sempre più si palesa in Occidente non può essere connotata secondo vecchi schemi buoni forse al tempo del confronto Est Ovest, ma devono essere adattati al nuovo livello di minaccia che ci troviamo ad affrontare. Se i gruppi terroristici rappresentano organizzazioni segrete costituite da un numero ridotto di individui che si considerano l’avanguardia di un costituendo esercito di guerriglieri che intendono combattere per affermare, in una determinata realtà, diritti o privilegi, di un gruppo, ritenuti non rispettati, la lotta al terrorismo deve essere, da parte delle istituzioni, affrontata come una fase di una guerra da combattere non soltanto a livello militare, ma anche e soprattutto a livello sociale, civile ed economico.

    In un Mondo sempre più interconesso, la strategia del terrore mira a porre in essere azioni eclatanti riproposte quanto più possibile dai i mass media, ciò per imporre un sentimento d’incertezza nell’opinione pubblica che influenzi la politica dei governi. Laddove queste azioni terroristiche trovino la mancata o un’inefficace risposta nello Stato mirando al coinvolgimento di strati più larghi della popolazione può instaurarsi un movimento di guerriglia. Viceversa la strategia terroristica può anche perpetrare con le sue azioni violente un effetto intimidatorio che porti ad uno scoraggiamento da parte delle masse ad opporvisi. Sia da una parte che dall’altra è importante il controllo della popolazione toccata da parte dell’organo statale, sia per minare dal basso le cause che potrebbero avvicinare le simpatie di parte della società al movimento insurrezionalista, sia per non permettere a quest’ultimo di godere di un retroterra civile che gli permetta un facile rifugio e aiuto logistico. In tal senso le opere citate nel presente saggio sono illuminanti, perché partendo dalle esperienze maturate dalla Francia nelle lotte anticoloniali degli anni ‘50 e ‘60 del secolo scorso, permettono un’analisi articolata per un contrasto efficace contro questi fenomeni ed il loro isolamento.

    Interessante è notare che in futuro tali fenomeni violenti non saranno probabilmente più localizzati in zone rurali aperte, vedi Tora Bora in Afghanistan o la Sierra Maestra ai tempi della lotta castrista a Cuba, ma come spiegato dallo studioso americano David Kilcullen nella sua opera Out of the mountains: the coming age of urban guerrilla, concentrati soprattutto nelle grandi periferie urbane, vedi il caso delle Primavere arabe, nelle quali sempre più sarà concentrata la popolazione mondiale. Si stima, infatti, che nel 2050 nelle megacittà costiere dove si troverà il 75% della popolazione mondiale entro il 2050. Quattro sono quindi i trend che oggi bisogna tenere presente: l’aumento della popolazione mondiale (si stima che saremo 9,1 miliardi nel 2050), l’urbanizzazione, la maggiore interconnettività tra la stessa popolazione urbanizzata e la crescita delle megametropoli litoranee, cioè dislocate lungo la costa, come la grande New York City Newark negli Stati Uniti, Tokio in Giappone, Karachi in India, Dacca in Bangladesh, Rio de Janeiro in Brasile ecc. Kilcullen ha coniato per far fronte a possibili rivolte sociali, la teoria «del controllo competitivo» per cui la popolazione richiede stabilità e lo Stato deve essere in grado di fornirla sfidando l’offerta concorrenziale fornita da altri gruppi politici, terroristici come al Qaeda o da quelli di gang delinquenziali come, ad esempio, avviene in Giamaica. La sfida è quindi ampia perché per gli Stati sempre più sarà difficile soddisfare ad un livello soddisfacente tutte le necessità di masse urbane concentrate in aree periferiche e dove un’organizzazione ideologica o criminale (vedi nelle conurbazioni dell’hinterland napoletano) riesce a fornire un’alternativa credibile alla domanda di stabilità, sicurezza e lavoro richiesta dalla popolazione residente, lì è il momento dove il rovesciamento degli equilibri di forza ai danni dello Stato è possibile.

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    Capitolo I La Guerra rivoluzionaria di Charles Lacheroy

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    Quella che George W. Bush chiamò, nella sua Guerra al terrore la battaglia occidentale per conquistare i cuori e le menti, cominciò in realtà in Algeria già nel 1954, tra i militari francesi stregati dalla sconfitta di Diện Biên Phủ. Antesignano del nuovo approccio fu il colonello Charles Lacheroy (1906-2005) che dalla sua esperienza personale e dalle teorie militari ricavabili dalla prassi rivoluzionaria leninista e maoista elaborò quella dottrina della guerra controrivoluzionaria come azione psicologica che finì per trasformarlo nel funesto ideologo dei soldati perduti, fino a organizzare un disastroso tentativo di colpo di stato contro de Gaulle e a perseverare nel delirio di fermare la storia gettandosi nella criminale avventura dell’OAS. Condannato a morte in contumacia nel 1961, fu amnistiato nel 1968. Festeggiato dall’associazione Amici di Raoul Salan, morì quasi centenario, ma non pentito.

    Lacheroy cominciò ad elaborare le sue teorie nel 1954, con due articoli anonimi apparsi nell’agosto dello stesso anno sul prestigioso Le Monde. Quelle tesi dirompenti ebbero tale risonanza da indurre l’autore ad esporle in modo più organico in una prolusione all’École de guerre nel settembre successivo. Al di là delle considerazioni di merito, l’analisi del pensiero del generale Giap e la teoria della guerra rivoluzionaria ricavabile dagli scritti di Lenin e Mao, costituiranno il punto di partenza per elaborare una nuova dottrina nel contesto della strategia francese che troverà proprio in Lacheroy il primo teorico e che prenderà il nome di guerra rivoluzionaria.

    I presupposti che indurranno Lacheroy a modificare profondamente le sue convinzioni strategiche non possono che collocarsi temporalmente nel 1946 quando, dopo aver ripreso la sua carriera di ufficiale coloniale, ebbe modo di seguire i corsi del Centro Alti Studi Amministrativi della Amministrazione Musulmana (CHEAM), creato nel 1937, su iniziativa del professore Robert Montagne con il quale Lacheroy si era legato a livello amicale all’inizio degli anni Trenta. Nominato in seguito comandante del Primo battaglione autonomo in Costa d’Avorio ebbe modo, suo malgrado, di prendere parte alla sanguinosa repressione dell’insurrezione scatenata dall’Unione Democratica Africana (RDT). Questo primo incontro con la propaganda sovversiva e con i tentativi di infiltrazione comunista nella colonia africana determinerà un cambiamento profondo sia sul piano emotivo che strategico.

    Quando nel febbraio 1951, Lacheroy sbarcò a Saigon, chiamato dal Generale de Lattre de Tassigny, l’Estremo Oriente è per lui una incognita rispetto allo scenario dell’Africa occidentale. Nominato comandante della Prima Armata nel settore di Bien Hoa in Indocina, avrà modo di conoscere i Viétminh la cui modalità operativa verrà connotata come sconcertante e inafferrabile, un modus operandi che si basava sul sostegno nella popolazione grazie al quale il Viétminh era dovunque e da nessuna parte al tempo stesso. Fortemente scosso nelle sue certezze, Lacheroy si domandò come, a dispetto di un armamento largamente superiore a quello di cui disponeva il nemico, il Corps expéditionnaire français en Extrême Orient (CEFEO) non fosse in grado di conseguire la vittoria. L’anno successivo e più esattamente nel novembre del 1952 in una conferenza svolta a Bien Hoa individuerà la causa di questo stato (individuazione che sarà possibile anche grazie alla lettura degli scritti militari di Mao) nelle realizzazione da parte dei Viétminh delle gerarchie parallele grazie alle quali gli abitanti del Vietnam del sud erano imprigionati in un sistema di coercizione dalla perfezione machiavellica, in un sistema insomma politicamente connotabile come dittatura populista coordinata dal potere militare. Il successo conseguito dalla relazione presso gli alti comandi militari, gli consentiranno nel 1953 di dirigere il Centro Studi Asiatici e Africani (CEAA) presso la caserma di Lourcine e di formulare in modo più articolato, il 25 aprile del 1955, presso l’Istituto di Alti Studi della Difesa Nazionale (IHEDN) una nuova dottrina che Lacheroy denominerà Guerra rivoluzionaria caratterizzata dal controllo totale della popolazione che imbriglia l’individuo fin da giovane in una triplice struttura: professionale, territoriale e ideologica, condizionandolo costantemente attraverso l’indottrinamento conseguito attraverso slogan semplici e incisivi e attraverso letture orientate. Ebbene di fronte a questa arma nuova, che pone l’enfasi sulla dimensione psicologica come sottolinea Lacheroy, diventa imperativo adattare il modus operandi alla nuova realtà strategica senza indugio alcuno. Allo scopo di amplificare la portata della sua riflessione, accelerando in questo modo le necessarie e urgenti modifiche a livello di strategia presso lo Stato Maggiore e il Ministero della Difesa, in accordo con il giornalista Blanchet del prestigioso quotidiano Le Monde, che aveva conosciuto al CEAA pubblica il 3 e il 4 agosto, in forma anonima, sul quotidiano francese tre estratti tratti da un testo dattiloscritto intitolato La campagne d’Indochine ou une leçon de guerre révolutionnaire. Il successo conseguito presso la società civile e le istituzioni militari gli consentiranno di illustrare la dottrina della guerra rivoluzionaria al Generale Guillaume nel maggio del 1955 e nel giugno del 1957 alla Sorbona alla presenza del Generale Challe, Maggior Generale delle Forze Armate e di duemila ufficiali della riserva in una presentazione di un’ora e mezza intitolata La guerra rivoluzionaria e l’arma psicologica.

    Secondo Lacheroy la guerra rivoluzionaria si articola in cinque fasi:

    1. «Dans une période calme, seuls les services spécialisés décèlent les signes précurseurs d’un orage, et en général, les signalent aux autorités responsables. Mais l’expérience prouve qu’ils sont rarement écoutés. Et brusquement des bombes éclatent, des attentats sont commis, des mots d’ordre se mettent à circuler et tout cela de façon spectaculaire. Dans le même temps, les incidents sont montés en épingle par certaines puissances étrangères qui commencent à alerter l’opinion et les grands organismes internationaux... Nous sommes en présence de la Phase Publicité et ce n’est que lorsqu’elle aura joué son rôle que sera abordée la suivante»;

    2. «Face à cette situation et au climat de nervosité entretenu par les médias qui l’accompagne, les autorités sont amenées à prendre des mesures et caractère policier. Le mouvement révolutionnaire va alors axer son action sur la prise en main des populations de plus en plus terrorisées. La deuxième phase s’achève. L’adversaire a gagné la bataille pour la complicité du silence. Il suffira par la suite d’entretenir cette complicité du silence par quelques attentats beaucoup moins nombreux mais bien choisis et bien exploités»;

    3. «Une distinction s’opère enfin entre les actions de caractère militaire et celles essentiellement politiques. Les premières sont le fait d’éléments rebelles armés mis sur pied grâce à la complicité de la population, insaisissables (il leur suffit pour cela de revêtir le costume local ou de circuler la nuit) et commençant à pratiquer la guérilla; les secondes s’appuient sur des noyaux actifs chargés de transformer peu à peu la complicité passive du silence en une complicité active, les spectateurs en acteurs, les neutres en sympathisants puis en fanatiques»;

    4. «est essentiellement une phase de transitions au cours de laquelle les actions de guérilla et de prise en main des populations s’intensifient»;

    5. «De véritables troupes régulières font leur apparition lorsque sont réunies différentes conditions: un commandement rebelle indiscuté...; un territoire assez vaste...; des hiérarchies parallèles. Dès lors, les autorité rebelles, s’appuyant sur l’organisation populopoliticomilitaire ainsi constituée, se substituent progressivement aux autorités légales; pratiquement la légalité et la force ont changé de camp».

    Ebbene queste cinque fasi, sottolinea Lacheroy, vengono pianificate a livello centrale dall’Urss: «après avoir pris pied sur le continent asiatique, use de techniques psychopolitiques pour encercler le continent européen en contournant ses défenses par le MoyenOrient et l’Afrique».

    A partire da queste tesi, profondamente innovative nel contesto della strategia francese, prenderà avvio in Francia una riflessione ampia e approfondita sulla Guerra rivoluzionaria.

    L’applicazione della guerra psicologica

    Nell’ottobre del ‘54 il generale Chassin sulla Rivista militare di informazione riconoscerà l’importanza per il rinnovamento della strategia militare francese della Guerra rivoluzionaria maturata nel contesto indocinese e della guerra psicologica, sottolineando come l’esercito francese, ispirandosi al modello Viétminh, dovesse farsi portatore di una ideologia basata sui valori del civismo e del patriottismo, dovesse cioè farsi portatore di una precisa scelta politica di matrice moderatamente nazionalista e anticomunista. A partire dal 1955 il Generale Caniot esprimerà l’esigenza di una pianificazione operativa nell’ambito della guerra psicologica (parte integrante della Guerra rivoluzionaria) rivolta alla popolazione musulmana algerina e volta dunque ad una politica di assimilazione; ma sarà solo col Generale Blanc che prenderà forma in un organismo militare di azione psicologica denominato Ufficio regionale di azione psicologica la cui realizzazione richiedeva tempi brevi a causa della grave situazione nella quale si trovava l’Algeria francese.

    La seconda fase di attuazione operativa della guerra psicologica, nel contesto algerino, sarà portata in essere dal Generale Henri Lorillot nel giugno del 1955 all’interno della 10ª Regione militare algerina, attuazione che implicava il conseguimento di obiettivi assai precisi quali un’azione psicologica sul morale delle truppe, un’azione informativa rivolta agli ufficiali e ai sottoufficiali sui problemi economici e politici algerini e la realizzazione di infrastrutture per modernizzare l’Algeria avvicinandola sempre di più agli standard francesi. Tuttavia solo nell’ottobre del 1955 il Ministro della Difesa nazionale, Generale MariePierre Koenig, promulgherà una direttiva sulla guerra psicologica, che per la prima volta distingueva in modo preciso l’azione psicologica dalla guerra psicologica. Infatti, mentre un’azione psicologica aveva un carattere offensivo e consisteva nell’esercitare pressioni di varia natura da esercitarsi in modo sistematico allo scopo di provocare l’adesione degli spiriti a una causa determinata (come mantenere la coesione e il morale delle truppe), la guerra psicologica consisteva nella realizzazione di strumenti di varia natura destinati a influenzare l’opinione, i sentimenti, l’attitudine e il comportamento degli avversari militari e civili a favore degli obiettivi del governo francese. Con molto realismo e preveggenza, l’autore riconosceva la natura polivalente della guerra psicologica, polivalenza che si dispiegava sia nell’ambito tattico che strategico. Inoltre, all’interno di questa direttiva, si esprimeva la necessità di realizzare in tempi brevi un centro di istruzione psicologica posto sotto l’autorità del Capo di Stato Maggiore, centro all’interno del quale era necessario formare ufficiali specializzati che avrebbero poi reso la dottrina della guerra psicologica più articolata adattandola alle particolari circostanze della Guerra d’Algeria. Quest’ultima esigenza troverà rapida realizzazione con la creazione nel 1955 del Centre d’Instruction de l’Arme Psychologique denominato in acronimo militare EMFA.

    Acquisita ormai l’importanza strategica della guerra psicologica, nel dicembre del 1955, Lorillott sentirà l’esigenza di adattarla al contesto algerino sottolineando la necessità di centralizzare, nel contesto della 10ª Regione militare, la strategia francese a più livelli e cioè a livello politico, militare e psicologico e nel contempo di individuare all’interno dell’intelligence militare un dipartimento specificatamente dedicato alla guerra psicologica. Questa esigenza troverà modo di prendere forma sia con la realizzazione del Servizio psicologico al cui comando verrà posto il Colonnello Tabois, che comprenderà pienamente il ruolo preponderante svolto dalla guerra psicologica all’interno del dispositivo controinsurrezionale dell’esercito francese, sia con la nomina, il 9 febbraio del 1956, di Robert Lacoste in sostituzione del Residente generale in Algeria che dimostrerà di essere una fervente sostenitore della Guerra rivoluzionaria.

    Quattro mesi dopo, su indicazione di Lorillott, l’Algeria del nord verrà divisa in tre regioni, dodici dipartimenti e trentasette circoscrizioni alle quali si aggiungeranno 630 sezioni amministrative speciali denominate in acronimo militare SAS che consentiranno da un lato di geometrizzare il territorio algerino e dall’altro lato di concretizzare le gerarchie parallele attraverso le quali sarà possibile esercitare il controllo della popolazione e il suo indottrinamento (naturalmente l’utilizzo sistematico della gerarchia parallele sarà attuato da uno specifico organismo di intelligence vale a dire dal secondo ufficio e dai servizi di sicurezza).

    L’escalation insurrezionale durante il 1956 indurrà il direttivo dell’Ufficio psicologico della 10ª regione militare ad apportare alcune rilevanti integrazioni in merito agli obiettivi da perseguire tra i quali la necessità di realizzare azioni offensive rivolte ai ribelli, di realizzare unità tattiche di guerra rivoluzionaria e di concretare processi informativi di intossicazione rivolti alla popolazione musulmana. Allo scopo di rafforzare il dispositivo di guerra psicologica e di contro insorgenza, l’uso di truppe d’élite estremamente mobili, quali i paracadutisti, contribuiranno in modo decisivo alla piena realizzazione della guerra controrivoluzionaria francese come dimostra la riconquista della Casbah di Algeri nel gennaio del 1957 ottenuta anche grazie alla centralizzazione del comando conseguita da Salan e Massu e autorizzata da Lacoste.

    Alla luce di questo indiscutibile successo militare, che tuttavia risultò alla fine una vittoria di Pirro, la riflessione strategica sulla Guerra rivoluzionaria sarà oggetto di ulteriore analisi da parte dei Colonnelli Trinquier, Godard, Argoud e Capodanno nella quale si osserverà come l’azione psicologica non potesse avere successo se non all’interno di una pianificazione politica nettamente definita e sottolineerà altresì come la forte gerarchizzazione politico militare delle forze ribelli richiedesse una analoga centralizzazione delle decisioni strategiche.

    Prendendo spunto da queste raccomandazioni e dalla Istruzione provvisoria sull’impiego dell’arma psicologica (denominata in acronimo militare TTA 117) il Generale Lorillott realizzerà il Quinto

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