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Il Manoscritto: Recovery
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Il Manoscritto: Recovery
E-book634 pagine10 ore

Il Manoscritto: Recovery

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Info su questo ebook

Il mio libro è un thriller strutturato in ventuno capitoli,un prologo e due epiloghi.

La prima protagonista è Yui,una ragazza che è stata adottata.È grata ai suoi per tutto e,per ripagarli,si fa assumere come infermiera.Trovarsi alle dipendenze di qualcuno molto in alto però,non sempre è un bene infatti,arriverà il momento in cui Yui si ritroverà ad affrontare il passato della clinica e sarà costretta a mettere da parte la sua ingenuità dinanzi le buie rivelazioni dalle quali verrà travolta.

Passiamo a Dave,un agente di polizia che si è trasferito in città. Tra l'altalenante carriera,i conflitti interpersonali con il resto dei colleghi e l'improvvisa apparizione di una vecchia conoscenza,Dave si vedrà coinvolti in una spirale più grande di lui che non sembra far altro che trascinarlo verso il baratro.Riuscirà a sopravvivere alla raffica di eventi che gli piomberanno addosso?

Infine abbiamo Igame.Sin da Subito ci ritroveremo con lei in una situazione dinamica che sfrutterà per produrre uno scoop.Il capo di lei non sembra però apprezzare il lavoro svolto e finirà per metterla alle strette.È a quel punto che alla giovane torna in mente il padre(reporter come lei, scomparso).Determinata a voler ripagare il proprio capo con la stessa moneta,Igame si butterà a capofitto in Dio che le è rimasto del suo babbo: un ultimo appunto di un caso di anni prima.
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2019
ISBN9788831651196
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    Anteprima del libro

    Il Manoscritto - Rubens Coviello

    633/1941.

    Prologo

    Quando la vita ti porta via tutto ti ritrovi davanti ad un bivio: o la fai finita o diventi più cattivo della vita stessa.

    Ricordo ancora quella volta in cui mi parlasti così, eri molto serio e possedevi uno sguardo come pochi. Avevi gli anfibi neri sporchi di fango, i jeans scuri che non contenevano la camicia della tua uniforme e il soprabito nero che faceva pendant con i tuoi occhi. Quell’espressione sul tuo viso poi, non potrei mai dimenticarla: se non fosse stato per il troppo dolore (vissuto) che ti portavi dentro, potrei quasi dire che eri come felice, anzi meglio: soddisfatto! Eccome se lo eri, di avere proprio davanti al tuo viso (segnato da un’amara vita) qualcuno che ti comprendesse veramente, qualcuno che ti conosceva già da tempo e che sapeva chi tu fossi in realtà. So com’eri prima e noto che, fino ad adesso, sei stato tutt’altro. Probabilmente gli altri parleranno, giudicheranno e sapranno dire solo cose negative su di te, ma non mi curo di loro. Le persone hanno il brutto vizio di aprir bocca prima ancora di conoscere, di sapere. Proprio a causa di ciò non ho considerazione alcuna della loro opinione. Ti ho conosciuto quel giorno luminoso in cui entrai nel mondo lavorativo di cui tu facevi parte e, da quel momento, non ho potuto fare altro che affezionarmi a te nonostante il tuo cambiamento nell’ultimo periodo. Sei stato costretto lo so, non lo avresti mai fatto di tua iniziativa, ne sono certa. Qualunque cosa tu possa aver fatto o qualunque persona tu possa essere diventata, è irrilevante per me giunti a questo punto, adesso che so come sono andate realmente le cose. Io so come sei davvero e preserverò il tuo nome assieme al tuo ricordo dentro di me. E’ già passato più di un anno da quel giorno in cui ricevetti la lettera… si, quella stramaledetta lettera dolceamara che mi ha coinvolto in qualcosa di… lasciamo perdere. Ciò che ne è derivato è stato significativo è vero ma la cosa a cui do più peso è che mi ha portato a capirti a pieno e ad aprire gli occhi. Quanto segue è il frutto della determinazione di tre persone: Dave, Igame e…

    Capitolo 1

    ‘Una buona notizia’ (Yui)

    Mi sono svegliata da poco e mi ritrovo sul letto tutta assonnata e completamente avvolta tra le morbide e calde coperte che compongono il mio lettone. Ho dormito bene eppure mi sembra di essermi appena coricata. Dei passi, che man mano si vanno facendo più frequenti, mi comunicano che c’è qualcuno in arrivo. Sarà la mamma che, al solito, vigilerà per non farmi poltrire più di quanto non sia necessario. Bussano alla porta e io replico che sto dormendo mentre mi assale la consapevolezza che, probabilmente, non lo farò più. La maniglia si abbassa e mia madre, con dei panni sporchi alla mano, fa il suo ingresso in camera mia dedicandomi un bel buongiorno accompagnato da uno dei suoi sorrisi smaglianti. Ciao dormigliona, era ora che ti svegliassi’. Ormai è evidente che devo alzarmi quindi mi tiro su a sedere e le rispondo: ‘Giorno mamma, mi stropiccio gli occhi quando apre le tende e riprendo successivamente; com’è che sei così raggiante di primo mattino? Lei si mette a fare un giro veloce della mia camera (durante il quale ne approfitta per raccogliere la biancheria da lavare) replicando: Ahahah primo mattino? Credo che tu abbia dormito a sufficienza e che, con tutto quel poltrire, abbia perso la cognizione del tempo. Muoversi signorina! Ma dai! Anche mia madre si prende gioco di me per il mio coma post risveglio. Solo altri dieci minuti per favore brontolo nel tentativo di farla uscire e rimettermi nel mio pagliericcio. Va bene, fa’ pure risponde avviandosi verso l’uscita. Sembra che ce l’abbia fatta. Ah che soddisfazione! Proprio mentre abbassa nuovamente la maniglia incalza: sappi però che durante questi dieci minuti tuo padre ed io potremmo terminare i croissant di sotto. Sono appena sfornati, che delizia! E si dilegua facendomi l’occhiolino subito dopo essersi umettata le labbra. Al sentire dei cornetti mi catapulto in bagno e vado a preparami. Alla fine ha vinto quella burlona di mia mamma. E’ vero che adoro dormire ma difronte a una colazione del genere non ce la faccio proprio a resistere! Appena finito di sistemarmi vado di sotto e mi dirigo in cucina. Dov’è papà? chiedo notando il suo posto vuoto mentre un buon odorino di caffè espresso inizia a diffondersi per tutto l’ambiente. E’ uscito di casa, sai che ogni domenica va a pesca con i Finnegan replica mamma come ad evidenziare una cosa ovvia. Effettivamente non ha tutti i torti, papà è un tipo abitudinario e non è da lui saltare la pesca domenicale con i vicini, me ne sarei dovuta ricordare così avrei evitato questa figura. Mi siedo al mio posto, peraltro già apparecchiato con tutto il necessario per la colazione, e mi verso del latte. Vado per afferrare un cornetto e noto che ne sono rimasti solo due: uno bello gonfio con un velo di cacao spolverato; l’altro più piccolino (almeno all’apparenza) ma decisamente più ripieno ( a giudicare dal peso). Deve trattarsi di quello al pistacchio! Allungo la mano verso quest’ultimo e gli do un morso mentre mia madre mi fa compagnia assaporando a piccoli sorsi il caffè versatosi poco prima. Subito dopo aver terminato, posa la tazzina nel lavandino e subito dopo essersi avviata verso il piano di sopra dice: Vado a farmi un ultimo ritocchino, quando hai finito raggiungimi in macchina: andiamo a fare shopping! Si! esulto sorridente e gasata. Prima la colazione fantastica e adesso a fare acquisti: esiste madre migliore della mia? Non credo proprio. Deglutisco e le urlo quanto sia fantastica. Lei mi da della ruffiana e mi sollecita a sbrigarmi sottolineando di dover essere di ritorno per l’ora di pranzo. Mi affretto quindi a finire e, una volta terminato, metto tutto nel lavello e torno di sopra a lavarmi i denti. Nemmeno due minuti che sono già pronta bella e attiva. Fuori c’è il sole che splende alto nel cielo, è proprio una giornata splendida e penso dovremmo andare a piedi così, dopo aver convinto mamma, ci avviamo al centro commerciale. Come al solito sono preda delle attenzioni di mia madre che mi costringe a provare tutti i capi più raffinati dei vai negozi, variando tra diverse firme in cerca di qualcosa alla moda che possa mettere in risalto il mio aspetto senza che sfoci in volgarità. Io invece, che di moda e abbinamenti ne capisco ben poco, mi faccio molti meno complessi di lei e vado ad occhio optando per qualcosa di più semplice. Basta che mi calzi bene e non stringa molto può andare, mi dico. Tra diverse prove e varie file alle casse, il tempo vola ed è già ora di rincasare. Mia madre ha acquistato un ricambio della sua giacca da hostess assieme ad un foulard abbinato che le sta divinamente mentre io invece sono stata rapita da una canottierina in seta bianca. Tornati a casa, troviamo mio padre sul divano concentrato sulla partita che viene a salutarci e darci una mano con le buste una volta accortosi di noi. Subito dopo aver baciato mamma si rivolge a me chiedendomi se le sia bastata la sua sola carta di credito ed è li che scattiamo tutti a ridere d’altronde, tutti in questa casa sanno quanto diversamente risparmiatrice sia mia madre. Mentre voi signore eravate impegnate a mandare in bancarotta questa famiglia, io mi sono dato da fare giù al lago. Dovreste vedere quale meraviglia ho pescato! L’ho lasciato in cucina, potresti prepararlo per questa sera cara afferma papà, l’attimo successivo si rivolge a me: Ah quasi dimenticavo! Venerdì è arrivata della posta per te, scusa se te lo dico solo adesso ma sono stato così indaffarato con il lavoro… In ogni caso dovrebbe essere nel cassetto del comodino in camera tua  Incuriosita domando: Hai idea di cosa possa trattarsi? lui mi guarda e accenna spallucce poi replica: Aveva tutta l’aria di essere una lettera di risposta o almeno così mi è parso. Per esserne sicuri è meglio che sia tu a prenderne visione, sai che non è da me curiosare sulle cose altrui." Si gira e torna a guardare la partita mentre mamma è di la in cucina alle prese con il pranzo. Una lettera di risposta… Mh non sarà mica… avranno risposto così velocemente? Curiosa più che mai, salgo in camera mia per vederci chiaro.

    Eccomi in cameretta, è molto più ordinata di questa mattina. Sarà stata opera di mia madre, altro che risistemarsi il trucco, ha messo ordine qui dentro. Mi avvicino al comodino, apro il primo cassetto e… nulla, oltre alle mie solite cose non c’è altro. Provo così col secondo. Sarebbe vuoto se non fosse per la busta bianca che lo governa. Eccola! Deve trattarsi della lettera di cui parlava papà. Ho un noto alla gola e mi manca un po' il fiato. Se è ciò a cui sto pensando… Tanto vale vedere di cosa si tratta prima che muoia d’ansia. O la va o la spacca! Giro a busta e la apro. Osservo la lettera e ne controllo il mittente: Recovery s.r.l.

    Constatando che si tratta di ciò a cui pensavo ho i nervi ancora più tesi ma mi spingo a leggere il corpo della missiva.

    Gentile signorina Lebelle,

    abbiamo ricevuto la Sua candidatura in merito al posto di infermiera e siamo lieti di comunicarle che abbiamo deciso di prenderla in considerazione. Se è ancora interessata, può recarsi il lunedì seguente nella nostra sede a Crimson city.

    Cordiali saluti,

    Recovery s.r.l.

    Il nodo alla gola è sparito assieme all’ansia e, al loro posto, è comparso un sorriso naturale. Sono entusiasta e piena di gioia e non vedo l’ora di condividere tutto ciò con i miei genitori. Scendo di corsa le scale e, in men che non si dica, mi ritrovo al piano di sotto. Senza rendermene conto inizio ad urlare: E’ arrivata! E’ arrivata!! Hanno detto di sii! Dovrò andarci domani! Saltello un po' qui e un po' la e sprizzo energia da tutti i pori. I miei hanno delle facce a dir poco sbalordite e, mentre si avvicinano insieme, papà chiede: Cara, ti senti bene? Dire di si sarebbe davvero poco per come mi sento adesso così decido di consegnare la lettera a mia madre in modo da far capire loro il mio stato d’animo. Mamma indugia un attimo poi, avvicinandosi a papà, decide di leggerla. Capito il perché della mia reazione noto, dal sorriso improvviso comparso sui loro volti, che sono entrambi felici per me. Papà mi stringe calorosamente in un abbraccio mentre la mamma continua a ripetermi quanto sia contenta per me. Veniamo interrotti dallo scoccare dell’orologio del forno che ci avvisa che il pranzo è pronto. Ci apprestiamo a raggiungere ciascuno il proprio posto a tavola, pronti per gustarci un ottimo pranzetto reso ancora più delizioso dalla notizia appena ricevuta. La domenica è trascorsa velocemente ed è arrivato il tanto atteso giorno per me. Mi sono svegliata molto prima del solito, non che abbia dormito molto in effetti, il pensiero di dover affrontare un colloquio nell’azienda più illustre della città per l’impiego che ho sempre sognato di svolgere, mi ha tenuta sveglia quasi tutta la notte.  Ho già fatto la doccia e indossato l’abito con cui ho deciso di presentarmi: uno dei vistosi tailleur di mia madre. Non è il mio genere e non mi ci trovo proprio bene ma, come dice lei, presentarsi bene è il nostro biglietto da visita e una cosa bella si distingue dal resto. Stando a questo, ho deciso di variare il mio stile, ma solo per oggi. Scendo al piano di sotto e trovo mio padre davanti la porta di casa in procinto di uscire che sta indossando il soprabito. Quando lo saluto lui replica: ‘Giorno tesoro. Oggi è il gran giorno. Dormito bene? Mi avvicino anch’io all’attaccapanni e, prendendo il mio cappotto, replico: Mi sono appisolata un po' ma avevo un solo pensiero in testa. Tu piuttosto vai stai andando al lavoro così presto?

    In effetti non ancora. Avevo intenzione di andare a fare colazione fuori con un collega. Dice sincero.

    Se non ti chiedo troppo, potresti darmi uno strappo giù in città?

    Per te qualunque cosa tesoro. L’auto è in fondo al vialetto. Ed esce di casa accarezzandomi il viso. Che angelo che ho per padre! C’è sempre quando ne ho bisogno. Così, dopo un attimo di riflessione, mi abbottono il cappotto e lo raggiungo.

    Il tragitto è stato più breve del solito, sarà che è mattino presto ma non mi sono accorta di nulla che siamo già arrivati a destinazione. Subito dopo aver parcheggiato, mio padre mi guarda e afferma: Comunque vada, noi siamo orgogliosi di te, quindi rilassati tesoro.

    Grazie papà. Sono felice di avere te e la mamma che ci siete e mi sostenete in ogni situazione. Non so come farei senza di voi. Scendo dall’auto subito dopo averlo stretto in un caloroso abbraccio sciolto da un bacio affettuoso sulla guancia. Stendili Yui! Esclama mio padre facendomi l’occhiolino poco prima di allontanarsi.

    Eccomi qui, davanti la magnifica clinica Recovery, una delle case di cura private più illustri dell’intera regione, che ospita alcuni medici di grande fama come i fratelli Wilson, i quali ne sono al contempo direttori e proprietari. Entro dentro e mi ritrovo piccola piccola in un grande atrio ben ammobiliato e composto. Mi dirigo verso un ufficio simile ad una reception e, subito dopo averla salutata, mostro la mia lettera alla signora di mezz’età che sta dall’altro lato dello sportello. Ricambiando il saluto mi indica il secondo piano, indirizzandomi al terzo ufficio sulla sinistra. La ringrazio e vado in direzione degli ascensori. Più mi avvicino e più l’emozione cresce. E’ da molto che aspetto questo momento e coglierò l’occasione per dare il massimo. Sono arrivata all’ufficio in questione e inizio a sentirmi un po' tesa non appena noto l’etichetta con su scritto QUI COLLOQUI. NON DISTURBARE.

    Quella targhetta mette un po' d’ansia ma, a giudicare dall’ora e dal fatto che la sala d’attesa sia vuota, deduco di essere la prima. Tutto ad un tratto sento qualcuno parlare alle mie spalle così mi volto notando che si tratta di alcuni inservienti che stanno chiacchierando. Quando mi raggiungono, uno tira dritto mentre l’altro, notando la mia perplessità, si ferma e mi chiede se ho bisogno di qualcosa. Gli spiego la situazione e lui mi risponde che non devo far altro che bussare. Gli sorrido a mo’ di ringraziamento e lui ricambia congedandosi. Adesso a noi due colloquio. Busso alla porta e, di li a poco, qualcuno dall’altra parte risponde con un avanti! secco e chiaro. Entro nell’ufficio contenuto ma sistemato e trovo un uomo sulla trentina ad accogliermi. E’ alto, snello con i capelli spettinati che gli coprono l’intera parte destra del viso. La sua barba è curata e, se non fosse perché lo vedo solo per metà, azzarderei che è proprio un figo! Si alza in piedi e mi accoglie dandomi la mano, successivamente torna a sedersi e m’invita a fare altrettanto. Dopo le classiche domande di routine il colloquio entra nel vivo e mi sento presa dall’emozione così rispondo in maniera più che formale senza trascurare dettagli e particolari nella speranza di lasciare il segno nel mio interlocutore. Proprio mentre mi sento a mio agio, l’uomo mi spiazza con un quesito che non mi sarei aspettata (almeno non così all’improvviso): Signorina Lebelle, dal suo curriculum è evidente quanto lei sia culturalmente preparata, se proseguisse con gli studi potrebbe aspirare a qualcosa di più. Perché ci tiene così tanto a questo posto? Perché si accontenta di fare l’infermiera se potrebbe avere di meglio? Me lo sarei dovuta aspettare, a questo punto, non posso che dire le cose per come stanno. Questo posto di lavoro per me conta più di quanto lei possa immaginare Mr…

    Mareko completa lui.

    Provengo da una famiglia benestante che non mi ha mai fatto mancare nulla, ne dal punto di vista affettivo che dal punto di vista materiale… m’interrompo giusto il tempo di tirare un sospiro, riprendo l’istante successivo: Se c’è una cosa che mi riempirebbe di gioia oltre a vedere i miei genitori fieri di me, è quella di ripagarli per tutti gli sforzi e i sacrifici che hanno dovuto affrontare per tirarmi su

    L’uomo è concentrato su ciò che dico e sembra interessato. Mentre sfoglia alcune sue carte da lavoro mi porge un’ulteriore domanda: La comprendo. Ciò che non mi torna è il perché di qualcosa di così semplice rispetto al suo titolo di studio. Perché ambisce a fare l’infermiera proprio in questa clinica? Dal suo sguardo mi viene da ipotizzare che c’è dell’altro che la spinge a volere il posto conclude con un pizzico di curiosità nel tono. E certo che c’è dell’altro, se lo ha dedotto così in fretta vorrà dire che mi si leggerà in faccia o che Mr Mareko ha così tanta esperienza nei colloqui che gli basta guardare in faccia qualcuno per capire se nasconde qualcosa. Quand’ero piccola, sui tredici, ho avuto a che fare con questa clinica e… ho appena iniziato e già i ricordi di quegli anni iniziano ad attraversarmi la mente. La mamma che piangeva, papà che urlava ai medici di fare in fretta e io… che passavo in fin di vita da una barella all’altra… NO! Non è il momento, non voglio pensarci o brucerò l’unica occasione che ho di lavorare qui. Io ero una paziente ovviamente e sono stata ricoverata qui per alcune settimane e, grazie all’efficienza del vostro staff, sono guarita perfettamente senza ricadute. Sin da piccola sono rimasta colpita dalla bravura dei medici e degli infermieri di questa clinica e fu allora che capii che, come all’ora essi mi salvarono la vita, io volevo fare altrettanto con i bisognosi. Magari come dice lei, se continuassi gli studi, potrei divenire io stessa medico, ma ciò vorrebbe dire dedicare altri anni agli studi, tempo che potrei invece dedicare all’assistenza ai malati qualora mi riteneste idonea come infermiera. Sono più che determinata e, a giudicare dallo sguardo del mio interlocutore, credo di essere riuscita a trasmettergli ciò che volevo. Mr Mareko mi fa cenno di alzarmi, successivamente mi dice: Ammirevole…Non ho bisogno di altro, dipendesse da me, l’assumerei seduta stante, sta di fatto che prima di darle un esito ho bisogno di consultarmi con la dirigenza. Le dispiace attendere qui mentre mi consulto con i miei colleghi? Replico con un cenno del capo come a dare il via libera dopodiché, quando rimango sola, torno ad accomodarmi. Giocherello con la palla di vetro sulla scrivania davanti a me e la agito facendola nevicare. Successivamente, quando l’ho rimessa a posto, mi guardo attorno e noto dei piccoli quadri (raffiguranti paesaggi naturali) sparsi un po' qui e un po' li per non far sembrare l’ambiente troppo spoglio. Qualche istante più tardi, quando il mio cervello sta per iniziare a farsi complessi, sento bussare alla porta e, un secondo dopo, Mr Mareko entra sorridente. Perdoni l’attesa, ma capirà che, con questioni come questa, non si può che procedere con le dovute attenzioni. D’altronde stiamo parlando di un’assunzione. Replico con un cenno del capo mentre lui si prende una manciata di secondi per accomodarsi e sistemare la cartelletta con cui è venuto, quando ha fatto riprende: Come le dicevo, lei dispone di un curriculum che non passa inosservato per una ragazza della sua età cosa che è saltata all’occhio della dirigenza. Dopo un’attenta analisi sono lieto di comunicarle che lei è più che qualificata per ricoprire il posto per il quale si è candidata. Cavolo ho sentito bene? Questa è una delle cose più belle che potessero capitarmi! Si! Si! Si! Non vedo l’ora di comunicarlo a mamma e papà. Rivolgo il più sincero dei sorrisi che riesco a fare dopodiché Mr Mareko mi porge davanti alcuni fogli invitandomi a dar loro un’occhiata. Dopo uno sguardo rapido mi accorgo che si tratta del contratto. Caspita il contratto! Non posso ancora crederci! Sono davvero felice di averlo tra le mani che non mi sembra vero. Il resto del colloquio prosegue bene, ormai sono a mio agio (come non potrei dopo quanto ho appreso!) ed è anche merito del mio interlocutore che è una persona distinta ed educata con la quale credo sia impossibile non avere una conversazione composta. Alla fine del colloquio saluto e ringrazio Mr Mareko dicendo che per me è un vero piacere poter entrare a far parte di una prestigiosa azienda come la clinica in cui siamo e sottolineo che metterò tutta me stessa per essere all’altezza della situazione. Lui mi raccomanda di presentarmi il giorno seguente all’ora stabilita in modo da poter iniziare con la formazione. Così dopo un ultimo saluto mi congedo.

    Una volta uscita dalla clinica ho approfittato del fatto di trovarmi in città per fare un giro e ambientarmi. Impossibile non notare l’abissale differenza tra la città di Crimson, con tutti i suoi parchi e i suoi megastore, e le colline di Hillton luogo decisamente più tranquillo e vicino alla natura. Passato il pomeriggio in giro, prendo l’ultima corriera per tornare  a casa. Sul bus non posso fare a meno di pensare all’assunzione e a quanto sia felice e tutto ciò mi riempie d’energia.

    Rincasata trovo i miei genitori in cucina che stanno collaborando per dare alle cena degli ultimi ritocchi. Nemmeno il tempo di salutarci che subito mi chiedono come sia andata. Sfoggio quindi il sorriso migliore che posso dedicare loro e mostro il contratto e, in men che non si dica ci ritroviamo tutti e tra in un grande e caloroso abbraccio familiare. La cena prosegue bene mentre parliamo di come sia stato affrontare il colloquio. Terminato il secondo, poco prima del dolce, mi alzo in piedi pronta a dire loro qualcosa che mi porto dentro da tempo ormai e che sento di dover dire: Mamma, papà, ascoltatemi un attimo, magari vi sembrerà strano ciò che sto per dirvi e credo che siate contrari perché me lo avete ripetuto più e più volte ma volevo dirvi grazie. E’ un ringraziamento che viene dal profondo del mio cuore e che non poteva più aspettare, grazie per avermi educata come avete fatto e per essermi stati vicini nei miei momenti più bui, specie cinque anni fa. Grazie per tutto ciò che fate per me, se non fosse stato per voi e per i vostri incoraggiamenti, non sarei mai la persona che sono adesso. Non lo dico solo per l’esito positivo del colloquio, bensì perché mi sono resa conto che non potevo chiedere di meglio se non avere voi due come genitori. Quindi grazie per avermi scelto quel giorno all’orfanotrofio. Avevo queste parole che mi pesavano in mezzo al petto come un macigno e mi sono decisamente più libera adesso che sono uscite via. I miei sono rimasti di pietra, prova evidente che non si aspettavano un discorso simile da parte mia. Dopo qualche istante scoppiano entrambi a piangere, papà mi si avvicina e, dopo avermi dato un bacio sulla fronte, mi dice: Credo di parlare anche a nome di tua madre… sigh! e si volta verso di lei che annuisce mentre invano cerca di asciugarsi le lacrime che continuano a scorrere, cosicché lui riprende: Non devi ringraziarci di nulla. Noi siamo i tuoi genitori ed è nostro dovere impartirti una buona educazione e non farti mancare nulla. E’ vero che non siamo i tuoi genitori biologici ma ti assicuro che, sia io che la mamma, ti amiamo più di noi stessi, diglielo tu cara.  Lei si alza e, abbracciandoci dolcemente, dice: Siamo noi a dovere ringraziare te Yui, tu ci hai riempito di gioie e hai colorato le nostre vite grigie una volta scoperto che non avevamo la possibilità di procreare. Non importa quale sia il tuo sangue, tu sei nostra figlia e noi siamo fieri di te. Non potevamo sperare di meglio che avere te che sei bella ed intelligente come pochi

    Ho il cuore in gola e questo discorso dei miei genitori mi ha fatto commuovere. Cari mamma e papà, voi mi avete cresciuta e sappiate che m’importa che, biologicamente, non sia vostra figlia, perché per me siete i miei veri genitori. Tutto ciò mi esce spontaneo e ci tenevo a dare questa gioia ai miei. Quella che era una cena iniziata con una bella notizia si è rivelata essere un’occasione per far presente a coloro a cui devo tutto quanto io sia grata a loro e quanto li apprezzi. Dopo aver terminato, ho sparecchiato e lavato i piatti almeno ho concesso alla mamma del tempo con papà dato che, ad eccezione dei week-end, non trascorrono molto tempo insieme per via del lavoro. Mentre sto per recarmi di sopra, mia madre mi raccomanda di comunicare la buona notizia a Hijithoen e, annuendo, m’infilo in cameretta subito dopo (Thoen è l’anziana degli hijirak, una tribù che vive in queste colline. Seppure sia più grande di me, Thoen è mia grande amica e tengo a lei, inoltre mi è stata vicina durante quell’episodio di cinque anni fa. Chissà come la prenderà chiedo a me stessa. L’anziana Thoen è sempre stata molto chiara con me, avvertendomi che la città non è chissà quale granché e che qui in collina si vive meglio. Chissà come fa a saperlo visto che, per quanto ne so io, non ha mai vissuto al di fuori della natura. Non sarà che non vuole che vada via? Sorrido dinanzi al pensiero della mia amica ammorbidita a tal punto da chiedermi esplicitamente di restare e, subito dopo aver fatto i gargarismi, sputo e risciacquo. Rido ancora al pensiero che una donna forte e austera come lei possa lasciarsi andare a tali sentimentalismi, farà anche la dura ma so che ci tiene a me.  D’altronde cinque anni fa, fu una delle poche persone che mi stettero vicino.  E, mentre il bruciore degli occhi mi fa ricordare quanto sia stata lunga questa giornata, mi metto a letto con un dolce pensiero. Non posso ancora crederci che da domani inizierò a svolgere la professione che ho sempre sognato! Sull’onda di questo pensiero entusiasmante cado in un sonno profondo e mi addormento.

    Capitolo 2

    ‘Benvenuto a Crimson’ (Dave)

    Mi sono svegliato con mezz’ora d’anticipo questa mattina nella speranza di arrivare, almeno oggi, puntuale al lavoro ma, come mio solito, sono sicurò che tarderò. E’ da oltre venti minuti che sono in coda a questa fila e, in tutto questo tempo, avrò fatto non più di una cinquantina di metri. I rumori assordanti dei clacson delle altre autovetture, assieme alle imprecazioni degli altri conducenti, governano le strade. Quando è verde, il traffico defluisce come se si stesse ballando un lento, poi il semaforo torna rossa e tutto torna ingorgato come prima e il chaos acustico torna a governare le strade. Chi diamine ha dato la patente a questi imbecilli? Scocciatomi di questa interminabile attesa, svolto alla prima uscita disponibile e proseguo. Non è certamente la strada più indicata ma, quantomeno, arriverò prima che rimanendo in quel casino. Continuo per qualche miglio lungo la deviazione, poi svolto a sinistra e seguo le indicazioni per la centrale. Queste strade sembrano tutte uguali e, per un forestiero come me, non è difficile confondersi e imboccare una strada sbagliata. Fortunatamente, almeno questa volta, procedendo adagio, riesco ad azzeccare il percorso ed eccomi a destinazione. Guardando l’orologio provo un briciolo di soddisfazione nel constatare che, nonostante il traffico, sia riuscito ad arrivare persino con qualche minuto di anticipo. Ed eccomi qui: difronte l’imponente edificio della stazione di polizia di Crimson city ( C.C.P.D. in sigla).

    Scendo dall’auto, mi do una sistemata e, subito dopo essermi accertato che è tutto ok, entro. Mi avvio a timbrare il cartellino e, nel farlo, incontro il sergente. Già in lontananza avevo notato il suo sorrisetto da faccia di merda, preferirei evitarlo ma non credo di poterlo fare, dato che mi sembra stia timbrando anche lui. Questa mattina in orario, le faccio i miei complimenti agente Mcdee. Questa non è la prima frecciatina che mi lancia il bastardo, evidentemente non gli starò simpatico ma la cosa è reciproca. Ciao Taylor, dovresti aver notato che sto iniziando a fare il callo alle tue battute. Una cosa: perché non cambi ogni tanto sai, a lungo andare risulti ripetitivo oltre che noioso. Gli lancio un sorriso falso che equivale il suo mentre mi godo il suo viso che si inasprisce. Si passa una mano tra i capelli mentre mi viene accanto dicendo: Sono per caso i tuoi giorni del mese? Non prendertela con me se sei già agitato di tuo, a questo punto mi si avvicina all’orecchio (in modo che nessun altro possa sentire) e mi sussurra: non prendertela, io stavo solo scherzando cara la mia fichetta. Al sentire quella parola perdo il controllo e, senza pensarci due volte, lo afferro per il colletto della camicia e lo sbatto contro la parete. Lo scruto con il più feroce degli sguardi che riesco a fare, sono serio e ne ho abbastanza delle sue frecciatine del cazzo ed è ora che lo capisca anche lui. Questa è l’ultima volta che fai così. Non mi frega se sei abituato a prenderti gioco dei nuovi arrivati perché a me non sta bene. Se solo ci proverai nuovamente io… Stringo più forte la presa quand’ecco che, al sentire una voce familiare in lontananza, lo lascio andare. Avvicinatasi riesco a riconoscerla: si tratta di Melina Henderson, una poliziotta con del cervello, forse l’unica in questo distretto. Ragazzi tutto bene? chiede lei. Taylor sta quasi per rispondere ma, notando il mio sguardo diabolico, ci ripensa e si prende degli istanti, successivamente replica: Ehi Henderson ciao! Hai notato come reagisce ‘qualcuno’ alle mie barzellette? E’ più viscido di quello che pensavo, se solo fossimo in tutt’altro contesto saprei come trattarlo. Barzellette? Hai il coraggio di chiamarle così? Ma se non fanno nemmeno ridere dai… e poi diglielo che noi due stavamo solo scherzando. Credo di averlo messo a posto dopo quanto ho detto. Melina scoppia a ridere e sento un vento di soddisfazione soffiare verso di me. Vedendosi sconfitto, lo stronzo inizia a ridere, come per sdrammatizzare, successivamente afferma: Bella questa, sai essere di gusto quando ti va! e gira i tacchi affermando di avere del lavoro da sbrigare. Guardo Melina, che sta ancora ridendo, e, se non fosse per via dell’uniforme, non direi che questa donna sia una poliziotta. Ha i capelli rossi legati in uno chignon, gli castano scuro un po' lucidi per via delle troppe risate, il naso piccolo e una bocca leggermente schiusa che fa trasparire il suo sorriso. È proprio carina quando ride come una ragazzina. Accortasi che la stavo fissando da un po' afferma: Quando hai finito di squadrarmi che ne dici di raccontarmi cosa hai combinato con il sergente? E’ più furba di una volpe e deve aver notato il modo in cui ho guardato Taylor poco fa, da li avrà intuito che ho cercato di metterla sul ridere. Ha cominciato a fare lo stronzo. Caffè? taglio corto non volendo parlare ulteriormente di certa gente. Non provare a cambiare discorso, comunque si a patto che mi racconterai tutto replica decisa a saperne di più. Ci dirigiamo così verso la macchinetta del caffè e ne prendiamo due: un cappuccino per lei e un espresso per me. Taylor è un idiota. Come puoi immaginare non perde occasione per stuzzicarmi. Sostengo mentre introduco della caffeina a piccoli sorsi. Non è una novità, fa così con quelli nuovi. Si diverte a pizzicarli fino a farli sbottare per poi ricattarli e tenerli in pugno ricattandoli di far loro rapporto. Che bastardo! Avevo intuito che il sergente non fosse un esempio di poliziotto ma di li a questo… fatico a credere che sia un uomo in divisa. Non m’importa delle sue abitudini, con me farà meglio a tenere le distanze o ci saranno delle conseguenze. E’ solo una settimana che sono qui e già mi ha stufato. Melina getta la palettina, con cui ha mescolato la sua bevanda, nel cestino e assaporando un sorso del cappuccino afferma: Non sei l’unico a cui il sergente rompe le scatole, non credere che mi stia simpatico, ma rimane il fatto che è un nostro superiore e, in quanto tale, gli dobbiamo rispetto e obbedienza, almeno durante l’orario di servizio. Per quanto può sembrare antipatica è così che va la situazione, perciò, prima l’accettiamo e meglio sarà. Mi sa che ha proprio ragione. Per te è tutto più semplice. Attirata la sua attenzione, mi rivolge uno sguardo con aria interrogativa e mi chiede: Ah si? E perché mai? Tsk! Come se non lo sapesse già! Non dirmi che non hai notato che quello stronzo stravede per te. Impossibile che tu non ci abbia fatto caso. E’ arrossita improvvisamente e, d’istinto, si è messa le mani sulle guance, facendo cadere il cappuccino per terra. Dave! Mannaggia a te! Guarda cosa ho combinato per stare a sentire le tue idiozie! mentre esclama ciò si china a raccogliere il bicchiere e lo butta nel cestino a lato. Mi scappa un risolino e replico: Tutte le accortezze che ti riserva, tutte le occhiatine che ti lancia, vuoi farmi credere che le ho notate solo io? Sorride sapendo che ho ragione, l’attimo dopo ribatte: Sai essere più rompiscatole del tuo amico sergente, sai? Poi, guardando l’orologio, si mette le mani in testa dicendo: Porca miseria! Me ne stavo quasi per dimenticare! Il capitano ti sta aspettando nel suo ufficio, mi è stato comunicato di riferirtelo questa mattina presto, ma tu non eri ancora arrivato e poi dopo tutto questo, insomma… cerca di spiegarsi e scusarsi al tempo stesso ma io le batto sulla spalla e le dico che non è successo nulla. L’attimo successivo a ringrazio per avermi avvisato e mi dirigo al piano di sopra, curioso di ciò che mi aspetta. Sono davanti la porta d’ingresso dell’ufficio del capitano e, quando noto che la targhetta che riporta il suo nome sia pulita a pennello, ho una strana sensazione. Per togliermi qualsiasi dubbio ,su cosa possa dirmi il mio superiore, decido di bussare e, una volta sentito il benestare proveniente dall’altra parte, mi faccio avanti. Una volta dentro mi accorgo subito di quanto spazioso e ben messo sia questo ufficio (ha persino la moquette!). trovo il capitano seduto, sulla sua poltrona in pelle nera dietro la scrivania in legno, sommerso da una pila di scartoffie. Capitano, voleva vedermi? esordisco mantenendo la posizione del saluto. Tu devi essere il nuovo arrivato, Mcdee dico bene? replica continuando a fare ciò che stava facendo senza degnarmi di attenzione alcuna così qualche istante più tardi sciolgo la posizione. Sissignore, sono proprio io. Sono arrivato da Parkland town una settimana fa ed è li che ho prestato servizio fino al recente trasferimento.  Continua in un primo momento col suo da fare, successivamente, si concentra su un malloppo preciso dal quale estrapola un piccolo fascicolo, fatto ciò accantona il resto da parte e mi degna finalmente del primo sguardo da quando sono arrivato. Non è necessario che continui. So abbastanza di te per affermare che non sei male come agente. Personalmente però, non mi affido a ciò che dicono i fascicoli… s’interrompe proprio mentre mi lancia la cartelletta che ha separato poco prima dalla pila di scartoffie, cogliendomi alla sprovvista così non posso far altro se non avvicinarmi ed esaminarlo più da vicino per accorgermi che si tratta del mio fascicolo personale. Perché lo ha lui? Come mai ha deciso di esibirlo così all’improvviso? Accantono i miei interrogativi non appena riprende: Non mi fido dei rapporti perché non sono altro che pezzi di carta con dell’inchiostro sopra, scritti da persone come me e te… come avrai imparato nel corso della tua carriera, almeno spero tu lo abbia fatto, le persone tendono a compilare scartoffie come quella li più frettolosamente di quanto non si creda tendendo a sbagliare, rendendoli quindi inaffidabile e inservibili. Si è appena alzato dalla sua poltrona e ha preso a passeggiare per il suo ufficio mentre, schiarendosi la voce di tanto in tanto, prosegue: Sapevo del tuo trasferimento e mi sono documentato su di te. Da quanto è riportato su carta, sei uno tosto, ma sarà davvero così? Ora capisco dove vuole arrivare Meatz con il suo carismatico giro di parole. Crede che sia uno di quegli agenti con la puzza sotto il naso, uno di quelli che mirano a fare carriera e ci riescono grazie a qualche amicizia influente. Essendo a conoscenza delle mie origini e che provengo dai bassifondi, non si sarà bevuto il fatto che mi sono impegnato e ho fatto dei sacrifici per arrivare dove sono. Inizia a starmi sulle palle anche lui se si basa realmente su questi pregiudizi infondati, ma che mi piaccia o meno è lui che comanda qui, quindi devo cercare di non farmelo nemico. Decido allora di non prendermela e replico: Signore, con tutto il rispetto, non crede che quanto sia espresso sul mio fascicolo sia la verità? Proprio mentre gli pongo quella domanda si ferma davanti a me. E’ un colosso, ha due spalle che sembrano un armadio ad ante aperte ed alto almeno due metri.  Mh. Apprezzo il fatto che tu me l’abbia chiesto. Ma anche se fosse non potrei dirti una cosa del genere, non esplicitamente almeno e non nel contesto lavorativo in cui ci troviamo. Ancora non lo sai perché sei appena arrivato, ma preferisco tenere per me le mie considerazioni personali. In questo caso posso solo dirti che… la voce grossa del capitano viene interrotta dallo squillare del telefono e, subito dopo avermi fatto cenno di attendere un attimo, si appresta a rispondere. Le piccole rughe sul suo volto si fanno più profonde e non fa altro che annuire. Credo non sia nulla di buono. Si, si… ho capito la Crimson bank. Ok. Provvedo all’istante. Riaggancia subito dopo. Signore, tutto bene? Si appoggia con le braccia sulla scrivania, in seguito mi guarda e replica: Si tratta della banca, la Crimson bank, hanno inviato una richiesta sos e sembra che, almeno per il momento, i rapinatori non se ne siano accorti. Abbiamo poco tempo. Questa potrebbe essere la tua occasione per dimostrarmi che le qualità descritte su quel fascicolo ti appartengono. Sento il suo sguardo addosso e più continua a fissarmi e più cresce il peso che mi sento addosso. Caspita! Così di punto in bianco come un temporale a ciel sereno, che caso signori! Se mi tirassi indietro adesso farei, senza alcun dubbio, la figura del codardo ed è l’ultima cosa che voglio. Di conseguenza mi ritrovo ad accettare la richiesta e, di li a poco, chiedo i dettagli del caso. Poco prima di andare Meatz mi ferma proprio mentre sto per girare la maniglia e afferma: So che sei preso dall’entusiasmo e non vedi l’ora di dimostrare il tuo valore, ma questo è un incarico per due, quindi vedi di non metterti troppo al centro dell’attenzione, intesi? Annuisco ed esco. Mentre mi dirigo di sotto penso al fatto che ho bisogno di un partner, sono in questa città da troppo poco e, che me lo dicesse lui o meno, mi sembra scontato che ho bisogno di qualcuno che conosca bene il luogo che mi faccia da spalla. In ogni caso, credo di sapere chi potrebbe fare al caso mio, non che mi sia fatto molti amici da quando sono arrivato, credo che, in ogni caso, la mia scelta sarebbe comunque ricaduta su questa persona. Passando velocemente dal suo ufficio affermo: Ho bisogno che tu mi dia una mano. Svelta, ti aspetto in parcheggio. E proseguo mentre la sento chiedere spiegazioni. A quel punto sento che mi chiama più volte dicendo: Dave cosa sta succedendo? Di che si tratta? Dave?! Mi stai ascoltando? E prende a venirmi dietro come pensavo, sapevo che, nel momento del bisogno, ci si poteva fidare di Melina. Arrivato in ascensore pigio il tasto -2 e, poco prima che le porte si chiudano, lei avvicina un piede al sensore e le fa riaprire. Dov’è che stai andando con tutta questa fretta? Mi domanda una volta dentro. A raccogliere un po' di gloria. Replico accennando un sorrisetto. Vaffanculo. Mi hai quasi fatta preoccupare, conoscendo la testa calda che sei… Pigio il tasto e, quando l’ascensore inizia a muoversi, rispondo: Cosa hanno appena udito le mie orecchie? Tu che ti preoccupi per un collega? Se non ti conoscessi un po', potrei anche pensare che t’importi di me. Pronuncio il tutto con un tono super antipatico che attira la sua attenzione. Sarei davvero tentata di lasciarti qui credimi, ma se hai chiesto di me un motivo ci sarà quindi… che sia chiaro: lo faccio per te, così come lo farei per un altro collega che ha necessità, precisa facendo una smorfia (che la fa sembrare una bambina) per non darmela vinta, successivamente riprende: Allora, di cosa si tratta? E mentre termina, l’ascensore arriva al piano selezionato. Usciamo e ci dirigiamo verso la sua volante, meglio che sia lei a guidare dato che ha buona conoscenza del luogo. Informo Melina dell’sos e le accenno quanto so sulla banca. Una volta raggiunta l’auto saliamo e, subito dopo esserci scambiati dei cenni d’intesa, lei sgancia il freno a mano e partiamo. Questo è il mio primo caso qui e non posso giocarmi l’occasione di dimostrare quanto valgo. Ce la metterò tutta!

    Capitolo 3

    Scoop (Igame)

    Mi trovavo al ‘faboulus’, uno dei locali più in della zona quando accadde. Ero seduta al mio posto mentre James era entrato dentro per ordinare due aperitivi completi. Avevamo terminato il turno poco dopo l’ora di pranzo e avevamo deciso di scendere in piazza a consumare qualcosa giusto per rilassarci un po'. In più di un anno e mezzo che lavoro come reporter per gli HPC (Hub planet channels) non mi è mai capitato di terminare prima delle solite otto/dieci struggenti ore. Per quanto potesse sorprendermi, la giornata odierna non fece eccezione. Benché avessi terminato prima e volessi svagarmi un po', il destino volle che così non fosse. Infatti, senza che lo avessimo previsto, ci si presentò un caso, un’occasione che non potevamo ignorare. Era come se il lavoro ci avesse inseguito fino a main square. James si era appena seduto al tavolo con me e mi aveva informato che, in pochi minuti, sarebbero arrivate le nostre ordinazioni. Un attimo dopo, sentimmo il colpo. Fu come un tuono che, durante un temporale, esplode nel cielo causando un grande frastuono. Credo che si trattasse di uno sparo, tanto che tutti si misero ad urlare e a scappare via ovunque purché lontano da quel suono che interruppe il tranquillo primo pomeriggio che stavamo vivendo.  A differenza degli altri, ne fui attratta e mi misi a guardare verso la sorgente di quel rumore accorgendomi che in, quella direzione, c’era la banca centrale della città, esattamente dall’altro lato della piazza, difronte il locale in cui mi trovavo.  Nonostante fossi abbastanza lontana, riuscii a notare due tizi con il volto coperto che irrompevano violentemente dentro. E fu in quel momento che mi venne un lampo. Guadai James che mi stava già fissando con in spalla la sua fidata attrezzatura da cameraman e, con il cenno del capo che mi rivolse, capii che stava pensando esattamente ciò che pensavo io: era l’occasione perfetta per un scoop inedito fuori dall’orario di lavoro. Quando mi disse che non gli mancava nulla, ci dirigemmo quanto più vicino ci fosse possibile, finché non arrivò la polizia che sigillò l’area. Fortunatamente avevamo i nostri badge con noi, che ci consentivano di stare un po' più vicino rispetto alla folla. Non ci trovavamo in una posizione particolarmente favorevole ma, a detta di James, potevamo comunque realizzare il servizio. Dunque eccomi qui, insieme al mio fidato cameraman che, in un batter d’occhio ha già montato l’attrezzatura, pronti per realizzare quello che mi auguro sia uno scoop che ci frutti bei quattrini. La polizia ha iniziato a muoversi, noto che un agente ha un megafono che sfrutta per suggerire ai rapinatori di arrendersi. In quello stesso istante sento James che mi invita  a farmi più  a destra in quanto gli occupo la visuale e, senza farmelo ripetere una seconda volta, mi faccio più in la lasciandogli l’ottica libera. L’attimo successivo, il mio cameraman mi rivolge il cenno, ‘quel’ cenno che solo lui ed io sappiamo cosa significa ed ecco che mi metto subito al lavoro. Girandomi verso la telecamera comincio: Buon pomeriggio a tutti cari ascoltatori, qui è Igame Kuhurata degli HPS che vi parla, come sempre in diretta per voi. Ci troviamo al centro di main square, cuore della nostra cittadina e sede della Crimson bank dove, per l’appunto, si sta verificando una rapina a mano armata. Due dovrebbero essere i malviventi responsabili, che hanno fatto irruzione a suon di spari. Al momento non possiamo affermare se sia coinvolto qualcun altro se ci sono feriti, possiamo sottolineare però che le forze dell’ordine stanno facendo tutto il possibile per riportare la situazione alla normalità. Quando James coglie il mio cenno, stacca l’inquadratura da me per focalizzarsi sull’ingresso della banca, da dove vediamo volar via sacchi pieni di soldi. Un momento, non si tratta solo dei sacchi, sembra stia uscendo anche qualcos’altro. Si tratta di una donna di mezz’età che ha le mani in alto, la sento piangere e, a volto chino, si muove a piccoli passi verso l’esterno. Subito alle sue spalle, il rapinatore le sta incollato puntandole l’arma alla nuca. Poco dopo esce l’altro complice, che si appresta a raccogliere quanti più sacchi possibili poi, il primo dei due ad essere venuto fuori, notando che la polizia è in guardia e sta puntando loro le armi contro, urla: Che nessuno si muova! Niente cazzate o faccio saltare il cervello a questa vecchia! Buttate a terra le armi. ORA! Per non rischiare la vita dell’ostaggio, il poliziotto con il megafono (che sembra essere a capo dell’operazione) fa un cenno ai suoi colleghi che, di conseguenza, buttano via le pistole. Al cenno di James sono di nuovo protagonista dell’inquadratura e riprendo: E’ terribile cosa sta accadendo qui, nonostante il buon operato della polizia, sembra che i due delinquenti che hanno assaltato la banca stiano avendo la meglio. Uno dei due ha un ostaggio con se, che minaccia di uccidere se le forze dell’ordine dovessero provare a bloccare il suo complice che, indisturbato, carica i sacchi con il bottino su un veicolo senza targa probabilmente rubato. Commento come una cronista ancora un attimo finché, al mio cenno, James si focalizza sulla banca per l’ennesima volta. Sembra che i malviventi abbiano la situazione in pugno. Che ce l’abbiano fatta? Un rumore. Mi è parso di sentire qualcosa simile al rombo di un veicolo. Di nuovo. Sta volta è più forte e non l’ho notato solo io, tant’è vero che qualcun altro qui si è girato a controllare. Tutto ad un tratto, quando uno dei due banditi sta per mettere le mani anche sull’ultimo sacco con il denaro, vediamo un auto della polizia attraversare la piazza ad una velocità sbalorditiva! Rombando come un leone che ruggisce fortissimo, il veicolo supera le altre volanti e punta sul veicolo ignoto. In un batter d’occhio la volante esegue un testa coda incredibile che lascia delle tracce nero pece sull’asfalto, facendo fermare l’auto in maniera scenica producendo una coltre di fumo abbastanza densa da non permetterci di capire cosa accada per diversi istanti. Quando quest’ultima prende a dissolversi, faccio il solito cenno a James e ho di nuovo la telecamera puntata: Avete appena visto come quest’auto delle autorità abbia sorpreso tutti quanti col suo ingresso scenico. Come potete notare è ferma difronte all’ingresso e per il momento tutto sembra tranquillo… No invece, aspettate un attimo! Qualcuno si sta alzando, si tratta dell’ostaggio. Sembra zoppichi ma almeno sta bene e si sta dirigendo verso gli agenti che l’accolgono mettendola in salvo. L’intervento fulmineo della volante deve aver colta alla sprovvista i delinquenti che, per non finire travolti dalla vettura, si sono lanciati in direzioni opposte per scansarla. Vediamo adesso l’evolversi della situazione. Ho parlato così velocemente che non ho più saliva, mi chiedo come facciano i rapper a cantare come fanno. Una volta che James focalizza l’obiettivo sull’evolversi della situazione, noto, grazie allo zoom, che i due rapinatori si stanno rialzando, anche sembra abbiano accusato il colpo. Contemporaneamente, dalla volante che ha eseguito il testacoda, escono due agenti: un uomo e una donna. Quest’ultima ha un volto familiare al contrario del suo partner che sicuramente sarà uno nuovo. E, prima ancora del consueto cenno, prendo l’iniziativa e mi ritrovo a far cronaca su quanto ho davanti agli occhi: I due agenti estraggono le pistole dalle rispettive fondine e si avvicina lentamente ai delinquenti ordinando loro di arrendersi. I due sono disarmati, a causa del disperato tentativo di salvarsi la pelle di poco fa, e, a giudicare che le altre pattuglie hanno sbarrato ogni via di fuga, non sembrano avere più possibilità. La donna si avvicina ad uno dei due e, tenendo l’arma puntata contro di lui con una mano, con l’altra prende le manette e, in un batter d’occhio, le aggancia ai polsi del tizio, neutralizzandolo. Anche l’altro agente si avvicina al rapinatore e, proprio come la sua collega, prende le manette e si accinge a metterle ai polsi del suo bersaglio. Ma, proprio nel momento in cui gli ammanetta un polso, il delinquente reagisce, colpendolo con una gomitata nel basso ventre che fa contorcere il poliziotto per poi, una volta giratosi, colpirlo con un diretto che lo distanzia di qualche metro. Momenti di tensione ci accompagnano durante questo temperato pomeriggio, cogliendoci tutti quanti alla sprovvista. Il malvivente lancia un’occhiata all’agente in ricurvo in ginocchio e, prima ancora che questi si rialzi, gli è già addosso. Allunga le mani sulla fondina, sembra voglia portarli via la pistola. L’agente prova a resistere e lo spintona via ma ciò non è sufficiente a calmare gli spiriti del suo aggressore che, di li a poco, lo attacca nuovamente con una serie di pugni. Fortunatamente, il poliziotto è abbastanza agile e riesce a schivarli tutti. Notando l’andare a vuoto dei suoi colpi, il furfante perde il controllo e, subito dopo aver insultato pesantemente il proprio avversario, vi si scaglia contro caricandolo. Ma l’agente ne riesce a prevedere le intenzioni e, spostandosi di lato appena prima di farsi colpire, lo sgambetta facendolo rotolare al suolo. Qualche istante più tardi lo raggiunge, pistola alla mano e, rivoltandolo con un calcione, gli ammanetta i polsi rendendolo finalmente inoffensivo. Ciò che sembrava perduto, è stato portato alla normalità grazie all’intervento di questi due agenti che, imperterriti, hanno fatto breccia nel pericolo rischiando in primissima linea. Vedremo di potervi dare modo di saperne di più. Per il momento da main square è tutto, grazie per essere stati in nostra compagnia. Non so chi sia quel poliziotto ma ha avuto il fegato di sventare una rapina che sembrava avesse preso la peggiore piega possibile. James ha registrato tutto e credo proprio che abbiamo fatto un buon lavoro qui. Subito dopo aver smontato la sua attrezzatura e averla messa a posto, notando che mi sto allontanando, dice: Te ne vai già? Guardandolo un po' perplessa rispondo: Vuoi pranzare qui per caso? Abbiamo tutto, no? Di seguito m’ indica il poliziotto nuovo, che per il momento è in compagnia di altri agenti, successivamente chiede: Non credi sarebbe la ciliegina sulla torta se ce ne tornassimo a casa con un’esclusiva all’eroe che ha sventato questa minaccia? Credo che l’hai notato anche tu che, quel tipo, è uno nuovo. Sarebbe il top se riuscissimo ad intervistarlo. Che ne dici, ci proviamo? Il suo entusiasmo è così contagioso che replico: James sei proprio un genio! Ma certo, andiamo subito! in procinto di andare gli rivolgo un sorriso dicendogli che non saprei come fare senza di lui. Il mio cameraman apprezza e ci scherza su affermando di poter chiedere un aumento. Scoppiamo così a ridere insieme talmente forte che devo contenermi quando avverto un leggero crampo allo stomaco. A furia di farci largo tra spintoni e chiedendo permesso, giungiamo a qualche metro dalle volanti della polizia. Non vedo l’ora di intervistare l’eroe di questo pomeriggio, già immagino la faccia del capo quando gli presenteremo questo scoop a sorpresa: farà come un cagnolino quando riceve un nuovo osso. Non è il tipo che incoraggia o fa complimenti quanto meno, paga in contanti e, davanti a certe notizie, molla anche bene. Vengo riportata alla realtà non appena James mi da di gomito per farmi notare che l’agente si è liberato dalla cerchia di colleghi che lo circondavano. Questo è il momento per intervenire. Il mio cameraman ha montato tutto il necessario in un lampo e io, dandomi una rapida sistemata, sono pronta per intervenire. Così, dopo aver cominciato con le solite frasi di routine, sto per focalizzarmi sul nuovo poliziotto quando all’improvviso… qualcosa mi sfiora la spalla superandola. "Ehi

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