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Come le onde
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E-book132 pagine1 ora

Come le onde

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Info su questo ebook

Come le onde narra la vita di due donne, dei loro stati d’animo, della loro quotidianità. Con un denominatore comune: la ricerca dell’essenza che autentica sentimenti, passione, entusiasmi e gioie.
Ginevra vedova sessantenne, una nipote da accudire e un figlio con cui ha poco da dirsi. Ex cuoca dei baroni Tripisi, si occupa del podere ereditato dal marito impenitente dongiovanni e guarda la tv rigorosamente ad audio spento. Agata, baronessina quasi quarantenne, vive in uno stato quasi vegetativo dopo l’abbandono da parte dell’amante che l’ha derubata di quasi tutte le sue sostanze.
Come le onde che susseguendosi mutano, assumendo nuove morfologie, profumi e colori, così le due protagoniste, le cui storie si intrecciano con le quotidianità di altri personaggi, riusciranno a deviare la propria prospettiva di esistenza divenuta ormai circolo vizioso, stagnante, confortante circostanza di non cambiamento che segna il passo della loro vita.
Una metamorfosi, un sortilegio dentro al cuore che mostrerà a entrambe, in un orizzonte in costante cambiamento, un inatteso futuro fatto di consapevolezze non convenzionali, di nuove esperienze, di speranze e nuove realtà, di situazioni e tempi diversi che invaderanno le loro vite.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788832925692
Come le onde

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    Anteprima del libro

    Come le onde - Anna Violi

    Andrade

    1

    Le immagini televisive si rincorrono come in un film muto.

    Con il volume azzerato da almeno una decina di anni, ogni programma può beneficiare soltanto della capacità interpretativa ed espressiva dei vari personaggi mandati in onda e certamente della loro mimica facciale e corporea.

    Perché, diciamolo subito, la signora Ginevra ama guardare in religioso silenzio il piccolo schermo, spostandosi appena di qualche centimetro dalla sua postazione abituale, il piano di cottura.

    Durante questi brevi movimenti, dopo avere concesso una semplice occhiata al monitor, la signora Ginevra riesce velocemente ad agganciare l’immagine colta sul momento a quella trattenuta in precedenza, riprogrammare in ordine cronologico i fatti narrati, dare il suo assenso o dissenso ai nuovi eventi e riprendere il suo passatempo preferito. Cucinare.

    Lei sostiene di comprendere tutto con una semplice taliata, rifiutandosi di ascoltare la voce dei giornalisti, degli attori o dei conduttori televisivi.

    Chiacchiere, chiacchiere, non sono altro che chiacchiere che mi rintronano la testa e io devo restare concentrata con quello che faccio davanti ai fornelli, ripete a quanti le chiedono come faccia a capire senza il conforto dell’audio.

    Ma lei, Ginevra de Ferris, per nulla altolocata ma innocente depositaria di un nome troppo altisonante per le sue semplici origini popolane, è un fossile nel percorso evolutivo.

    Se per evoluzione si intende affacciarsi quotidianamente alla finestra del mondo e prendere in considerazione i progressivi cambiamenti.

    Con la consapevolezza che qualcosa, o molto di più, sia destinata a sottostare a fatali, inevitabili, ricorrenti mutazioni.

    Di questo rifiuto ne sa qualcosa la nipote Ginevra J., figlia di Mario, unico prodotto fortunato del matrimonio avvenuto tra Ginevra e Gostino de Ferris, immaturamente deceduto in Germania dopo una caduta di dieci metri da un’impalcatura traballante.

    Ginevra J. che frequenta il liceo linguistico di Moldica, una ridente cittadina siciliana che si affaccia sul mare, ogni giorno, appena concluso il pranzo, saluta i genitori per recarsi al casale di nonna Ginevra.

    Un apprezzabile caseggiato rurale che da oltre cento anni resiste ai confini della città, indifferente all’incessante fioritura di svettanti edifici residenziali ultramoderni che si ergono a pochi chilometri.

    Del resto, la visita quotidiana alla nonna è un’abitudine che risale al periodo delle elementari. Da quando Mario e sua moglie Lucia, dopo aver prelevato la piccola dalla scuola, la portavano direttamente da Ginevra per fare velocemente ritorno al loro piccolo ma ben avviato studio di commercialisti aperto proprio nel centro della città. Certo, inizialmente qualche piccola perplessità Lucia l’aveva sollevata.

    Ginevra vive in un mondo irreale tutto suo. Senza offesa, è un po’ strana. Mi chiedo quanto questo suo modo bizzarro di comportarsi possa incidere nella crescita della piccola, aveva obiettato con dolcezza al marito.

    Il quale, stringendosi nelle spalle, si era limitato a opporre un debole: Ma ce la possiamo permettere agli inizi della nostra carriera di commercialisti una spesa anche per la tata? Lo studio, anche se piccolo, proprio perché è situato in centro ci costa ogni mese una fortuna. Se poi aggiungiamo anche un’altra uscita per la tata… E non aveva concluso il discorso perché Lucia alzando entrambe le mani a mo’ di resa lo stesso giorno aveva consegnato erede, zaino e ricambi alla suocera.

    La quale, a dispetto di ogni previsione, si era dimostrata all’altezza dell’incarico. In sua compagnia Ginevra J. da ombrosa e timida era diventata solare e allegra. Anche l’alimentazione, sana e gustosa, calibrata ai suoi bisogni nutrizionali aveva ottenuto il benestare del pediatra.

    Ogni pomeriggio, con insospettata competenza, Ginevra aiutava la nipote a svolgere i compiti scolastici. E quando a sera la piccola veniva prelevata dai genitori, consegnava loro caldi contenitori con la cena e il pranzo per il giorno successivo.

    Gine oggi devo preparare un compito in inglese sui miei nonni, anticipa vociando la nipote dopo aver disseminato sul grande ripiano di marmo del tavolo della cucina, ancora apparecchiato per metà, tutto il contenuto dello zaino.

    Su di te non ci sono problemi, prosegue,"so che il tuo nome di origine celtica significa splendente tra gli elfi e si festeggia il due di aprile, ma non vado a fondo sulle motivazioni di questa scelta così irrituale, ben lontana dai tradizionalissimi nomi di queste zone come Concetta, Carmela, Giuseppina, Maria, Addolorata. Me ne guardo bene dal farlo perché potrei ricevere una delle tue tante ovvie risposte come non sono stata interpellata per la scelta, oppure, chiedilo a mia madre e chiuderti a riccio come capita quando un discorso non ti piace o non ti interessa. Credo di conoscerti fin troppo bene. Ma è di nonno Gostino che invece so poco o niente. Com’era?"

    "FimminaruFimminaru era lui, il nonno e tutti i parenti. Forse proprio tutti no, un fratello dovrebbe interrompere la saga dei fimminari, ma non so più dove sia finito."

    "Fimminaru? Ma fimminaru in che senso?" interviene la nipote in dubbio se dare credito alla risposta immediata o giudicarla piuttosto frutto della stravagante fantasia della nonna. Come sempre a cavallo tra le fiction e la realtà.

    "Che ci piacivanu i fimmini." È l’ovvia risposta di nonna Ginevra

    Ho capito. Ma questo certamente prima di sposarsi.

    " Ma quannu mai, sempre fimminaru fu."

    E tu come reagivi? Eri addolorata? insiste divertita la piccola Ginevra.

    Addolorata io? Ma che dici. Io continuavo a cucinare e a fare la moglie. Si ferma, la guarda e incalza: "Ma ai tuoi professori che ci importa se tuo nonno era nu fimminaru?"

    "A loro personalmente nulla. È la ricerca che mi chiede di parlare di voi due, analizzando un po’ tutto il vostro vissuto. E tu capisci che non posso limitarla al termine fimminaru. Per quanto ne so, faceva il muratore in Germania ed è morto prematuramente quando papà era ancora piccolo. Tu ricordi gli hobby che coltivava il nonno nel tempo libero?"

    Ci pensa un po’ su Ginevra e alla fine ammette: " L’hobby du fimminaru".

    Ma era alto, basso, di che colore aveva gli occhi o i capelli, somigliava a papà? insiste la nipote in un crescendo di allegria.

    "Nooo, tuo padre non è mai stato nu fimminaru. E neanche gli somigliava fisicamente. A pensarci bene Mario non somiglia neanche a me," ammette un po’ sorpresa.

    Okay nonna, ammettendo che mio padre non è stato trovato sulle scale di una chiesa, c’è qualche parente ancora vivo in cui si possa ravvisare una certa somiglianza con il nonno, che so, qualche fratello?

    Forse. Non saprei. Non ci ho mai pensato. Forse. E dà uno sguardo allo schermo muto della televisione con le immagini che cambiano velocemente.

    Eh, la contessa non doveva fidarsi del notaio. Scuote la testa e continua a rimestare il ragù.

    Ma di quale notaio parli nonna. Hai la sfera magica di cristallo? sghignazza Gine J.

    Ma quale sfera e sfera. Questa contessa che vedi in lacrime ha permesso a quel bellimbusto di notaio che le sta davanti con aria sprezzante di rubarle tutti i suoi averi. Una firma qua, una firma là. Un po’ come è successo alla baronessa Tripisi che abita sul lungomare.

    E tu riesci a leggere il labiale nel televisore muto?

    Come faccia a capirlo a te proprio non deve interessare, sbotta infastidita Ginevra.

    Controlla il grado di cottura, assaggia il ragù con gli occhi socchiusi verso il cielo e le labbra che biascicano lentamente. Soddisfatta, spegne i fornelli e conclude: Per quel compito che ti hanno assegnato sui tuoi nonni, più delle chiacchiere ti saranno utili i vecchi album di foto che troverai dentro la credenza. Io adesso devo recarmi dalla baronessa Tripisi e portarle il ragù. Una volta ero la sua cuoca.

    Appende a un gancio a forma di cipolla il grembiule con pettorina che non dimentica mai di indossare ogni qual volta creatività ed esperienza entrano in competizione in alcune composizioni culinarie, finisce di sparecchiare e si avvia su per le scale diretta nella camera da letto.

    Pochi minuti ed eccola di ritorno in cucina perfettamente pettinata con indosso un abito nuovo di lanetta blu. Infila il tegame dentro la borsa termica ed esce impettita urlando alla nipote: Tu pensa a studiare. Arriverò in tempo per organizzare cena e pranzo per te e per i tuoi genitori.

    2

    La baronessina Tripisi è seduta sulla poltrona di velluto azzurro davanti alla porta finestra che da un lato si affaccia sul lungomare e dall’altro su un ballarò chiassoso di negozi e di moderne abitazioni marittime dai colori accesi che provocano il rigore dei vecchi edifici barocco disabitati, le cui facciate ostentano ancora con orgoglio immoti putti, maschere e mensole che arricchiscono e decorano i frontali sorreggendo balconi e logge.

    I cancelli arrugginiti di ferro lavorato, chiusi al mondo frenetico che si agita all’esterno, vigilano perché nulla possa oltrepassare le inferriate e intaccare il silenzio seppiato della magia del passato.

    Palpitano sommessamente i verdi giardini e le aiuole colorate e vicino ai muri, gli alberi di cedri e di limoni i cui frutti fanno capolino sulla via, per nulla intimoriti dagli antiquati sistemi antifurto di schegge di vetro e fili spinati posti sulle estremità dei muri.

    Le tende di mussola chiara leggermente scostate dai vetri fanno da cornice alla giovane donna.

    Il sole del tardo pomeriggio, giocando a rimpiattino tra le foglie della

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