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E-book294 pagine4 ore

San Pantaleone

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San Pantaleone

La gran piazza sabbiosa scintillava come sparsa di pomice in polvere. Tutte le case a torno imbiancate di calce avevano una singolare luminosità metallica, parevano come muraglie d'una immensa fornace presso ad estinguersi. In fondo, i pilastri di pietra della chiesa riverberavano l'irradiamento delle nuvole e si facevano rossi come di granito; le vetrate balenavano quasi contenessero lo scoppio d'un incendio interno; le figurazioni sacre prendevano un'aria viva di colori e di attitudini; tutta la mole ora, sotto lo splendore del nuovo fenomeno crepuscolare, assumeva una più alta potenza di dominio su le case dei Radusani.

Volgevano dalle strade alla piazza gruppi d'uomini e di femmine vociferando e gesticolando. In tutti li animi il terrore superstizioso ingigantiva rapidamente; da tutte quelle fantasie incolte mille imagini terribili di castigo divino si levavano; i commenti, le contestazioni ardenti, le scongiurazioni lamentevoli, i racconti sconnessi, le preghiere, le grida si mescevano in un romorío cupo d'uragano presso ad irrompere. Già da più giorni quei rossori sanguigni indugiavano nel cielo dopo il tramonto, invadevano le tranquillità della notte, illuminavano tragicamente i sonni delle campagne, suscitavano li urli dei cani.

“Giacobbe! Giacobbe!” gridavano, agitando le braccia, alcuni che fin allora avevano parlato a voce bassa, innanzi alla chiesa, stretti in torno a un pilastro del vestibolo. “Giacobbe!”

Usciva dalla porta madre e si accostava alli appellanti un uomo lungo e macilento che pareva infermo di febbre etica, calvo su la sommità del cranio e coronato alle tempie e alla nuca di certi lunghi capelli rossicci. I suoi piccoli occhi cavi erano animati come dall'ardore di una passione profonda, un po' convergenti verso la radice del naso, d'un colore incerto. La mancanza dei due denti d'avanti nella mascella superiore dava all'atto della sua bocca nel profferire le parole e al moto del mento aguzzo sparso di peli una singolare apparenza di senilità faunesca. Tutto il resto del corpo era una miserabile architettura di ossa mal celata nei panni; e su le mani, su i polsi, su 'l riverso delle braccia, su 'l petto la cute era piena di segni turchini, di incisioni fatte a punta di spillo e a polvere d'indaco, in memoria de' santuari visitati, delle grazie ricevute, dei voti sciolti.

Come il fanatico giunse presso al gruppo del pilastro, una confusione di domande si levò da quelli uomini ansiosi. — Dunque? Che aveva detto Don Cònsolo? Facevano uscire soltanto il braccio d'argento? E tutto il busto non era meglio? Quando tornava Pallura con le candele? Erano cento libbre di cera? Soltanto cento libbre? E quando cominciavano le campane a sonare? Dunque? Dunque? —
LinguaItaliano
Data di uscita28 ago 2019
ISBN9780599543843
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Autore

Gabriele D'Annunzio

Gabriele D’Annunzio (1863-1938) was an Italian poet, playwright, soldier, and political figure. Born in Pescara, Abruzzo, D’Annunzio was the son of the mayor, a wealthy landowner. He published his first book of poems at sixteen, launching his career as a leading Italian artist of his time. In 1891, he published his first novel, A Child of Pleasure, followed by Giovanni Episcopo (1891) and L’innocente (1892), which earned him a reputation among leading European critics as a member of the Italian avant-garde. By the end of the nineteenth century, he turned his efforts to writing for the stage with such tragedies as La Gioconda (1899) and Francesca da Rimini (1902). Radicalized during the First World War, D’Annunzio used his experience as a decorated fighter pilot to spread his increasingly nationalist ideology. In 1919, he spearheaded the takeover of the city of Fiume, which had been ceded at the Paris Peace Conference. As the leader of the Italian Regency of Carnaro, he sought to establish an independent authoritarian state and to support other separatist movements around the globe, but was forced to surrender to Italy in December 1920. Despite his failure, D’Annunzio inspired Mussolini’s National Fascist Party, which built on the violent tactics and corporatist system advocated by the poet and his allies. Toward the end of his life, D’Annunzio was named Prince of Montenevoso by King Victor Emmanuel III and served as the president of the Royal Academy of Italy.

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