Volevo essere un latin lover
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Anteprima del libro
Volevo essere un latin lover - Marino Bonetti
riservati.
Capitolo 01
Cambio vita
Quando ripenso al mio passato, spontaneamente lo analizzo e finisco quasi sempre col farmi la stessa domanda: cosa sarebbe successo se avessi fatto un’altra scelta? Subito dopo – forse per azzittire i rimorsi che mi tormentano, anche quando quelle scelte erano il frutto di condizionamenti provenienti da fattori casuali che stupidamente/romanticamente interpretavo come segni mandati dalla divina provvidenza (sarà stata colpa dei tanti film che vedevo) - dico era destino, non sarebbe potuta andare diversamente!
. Qualsiasi strada avessi percorso, prima o poi, mi avrebbe condotto allo stesso risultato. A volte, nonostante mi accorga di aver fatto delle scelte discutibili continuo comunque su quella strada. Forse è la mia cocciutaggine che mi porta a perseguire quegli obiettivi anche se non hanno più lo stesso valore originario, è come se mi sentissi obbligato a non buttar via tutto il tempo già impiegato. L’attuale crisi economia mi fa pensare a tutti quelli che stavano lavorando mettendocela tutta per raggiungere un obiettivo, poi la crisi ha cambiato le carte in tavola stravolgendo ogni punto di riferimento o rendendo inutile quel lavoro fatto. È il caso di molti studenti che intraprendono un percorso formativo in un momento florido e pieno di prospettive future, ma una volta conseguito il titolo, devono scontrarsi con una realtà del tutto diversa.
Quando credi di aver imparato abbastanza dalla vita ecco che un evento inaspettato ti dà la possibilità di fare una nuova esperienza. L’assenza di certezze a cui aggrapparci ci obbliga ad essere più flessibili ed è per questo che quando si presenta un’opportunità non mi tiro mai indietro, anche quando non me la sento di andare avanti, perché già so che dietro si cela qualcosa di inaspettato. Grazie alle esperienze passate sono arrivato ad abbracciare questa filosofia di vita. Credo che durante l’adolescenza avvengono le scelte più importanti: da che parte stare, chi frequentare ecc. Generalmente con quasi tutte le persone che si conoscono in quel periodo, prima o poi, si tende a perdere i contatti, ma questo non è avvenuto tra me e Gustavo, un vecchio amico con il quale mi sono trovato innumerevoli volte a confrontarmi nel corso degli anni principalmente su un argomento: la gnocca. È stata una cosa totalmente inaspettata, in quanto molto diversi nello stile: io, il classico tipo con il giubbino di jeans con il colletto alzato e occhiali da sole che gioca a fare il duro con le ragazze, aspirante ribelle che ama farsi notare in giro con il cinquantino senza casco, con la battuta sempre pronta verso i professori i quali erano visti come acerrimi nemici, tranne rarissime eccezioni, e infine ossessionato dall’idolo del cattivo ragazzo sciupa femmine, stile Dylan di Beverly Hills; Gustavo, invece, il classico bravo ragazzo, mai con una parola fuori posto, con il vizio di dormire troppo la mattina e arrivare a scuola sempre alla seconda ora e ben voluto dai professori. Ma entrambi con il medesimo punto di vista sulla gnocca e i suoi effetti, i quali condizionano pesantemente la nostra vita. Il primo evento che ha condizionato il mio rapporto con le ragazze fu quando avevo circa 16 anni, mi trovavo con lui a passeggiare nei corridoi della scuola superiore durante il periodo di occupazione. Ricordo che era il periodo scolastico più bello e capitava di solito nel mese di dicembre. Nonostante il freddo mi recavo a scuola pieno di entusiasmo perché sapevo che solo in quel periodo mi era concesso divertirmi in un luogo che normalmente mi incuteva malinconia. Era bello vedere che tra quelle mura, che normalmente vigevano severità e rigore, vi era ora l’anarchia e il divertimento. Se ne vedevano di tutti i colori, dietro ogni porta si celava qualcosa: una partita a carte, nella quale sistematicamente mancava sempre il quarto giocatore e io sembravo mandato dalla divina provvidenza a colmare quel buco; coppiette intente a pomiciare, scocciate dalla mia interruzione che a quel punto chiudevo la porta senza scusarmi, anzi se non avessi avuto del tatto avrei detto: se volete stare tranquilli non è questo il posto giusto! È inutile fare anche gli infastiditi. Ad essere sinceri se fossi stato nei loro stessi panni, molto probabilmente, avrei fatto lo stesso! E infine, ma non meno frequenti, il simbolo di ogni occupazione: i fattoni
, cioè quei ragazzi che si dilettavano a fare viaggi mentali
con l’aiuto di droghe leggere e alcol. Quando si apriva quella porta si faticava a individuare i soggetti al loro interno a causa della spessa nube che li avvolgeva, ma in quel caso bastava seguire il proprio intuito per capire chi c’era. Erano totalmente indifferenti alla mia presenza anzi bastava sedersi senza chiedere il permesso per essere parte di quel gruppo. A me non stavano antipatici, anche se io non ero solito fare uso di quelle sostanze. E non mancava mai il pivello della situazione che fingendosi all’altezza si mischiava con il gruppo e finiva con l’avvertire un malore e andare all’ospedale: e così si chiudeva il periodo di occupazione! Un giorno mentre cazzeggiavamo, vidi una ragazza che passeggiava da sola nel corridoio, una di quelle che sapevo non sarebbe mai potuta piacere a Gustavo ed è proprio in quel preciso istante che nacque involontariamente la prima di una lunga serie di tecniche di approccio.
Per farmi quattro risate, decisi di metterlo in imbarazzo con il metodo più banale del mondo, così fermai la ragazza e le dissi che Gustavo la voleva assolutamente conoscere. Ricordo ancora la faccia del mio amico, era imbarazzato e sorpreso tanto che esitò per qualche secondo ad aprire bocca, dopodiché liquidò subito la questione smentendo il tutto.
A quel punto decise di farmela pagare e quindi inizio una guerra a colpi di figure di merda.
Consapevole di una sua imminente reazione, pensai a come difendermi e, allo stesso tempo, trarre vantaggio dalla situazione. Allora mi immedesimai nella potenziale ragazza che si sarebbe trovata da lì a poco in quella situazione e pensai cosa avrei provato a sentire quelle parole. Mi avrebbe fatto solo piacere sapere che potessi interessare ad una persona anche se non di mio gusto
, quindi avrei assecondato il presunto desiderio e poi solo in un secondo momento se lei avesse lasciato intendere che le avrebbe fatto piacere continuare la conoscenza l’avrei liquidata gentilmente, anche perché non vedevo il motivo di comportarmi male con una ragazza che non mi aveva fatto alcun torto.
Come previsto, alla prima occasione, Gustavo la prese al balzo e mi ricambiò il favore
.
Fu questo il momento in cui la mia scelta mi portò inconsapevolmente ad avere più fiducia in me stesso e di conseguenza a relazionarmi con le ragazze in modo più proficuo.
Quando giunse il momento in cui Gustavo fermò la ragazza dicendole che io avevo un debole per lei - anche se dentro di me provavo imbarazzo, non feci trapelare le mie emozioni all’esterno - per non dare soddisfazioni al mio amico, le dissi che era vero con un tono deciso e amichevole. L’essere friendly, cioè essere sciolto, simpatico, divertente e all’occasione fare un velato complimento, fu inizialmente da me sottovalutato tanto da passare inosservato per poi essere rivalutato anni dopo, al punto da ritenerlo fondamentale come base dei futuri approcci. Inoltre dopo molto tempo l’essere friendly influenzò anche Gustavo che per anni ripudiò tale comportamento e preferire un atteggiamento più distaccato con l’altro sesso.
Inaspettatamente lei disse che le faceva molto piacere conoscermi e iniziammo a parlare per un po’, ma quando Gustavo ci lasciò da soli iniziò il vero imbarazzo in quanto non avevo argomentazioni dato che non mi interessava