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Chi lo dice che single è meglio?: Alla ricerca delle vie di mezzo
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E-book149 pagine2 ore

Chi lo dice che single è meglio?: Alla ricerca delle vie di mezzo

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Info su questo ebook

Chi è una “vera” single? È una che vive da sola, mangia da sola, non si è mai sposata, non ha avuto figli… è sola e basta. Ma non per questo è triste, musona, o non si guarda intorno alla ricerca di qualche uomo decente (specie che pare in via di estinzione).
Una vera single sa anche sorridere, di se stessa e degli altri, come fa l’autrice di questo libro: anche “over 50” si può affrontare la vita in modo positivo, sereno e con la testa di una ventenne.
Single è meglio? Chissà. Ogni donna deve scegliere per sé, conquistarsi il proprio equilibrio, l’unica cosa che conta è che si senta bene nella propria pelle.
LinguaItaliano
Data di uscita24 nov 2020
ISBN9788855390996
Chi lo dice che single è meglio?: Alla ricerca delle vie di mezzo

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    Anteprima del libro

    Chi lo dice che single è meglio? - Rossella Guadagno

    Guadagno

    Introduzione

    Rossella Guadagno tratteggia il profilo di una donna single (realmente single, così come ama definirla) in modo ironico, cercando di sdrammatizzare tutti i miti che normalmente si creano, sia da parte degli uomini sia da quello delle donne, intorno a questa figura.

    Ne emerge uno spaccato molto attuale, in cui ogni donna, rimasta da sola per costrizione o per scelta, si trova a dover affrontare un quotidiano che non sempre riesce a stare al passo con i tempi, destreggiandosi fra pregiudizi e preconcetti che ancora persistono da parte di una società che spesso si nasconde dietro a maschere e ipocrisie.

    Tuttavia, non pensate di avere a che fare con il solito libro che vuole analizzare psicologicamente la donna, ovviamente matura, che fa i conti giornalmente con se stessa, tentando di sopravvivere in una giungla ricca di predatori e uomini incompresi. In realtà vi ritroverete spesso a sorridere e non solo per le ovvie origini toscane dell’autrice, dal momento che l’inizio già la dice lunga in merito al tono che avrà tutto lo scritto, ma anche per i contenuti che spesso risultano essere esilaranti anche in momenti in cui vengono trattati argomenti alquanto seri.

    Ed è questo, alla fine, il filo conduttore e la morale che tutto il libro vuole instillare nel lettore, ovvero quel senso di positività che scaturisce sempre da un sorriso e dalla voglia di poter affrontare la vita in modo positivo, sereno e, se vogliamo, anche spensierato a qualsiasi età. Anche over cinquanta.

    Dunque non serve essere ancora delle ragazzine per affrontare i giorni con la giusta grinta ed energia, basta cercare di essere se stesse, con le proprie debolezze, fragilità e passioni, persino con quelle sopite e quelle fin troppo evidenti.

    D’altra parte la domanda resta ancora aperta:

    Chi lo dice che single è meglio?

    Irma Panova Maino

    Una testa matta

    mi presento

    Mi chiamo Cecilia. Per tutti sono Laceci tutto attaccato, una volta ci soffrivo per questo diminutivo che veniva pronunziato di seguito e senza un articolo davanti. Non era un dalla Ceci – che sarebbe stato un po’ più inflessibile – ma da Laceci, che poi siccome sono fiorentina, la frase con tutte quelle C usciva dalle loro bocche parecchio biascicata. Poi, dopo un po’, non ci fai più caso e ti abitui.

    «Andiamo da Laceci, stasera si studia da Laceci…» poi diventi grande ma tutti continuano dicendo: «Stasera spaghettata da Laceci.»

    Cecy invece quando mi devono chiamare in modo più o meno normale. Sì, mi immagino che ci sia una ipsilon finale, è più carino e poi dopo tutti questi anni di storpiatura del mio nome, me la sono meritata la ipsilon, mi spetta di diritto!

    Sono una donna piacente, o almeno lo sono stata in tempi non sospetti… Poi arrivi a questa età e personalmente mi sento incastrata in un corpo da sessantenne con la mente di una ventenne, il che non sarebbe nemmeno un dramma, è che quando mi guardo allo specchio le due figure non coincidono e l’immagine che vedo riflessa non mi appartiene.

    Continuo a comprarmi abiti da ventenne che poi, indossati, non mi rendono l’immagine che avrei voluto vedere o avere. Così, mi succede spesso che quella magliettina corta, in modo così assurdo da mettere allo scoperto la pancia, finisce per essere regalata a mia nipote sedicenne e opto per una camicetta tipo caftano che mi copra i fianchi, invece di lasciarli troppo in vista. Lo stesso succede durante tutti i cambi di stagione dell’armadio: guardo il pantaloncino, la maglietta, il jeans, e li metto via per l’anno prossimo con il pensiero: magari se dimagrisco ci entro il prossimo anno.

    Poi arriva il fatidico anno in cui mi convinco che non dimagrirò mai e quegli indumenti conservati, come la peggiore accumulatrice seriale, li regalo o li metto nel sacco per la Caritas.

    Quando ero giovane pensavo che invecchiare non mi avrebbe preoccupata: non mi sarei mai fatta un lifting, nessun ritocco del corpo, ma avrei accettato le mie rughe a testa alta.

    Ora la testa alta la tengo proprio per non far vedere le rughe e il doppio mento. Con il senno di poi qualche ritocco ora me lo farei… Si sa, solo gli sciocchi non cambiano idea.

    Rughe a parte, il mio sentirmi ventenne mi aiuta a prendere le fasi della vita e i suoi accadimenti con un pizzico di ilarità e di gioco, e riuscire a vedere il lato comico delle varie situazioni mi rende più forte. D’altra parte mi sono abituata alle cadute e, ventenne o no, ho imparato a rialzarmi da sola.

    Sono curiosa, sensibile, creativa, sono scettica e al tempo stesso sognatrice, per cui mi ritrovo spesso a verificare e ad approfondire. Quando trovo qualcosa che non conosco e non mi torna, sono portata ad andare oltre e a documentarmi, e questo mio lato mi piace molto perché mi ha permesso nella vita di conoscere e scoprire tante cose.

    La mia leggerezza, la voglia di ridere, di chiacchierare, di raccontarmi, mi consente di conoscere in continuazione molte persone che poi diventano amici, anche se conoscenti sarebbe la parola più appropriata.

    Quando incontro una persona di solito mi piace subito e cerco il prima possibile di entrarci in sintonia. Nell’istante in cui ci presentiamo vorrei conoscere tutto della sua vita, mi incuriosiscono i racconti, mi affascina guardare come si muove, come parla, che accento ha, che espressioni facciali utilizza per esprimersi. È come se la passassi sotto i raggi X, riesco a vedere tutte le sfumature, i lati deboli e i pregi… dicono che si chiami sensibilità, io invece direi spirito di osservazione. Le nuove conoscenze sento di amarle tutte, da subito.

    È così che poi prendo delle mattonate in faccia che mi dovrebbero insegnare ad andarci più cauta all’inizio. Forse sono troppo una brava ragazza, sarebbe meglio imparassi a essere più stronza ma non ce la faccio proprio.

    Sono single da sempre, anche se ho avuto in passato varie storie lunghe e anche delle convivenze, ma qualcosa (parecchio…) non è andato.

    Secondo me la parola single non viene capita nel suo vero e profondo significato, anche se ora è entrata nel gergo comune e ci siamo abituati a sentirla.

    Un tempo si chiamava zitella e la malcapitata, oltre a subire questa stupida etichetta, veniva guardata con occhi strani come se fosse stata un’appestata. Mi viene una curiosità e vado a leggere sui vari dizionari presenti sul web il significato della parola e tra le molte definizioni che riportano, scopro un filo conduttore comune:

    Donna nubile d’età avanzata; per lo più con un’idea di femminilità appassita e di umore bisbetico.

    Appassita?

    Di umore bisbetico?

    Età avanzata?

    Era meglio non averla avuta questa curiosità.

    Comunque la vita scorre e da un po’ di tempo si dice single, che suona decisamente meglio e non riporta alla mente l’immagine della zitella.

    Quello che mi chiedo è se le persone sanno veramente cosa significhi nella vita di tutti i giorni essere single.

    A parte chi lo è realmente, per me il significato necessita di una distinzione; ci sono i VERI single e i single che ci sono diventati, magari dopo un matrimonio o una lunga convivenza, e in questa seconda categoria la parola non è molto corretta perché magari hanno figli, una ex-suocera, o l’animale domestico che si sono dovuti accollare dopo la separazione.

    No, non sono veri, hanno tutta la mia comprensione, ma non sono veri single.

    Io parlo di coloro che sono da soli, che vivono da soli, che mangiano da soli, quelli che non si sono mai sposati, non hanno prolificato, sono soli e basta.

    Per quanto riguarda l’uomo single ne parlerò in seguito, invece conosco bene la mia categoria di donne che vivono in totale solitudine.

    Le donne single, vere, sono quelle che stanno sempre in cerca, non lo ammettono neanche a se stesse ma inconsciamente ci pensano. Quando vanno a una cena da amici, loro credono di non pensarci ma sotto sotto non è vero, perché inevitabilmente un pensiero si palesa sempre e la speranza arriva di conseguenza.

    Magari stasera conosco qualche uomo interessante!

    A quel punto scuotono la testa nella speranza che, shakerandola, il pensiero si autodistrugga e fanno finta di niente; più che altro per non portarsi jella.

    Se poi alla cena incontrano veramente un uomo che non conoscevano – in quei pochi casi – immancabilmente l’attenzione si focalizza sulle mani, per andare a inquadrare l’anulare e verificare lo status. Lo fanno velocemente, il tempo di un batter d’occhio:

    guardi

    constati

    distogli l’occhio per non farti accorgere.

    Si sono parecchio allenate e nessuno se ne accorge. Ma a quella cena, dall’altra parte della stanza, c’è sempre pronta un’amica sposata che guarda te, guarda lui e ti fa il cenno con la testa come a intendere: Vai! Mi sembra papabile. Lei non può averlo notato (è sposata!), da lontano le fai un gesto mostrando l’anulare alzato e le dici di no, scuotendo la testa nell’intento di farle capire che è già occupato, mentre pensi: «Le fortune capitano sempre alle altre».

    Oppure, quando le single sono in auto e si affiancano a una macchina al semaforo, cercano con tutte le loro forze di evitare di farlo, richiamando all’appello quel minimo di dignità rimasto, poi cedono e ci buttano l’occhio dentro per verificare se il guidatore è solo. Se è da solo iniziano con lo scanner a passarlo in rassegna per capire che età ha, che tipo è, o se la sta guardando; il tutto nel giro di pochi secondi di semaforo rosso.

    E quando ne vale la pena, sperano che lui faccia quel gesto con le due dita chiuse che significa «Lo prendiamo un caffè?»

    Rarissimamente, ma qualche volte mi è successo. Però poi, se ci pensi bene, è pure pericoloso!

    Anche io ci sono dentro fino al collo in questi rituali, secondo me non lo facciamo apposta, è che ormai a questa età ci è entrato nel DNA. In ogni caso te ne fai una ragione sul fatto che ci pensi in continuazione e continui a vivere la tua vita.

    In compenso ho diverse amiche sposate che si lamentano del proprio marito, mi spiegano le varie situazioni, si sfogano entrando nei dettagli, si arrabbiano delle reazioni dei mariti e raccontano, raccontano…

    Ai loro occhi io sono quella serena, tranquilla, beata nella mia vita: io per loro non ho problemi. Sono pronte a dimostrarsi invidiose, a rinfacciarmi che non ho calzini da lavare al marito, che non devo preparare la cena

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