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Codex Jesus II
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Codex Jesus II

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"Dopo aver ricostruito in Codex Jesus, vol. I, la discendenza genealogica di Maria, madre di Gesù, in questo secondo volume gli autori si soffermano sulla figura di Giuseppe e sulle sue ombrose origini. Lo studio evidenzia come Maria, Giuseppe, Cleopa, Bartolomeo, Zebedeo, Zaccaria, Natanaele, Salome e altri personaggi neotestamentari fossero tutti presenti, o perlomeno associati, alla corte di Erode I Magno durante la congiura ordita contro il re nel 6 a.C.

Questa congiura sarebbe da associare alla fuga in Egitto, narrata nel Vangelo secondo Matteo, della famiglia di Gesù, ricercata su ordine di Erode per motivi storicamente ambigui. Allo stesso episodio sarebbe da attribuire la morte del padre di Giovanni il Battista, identificabile con lo Zaccaria, figlio di Barachia, del cui omicidio parla Gesù nei vangeli.

Nella ricerca viene condotta un'accurata ricostruzione genealogica della famiglia di Giuseppe e di Erode I Magno, grazie alla quale viene mostrato come le due famiglie discendessero da un antenato comune: Dositeo, un sacerdote e generale ebreo che, nella metà del II sec. a.C, aveva acquisito particolare rilevanza presso la corte tolemaica.

Questa origine ebraico-egizia spiegherebbe, secondo i ricercatori, sia la fuga in Egitto sia la particolare onomastica erodiana e neotestamentaria, colma di riferimenti egizio-tolemaici.

Lo studio approfondisce quindi l'analisi su Teuda I, il fratello di Giuseppe che, dopo la sua morte, sposò per levirato Maria, con la quale avrebbe generato i fratelli di Gesù menzionati nei vangeli.

Oltre a Teuda I, viene fatta luce anche sull'origine di numerosi altri personaggi neotestamentari, come Gamaliele, Nicodemo, Simone, Marta e Maria di Betania, Lazzaro e Paolo di Tarso; tutti in diverso modo imparentati con Gesù.

La ricerca, corredata di numerose fonti e riferimenti bibliografici, prosegue fino ad arrivare alla nascita del Cristianesimo e ai primi moti rivoluzionari".
LinguaItaliano
Data di uscita17 ott 2019
ISBN9788831643740
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    Anteprima del libro

    Codex Jesus II - Alessio De Angelis

    infinito

    Prefazione di Andrea di Lenardo

    Il presente volume è la prosecuzione¹ del primo libro² di Codex Jesus di Alessio (editore della mia seconda fatica letteraria, Exodus³) e Alessandro (coautore della stessa) De Angelis, studio sul Gesù storico e sulle linee di sangue genealogiche della sua ascendenza. In questa prefazione che mi è stata chiesta e che sono grato di poter scrivere, vorrei soffermarmi sul alcuni elementi preliminari sui genitori del Gesù della Storia come contributo di quanto si sostiene nei due saggi, ove si ipotizza che il padre di Maria fosse un sacerdote, come si è visto anche nel primo saggio.

    A possibile conferma di un tanto, nei vangeli apocrifi dell'infanzia, il padre di Maria, Gioacchino, viene descritto come un sacerdote nel Tempio di Gerusalemme, che io ritengo sia identificabile con quel Heli citato nel Vangelo di Luca.

    Infatti il Vangelo di Matteo parte da Davide che generò Salomone – e così via – fino a Giacobbe (Giacomo, Yakov in ebraico) che generò Giuseppe. Si tratta pertanto di una genealogia in senso fisico, anche da un punto di vista terminologico (generò)⁴. Il Vangelo di Luca invece parla semplicemente di Giuseppe di Heli (Eli) e riporta la genealogia di questo Heli a ritroso fino a un altro figlio di Davide, Nathan⁵. Le due genealogie, come già detto, non sono compatibili. Una soluzione può essere la seguente: Giuseppe, indicato come di Eli⁶, potrebbe essere da intendersi come (genero) di Eli. L’utilizzo, infatti, dell’espressione per un genero non è insolito.

    Il cristologo storico-critico e docente universitario prof. James D. Tabor interpreta suddetta espressione in questo modo e ritiene Maria figlia di Eli⁷.

    Secondo Giovanni Damasceno, Luca⁸ in tale passo parla del padre di Maria, Eli (cioè letteralmente colui che sta in alto; il di lei padre è infatti indicato come sacerdote nei vangeli dell'infanzia, come già detto – tutto ciò risulta interessante alla luce degli studi dei De Angelis). Già Tertulliano affermava che Gesù discendeva biologicamente da Davide per parte materna⁹. Ed Eli infatti discende da Nathan, figlio di Davide¹⁰. La discendenza davidica di Maria è peraltro comune fra i padri della Chiesa, come Ignazio di Antiochia¹¹. Lo stesso sosteneva ancora il padre della Chiesa Giustino¹². L’ipotesi di Giovanni Damasceno fu promossa da Annio di Viterbo nel 1502 e da allora ottenne una notevole accettazione¹³. Sulla discendenza davidica di Maria affermava lo stesso anche il padre della Chiesa Ireneo di Lione.

    Eli potrebbe essere un nome equivalente a Gioacchino, il nome del padre di Maria secondo i vangeli dell’infanzia (di Giacomo¹⁴ e altri¹⁵) e molti padri della chiesa. Eli è infatti il diminutivo di Eliakim (Dio innalza); Gioacchino, cioè Yoakim, significa Yahweh innalza. L’equivalenza dei due nomi è confermata da II Re¹⁶, nell’episodio in cui il faraone cambia il nome del re Eliakim in Yoiakim. Heli significa alto, correlato dunque al concetto di innalzare.

    Il Talmud parla di Maria (Miriam), madre di Gesù (Yeshua) come di una peccatrice¹⁷, così come Celso¹⁸ e le Toledoth Yeshu¹⁹. In un altro passo del Talmud si parla della peccatrice Miriam beth Heli, cioè Maria figlia di Heli²⁰.

    Giuseppe d’Arimatea, nelle fonti bizantine, è detto zio di Maria. Un testo lo chiama Barimatea anziché d’Arimatea, che sembrerebbe un patronimico aramaico, bar Mattia, figlio di Mattia. Il padre di Eli si chiamava proprio Mattia. Un Giuseppe d’Arimatea figlio di Mattia e zio paterno di Maria confermerebbe la paternità di Eli (figlio di Mattia) rispetto a Maria.

    Una fonte assolutamente indipendente da quelle bizantine, vale a dire un testo proprio delle tradizioni cristiane celtiche, il gallese Mabinogion riferisce che Anna, figlia di Giuseppe d’Arimatea, era cugina di Maria²¹. Questo conferma, come fonte indipendente, l’accuratezza della tradizione bizantina che vuole Giuseppe d’Arimatea come zio di Maria e il cui epiteto (presente anche come Barimatea) confermerebbe che il padre di Maria (fratello di Giuseppe d’Arimatea) sia figlio di Mattia.

    Infine il Mabinogion riferisce, a ulteriore conferma del fatto che Heli fosse un nome di famiglia di Maria, che Anna, figlia di Giuseppe d’Arimatea e cugina di Maria (madre di Gesù), chiamò Heli suo figlio.

    I vangeli dell’infanzia, come già detto, affermano che il padre di Maria fosse della tribù di Giudea, esattamente come è Eli, discendente diretto di Davide, della tribù di Giuda. Tuttavia sia il padre di Maria che Gesù e Giacomo, descritti come giudaiti, ricoprono ruoli sacerdotali, il che è un aspetto molto interessante da approfondire.

    Udine, giovedì 16 novembre 2017

    Andrea Francesco Saverio Di Lenardo Tozzli

    Introduzione di Alessio De Angelis

    Nel corso della stesura di Codex Jesus, vol. I, ci siamo resi conto che la mole della ricerca che avevamo sviluppato era tale da non poter essere facilmente racchiusa in un singolo volume. La suddivisione di quest'opera in due volumi nasce dunque dall'esigenza di snellire la nostra ricerca in modo tale da renderla maggiormente fruibile anche al semplice curioso che fosse interessato ad approfondire il periodo storico oggetto dei nostri studi.

    Per quanto riguarda il presente volume, personalmente mi sono occupato di riscrivere, ampliare e revisionare l'intero materiale redatto da Alessandro De Angelis, che ho utilizzato come base per questo lavoro. Più in particolare, ho offerto un maggior contributo nella stesura dei capp. II, III, IV, V e VI di questo libro – e cioè nella parte relativa alle origini della famiglia di Giuseppe, padre di Gesù. Una delle tesi principali sostenute in questo libro, infatti, è la classificazione di Giuseppe come un discendente del generale Dositeo (floruit 150 a.C. ca.), capostipite di una famiglia ebraica particolarmente in vista presso la corte tolemaica dei secc. II e I a.C. Nel corso di questo libro, vedremo come anche Erode I Magno discendeva, con tutta probabilità, da questo personaggio tramite un altro ramo della famiglia.

    Nel cap. I abbiamo deciso di riportare quasi per intero i testi che saranno oggetto di analisi e di studio nei capp. successivi, sia per fornire al lettore che non l'avesse la conoscenza necessaria per comprendere la nostra ricerca sia per offrire, a colui che fosse privo delle traduzioni degli antichi resoconti storiografici, i testi nella loro continuità originale, non scissi dall'esigenza di analisi critica. Sconsigliamo tuttavia di evitare la lettura del cap. I a coloro che non fossero già particolarmente eruditi sulle vicissitudini storiche del periodo. L'analisi vera e propria inizierà quindi nel cap. II.

    Per concludere, ringrazio la mia compagna di vita, Romina Menegon, per la pazienza avuta nell'assistermi nelle ricerche e nel revisionare l'intero materiale contenuto nel libro.

    Capitolo I La grande cospirazione

    Nel libro Codex Jesus, vol. I, abbiamo identificato Maria, madre di Gesù, con Mariamne II Boethus, terza moglie di Erode I Magno; abbiamo inoltre ipotizzato una corrispondenza tra il Gesù del Nuovo Testamento e il sommo sacerdote Gesù ben Gamala²².

    In questo libro concentreremo la ricerca sui restanti componenti della famiglia evangelica, iniziando proprio con Giuseppe, il personaggio con cui Maria fuggì in Egitto.

    Se Maria era coinvolta nella cospirazione contro Erode, è possibile che anche Giuseppe lo fosse. Ricostruiamo quindi gli eventi descritti da Flavio Giuseppe per vedere se riusciamo a identificare Giuseppe con uno dei personaggi che presero parte alla congiura. In questo capitolo iniziale racconteremo una delle più grandi cospirazioni della storia antica che riguarda la dinastia erodiana, estrapolando da Flavio Giuseppe i passaggi salienti delle sue opere.

    Per capire l'origine della cospirazione dobbiamo parlare di Mariamne I, seconda moglie del re Erode I Magno, la quale era membro della dinastia degli Asmonei, che, a partire dalla rivolta dei maccabei contro l'impero seleucide, aveva regnato sulla Giudea.

    Mariamne I, figlia di Alessandra Maccabeo, sposò nel 41 a.C Erode I, con cui ebbe quattro figli. Egli, su richiesta di sua moglie, nominò sommo sacerdote il cognato Aristobulo, il quale poco dopo morì annegato. Alessandra ritenne lo stesso Erode colpevole per la morte del giovane e chiese a Cleopatra di avvisare Marco Antonio del presunto delitto. Erode fu così chiamato per discolparsi da M. Antonio, lasciando per quel lasso di tempo la moglie sotto la tutela dello zio Giuseppe. Giuseppe promise a Erode che, qualora fosse stato ucciso, avrebbe dovuto seguire la stessa sorte anche la giovane Mariamne. M. Antonio non trovò colpa in Erode, e una volta che il re tornò nel suo regno, sua sorella Salome accusò suo marito Giuseppe di aver avuto rapporti sessuali con Mariamne. Flavio Giuseppe afferma che queste accuse furono determinate dall’odio che Salome aveva nei confronti di Mariamne, in quanto quest’ultima gli rinfacciava i modesti natali della sua famiglia. Erode I interrogò Mariamne, che si discolpò, persuadendo il re che l’adulterio non fosse avvenuto, ma in seguito, presa da un atto di collera nei confronti del marito, lo accusò di aver ordinato di farla uccidere nel caso in cui M. Antonio lo avesse trovato colpevole e lo avesse ucciso. Erode I aveva lasciato questo ordine a Giuseppe in gran segreto; il fatto che Giuseppe lo avesse confidato a Mariamne era per Erode la prova che tra i due fosse intercorsa una relazione sessuale. Diede quindi l’ordine di uccidere suo zio Giuseppe, mettendo inoltre sua suocera Alessandra in prigione, convinto che si fosse resa partecipe di intrighi ai suoi danni.

    Dopo aver ucciso suo zio Giuseppe, Erode I decise di liberarsi anche di Ircano, padre di Alessandra Maccabeo e nonno di Mariamne I. Infine il re fece uccidere anche Mariamne I per il seguente motivo: Erode, durante la sua permanenza a Rodi presso G. Giulio Cesare Ottaviano Augusto, onde evitare contrasti, voleva che la sorella Salome rimanesse a Masada e che sua moglie Mariamne I con la madre partissero per Alexandrium. Inoltre fece promettere che, qualora sarebbe stato ucciso, al suo posto avrebbe regnato Salome, mentre Mariamne I e la madre sarebbero state uccise. Mariamne I, grazie a Giuseppe, zio di Erode I, cui era stata affidata, era venuta a conoscenza della sorte riservatagli dal marito in caso fosse stato ucciso. Al suo ritorno Erode fu trattato freddamente dalla consorte e di questa situazione ne approfittò sua sorella, la quale gli rivelò il proposito della moglie di avvelenarlo. Inoltre Soemo, l'uomo che si era preso cura di Mariamne I, sotto tortura ammise l'avversione che questa nutriva nei suoi confronti. La donna fu sottoposta al processo per tentato omicidio e, come se non bastasse, fu tradita dalla madre Alessandra la quale, per favorire Erode, la accusò di lesa maestà. Mariamne fu infine messa a morte nel 29 a.C.:

    Un pomeriggio il re si pose a riposare e per la passione che sempre aveva per lei, mandò a chiamare Mariamme; lei venne, ma a dispetto della sua insistenza, non si adagiò (con lui). Anzi, gli espresse tutto il suo disprezzo perché le aveva ucciso il padre e il fratello. Inasprito da tale villania e arroganza, egli stava per prendere qualche risoluzione precipitosa quando Salome, sorella del re, si rese conto quanto fosse agitato, mandò il suo maggiordomo che già da tempo era stato preparato per questo, con l'ordine di dire che Mariamme aveva cercato di persuaderlo ad aiutarla a preparare un filtro per il re. (Lei gli disse) che qualora il re fosse turbato e domandasse che cosa era (lui gli rispondesse di non saperlo), perché Mariamme aveva versato la sostanza medicinale e a lui era stato (soltanto) domandato di servirla. Ma (lei aggiunse) qualora (Erode) dopo il filtro d'amore non si fosse eccitato di lasciare pure cadere il contenuto, giacché per lui non vi sarà alcun danno. Avendogli dato prima queste istruzioni, in quell'occasione lei lo mandò a parlargli (a Erode). Egli andò, obbediente, presto e disse che Mariamme prima gli aveva dato dei regali e poi aveva cercato di convincerlo a dare il filtro d'amore al re. Allorché Erode, dopo di questo, mostrò grande eccitazione e domandò che filtro d'amore fosse, il maggiordomo rispose che era una sostanza medicinale datagli da Mariamme e che lui non ne conosceva le proprietà e per tale motivo ne aveva informato Erode, avendo deciso che per tutti e due era la via più sicura da seguire sia per se stesso che per il re. Erode, già da prima mal disposto e ancor più provocato dalla sostanza medicinale, sentite queste parole, ne volle sapere di più e prese a torturare l'eunuco più fedele che aveva Mariamme, poiché egli sapeva che per lei sarebbe stato impossibile fare qualsiasi cosa grande o piccola senza di lui. Ma anche costretto dal più duro tormento, l'uomo non poteva dire nulla in merito alla materia sulla quale era interrogato sotto tortura. Tuttavia disse che l'odio della moglie del re aveva origine dalle cose che Soemo le aveva detto; e mentre ancora parlava, il re alzò la voce gridando che Soemo, che era sempre stato fedelissimo a lui e al regno e non avrebbe mai dovuto tradire le sue istruzioni, se non avesse spinto troppo in là la sua intimità con Mariamme. Perciò diede subito ordine che Soemo fosse arrestato e mandato a morte, mentre a sua moglie concesse il diritto di un processo. Radunati coloro che erano a lui più vicini, presentò un'accusa ben studiata contro di lei a proposito di filtri d'amore e sostanze medicinali accusandola di averli preparati. Siccome il suo dire era senza freni e troppo collerico per un giudizio (sereno), i presenti compresero lo stato in cui si trovava e in fine la condannarono a morte. Ma dopo la sentenza, sia a lui sia ad alcuni dei presenti, parve bene di non procedere in modo troppo affrettato alla esecuzione in una delle fortezze del regno. Salome però e le sue amiche si adoperavano in ogni modo affinché la povera donna fosse eliminata al più presto: e la loro sentenza prevalse sul re consigliandolo a prendere precauzioni contro i disordini popolari che avrebbero potuto sorgere qualora le fosse stato concesso di vivere. […] E in questo modo Mariamme fu condotta a morire²³.

    Allorché Alessandra, che dimorava a Gerusalemme, seppe di questa condizione, intraprese ogni sforzo per prendere il controllo dei luoghi fortificati della città. Questi erano due: uno (guardava) la stessa città, l'altro il tempio. Chiunque fosse padrone di questi, aveva in suo potere tutta intera la nazione, perché non si potevano offrire sacrifici senza (il controllo) di questi luoghi e per qualsiasi Giudeo era impossibile non offrirli, perché essi sono pronti a dare la propria vita piuttosto che abbandonare il culto che sogliono offrire a Dio. Alessandra, dunque, ne parlò con i custodi di queste difese, affermando che essi dovevano consegnarle a lei e ai figli di Erode; in caso contrario, alla morte di Erode, qualcuno se ne sarebbe impadronito prima di loro; e d'altra parte, qualora egli fosse guarito, nessuno le avrebbe custodite con maggiore sicurezza dei suoi parenti prossimi. Essi ascoltarono queste parole di lei senza alcuna simpatia. Sebbene, infatti, prima di questo fossero stati fedeli (a Erode), ora seguitavano ad esserlo ancora di più perché odiavano Alessandra e perché giudicavano empio dare Erode come perso, quando era ancora vivo. Erano, infatti, vecchi amici del re: uno si chiamava Achiabo ed era suo cugino. Perciò inviarono qualcuno a informarlo delle intenzioni di Alessandra; ed egli, senza indugio comandò che fosse messa a morte. Riavutosi a stento dal lungo travaglio del morbo, era di pessimo umore e si trovava dolorante nell'animo e nel corpo e trovava ovunque manchevolezza, pronto a servirsi di qualsiasi pretesto per punire quanti gli capitavano sotto mano. Così fece uccidere i suoi più stretti amici, Costobaro, Lisimaco, Antipatro, detto Gadia, e anche Dositeo per il motivo seguente. Costobaro era di origine idumea e uno dei primi (quanto a prestigio); i suoi antenati erano stati sacerdoti di Koze, che dagli Idumei era creduto un dio. In seguito Ircano aveva mutato il loro modo di vivere, facendo loro adottare i costumi e le leggi dei Giudei. Quando Erode assunse il potere regale, designò Costobaro governatore della Idumea e di Gaza, gli diede (in moglie) sua sorella Salome, dopo avere ucciso Giuseppe, suo primo marito, come abbiamo riferito. Costobaro accolse con gioia questi favori, che erano al di là di ogni sua aspettativa e, innalzato al di sopra della sua fortuna, poco alla volta eccedette al di là di ogni limite; ritenne che per lui non fosse giusto eseguire gli ordini di Erode, che era il suo comandante o che per gli Idumei (non fosse giusto) adottare i costumi dei Giudei ed essere a loro soggetti. E così inviò (legati) a Cleopatra dicendo che l'Idumea era sempre appartenuta ai suoi antenati e perciò era giusto che lei chiedesse ad Antonio questa regione; disse che egli stesso era pronto a trasferire a lei la sua lealtà. Fece questo non perché gli piacesse andare sotto il dominio di Cleopatra, ma perché pensava che, se avesse sottratto a Erode la parte più vasta (del suo potere), per lui sarebbe stato un affare da poco diventare padrone della nazione idumea e raggiungere traguardi più grandi. Non poneva limiti alle sue speranze e aveva per questo dei buoni motivi: cioè, sia la nascita, sia la ricchezza acquisita con la continua e spudorata ricerca di vergognosi profitti, e non era poco quello che egli aveva in mente. Per questo motivo Cleopatra chiese ad Antonio la regione, ma le fu negata. Quando tali cose furono riferite a Erode, questi era pronto ad ammazzare Costobaro; per la supplica della sorella e della madre, gli concesse la vita e il perdono; ma da quel momento lo guardò con sospetto per l'attentato compiuto. Qualche tempo dopo Salome ebbe occasione di scontro con Costobaro e subito gli inviò un documento di ripudio sciogliendo così il matrimonio, che non era conforme alla legge giudaica. Perché presso di noi è permesso fare questo (soltanto) all'uomo e neppure a una donna divorziata è concesso di sposarsi di nuovo di sua propria iniziativa senza l'assenso del primo marito. Tuttavia, Salome non scelse di seguire la legge del suo paese, ma agì di sua propria autorità e ripudiò il suo matrimonio dicendo a suo fratello Erode che si era separata da suo marito per lealtà verso lo stesso Erode; perché, affermava, era venuta a sapere che suo marito insieme ad Antipatro, Lisimaco e Dositeo progettavano una rivolta. Come prova delle sue accuse lei adduceva il fatto che i figli di Baba da dodici anni erano tenuti in salvo da Costobaro: ed era realmente così. Questa notizia fu accolta con meraviglia dal re, gli fece un'impressione profonda e rimase tanto più stupito quanto era (una notizia) inaspettata. Quanto ai figli di Baba, infatti, egli aveva precedentemente cercato di compiere dei passi contro di loro, perché da sempre tenevano un comportamento a lui contrario, ma ora da molto tempo erano completamente usciti dalla sua memoria. La sua inimicizia e l'odio verso di loro ebbe origine nelle seguenti circostanze. Quando Antigono era re, le forze di Erode assediavano la città di Gerusalemme e sotto la spinta delle miserie che colpivano gli assediati, molti di questi ricorrevano per aiuto a Erode e ponevano in lui le proprie speranze. Ma i figli di Baba che godevano di un'alta posizione e avevano un grande influsso sulle masse, restarono leali ad Antigono, parlavano sempre male di Erode ed esortavano il popolo a mantenersi dalla parte del re il cui potere veniva dalla nascita. Tale era la politica seguita da questi uomini, pensando che ciò fosse a loro vantaggio. Dopo la presa della città, quando Erode controllava ogni cosa, Costobaro aveva il compito di chiudere le uscite e custodire la città per impedire la fuga dei cittadini che erano in debito, o seguivano una politica di opposizione verso il re; siccome Costobaro sapeva che i figli di Baba erano stimati e onorati da tutto il popolo, e pensando che, salvandoli, avrebbe avuto parte importante a ogni cambiamento di governo, li allontanò dal pericolo e li nascose nella sua propria regione.  (Dato poi che il sospetto della verità aveva fatto breccia nella mente del re), egli rassicurò Erode con giuramenti che non sapeva assolutamente nulla di quegli uomini e così lo liberò dai suoi sospetti. E anche quando, più tardi, il re promise una ricompensa per ogni informazione su di loro e fece compiere ogni genere di ricerche, egli non si decise a confessare, poiché era convinto che, avendo negato una volta (di conoscerli) non sarebbe rimasto impunito se fossero stati trovati ed era obbligato a tenerli nascosti non solo per lealtà (verso di loro), ma anche per necessità. Quando il re ne fu informato dalla sorella, mandò sul luogo nel quale, come gli era stato riferito, essi si trovavano e fece uccidere questi uomini e coloro che con loro erano accusati, sicché della famiglia di Ircano non rimase vivo nessuno e il regno passò completamente in mano a Erode, non essendovi alcuno di alto grado che osasse sbarrare la strada alle sue azioni illegali²⁴.

    In questi intrighi è sempre presente Salome, che dopo essersi liberata del suo primo marito, Giuseppe, fece lo stesso con il suo secondo marito, Costobaro. Ma la cospirazione di Salome non si fermò qui: fece in modo che Erode I uccidesse anche i figli di Mariamne I e di Erode I.

    Una volta morta Mariamne I, i due fratelli Alessandro e Aristobulo accusarono il padre Erode I di aver fatto assassinare la madre. Egli, nel frattempo, lasciò che rientrasse a corte Doride, sua prima moglie, insieme a suo figlio Antipatro, col quale i due fratelli asmonei intrapresero un’estenuante lotta per il trono. In questo periodo Aristobulo sposò la cugina Berenice, figlia del governatore dell'Idumea Costobaro I e di Salome, sorella di Erode I.

    Sia Antipatro che Salome, sorella di Erode I, cercarono di convincere Erode

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