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L'interpretazione dei sogni: Ediz. integrale
L'interpretazione dei sogni: Ediz. integrale
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E-book1.082 pagine9 ore

L'interpretazione dei sogni: Ediz. integrale

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EDIZIONE REVISIONATA 31/10/2019. 

Il classico della psicanalisi Freudiana, in una nuova edizione completa ed esaustiva.
"L'interpretazione dei sogni è la via maestra per la conoscenza dell'inconscio, il fondamento più sicuro della psicoanalisi e il campo in cui ogni praticante deve maturare il proprio convincimento e perseguire il proprio perfezionamento".
Con queste parole, nell'autunno del 1909, Sigmund Freud definiva il valore propedeutico del suo libro sui sogni, pubblicato dieci anni prima e che, come spesso è accaduto alle grandi opere rivoluzionarie, la critica scientifica e accademica ufficiale aveva accolto con imbarazzata ostilità.
Freud ebbe sempre un profondo rispetto per la sua stessa vita onirica, infatti, fin da molto giovane iniziò ad annotare i suoi sogni e approfondirne il significato attraverso attente osservazioni.
L'enorme risonanza che L'interpretazione dei sogni ha suscitato, gli ha dato ragione: chiunque voglia accostarsi con serietà allo studio della psicoanalisi o voglia solo rendersi conto di quale radicale cambiamento di prospettive essa abbia prodotto nella cultura scientifica moderna, non può prescindere dalla lettura di questa, che non è soltanto l'opera principale di Sigmund Freud, ma anche il suo libro più affascinante e in uguale misura sconvolgente, in quanto rivoluzionario.
LinguaItaliano
EditoreCrescere
Data di uscita31 ott 2019
ISBN9788883378492
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    Anteprima del libro

    L'interpretazione dei sogni - Sigmund Freud

    Sigmund Freud

    L'Interpretazione

    dei sogni

    Edizione integrale

    © 2019 LIBRARIA EDITRICE S.r.l.

    CRESCERE Edizioni è un marchio di

    Libraria Editrice S.r.l.

    http://www.edizionicrescere.it

    Tutti i diritti di pubblicazione e riproduzione anche parziali sono riservati

    Per approfondire: Opera ed Autore - Link Wikipedia - Wikimedia Foundation Inc.

    A cura di Franco Romanini

    Edizione cartacea disponibile isbn - 9788883374036

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    Indice

    Prefazioni di Sigmund Freud

    CAPITOLO 1 - La letteratura scientifica riguardante i problemi sui sogni

    (A) La relazione fra sogno e stato di veglia

    (B) Il materiale onirico, la memoria nei sogni

    (C) Gli stimoli e le fonti dei sogni

    (D) Perché i sogni si dimenticano dopo il risveglio

    (E) Le caratteristiche psicologiche distintive dei sogni

    (F) Il senso morale dei sogni

    (G) Teorie e funzioni del sogno

    (H) Rapporto tra i sogni e le malattie mentali

    CAPITOLO 2 - Il metodo di interpretazione dei sogni: analisi di un sogno-campione

    CAPITOLO 3 - Il sogno è il compimento di un desiderio

    CAPITOLO 4 - La deformazione nel sogno

    CAPITOLO 5 - Il materiale e le fonti dei sogni

    (A) Materiale recente e indifferente nei sogni

    (B) Il materiale infantile come fonte di sogni

    (C) Le fonti somatiche dei sogni

    (D) Sogni tipici

    CAPITOLO 6 - Il lavoro onirico

    (A) Il lavoro di condensazione

    (B) Il lavoro di spostamento

    (C) I mezzi di rappresentazione dei sogni

    (D) Considerazioni sulla rappresentabilità

    (E) Rappresentazione simbolica nei sogni. Altri esempi tipici

    (F) Alcuni esempi: calcoli e discorsi nei sogni

    (G) Sogni assurdi. Le prestazioni intellettuali nel sogno

    (H) Gli stati affettivi nei sogni

    (I) L’elaborazione secondaria

    CAPITOLO 7 - La psicologia dei processi onirici

    (A) L’oblio dei sogni

    (B) La regressione

    (C) L’appagamento di desiderio

    (D) Risveglio tramite il sogno. La funzione del sogno. Il Sogno d’angoscia.

    (E) Il processo primario e il processo secondario. La rimozione

    (F) L’inconscio e la coscienza. La realtà

    Note

    Prefazioni di Sigmund Freud

    Prefazione alla terza edizione inglese revisionata (Vienna, marzo 1931)

    Nel 1909 G. Stanley Hall mi invitò alla Clark University di Worcester per dare delle prime esposizioni sulla psicoanalisi. Nello stesso anno il Dott. Bill pubblicò la prima delle sue traduzioni sui miei testi, che fu presto seguita da altre. Se oggi la psicoanalisi interpreta un ruolo nella vita intellettuale americana, o lo farà in futuro, gran parte dei meriti saranno da ascrivere a questa ed altre iniziative del Dott. Bill.

    La sua prima traduzione de L’interpretazione dei sogni comparve nel 1913. Da quella data molti avvenimenti sono accaduti nel mondo e molto è cambiato nelle nostre interpretazioni delle nevrosi. Questo libro, con i contributi innovativi alla psicologia che hanno stupito il mondo quando venne pubblicato (1900), rimane sostanzialmente inalterato. Contiene, anche al mio giudizio odierno, la più preziosa delle scoperte che io abbia mai avuto la fortuna di fare. Un’intuizione come questa capita , se capita, una sola volta nella vita.

    Prefazione alla ottava edizione (Vienna, dicembre 1929)

    Nell’interlasso di tempo tra la pubblicazione della settima edizione (1922) e quella attuale sono stati pubblicati, in Vienna, i miei Gesammelte Schriften [Scritti Raccolti] da parte della Internationaler Psycho-analtyscher Verlag. Il secondo volume di quella raccolta consiste nell’esatta riproduzione della prima edizione de L’interpretazione dei sogni mentre tutte le aggiunte successive sono contenute nel terzo volume. Le traduzioni dell’opera che sono apparse nello stesso intervallo di tempo sono basate sull’edizione canonica a singolo volume tra le quali: quella francese di I. Meyerson, pubblicata sotto il titolo di La science des rêves nella Bibliothèque de Philosophie Contemporaine nel 1926; o come quella svedese di John Landquist, Drömtydning del 1927; e quella spagnola di Luis López-Ballesteros y de Torres, inserita nei volumi VI e VII de l’ Obras Completa del 1922. L’edizione ungherese, che pensavo prossima al completamento nel 1918, non è ad oggi ancora stata pubblicata. [ Venne poi pubblicata nel 1934].

    La presente, revisionata, edizione è essenzialmente la riproduzione del medesimo documento storico originario, più le modifiche che mi sono state suggerite per chiarire ed approfondire le mie opinioni personali. Ho definitivamente rinunciato all’idea di includere l’elenco delle opere sui problemi dei sogni pubblicate dopo la prima edizione dell’opera. Ho inoltre omesso i due saggi Sogno e poesia e Sogno e mito che il dott. Otto Rank aveva aggiunto alle precedenti edizioni.

    Prefazione alla sesta edizione (Vienna, aprile 1921)

    Le difficoltà in cui versa oggi l’industria libraria hanno fatto sì che questa edizione venga pubblicata più tardi del necessario e che per la prima volta venga proposta come una immutata ristampa della precedente. Solo l’indice bibliografico, alla fine del volume, è stato completato ed aggiornato dal dott. Otto Rank.

    In più la mia supposizione che dopo vent’anni di vita questa opera avesse assolto il suo compito non ha trovato conferma. Al contrario potrei dire che debba svolgere un nuovo ruolo. Se la sua funzionalità originaria era quella di fornire informazioni sulla natura dei sogni, oggi ha il compito, non meno importante, di confrontarsi con le ostinate incomprensioni a cui queste informazioni erano esposte.

    Prefazione alla quinta edizione (Budapest-Steinbruch, luglio 1918)

    L’interesse per L’interpretazione dei sogni non è calato neppure durante la guerra mondiale, tanto che si è palesata la necessità di una nuova edizione prima della sua fine. Non è stato possibile, peraltro, tener conto delle pubblicazioni dopo il 1914; né io né il dott. Rank siamo a conoscenza di edizioni in lingua straniera dopo quella data.

    È quasi pronta alla pubblicazione una traduzione ungherese, a cura del dott. Hollós e del dott. Ferenczi. Nel 1916-17, venne pubblicata a Vienna da Hugo Heller, la mia Introduzione alla psicoanalisi. La parte centrale di questa opera, composta da undici lezioni, mira a trattare il sogno con argomentazioni più elementari e a stabilire una maggior connessione con la teoria delle nevrosi. Nel suo insieme ha la natura di un estratto de L’interpretazione dei sogni, anche se in qualche tratto si addentra in maggiori dettagli. Non sono riuscito nell’imbarcarmi in una completa rielaborazione del libro che, pur completandolo con l’esposizione delle attuali cognizioni psicoanalitiche, avrebbe senz’altro interferito col suo carattere. Ritengo comunque che dopo quasi vent’anni di vita esso abbia assolto il suo compito.

    Prefazione alla quarta edizione (Vienna, giugno 1914)

    L’anno scorso (1913), il dott. A. A. Brill di New York ha pubblicato una traduzione in lingua inglese di questo libro : The Interpretation of Dreams , G. Allen & Co., Londra.

    In questa occasione, Il dott. Otto Rank, non si è occupato solo della correzione delle bozze ma ha anche arricchito il testo di due contributi personali--Le appendici al capitolo 6 .[ Come riportato in precedenza poi omessi da Freud nell’ottava edizione] .

    Prefazione alla terza edizione (Vienna, primavera 1911)

    Mentre fra la prima e la seconda edizione di questo libro sono passati ben nove anni, la necessità di una terza edizione si è presentata dopo poco più di un anno. Non posso che rallegrarmi di tale evento, ma se prima non ho voluto accettare la noncuranza dei lettori come dimostrazione degli scarsi pregi della mia opera, non posso ora considerare l’attuale manifestazione d’interesse come una riprova della sua validità.

    L’ampliarsi delle cognizioni scientifiche ha interferito anche ne L’interpretazione dei sogni . Nel 1899, quando la scrissi, non avevo ancora formulato la mia teoria sessuale e avevamo appena dato inizio all’analisi dei casi più complessi di psiconevrosi. Si pensava di usare l’interpretazione dei sogni quale mezzo atto all’analisi psicologica delle nevrosi, ma la susseguente maggior comprensione di queste ci ha portato ad una diversa concezione del sogno. La stessa teoria dell’interpretazione del sogno si è sviluppata in una direzione che, nella prima edizione di questo libro, era stata pressoché trascurata. Sia attraverso la mia diretta esperienza sia per l’apporto dei lavori di Wilhelm Stekel e di altri, ho imparato da allora a stimare la rilevante presenza e l’importanza del simbolismo nei sogni (o meglio nel pensiero inconscio), così che nel corso di questi anni ho raccolto una mole di materiale che richiede un’attenta considerazione. Spero che il mio tentativo di render note le tante innovazioni mediante interpolazioni nel testo e note aggiunte a piè di pagina sia risultato valido.

    Se queste, a volte, non giovano all’equilibrio dell’esposizione o se non sempre sono riuscito a portare al livello delle attuali conoscenze il testo precedente, chiedo indulgenza al lettore per tali manchevolezze poiché conseguenze e manifestazioni del rapido progredire del nostro sapere. Mi prendo anzi la libertà di predire verso quale indirizzo volgeranno le modifiche che si apporteranno alle successive ristampe, se di queste sorgerà necessità. Esse dovrebbero mirare a creare un più stretto rapporto con l’abbondante materiale offerto dalla poesia, dal mito, dalle usanze linguistiche e dal folklore, nonché a trattare più di quanto sia possibile attualmente dei rapporti del sogno con le nevrosi e le malattie mentali.

    L’amico Otto Rank mi è stato di valido aiuto nella scelta delle aggiunte e ha curato la revisione delle bozze di stampa. Lui e altri che mi hanno offerto contributi e rettifiche hanno tutta la mia gratitudine.

    Prefazione alla seconda edizione (Berchtesgaden, estate 1908)

    Non è certo merito dell’interesse di quei settori di competenti, cui mi rivolgo nella prefazione alla prima edizione, il fatto che di questo libro di difficile lettura si sia resa necessaria una seconda edizione, prima che siano trascorsi dieci anni. I miei colleghi psichiatri si sono fermati all’iniziale sorpresa che poteva derivare dalla mia nuova concezione del sogno mentre i filosofi di professione, adusi a sbrigare in poche frasi - peraltro sempre uguali - i problemi della vita onirica, che essi intendono semplicemente come un’appendice degli stati di coscienza, non hanno afferrato che questo nuovo punto di vista poteva dar luogo a considerazioni tali da ingenerare una radicale trasformazione delle nostre teorie psicologiche. L’atteggiamento della critica scientifica non consentiva dubbi: un silenzio totale attendeva la mia opera e lo sparuto numero dei miei valorosi sostenitori, di quelli che seguono la mia guida nella pratica psicoanalitica e il mio esempio nell’interpretazione dei sogni servendosene nel trattamento delle nevrosi, non sarebbe stato in grado di esaurire la prima edizione. Ecco perché sono grato a quella ben più ampia cerchia di persone colte e curiose di sapere il cui interesse mi ha indotto, dopo nove anni, ad affrontare nuovamente questo lavoro difficile e per tanti aspetti fondamentale.

    Sono lieto di affermare che ho trovato ben poco da cambiare. Ho inserito qua e là del materiale nuovo, ho aggiunto alcuni giudizi tratti dalla mia accresciuta esperienza e in alcuni punti ho tentato dei rifacimenti, ma tutto l’essenziale sui sogni e sulla loro interpretazione come sui teoremi psicologici che se ne possono dedurre è rimasto invariato; esso, almeno soggettivamente, ha superato la prova del tempo. Chi conosce gli altri miei lavori (sull’etiologia e sul meccanismo delle psiconevrosi) sa bene che io non ho mai spacciato l’incompiuto per compiuto e che non ho mai rifiutato, con l’evolversi delle conoscenze, di modificare le mie asserzioni; ma nel campo della vita onirica son potuto restare fermo alle mie osservazioni. Durante i lunghi anni del mio lavoro sui problemi delle nevrosi mi sono dibattuto continuamente tra differenti opinioni e qualche volta sono caduto in errore; ma ne L’interpretazione dei sogni ho ritrovato sempre la mia sicurezza. Agiscono perciò d’istinto tutti i miei oppositori scientifici che proprio nelle ricerche sui sogni si rifiutano di seguirmi.

    Anche il materiale del libro, cioè i sogni personali in base ai quali ho spiegato le regole dell’interpretazione dei sogni, ha rivelato una sua forza d’inerzia e tale da non consentire, in fase di revisione, sostanziali mutamenti. Il fatto è che dopo averlo portato a conclusione, mi sono reso chiaramente conto che il libro aveva per me un altro significato soggettivo: esso mi è apparso come un brano della mia autobiografia, come la reazione alla morte di mio padre, all’avvenimento cioè più importante, alla perdita più dolorosa nella vita di un uomo, e dopo essermi reso conto di questo fatto non sono stato più capace di cancellare le tracce, anche se non avrà eccessiva importanza per il lettore su quale tipo di materiale egli imparerà a valutare ed interpretare i sogni.

    Prefazione alla prima edizione (1899)

    Credo che con questo mio tentativo di esporre l’interpretazione dei sogni, i confini degli interessi della neuropatologia non vengano superati. Il sogno, infatti, si manifesta, attraverso l’osservazione psicologica, come la prima formazione psichica abnorme, anche se, per ragioni pratiche, sono le altre - fobia isterica, ossessione, delirio - a interessare necessariamente il medico. Il sogno, come si vedrà nell’esposizione, non può pretendere altrettanta importanza pratica; nondimeno il suo valore paradigmatico teorico è tanto grande che chi non riesce a spiegare la formazione delle immagini oniriche non può riuscire a comprendere le fobie, le idee ossessive e deliranti e non può perciò intervenire terapeuticamente su di esse.

    Le manchevolezze di questo mio lavoro nascono proprio da questa correlazione in cui risiede peraltro l’importanza del mio tema e le numerose zone di frattura corrispondono proprio ai molti punti di contatto tra il problema della formazione onirica e quelli più vasti della psicopatologia che in questa sede non ho potuto trattare e che, se non mi mancheranno tempo, forza e ausilio di altro materiale disponibile, conto di elaborare in seguito.

    Un’altra difficoltà è data dal particolare tipo di materiale di cui mi servo per l’interpretazione dei sogni. Non ho potuto utilizzare nessuno dei sogni esposti nella letteratura o eventualmente presi da sconosciuti e il motivo di ciò, risulterà chiaro dal corso del lavoro. Potevo perciò scegliere solo tra i miei sogni e quelli dei miei pazienti sotto trattamento psicoanalitico. Non potevo impiegare questo secondo materiale, poiché vi intervenivano caratteristiche nevrotiche che complicavano i processi onirici in modo indesiderato, e non potevo impiegare il primo, quello dei miei sogni, giacché così facendo avrei dovuto rivelare a estranei fatti intimi della mia vita psichica più di quanto io stesso gradissi e di quanto sia lecito chiedere a un autore che sia uno scienziato e non un poeta.

    Situazione penosa, ma senza alternative che ho dovuto accettare per non rinunciare a qualsiasi dimostrazione dei risultati psicologici conseguiti. Ho ceduto, naturalmente, alla tentazione di attenuare alcune indiscrezioni omettendo e sostituendo, pregiudicando però il valore degli esempi addotti. Spero tuttavia che i lettori vorranno immedesimarsi nella mia difficile situazione e conseguentemente essere indulgenti con me, e spero inoltre che tutti coloro i quali si sentiranno in qualche modo colpiti dai sogni comunicati vorranno riconoscere almeno alla vita dei sogni, libertà di pensiero.

    CAPITOLO 1

    La letteratura scientifica riguardante i problemi sui sogni

    Nelle pagine che seguono, porterò a dimostrazione l’esistenza di una tecnica psicologica che renda possibile l’interpretazione dei sogni e che, se tale procedura venga applicata, ogni sogno si possa rivelare come una struttura psichica che vada inserita in un punto preciso della nostra attività diurna. Cercherò inoltre di chiarire i processi da cui derivano la stranezza e l’oscurità dei sogni, e di dedurre la natura delle forze psichiche che, con la loro azione combinata, o reciprocamente opposta, siano in grado di dare origine ai sogni. Perseguito questo obiettivo il mio trattato si interromperà, perché sarò giunto al punto in cui le problematiche dei sogni invaderanno ipotesi concettuali di altro genere.

    Darò a tale opera una prefazione recensitoria degli studi precedenti alla mia opera, così come un aggiornamento sulla situazione odierna, poichè nel seguito della mia divulgazione non avrò occasione di invalidarmi. Questo si giustifica nel fatto che nonostante millenni di ingegni, la ricerca scientifica sulla comprensione dei sogni abbia fatto pochissimi progressi -- un fatto riconosciuto da molti letterati di cui non è necessario citare le credenziali. In questi scritti, che appaiano in calce al mio trattato, o nelle note, molte stimolanti osservazioni possono essere lette ma poco o nulla hanno a spartire con la natura essenziale dei sogni e una soluzione definitiva ai loro enigmi; e ancor meno è giunto ad individui che abbiano una competenza al riguardo.

    Ci si può chiedere quale parere avessero dei sogni le razze primitive della preistoria e qual influenza possa ciò avere avuto sulla formazione della loro indole e visione del mondo; questo è un soggetto di tale interesse che a malincuore devo rinunciare a discorrerne in questo trattato. Devo rimandare i miei lettori alle note opere di Sir John Lubbock, Herbert Spencer, Edward Burnett Tylor e altri, aggiungendo però che non saremo in grado di valutare l’ampia portata di questi problemi e argomentazioni prima di aver affrontato l’obbiettivo che ci siamo posti: l’interpretazione dei sogni.

    Che esista una connessione tra la visione preistorica dei sogni e l’atteggiamento assunto dai popoli dell’antichità classica è fuori discussione. Era assiomatico per loro che i sogni fossero connessi con il mondo di quegli esseri sovrumani nei quali credevano e che, al loro interno, vi fossero rivelazioni da parte di dei e demoni. E non vi erano dubbi, inoltre, che i sogni avessero uno scopo specifico per il sognatore, generalmente quello di predire il futuro. Tuttavia la straordinaria varietà di contenuti e di impressioni che il sogno produceva rendeva difficile la formazione di una valutazione unitaria, mentre causava la classificazione dei sogni in numerosi gruppi e suddivisioni a seconda della loro importanza e verosimiglianza. Naturalmente la posizione assunta dai singoli filosofi antichi nei riguardi dei sogni era connessa entro certi limiti al loro atteggiamento verso la divinazione in generale.

    Nei due scritti di Aristotele che riguardano i sogni (De divinatione per somnium e De somniis) essi ci vengono già presentati come oggetto di studio psicologico. Egli afferma che i sogni non inviati dalle divinità e non sono di carattere divino, ma demoniaci, dato che la natura è demoniaca e non divina. I sogni, quindi, non derivano da manifestazioni sovrannaturali, ma seguono le leggi dello spirito umano sebbene questo sia in realtà affine al divino. I sogni vengono dunque definiti come l’attività mentale del dormiente, proprio in quanto è addormentato.

    Aristotele era a conoscenza di alcune delle caratteristiche della vita onirica. Sapeva, ad esempio, che i sogni danno un’immagine ingrandita delle piccole sensazioni che si manifestano durante il sonno: (ci sembra di attraversare un fuoco e di essere assai riscaldati, quando invece si verifica il riscaldamento del tutto insignificante di questo o quell'arto). E da questo esempio egli ha tratto la conclusione che i sogni possono rivelare al medico i primi sintomi di qualche alterazione fisica non avvertita durante il giorno. Prima di Aristotele, come sappiamo, gli antichi consideravano i sogni non come un prodotto della mente che sogna, ma come qualcosa suggerita da un agente divino; e già si facevano sentire le due opposte correnti che avrebbero influenzato le opinioni sulla vita onirica in ogni periodo storico.

    La distinzione si delineava tra sogni veritieri e preziosi, inviati al dormiente per ammonirlo o predirgli il futuro, e sogni vani, ingannevoli ed insignificanti, che dovevano sviarlo o rovinarlo.

    Gruppe cita una classificazione dei sogni su questa base fatta da Macrobio e Artemidoro di Daldi: «Si dividevano i sogni in due classi; l’una si credeva influenzata dal presente o dal passato, ma non aveva importanza per il futuro. Essa includeva l’insonnia, che dà la diretta rappresentazione di un’idea data o del suo opposto – ad esempio di fame o di soddisfazione della fame – e le rappresentazioni, che ingrandiscono in maniera fantastica l’idea data, come un incubo. Si credeva che l’altra classe, al contrario, fosse decisiva per l’avvenire; essa includeva le profezie dirette ricevute in un sogno, le previsioni di qualche evento futuro ed i sogni simbolici, che richiedevano interpretazione. Questa teoria ha resistito per molti secoli».

    Queste discordanze nel valore da assegnare ai sogni erano strettamente connesse al problema della loro interpretazione. Infatti, ci si aspettavano in genere conseguenze importanti dai sogni, ma non tutti i sogni si potevano comprendere con immediatezza, ed era impossibile stabilire se un particolare sogno incomprensibile contenesse o meno delle rivelazioni di rilievo. Questo costituì un incentivo per l’elaborazione di un metodo attraverso il quale fosse possibile sostituire al contenuto incomprensibile di un sogno un altro intellegibile e significativo. Nell’ultimo periodo dell’antichità, Artemidoro di Daldi era considerato la più grande autorità per quanto riguarda l’interpretazione dei sogni e la conoscenza della sua esauriente opera ( Oneirocritica ) ci deve compensare della perdita di altri scritti sullo stesso argomento.

    La concezione prescientifica dei sogni adottata dagli antichi era in piena armonia con la loro visione del mondo in generale; visione che li portava a proiettare nel mondo esterno, come realtà, delle cose che invece erano realtà solo nella loro mente. Inoltre tale concezione prendeva in considerazione l’impressione principale prodotta sulla mente che si sveglia al mattino da quanto rimane del sogno nella memoria: impressione di qualcosa di estraneo, di proveniente da un altro mondo ed in contrasto con gli altri contenuti psichici. Del resto sarebbe erroneo credere che la teoria dell’origine soprannaturale dei sogni non abbia dei seguaci anche ai nostri giorni. Possiamo anche lasciare da parte gli scrittori pietistici e mistici, che sono davvero perfettamente giustificati nel continuare ad occupare i resti dell’impero del soprannaturale, un tempo così vasto, finché anche quel campo non sarà conquistato dalla spiegazione scientifica. Ma si incontrano ancora persone di mente acuta, prive di idee stravaganti, che intendono puntellare la loro fede religiosa nell’esistenza ed attività di forze spirituali sovrumane proprio attraverso l’inspiegabile natura del fenomeno onirico.

    L’alta valutazione che danno della vita onirica alcune scuole filosofiche - i seguaci di Schelling, per esempio - è chiaramente una risonanza della natura divina dei sogni, che era indiscussa nell’antichità. Né sono chiuse le discussioni sul carattere premonitorio dei sogni e sul loro potere di predire il futuro, poiché i tentativi di spiegazione psicologica non sono stati sufficienti a coprire il materiale raccolto e tuttavia le persone di mentalità scientifica tendono decisamente a contrastare l’accettazione di tali credenze.

    È difficile scrivere una storia degli studi scientifici condotti sui problemi onirici, poiché, per quanto preziosi questi studi possano essere stati riguardo ad aspetti particolari, non si può tracciare una linea di avanzamento in alcuna direzione definita. Non è stato elaborato un fondamento di risultati sicuri sul quale un successivo ricercatore possa continuare a costruire; invece ogni nuovo autore esamina gli stessi problemi e ricomincia di nuovo, come se si fosse al principio. Se io volessi prendere in considerazione quelli che hanno scritto sull’argomento in ordine cronologico ed esporre in sintesi le loro idee sui problemi onirici, dovrei rinunciare a dare una visione d’insieme dell’attuale grado di conoscenza dell’argomento. Ho quindi preferito inquadrare la mia esposizione secondo i temi piuttosto che gli autori, riservandomi, per ogni problema onirico, di fare presente tutto il materiale che la letteratura offre per la sua soluzione.

    Poiché, comunque, mi è stato impossibile considerare tutta la letteratura legata all’argomento, sparsa qua e là ed intrecciata ad altri temi, devo pregare il lettore di accontentarsi, nella misura in cui nessun fatto fondamentale o importante opinione sono stati trascurati nella mia esposizione.

    Fino ai tempi più recenti la maggior parte degli autori si sono sentiti obbligati a trattare unitamente il sonno ed i sogni, e ad aggiungervi come per regola la trattazione di stati analoghi al limite della patologia, e di stati simili al sogno, come allucinazioni, visioni e così via. I lavori più recenti, al contrario, mostrano la preferenza per una problematica limitata e si rivolgono, per esempio, a qualche problema isolato nel campo della vita onirica. Sarei lieto di vedere in questo mutato atteggiamento l’espressione della convinzione che, in argomenti così oscuri, sia possibile arrivare a spiegazioni e a risultati concordi solo attraverso una serie di indagini particolareggiate. E tutto quello che posso offrire in queste pagine è proprio un’indagine dettagliata, di carattere precipuamente psicologico.

    Ho avuto poche occasioni di occuparmi del problema del sonno, poiché è essenzialmente un problema fisiologico, sebbene una delle caratteristiche dello stato di sonno sia la modificazione delle condizioni di funzionamento dell’apparato psichico. Quindi non verrà presa in considerazione la letteratura riguardante il sonno.

    I problemi sollevati dall’inchiesta scientifica sui fenomeni onirici in quanto tali possono essere raggruppati nei capitoli che seguono, anche se sarà inevitabile un certo numero di omissioni.

    (A) La relazione fra sogno e stato di veglia

    La convinzione spontanea della persona che si è appena svegliata è che i suoi sogni, anche se non sono venuti essi stessi da un altro mondo, lo hanno comunque trasportato in un altro mondo. Il vecchio fisiologo Burdach, al quale dobbiamo un’accurata e acuta esposizione dei fenomeni onirici, ha trovato modo di esprimere questa convinzione nella frase spesso citata: «Nei sogni la vita di tutti i giorni, con le sue fatiche e i suoi piaceri, con le sue gioie e i suoi dolori, non si ripete mai; al contrario, i sogni hanno lo scopo di liberarcene. Anche quando tutta la nostra mente è presa da qualcosa, quando siamo abbattuti da qualche profondo dispiacere, o quando tutto il nostro potenziale intellettivo è assorbito da qualche problema, il sogno non farà altro che entrare nella tonalità del nostro umore e rappresentare la realtà in simboli».

    Immanuel Hermann Fichte, nello stesso senso, parla effettivamente di sogni d’integrazione e li descrive come uno dei segreti benefici della natura dello spirito che si guarisce da sé. Nel suo studio sulla natura e origine dei sogni, ampiamente e meritatamente quotato, Strümpell scrive analogamente: «Un uomo che sogna viene rimosso dal mondo della coscienza sveglia». E ancora scrive che: «Nei sogni va quasi completamente perduto il nostro ricordo dei contenuti ordinati della coscienza sveglia e del suo normale comportamento». E così pure: «Durante i sogni la mente viene isolata, quasi senza memoria, dal contenuto ordinario e dagli eventi della vita da svegli».

    La stragrande maggioranza degli autori, tuttavia, è di opinione contraria rispetto alla relazione dei sogni con la vita da svegli. Così Haffner: «In primo luogo i sogni sono la prosecuzione della vita da svegli. I nostri sogni regolarmente si riattaccano alle idee che poco prima sono state coscienti in noi.

    Un’attenta riflessione troverà, quasi sempre, un filo che colleghi il sogno con l’esperienza del giorno precedente». Weygandt contraddice specificamente l’affermazione di Burdach che ho appena citato: «Infatti, si può osservare spesso, e apparentemente nella maggioranza dei sogni, che in realtà essi ci riconducono alla vita di tutti i giorni, anziché liberarcene». Maury presenta una formula concisa: «Sogniamo ciò che abbiamo visto, detto, desiderato o fatto»; mentre Jessen, nel suo libro sulla psicologia, afferma più estesamente: «Il contenuto del sogno è invariabilmente più o meno determinato dalla personalità particolare del sognatore, dalla sua età, dal sesso, dal ceto sociale, dal livello culturale, dall’abituale sistema di vita e dagli eventi ed esperienze di tutta la sua vita passata». J. G. E. Maass, il filosofo citato da Winterstein, assume l’atteggiamento meno compromettente a riguardo: «L’esperienza conferma la nostra opinione che sogniamo più frequentemente quelle cose sulle quali sono centrate le nostre passioni più ardenti. E ciò dimostra che le nostre passioni devono avere un’influenza sulla produzione dei nostri sogni. L’uomo ambizioso sogna gli allori che ha raccolto - o che immagina di aver raccolto - o quelli che deve ancora conquistare; mentre l’innamorato è occupato nei suoi sogni con l’oggetto delle sue dolci speranze... Tutti i desideri sessuali e le repulsioni che sonnecchiano nel cuore possono, se qualcosa li eccita, far sorgere un sogno dalle rappresentazioni che sono loro associate, o fare intervenire quelle rappresentazioni in un sogno già in atto».

    Nell’antichità si aveva la stessa opinione sulla dipendenza dei contenuto dei sogni dalla vita cosciente. Radestock racconta che Serse, prima di cominciare la sua spedizione contro la Grecia, veniva insistentemente sconsigliato, ma i suoi sogni lo incitavano ad andare avanti; intanto Artabano, il saggio antico persiano interprete di sogni, gli fece osservare opportunamente che in genere le immagini dei sogni contengono ciò che l’uomo da sveglio già pensa.

    Il poema didascalico di Lucrezio, De rerum natura , contiene il seguente brano:

    " E qualunque sia lo scopo al quale ci si dedichi con passione, quali che siano le cose delle quali ci siamo molto occupati in passato, essendo quindi la mente più concentrata su quello scopo, sono generalmente le stesse cose che ci sembra di incontrare nei sogni; avvocati per difendere le cause e comporre le leggi, generali per combattere e affrontare battaglie."

    Cicerone (De divinatione , 2.67) dichiara in modo del tutto analogo a quanto dirà Maury tanti anni dopo: «Allora maggiormente si muovevano e si agitano nell’anima i fantasmi dei pensieri e delle azioni della veglia».

    La contraddizione tra queste due concezioni sulla relazione tra vita onirica e vita da svegli sembra in realtà insolubile. È importante a questo punto rammentare la trattazione di Hildebrandt sull’argomento; egli ritiene del tutto impossibile descrivere le caratteristiche dei sogni, se non attraverso una serie di (tre) contrasti che sembrano acutizzarsi in contraddizioni . Il primo di questi contrasti è costituito da una parte dall’assolutezza con la quale i sogni sono esclusi e separati dalla vita reale ed effettiva e, dall’altra, dal loro costante intreccio reciproco e dalla loro costante dipendenza reciproca. Un sogno è qualcosa di completamente scisso dalla realtà di cui si fa esperienza nella vita da svegli, qualcosa, si potrebbe dire, con una sua propria esistenza sigillata ermeticamente e separata dalla vita reale a causa di un invalicabile abisso; esso ci libera dalla realtà, ne estingue la nostra abituale memoria e ci colloca in un altro mondo ed in un’altra storia di vita che essenzialmente non ha niente a che fare con la nostra vita reale... Hildebrandt va avanti a dimostrare che quando ci addormentiamo tutto il nostro essere con le sue forme di esistenza scompare attraverso un invisibile trabocchetto . Allora probabilmente il sognatore può fare una traversata fino a Sant’Elena per proporre a Napoleone, lì prigioniero, un ottimo affare di vini della Mosella. Egli viene ricevuto assai affabilmente dall’ex imperatore ed è quasi dispiaciuto quando si sveglia e l’interessante illusione viene distrutta. Ma confrontiamo - prosegue Hildebrandt - la situazione del sogno con la realtà. Il sognatore non è mai stato mercante di vini, né ha mai desiderato esserlo. Non ha mai fatto un viaggio per mare e Sant’Elena sarebbe stato l’ultimo posto che avrebbe scelto; non nutre alcun sentimento compassionevole per Napoleone, ma, al contrario, un fiero odio patriottico. E, oltre tutto, il sognatore non era neppure nato quando Napoleone morì sull’isola; cosicché avere delle relazioni personali con lui era al di là delle possibilità umane. In tal modo l’esperienza onirica appare come qualcosa di estraneo, inserita tra due sezioni di vita perfettamente continue e conformi l’una all’altra. Eppure, ciò che sembra essere il contrario di questo è egualmente vero ed esatto. Nonostante tutto, la più intima correlazione va di pari passo, secondo me, con il distacco e la separazione. Possiamo anche osare tanto da dire che qualunque cosa i sogni possano offrire, essi traggono il loro materiale dalla realtà e dalla vita intellettuale che ruota intorno a quella realtà... Per quanto astrusi possano essere gli effetti che ottengono, essi non possono in realtà staccarsi dal mondo reale; e le loro creazioni, le più sublimi come le più ridicole, devono sempre prendere in prestito il loro materiale fondamentale da quanto è passato davanti ai nostri occhi nel mondo sensorio o da quanto ha già trovato un qualunque posto nel corso dei nostri pensieri; in altre parole, da quanto noi abbiamo già sperimentato esteriormente o interiormente .

    (B) Il materiale onirico, la memoria nei sogni

    Tutto il materiale che costituisce il contenuto di un sogno è in qualche modo derivato dall’esperienza, cioè è stato riprodotto o ricordato nel sogno: questo almeno può essere considerato un fatto indiscusso. Ma sarebbe erroneo supporre che un nesso di questo genere tra il contenuto di un sogno e la realtà debba facilmente venire alla luce come un’immediata conseguenza del loro confronto. Il nesso, al contrario, richiede una diligente ricerca ed in una gran quantità di casi può rimanere a lungo nascosto. Il motivo di ciò si ritrova in un certo numero di peculiarità mostrate dalla facoltà della memoria nei sogni e che, sebbene generalmente rilevate, hanno comunque resistito ad ogni spiegazione. Varrà la pena di esaminare queste caratteristiche più da vicino.

    Può accadere che da svegli non riconosciamo come appartenente alla nostra conoscenza o esperienza parte del materiale che forma il contenuto di un sogno. Noi ricordiamo naturalmente di aver sognato la cosa in questione, ma non possiamo ricordare se o quando l’abbiamo sperimentata nella vita reale. Restiamo così in dubbio circa la fonte cui il sogno abbia attinto e siamo tentati di credere che i sogni abbiano un potere di creazione indipendente; poi, finalmente, spesso dopo un lungo intervallo, qualche nuova esperienza richiama il ricordo, che si credeva perduto, di un avvenimento lontano, rivelandoci, al tempo stesso, la fonte del sogno. Siamo così portati ad ammettere che nel sogno noi conoscevamo e ricordavamo qualcosa che era al di fuori della portata della nostra memoria della veglia. ( [¹] )

    Delboeuf ci dà un esempio particolarmente suggestivo di questo, tratto dalla sua esperienza. Egli vide in un sogno il cortile della sua casa coperto di neve, e trovò due piccole lucertole semicongelate e sepolte lì sotto. Dato il suo amore per gli animali, le raccolse, le riscaldò e le riportò alla piccola cavità nel muro da dove venivano. Inoltre diede loro poche foglie di una piccola felce che cresceva sul muro, della quale sapeva che erano molto ghiotte. Nel sogno egli conosceva il nome della pianta: Asplenium ruta muralis . Il sogno procedeva e, dopo una digressione, ritornava alle lucertole. Delboeuf vide con grande meraviglia altre due lucertole affaccendate sui resti della felce. Poi si guardò intorno e ne vide una quinta e poi una sesta che si facevano strada verso il foro del muro, finché l’intera via era riempita da una processione di lucertole che si muovevano tutte verso la stessa direzione... e così via. Nello stato vigile, Delboeuf conosceva i nomi latini di pochissime piante e Asplenium non era tra quelli. Con sua grande sorpresa, poté avere conferma del fatto che una felce di questo nome esiste veramente. Il suo nome esatto era Asplenium ruta muraria e nel sogno era stato leggermente distorto. Era poco probabile che si trattasse di una coincidenza; e per Delboeuf restava un mistero, come egli avesse acquistato conoscenza del nome Asplenium dal suo sogno.

    Questo sogno fu fatto nel 1862; sedici anni dopo, mentre il filosofo era in visita presso un amico, vide un piccolo album di fiori secchi, di quelli che si vendono ai turisti come ricordo in qualche regione della Svizzera. Un ricordo cominciò a delinearsi in lui; egli aprì l’erbario, trovò l’ Asplenium del suo sogno e vide il suo nome latino scritto sotto con la sua grafia. Ora poteva chiarire i precedenti. Nel 1860 (due anni prima del sogno delle lucertole) una sorella di questo stesso amico era andata a trovare Delboeuf durante la sua luna di miele. Aveva con sé l’album, che doveva essere un regalo per il fratello, e Delboeuf si prese la pena di scrivere il nome latino vicino ad ogni pianta essiccata sotto dettatura di un botanico.

    La buona fortuna, che rese preziosa la registrazione di questo esempio, permise a Delboeuf di riportare un’altra parte del contenuto del sogno alla sua fonte dimenticata. Un giorno, nel 1877, gli capitò per caso di prendere un vecchio volume di un periodico illustrato e vi trovò una fotografia di tutta la processione di lucertole che aveva sognato nel 1862. La data sul volume era del 1861 e Delboeuf ricordava di essere stato un abbonato del giornale dal suo primo numero.

    Il fatto che i sogni abbiano a disposizione certi ricordi che sono inaccessibili nella vita da svegli è così notevole e di tale importanza teorica che vorrei attirare ancora di più l’attenzione a riguardo riferendo qualche altro sogno ipermnesico . Maury racconta che per qualche tempo la parola Mussidan continuava a venirgli in mente durante il giorno. Non ne sapeva niente, tranne che era il nome di una città francese. Una notte sognò che stava parlando con una persona che gli diceva di essere di Mussidan e che, quando gli chiese dove si trovasse, questi rispose che era una piccola città nel Dipartimento della Dordogna. Quando si svegliò, Maury non credeva all’informazione ricevuta nel sogno, tuttavia apprese da un dizionario geografico che era assolutamente esatta. In questo caso il fatto della superiore conoscenza in sogno veniva confermato, ma restava sconosciuta la fonte di quella conoscenza.

    Jessen riferisce un fatto molto simile, verificatosi in un sogno di tempi molto lontani: «A questa categoria appartiene, fra gli altri, un sogno di Scaligero il vecchio (citato da Hennings) che scrisse un poema in lode degli uomini famosi di Verona. Gli apparve in sogno un uomo che disse di chiamarsi Brugnolus e si lamentò di essere stato trascurato. Sebbene Scaligero non potesse ricordarsi di averne mai sentito parlare, scrisse dei versi su di lui. Tempo dopo, a Verona, suo figlio apprese che un tale di nome Brugnolus era stato lì effettivamente, celebre come critico.»

    Il marchese d’Hervey de St. Denys, citato da Vaschide, descrive un sogno ipermnestico che presenta una particolare caratteristica: infatti fu seguito da un altro sogno che permise di riconoscere ciò che era stato un ricordo non identificato: «Una volta sognai una giovane donna bionda che parlava con mia sorella, mostrandole dei ricami. Mi sembrava molto familiare nel sogno e pensai di averla già vista spesso prima. Quando mi svegliai, ricordavo ancora chiaramente il suo viso, ma ero completamente incapace di riconoscerlo. Allora mi addormentai di nuovo e l’immagine del sogno si ripeté... Ma in questo secondo sogno io parlai alla bionda signora e le chiesi se non avevo già avuto il piacere di conoscerla da qualche parte. Naturalmente, - mi rispose - non vi ricordate la spiaggia a Pornic? Mi svegliai di nuovo immediatamente e fui in grado allora di ricordare con precisione tutti i dettagli associati con l’attraente visione del sogno».

    Lo stesso autore (ancora citato da Vaschide) racconta che un musicista di sua conoscenza, una volta udì in sogno un motivo che gli sembrava completamente sconosciuto. Solo parecchi anni dopo trovò lo stesso motivo in un vecchio album di brani musicali, sebbene non potesse ancora ricordare di averlo mai sfogliato prima.

    Ho sentito dire che Myers ha pubblicato un’intera raccolta di sogni ipermnestici di questo tipo nei Procedimenti della Società delle Ricerche Psichiche, ma sfortunatamente sono per me inaccessibili.

    Credo che chiunque si interessi ai sogni non possa fare a meno di scoprire che molto frequentemente essi esprimono ricordi e conoscenze che il soggetto da sveglio è ignaro di possedere. Nel mio lavoro psicoanalitico con pazienti nevrotici, di cui parlerò in seguito, io sono in grado molte volte durante la settimana di provare ai pazienti, sulla base dei loro sogni, che conoscono veramente bene citazioni, parole oscene, ecc., e che le usano nei loro sogni, anche se le hanno dimenticate nella vita da svegli.

    Aggiungerò solo un altro semplice caso di ipermnesia in un sogno, a causa della grande facilità con la quale è stato possibile risalire alla fonte di quella conoscenza che era accessibile solo in sogno.

    Uno dei miei pazienti sognò, durante un sogno abbastanza lungo, che aveva ordinato una Kontuszówka in un bar. Dopo avermelo raccontato, mi chiese cosa fosse una Kontuszówka , poiché non aveva mai sentito quella parola prima. Potei rispondergli che si trattava di un liquore polacco e che non poteva aver inventato il nome, dato che anche io avevo imparato a conoscerlo dai cartelli pubblicitari. Al principio non mi voleva credere, ma qualche giorno dopo, avendo realizzato il suo sogno in un bar, notò quel nome su un manifesto all’angolo di una strada che aveva dovuto percorrere almeno due volte al giorno per molti mesi.

    Io stesso ho notato nei miei sogni quanto sia una questione di casualità lo scoprire o meno le fonti dei singoli elementi di uno di essi. Così, appunto, per molti anni, prima di completare questo libro, ero perseguitato dall’immagine del campanile di una chiesa di forma molto semplice, che non riuscivo a ricordare di aver mai visto. Poi, improvvisamente, la riconobbi con assoluta certezza in una piccola stazione della linea tra Salisburgo e Reichenhall. Ciò accadeva durante la seconda metà del 1890 ed io avevo viaggiato su quella linea per la prima volta nel 1886. Negli anni successivi, quando già ero profondamente impegnato nello studio dei sogni, il frequente ricorrere nei miei dell’immagine di un luogo dall’aspetto particolarmente insolito divenne per me un vero fastidio. Vedevo alla mia sinistra, in una specifica relazione spaziale con la mia persona, uno spazio oscuro dal quale brillavano una quantità di grottesche figure di arenaria. Un debole ricordo, cui non volevo dare peso, mi diceva che era l’ingresso di una birreria. Ma non riuscii a scoprire il significato dell’immagine onirica né la sua origine.

    Nel 1907 mi trovai per caso a Padova, che, con sommo dispiacere, non ero riuscito a visitare dal 1895. La mia prima visita a quella deliziosa città universitaria era stata una delusione, perché non avevo potuto vedere gli affreschi di Giotto nella Madonna dell’Arena. A metà strada ero tornato indietro, poiché mi avevano detto che la cappella quel giorno era chiusa. Alla mia seconda visita, dodici anni dopo, decisi di colmare quella lacuna e per prima cosa mi diressi proprio verso la cappella dell’Arena. Sulla strada che vi conduceva, proprio alla mia sinistra, mentre camminavo, e probabilmente nel punto in cui avevo deciso di tornare indietro nel 1895, mi trovai nel luogo con le statue di arenaria che avevo visto tante volte nei miei sogni. Era effettivamente l’entrata al giardino di un ristorante.

    Una delle fonti dalle quali i sogni traggono il loro materiale per la riproduzione, materiale che in parte non è né ricordato né usato nell’attività mentale della vita da svegli, è l’esperienza infantile. Citerò solo alcuni degli autori che hanno notato e sottolineato questo fenomeno.

    Hildebrandt: «Ho già ammesso espressamente che i sogni a volte riportano alla nostra mente, con un eccezionale potere di riproduzione, eventi molto remoti e perfino dimenticati dei nostri primissimi anni di vita.»

    Strümpell: «La situazione è ancora più notevole se consideriamo che a volte i sogni portano alla luce, dal di sotto dei più alti strati sotto i quali le prime esperienze della giovinezza vengono sepolte col passare degli anni, immagini di località particolari, cose o persone, completamente intatte e con tutta la loro originale freschezza. Ciò non è limitato alle esperienze che abbiano creato una viva impressione quando si sono verificate o che presentino un alto grado di importanza psichica, e che ritornano in un sogno come ricordi autentici dinanzi ai quali la mente cosciente si rallegrerà. Al contrario, la profondità della memoria nei sogni include anche immagini di persone, cose, località e fatti verificatisi durante l’infanzia, che non hanno mai avuto alcuna importanza psichica o più che un tenue grado di vivacità, o che in entrambi i casi hanno da tempo perduto ciò che potevano possedere e che di conseguenza sembrano completamente sconosciuti o estranei alla mente in sogno e al risveglio, finché le loro primissime origini non siano state scoperte.»

    Volkelt: «È particolarmente di rilievo il fatto che tanto prontamente i ricordi dell’infanzia e della gioventù si inseriscano nei sogni. I sogni ci rammentano continuamente cose a cui abbiamo cessato di pensare e che da lungo tempo hanno perso importanza per noi.»

    Poiché i sogni hanno a loro disposizione il materiale estratto dall’infanzia e poiché, come tutti sanno, tale materiale è per la maggior parte cancellato dalle lacune della nostra facoltà di memoria cosciente, queste circostanze danno origine a degli interessanti sogni ipermnestici, dei quali farò ancora qualche altro esempio.

    Maury racconta che quando era bambino andava spesso da Meaux, che era la sua città natale, al paese vicino, Trilport, dove suo padre sovrintendeva alla costruzione di un ponte. Una notte sognò di trovarsi a Trilport e di giocare ancora una volta in una strada del paese. Un uomo che indossava una specie di uniforme gli si avvicinò; Maury gli chiese come si chiamasse ed egli rispose che il suo nome era C. e che era il guardiano del ponte. Maury si svegliò sentendosi piuttosto scettico sulla correttezza del ricordo e chiese ad una vecchia cameriera che era stata con lui fin dall’infanzia se poteva ricordare un nome simile. Ma certo, - fu la risposta - era il guardiano del ponte quando vostro padre lo costruiva.

    Maury dà un altro esempio egualmente valido della precisione di un ricordo infantile emerso durante un sogno. Il sogno lo fece Monsieur F., che da piccolo viveva a Montbrison. Venticinque anni dopo aver lasciato il luogo natio, decise di rivedere la sua casa e alcuni amici di famiglia che non aveva più incontrato da allora. La notte prima della sua partenza sognò che era già a Montbrison e, nei dintorni della città, incontrò un gentiluomo che non conosceva e che gli disse di essere Monsieur T., un amico di suo padre. Il sognatore sapeva che da bambino aveva conosciuto qualcuno con quel nome, ma da sveglio non riusciva più a ricordarne l’aspetto. Pochi giorni dopo arrivò davvero a Montbrison, trovò la località che nel suo sogno gli era sembrata sconosciuta e vi incontrò un gentiluomo in cui riconobbe subito il Monsieur T. del sogno. Tuttavia la persona reale sembrava molto più vecchia di come gli era apparsa in sogno.

    A questo punto vorrei menzionare un mio sogno, nel quale ciò che doveva essere ricostruito non era un’impressione, bensì una relazione. Sognai un tale che nel sonno riconoscevo come il dottore della mia città natale. Il suo viso non era definito, ma si confondeva con l’immagine di un mio professore alle scuole secondarie, che ancora adesso incontro di tanto in tanto. Quando mi svegliai, non riuscii a scoprire il nesso fra questi due uomini. Tuttavia, feci delle indagini presso mia madre riguardo a questo dottore che risaliva ai primissimi anni della mia infanzia ed appresi che aveva un occhio solo. Anche il professore, la cui immagine aveva coperto quella del dottore nel sogno, aveva un occhio solo. Erano passati trentotto anni da quando avevo visto il dottore e, per quanto ne so, non ho mai pensato a lui da sveglio, anche se una cicatrice sul mio mento avrebbe potuto rammentarmi le sue cure.

    D’altra parte, un gran numero di autori asseriscono che nella maggior parte dei sogni si trovano elementi presi dagli ultimissimi giorni prima del sogno; e questo sembrerebbe un tentativo di controbilanciare il troppo peso dato al ruolo svolto dalle esperienze infantili nella vita onirica. Così Robert afferma perfino che i sogni normali prendono spunto in genere dalle impressioni dei giorni appena passati. Si può notare comunque che la teoria dei sogni costruita da Robert rende essenziale la ricerca delle impressioni più recenti e trascura quelle più lontane. In ogni caso, il fatto da lui asserito resta esatto ed io posso confermarlo con le mie stesse indagini. Lo scrittore americano Nelson ritiene che le impressioni più frequentemente impiegate in un sogno provengano da due o tre giorni prima del sogno, come se le impressioni del giorno immediatamente prima del sogno non siano abbastanza attenuate o remote.

    Molti scrittori, preoccupati di non lasciare dubbi sull’intima relazione che intercorre tra il contenuto del sogno e la vita da svegli, sono stati colpiti dal fatto che le impressioni che interessano intensamente i pensieri da svegli appaiono nei sogni solo dopo essere state messe da parte dall’attività mentale diurna. In tal modo, dopo la perdita di una persona cara, la gente in genere non la sogna nei primi tempi, mentre è abbattuta dal dolore. D’altra parte, uno degli studiosi più recenti, Miss Hallam, ha raccolto esempi per dimostrare il contrario, affermando così il diritto di ognuno di noi all’individualismo psicologico a questo riguardo.

    La scelta del materiale riprodotto rappresenta la terza caratteristica della memoria dei sogni, che è anche la più singolare ed incomprensibile. Infatti ciò che si ritiene degno di essere ricordato non è, come nella vita da svegli, solo ciò che è molto importante, ma, al contrario, ciò che è più indifferente ed anche insignificante. Su questo punto citerò gli autori che hanno espresso più segnatamente la loro meraviglia.

    Hildebrandt: «Infatti la cosa notevole è che i sogni traggono i loro elementi non dai fatti più importanti ed eccitanti, né dagli interessi profondi e stimolanti del giorno precedente, ma dai dettagli accidentali, dai frammenti senza importanza, si potrebbe dire, di quanto è stato sperimentato di recente o in un tempo più lontano. La perdita di un parente, che ci ha commosso profondamente e sotto la cui ombra immediata ci siamo addormentati a notte tarda, viene cancellata dalla nostra memoria, finché con il nostro primo momento di risveglio ritorna di nuovo con violenza angosciosa. D’altra parte un porro sulla fronte di uno sconosciuto incontrato per strada e al quale non abbiamo pensato una seconda volta dopo essergli passati davanti ha un importante ruolo da recitare nel nostro sogno...»

    Strümpell: «Ci sono casi in cui l’analisi del sogno mostra che alcuni suoi elementi sono davvero estratti dalle esperienze di uno o due giorni prima, ma si tratta di esperienze così insignificanti ed insulse dal punto di vista della coscienza sveglia che esse sono state dimenticate subito dopo essersi verificate. Esperienze di questo tipo includono, per esempio, commenti uditi per caso, o azioni di un’altra persona osservate senza attenzione, od occhiate fugaci a persone o cose, o frammenti disparati di ciò che uno ha letto ecc.»

    Havelock Ellis: «Le profonde emozioni della vita da svegli, le questioni ed i problemi sui quali concentriamo la nostra principale energia mentale volontaria in genere non si presentano subito alla coscienza del sogno. Per quanto riguarda l’immediato passato, soprattutto le impressioni più futili, incidentali e dimenticate della nostra vita giornaliera riappaiono nei nostri sogni. Quelle attività psichiche che sono sveglie più intensamente dormono più profondamente.»

    Binz si serve effettivamente di questa particolare caratteristica della memoria nei sogni per esprimere la sua insoddisfazione riguardo alle spiegazioni dei sogni che egli stesso aveva sostenuto: «Il sogno naturale solleva problemi analoghi. Perché non sogniamo sempre le impressioni della memoria del giorno che abbiamo appena vissuto? Perché senza apparente motivo ci immergiamo spesso in un passato remoto e quasi estinto? Perché così spesso nei sogni la coscienza riceve l’impressione di immagini di memoria indifferenti, mentre le cellule del cervello, proprio quelle che portano i segni più marcati di ciò che è stato provato, giacciono per la maggior parte silenziose ed immobili, a meno che non siano state appena sollecitate in attività recente durante la vita da svegli?»

    È facile vedere come la notevole preferenza mostrata dalla memoria nei sogni per quegli elementi indifferenti e di conseguenza inosservati nella vita da svegli debba portare la gente a trascurare la relazione tra sogni e veglia e in ogni modo renda difficile dimostrare questa relazione in ogni caso particolare. E così, Mary Whiton Calkins, nello studio statistico dei suoi sogni e di quelli del suo collaboratore, notò che per l’11% del totale non c’era un nesso evidente con la vita da svegli. Hildebrandt è senza dubbio nel giusto quando asserisce che dovremmo essere in grado di spiegare la genesi di ogni immagine onirica se dedicassimo abbastanza tempo e fatica a ricercare la sua origine. Egli parla di questo come di un compito «eccessivamente laborioso ed ingrato. Infatti in genere si finisce col tirar fuori ogni specie di fatti psichici senza alcun valore dai più remoti angoli della stanza della memoria, e col portare alla luce ancora una volta quei momenti del passato completamente indifferenti dall’oblio nel quale furono sepolti forse proprio nel momento in cui si verificarono.» Posso solo rimpiangere che questo acuto autore si sia lasciato distogliere dal seguire il cammino che aveva questo inauspicato inizio; se lo avesse seguito, sarebbe arrivato proprio al centro della spiegazione dei sogni.

    Il modo in cui si comporta la memoria nei sogni è senza dubbio di grandissima importanza per qualsiasi teoria della memoria in generale. Ci insegna che «nulla che abbiamo posseduto mentalmente una volta può essere interamente perduto» (Scholz); o, come dice Delboeuf: «che qualsiasi impressione, anche la più insignificante, lascia una traccia inalterabile, che può rivivere.»

    A questa conclusione siamo portati anche da molti fenomeni patologici della vita mentale. Determinate teorie, di cui parlerò in seguito, cercano di spiegare l’assurdità e l’incoerenza dei sogni con una dimenticanza parziale di ciò che conosciamo durante il giorno: se teniamo presente la straordinaria efficienza mostrata dalla memoria dei sogni, avremo la percezione della contraddizione che queste teorie implicano.

    Potremmo pensare che il fenomeno onirico si riduca interamente a quello della memoria; si potrebbe supporre che i sogni siano una manifestazione dell’attività riproduttiva che è al lavoro anche di notte ed è fine a se stessa. Ciò si ricollega ad affermazioni simili a quelle di Pilcz, secondo cui si può osservare una relazione fissa tra il tempo in cui avviene il sogno ed il suo contenuto; le impressioni del passato più remoto sarebbero riprodotte nei sogni del sonno profondo, mentre le impressioni più recenti apparirebbero verso il mattino. Ma opinioni simili sono intrinsecamente improbabili, data la posizione dei sogni nei confronti del materiale da ricordare. Strümpell giustamente rileva che i sogni non riproducono esperienze; essi fanno un passo in avanti, ma l’anello seguente della catena viene omesso o compare in forma alterata o viene sostituito da qualcosa di completamente estraneo. I sogni non portano più che frammenti di riproduzioni: e questa è una base così generale che vi si possono fondare delle conclusioni teoriche. È pur vero che ci sono dei casi eccezionali in cui il sogno ripete un’esperienza con la stessa completezza raggiungibile dalla memoria della veglia. Delboeuf racconta che un suo collega universitario fece un sogno che riproduceva in tutti i dettagli un incidente di carrozza che aveva avuto e in cui si era salvato quasi per miracolo. Miss Calkins riferisce due sogni il cui contenuto era la riproduzione esatta di un fatto del giorno precedente, ed io stesso avrò occasione in seguito di riportare un esempio che mi è capitato, di un’esperienza infantile riapparsa inalterata in un sogno. ( [²] )

    (C) Gli stimoli e le fonti dei sogni

    Il detto popolare: I sogni provengono dall’indigestione , ci aiuterà a capire cosa si intende per stimoli e fonti dei sogni. Dietro questi concetti c’è una teoria secondo la quale i sogni sarebbero il risultato di un disturbo del sonno: non avremmo sognato se qualcosa non ci avesse disturbato durante il sonno, ed il sogno è stato una reazione a quel disturbo.

    Gran parte della letteratura su questo argomento tratta delle discussioni sulle cause che provocano i sogni. Ovviamente il problema si è potuto porre solo quando i sogni sono diventati oggetto di indagini biologiche. Gli antichi, i quali credevano che i sogni fossero ispirati dagli dèi, non avevano bisogno di cercarne lo stimolo: i sogni emanavano dalla volontà di potenze divine o demoniache ed il loro contenuto derivava dalla sapienza o dai loro fini. La scienza si trovò immediatamente a dover spiegare se lo stimolo al sognare fosse sempre lo stesso o se ci potessero essere molti tipi di stimoli; e ciò rendeva necessario stabilire se la spiegazione delle cause dei sogni ricadesse nel campo della psicologia o piuttosto in quello della fisiologia. Sembra che le persone più autorevoli siano d’accordo nel presumere che le cause che disturbano il sonno, cioè le fonti del sognare, possano essere di molti tipi e che stimoli somatici ed eccitazioni mentali possano agire come istigatori di sogni. Tuttavia le opinioni differiscono largamente nella preferenza che dimostrano per l’una o l’altra fonte di sogni e nell’ordine di importanza che attribuiscono loro nella produzione dei sogni.

    Enumerando compiutamente le fonti dei sogni, se ne riconoscono quattro tipi, che possono anche essere impiegati per una classificazione dei sogni stessi:

    1. eccitazioni sensoriali esterne (oggettive);

    2. eccitazioni sensoriali interne (soggettive);

    3. stimoli fisici interni (organici);

    4. fonti di stimolo meramente psichiche.

    1. Stimoli sensoriali esterni

    Il più giovane degli Strümpell, figlio del filosofo il cui libro sui sogni ci ha già dato varie informazioni sui loro problemi, ha pubblicato un resoconto, divenuto famoso, delle sue osservazioni su un paziente colpito da anestesia generale della superficie del corpo e paralisi di parecchi dei suoi organi sensori superiori. Se i pochi canali sensoriali di quest’uomo rimasti aperti venivano chiusi, egli si sarebbe addormentato.

    Ora, quando noi desideriamo addormentarci, generalmente cerchiamo di produrre una situazione simile a quella dell’esperimento di Strümpell. Chiudiamo infatti i nostri più importanti canali sensoriali, gli occhi, e cerchiamo di proteggere gli altri sensi da tutti gli stimoli e da qualsiasi modificazione degli stimoli che possa agire su di essi. A quel punto ci addormentiamo, anche se non sempre il nostro progetto si realizza. Non possiamo tenere gli stimoli separati dai nostri organi sensoriali, né possiamo completamente sospendere l’eccitabilità di tali organi.

    Il fatto che uno stimolo abbastanza potente ci possa svegliare in qualunque momento dimostra evidentemente che perfino nel sonno la psiche è in costante contatto con il mondo extracorporeo . Gli stimoli sensori che ci raggiungono durante il sonno possono facilmente diventare fonti di sogni.

    Ora, c’è un gran numero di questi stimoli, da quelli inevitabili che lo stesso stato di sonno comporta o deve sopportare di tanto in tanto, a quegli stimoli casuali che possono porre termine al sonno. Una luce viva può penetrare negli occhi, o un rumore si può far sentire, o qualche sostanza dall’odore penetrante può stimolare le mucose del naso.

    Con dei movimenti non intenzionali durante il sonno, possiamo scoprire qualche parte del corpo ed esporla a sensazioni di freddo, o con un cambiamento di posizione possiamo noi stessi procurarci sensazioni di pressione o contatto. Un moscerino può pungerci, o qualche piccolo incidente durante la notte agire su parecchi dei nostri sensi contemporaneamente. Degli osservatori attenti hanno raccolto tutta una serie di sogni dove c’è stata una tale corrispondenza tra lo stimolo notato al risveglio e una parte del contenuto del sogno, in cui è stato possibile identificare lo stimolo come fonte del sogno.

    Da Jessen citerò una raccolta di sogni di questo tipo, che possono essere ricondotti ad eccitazioni sensoriali oggettive, più o meno accidentali.

    «Ogni rumore percepito indistintamente desta corrispondenti immagini oniriche. Il fragore di un tuono ci collocherà nel mezzo di una battaglia; il canto del gallo può trasformarsi nel grido di terrore di un uomo; il cigolio di una porta può produrre un sogno di ladri. Se la nostra coperta cade durante la notte, potremmo sognare di camminare nudi o di cadere nell’acqua. Se siamo stesi di traverso sul letto e spingiamo i nostri piedi al di là del bordo, possiamo sognare che siamo sull’orlo di uno spaventoso precipizio o che stiamo cadendo in un dirupo. Se la nostra testa per caso va a finire sotto il cuscino, sogniamo di essere sotto una gigantesca roccia che ci sovrasta e sta per seppellirci sotto il suo peso. L’accumularsi del seme porta sogni voluttuosi, dolori locali portano l’idea di maltrattamento; attacchi o ferite che ci vengono fatti in quel momento... Meier sognò una volta di essere sopraffatto da alcune persone che lo stesero a terra sulla schiena e conficcarono nel terreno un palo tra il suo alluce e l’indice. Mentre immaginava tutto questo nel sogno, si svegliò e scoprì che un filo di paglia si era inserito fra le dita del suo piede. Un’altra volta, secondo Hennings, Meier chiuse la sua camicia troppo stretta intorno al collo e allora sognò che lo stavano impiccando. Hoffbauer sognò quando era giovane di cadere da un alto muro, poi quando si svegliò si accorse che la rete del letto aveva ceduto e che era veramente caduto a terra... Gregory racconta che una volta, mentre si riposava con i piedi su una bottiglia di acqua calda, sognò di avere scalato la cima del monte Etna e che in quel punto il terreno scottava in modo intollerabile. Un altro uomo, che dormiva con un cataplasma caldo sulla testa, sognò che un gruppo di Indiani lo stava scuoiando; mentre un terzo, che indossava una camicia umida, sognò di venir trascinato attraverso un torrente. Un attacco di

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