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L'amante del Governatore
L'amante del Governatore
L'amante del Governatore
E-book172 pagine2 ore

L'amante del Governatore

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Info su questo ebook

La vicenda si svolge fra il 1934 e il 1940, periodo in cui Italo Balbo ricopre la carica di Governatore della Tripolitania, Cirenaica e del Fezzan. Un incontro rapido e occasionale fa sì che una ragazza berbera si innamori del Governatore e che venga destinata a diventare una delle sue concubine. I preparativi all’arrivo del Governatore si svolgono a Giarabub, una sperduta oasi del deserto libico, dove il Capitano Paride Pasini e Ghada - una ex prostituta berbera - istruiscono la ragazza ai suoi nuovi doveri. Sullo sfondo della probabile seconda guerra mondiale, all’angoscia di una continua attesa insoddisfatta si alternano per la ragazza momenti di limpida felicità sino al drammatico epilogo finale.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788835327042
L'amante del Governatore

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    Anteprima del libro

    L'amante del Governatore - Franco Mari

    DIGITALI

    Intro

    La vicenda si svolge fra il 1934 e il 1940, periodo in cui Italo Balbo ricopre la carica di Governatore della Tripolitania, Cirenaica e del Fezzan. Un incontro rapido e occasionale fa sì che una ragazza berbera si innamori del Governatore e che venga destinata a diventare una delle sue concubine. I preparativi all’arrivo del Governatore si svolgono a Giarabub, una sperduta oasi del deserto libico, dove il Capitano Paride Pasini e Ghada - una ex prostituta berbera - istruiscono la ragazza ai suoi nuovi doveri. Sullo sfondo della probabile seconda guerra mondiale, all’angoscia di una continua attesa insoddisfatta si alternano per la ragazza momenti di limpida felicità sino al drammatico epilogo finale.

    L’AMANTE DEL GOVERNATORE

    I.

    Quello, per Salima, era il periodo più bello dell’anno.

    Il caldo non era più così asfissiante come si era manifestato durante i mesi estivi e il mare e il deserto assumevano finalmente quelle tinte calde e morbide che a lei piacevano tanto.

    I suoi amici continuavano a correre avanti e indietro lungo le strade del porto facendo schioccare sul selciato i sandali di cuoio duro e lanciandosi grida di sfida per ogni impresa. Per chi arrivava prima, per chi saltava più in alto, per chi faceva più capriole, per chi riusciva a stare in piedi più a lungo su un piede solo.

    Salima era invece scalza. Le piaceva il contatto con la pietra liscia dei quartieri del porto vecchio. Le piaceva soprattutto quando la pietra era fredda e le trasmetteva tutta la sua durezza. Le scarpe a casa non le aveva quasi mai. Le metteva ogni volta che suo padre la portava con sé da suo fratello in città ma anche lì, appena poteva, se le toglieva.

    Nel suo villaggio di solito i bambini andavano scalzi sia d’inverno che d’estate.

    Quella mattina, suo padre e altri uomini del villaggio dovevano incontrare un commerciante di bestiame lungo una banchina del porto dove era stata attraccata una grossa nave destinata al trasporto delle merci.

    Salima era rimasta sola con i suoi cugini e con i loro amici. Anche se erano quasi tutti coetanei, fra di loro non c’era abbastanza confidenza perché avevano modo di vedersi solamente tre o quattro volte l’anno.

    Allora, preferiva guardarli da lontano, osservare le loro corse e i salti dai muretti, ammirata dalla loro spavalderia e dalla padronanza che dimostravano di avere di quelle strade e di ogni angolo del quartiere dove abitavano.

    Lei era stata cresciuta dalla sua famiglia in un villaggio distante circa 50 chilometri da Tripoli. Da quelle parti, quei pochi chilometri, rappresentavano una distanza enorme. Quando suo padre diceva che sarebbe dovuto andare in città, voleva dire che sarebbe stato via almeno due giorni.

    Non esisteva alcun mezzo di trasporto che non fosse l’occasionale utilizzo di un carretto trainato da un mulo al seguito di qualche carovana di passaggio.

    Dawud, suo padre, era vecchissimo. Aveva quasi quarant’anni e non riusciva più a fare andata e ritorno nella stessa giornata.

    Per fortuna il fratello a Tripoli aveva la possibilità di ospitarlo in una casa molto grande, diventata ancora più grande dopo la morte della moglie.

    La zia Fatima, lei non se la ricordava molto bene. Era già qualche anno che era morta e Salima si rammentava di averla vista ben poche volte. Era grassa e sorrideva con una bocca larga e la baciava sempre sulle guance ogni volta che si vedevano.

    Ma di lei non riusciva ad avere presenti altri particolari.

    Lo zio Jussuf, il fratello di suo padre, era il più vecchio di tutta la famiglia perché aveva quasi cinquanta anni e, in ragione della sua età, aveva deciso di non risposarsi più ma di badare solo al suo lavoro di commerciante di bestiame e ai tre figli maschi che sua moglie gli aveva lasciato.

    Anche lo zio Jussuf era buono e la baciava ogni volta che la vedeva. Ma sempre di meno perché diceva che lei ormai aveva dodici anni ed era diventata una signorina. E non stava bene che un uomo vecchio baciasse una ragazza così giovane.

    I suoi tre figli, Murad, Akram e Shafi, assomigliavano molto alla zia Fatima o almeno a quel poco che Salima riusciva a ricordare. Di certo non assomigliavano a Jussuf, anche perché lui era tutto secco e mezzo pelato in testa e aveva una barba grigia che gli copriva gran parte del viso e che non consentiva alcun genere di confronto.

    I suoi cugini avevano avuto la possibilità di andare a scuola, perché erano dei maschi e stavano in città mentre Salima non aveva mai imparato a leggere e a scrivere. Solamente a contare, almeno un poco, perché, le diceva sempre la sua mamma, almeno le uova e le patate, bisogna saper fare a contarle. Ma a lei di non sapere decifrare quegli scarabocchi scritti sulla carta non gliene importava un gran che. Non avrebbe saputo che farsene. Non era necessario scrivere o leggere per giocare o per aiutare in casa la mamma e neppure per parlare con gli altri.

    Salima!

    Si girò verso suo cugino Murad che la stava chiamando in fondo alla strada.

    Salima! sentì ripetere un’altra volta prima che i suoi occhi riuscissero a mettere a fuoco le figure dei bambini che vedeva contro la luce del sole.

    Cosa vuoi? urlò, saltando giù dal muretto dove era stata seduta fino ad allora a osservare il mondo circostante.

    Noi andiamo giù, al porto, a vedere le barche che arrivano. Vieni con noi?

    La cosa non aveva per lei il minimo interesse ma non poteva certo rimanere lì da sola sul bordo della strada.

    Ma lo zio e il papà ci hanno detto che dobbiamo stare qui ad aspettarli fino al loro ritorno.

    Ma dài! Lo sai anche tu che quelli faranno tardi e che ritorneranno solamente questa sera! disse Shafi, il più piccolo dei suoi cugini che aveva otto anni.

    Io lo so che cosa fanno al porto! Guardano per ore tutte le capre e i muli che scaricano dalle navi e poi stanno a contrattare tutta la giornata per mettersi d’accordo sui soldi che devono pagare. Dài, andiamo!

    E senza aspettare alcun cenno di risposta, convinti del suo assenso, si incamminarono correndo e saltando lungo la strada che scendeva sino al mare.

    A Salima non rimaneva alcuna alternativa che seguire lo sciame di bambini al seguito dei suoi cugini.

    Era l’unica bambina del gruppo e camminava standosene un bel po’ dietro, legata a loro solamente dallo sguardo curioso e colpevole che aveva assunto fin da quando si era costretta a seguirli contravvenendo alle raccomandazioni paterne.

    Quando la strada terminò, la prima sensazione che la pervase violentemente, fu la percezione del mare.

    Non era la prima volta che lo vedeva ma di solito ne percepiva la presenza da lontano, in mezzo a qualche squarcio fra le case del quartiere dello zio oppure voltandosi indietro mentre la strada si allontanava in salita dietro la città mentre facevano ritorno a casa.

    Nonostante il mare al porto fosse stato squadrato all’interno delle banchine e dei fari di segnalazione, quella massa azzurra le sembrò ancora una volta davvero enorme, troppo grande per essere misurata con i pochi numeri che aveva imparato a pronunciare, troppo azzurra per poter pensare che si trattasse solamente del riflesso del cielo nell’acqua.

    C’era una grande quantità di gente accalcata sulla banchina e molte di quelle macchine che lo zio le aveva già fatto vedere in occasione di precedenti visite e che tutti chiamavano automobili.

    Con una strana miscela di paura e di curiosità, i suoi occhi rapidi e golosi non si lasciavano sfuggire nessun dettaglio di tutte quelle persone in piedi sul piazzale e si bevevano in continuazione i particolari di quegli strani vestiti e dei copricapi bizzarri così diversi dai loro.

    La confusione della gente e le grida dei venditori ambulanti la divertivano continuamente.

    C’erano anche moltissime bandiere e stendardi e gente straniera. Lo si capiva da come erano vestiti ancora prima di averli sentiti parlare.

    Gli italiani! Gli italiani! cominciarono a urlare divertiti i suoi amici indicando quelle persone forestiere man mano che si avvicinavano a loro. Anche se molti erano armati di fucili, non sembravano pericolosi perché stavano tutti ridendo e c’era anche della musica e delle cose da mangiare.

    Salima! Vieni! Andiamo a vedere se ci danno qualche dolce!

    Lasciò che Murad la prendesse per mano e lo seguì passivamente mentre fendeva con agilità la folla ferma in piedi sul piazzale del porto.

    Guarda che roba! Io non ho mai visto niente del genere! E quello che cosa è? E quello là?

    Tutti i bambini erano come impazziti di fronte al lungo tavolo imbandito di enormi vassoi pieni di frutta e di dolciumi, alcuni noti e altri sconosciuti, tutti ricoperti di mosche.

    Al centro del tavolo c’erano due enormi contenitori trasparenti contenenti del ghiaccio e delle bottiglie.

    E caraffe piene di liquidi colorati, bicchieri, tovaglioli, posate luccicanti. E bandiere piccoline di carta ficcate dappertutto, con i colori uguali a quelle che schioccavano al vento sopra alle loro teste.

    Prima ancora che avessero pensato di avvicinarsi a quel tavolo, una delle guardie armate disseminate su tutto il piazzale li riprese guardandoli severamente: Non pensateci nemmeno! Tutto questo è stato organizzato per festeggiare l’arrivo del nuovo Governatore. Solamente dopo che sarà sbarcato e dopo che avrà finito il suo discorso, sarà possibile avvicinarsi a quel tavolo. Non prima, capito?

    Il gruppo di potenziali predatori deglutì con la saliva anche il desiderio che li aveva spinti sino a lì e si contentò di soddisfare altre curiosità.

    Cosa vuol dire, Governatore, Murad? chiese Salima.

    Mi ha detto mio padre che è quello che comanda. Insomma come un sultano o un califfo. Questo è uno nuovo che qui da noi non c’è mai stato. E viene dall’Italia.

    È molto lontano questo posto?

    L’Italia? Praticamente è dall’altra parte del mondo! rispose il cugino, facendole credere di essere un grande esperto di geografia.

    Vedere arrivare lentamente in porto la moderna nave ad elica di nome «Costanza II a» faceva davvero una bella impressione.

    Si trattava di una nave militare di quasi 80.000 tonnellate, nuova di zecca, color giallo coloniale, con le scritte sulla fiancata e tutte le finiture su cordoli e sui muretti di colore nero.

    Anche sulla nave c’erano file di bandiere che andavano dal comignolo sino ai quattro angoli del parapetto.

    E a prua c’era tanta gente, quasi tutta vestita di bianco, che salutava con i fazzoletti e con i cappelli le persone ferme in piedi sulla banchina ad aspettarla.

    Dopo aver compiuto tutte le operazioni necessarie per l’attracco, venne stesa dal parapetto una lunga passerella di legno e ottone in modo da far scendere le persone dalla nave.

    La gente cominciò ad accalcarsi ancora di più per la curiosità e l’eccitazione induceva molti a manifestare sonoramente con grida di gioia ed esclamazioni ammirate.

    Cominciarono a scendere molte persone curiosamente vestite. Alcuni erano chiaramente dei marinai, altri erano militari con divise differenti dai primi, appartenenti alle diverse armi dell’esercito italiano.

    Dalle stive della nave, da grandi uscite laterali poste appena al di sopra della linea di galleggiamento, cominciarono a essere sbarcate alcune automobili e numerosi furgoni carichi di bauli e grosse valige.

    A un certo punto, a un cenno di un ufficiale rimasto in buona parte coperto dal parapetto della nave, la banda musicale smise improvvisamente di suonare i ritornelli allegri e orecchiabili che, fino ad allora, avevano riempito l’aria. I suonatori si alzarono tutti dai loro sedili e, assumendo un aspetto solenne, dopo pochi secondi di silenzio, si misero a intonare l’inno nazionale italiano.

    A terra, di fronte al punto di attracco della pensilina, fu srotolato un lungo tappeto rosso che portava direttamente a un palco di legno alto circa tre metri, tutto rivestito di bandiere italiane.

    Il nuovo Governatore doveva essere quella persona vestita di bianco, sorridente, che scendeva a capo scoperto tenendo con la mano sinistra il cappello stretto al petto e il braccio destro alzato e teso di fianco alla testa.

    Come è bello! venne subito da pensare a Salima.

    Il suo portamento durante la discesa con i passi forti e sicuri, la fierezza dello sguardo che comprendeva tutto il porto sottostante senza focalizzarsi, quasi sdegnosamente, su nessun particolare… insomma ogni particolare di quella persona ispirava ammirazione e rispetto.

    Il Governatore, una volta giunto a terra, fendette la folla deferente trattenuta dalle guardie ai lati del tappeto rosso e guadagnò con pochi passi il palco italianamente bardato.

    La banda musicale ultimò l’esecuzione dell’inno italiano e un barrito innaturale annunciò l’accensione degli altoparlanti. Il Governatore cominciò a parlare nella sua lingua sconosciuta: « Assumo da oggi, in nome di Sua Maestà, il governo. I miei tre predecessori, Volpi, De Bono, Badoglio, hanno compiuto grandi opere. Mi propongo di seguire le loro orme».

    Continuò poi a lungo, alternando alle parole, lunghe pause silenziosamente recitate a beneficio dei fotografi e dei cineoperatori preposti alla raccolta e al rilancio immortale dell’evento in tutto il mondo.

    Salima non riusciva a capire nulla di quello che diceva il

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