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Due a due
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E-book183 pagine2 ore

Due a due

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Info su questo ebook

Luana è una giovane fiorista, entusiasta e innamorata della vita.
L’approssimarsi del Natale rallegra Luana anche se quest’anno segna un triste anniversario, quello della nascita al cielo della sua amatissima nonna Teresa, donna scavata da dolori e attese, forte e fiduciosa. Teresa ha insegnato prima a sua figlia Maria, mamma di Luana attesa per nove anni, e poi a sua nipote, che ogni donna può divenire madre partorendo tutti i sogni che custodisce nel cuore. La vita in sé è desiderio di Dio, di tenere vivo il mondo e l’umanità; i desideri dell’uomo concorrono a fare della vita un cammino perfetto, contro ogni paura, con coraggio e accoglienza verso ogni occasione donata. È stata lei a raccontare a Luana la verità sulla morte del padre avvenuta quando aveva solo due anni e mezzo e della sua scelta di donare gli organi che ha fatto della morte un’occasione di vita.
Una mattina qualsiasi, entra in negozio Alessandro, un ragazzo cardio trapiantato, per acquistare una composizione di fiori e… In un birichino gioco di timori e coincidenze, aspettative e speranze, il destino riafferma la sua ineluttabilità.
Due a due sono le storie narrate, legate da un filo invisibile a testimonianza che la vita è un dono meraviglioso e merita di essere vissuta con amore e gratitudine, soprattutto mai da soli. Ognuno ha la potenza di fiorire, come i bucaneve fanno nella neve.
LinguaItaliano
Data di uscita1 nov 2019
ISBN9788832925616
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    Anteprima del libro

    Due a due - Grazia Marzolla

    2017.

    Prefazione

    Essendo un coach aiuto le persone a stupirsi della vita e di se stesse. Spesso durante i miei corsi mi viene chiesto: Cos’è la Vita?

    È una domanda durissima a cui rispondere.

    Nessuno sa esattamente cos’è e sono sicuro che proprio questo è il bello.

    Così rispondo che la vita è un viaggio che va percorso senza istruzioni e indicazioni. La vita si impara vivendola e mai da soli. Essendo un viaggio, un cammino, può capitare di avere la sensazione di avere smarrito la strada, di sentirsi bloccati e rendersi conto di fare, fare, fare senza andare da nessuna parte. Allora è arrivato un momento importante, quello di chiedere aiuto. Sì, per ritornare a splendere c’è sempre bisogno di un’altra persona. Un mio allenatore, quando ero un giocatore professionista di pallacanestro, ripeteva sempre che nessuno vince da solo.

    Grazia Marzolla in questo romanzo ci fa sentire proprio la straordinarietà del viaggio della vita, un viaggio vissuto sempre almeno due a due. Un viaggio fatto di momenti più belli e meno belli ma con sempre lo stupore e la meraviglia sui continui doni che riceviamo: prima di tutto il dono della vita stessa. Tutto ha un disegno più grande e tutto va osservato con fiducia e gratitudine per poter danzare ogni giorno.

    Allora buon viaggio, nel romanzo e nella vostra vita.

    Filippo Cattabiani

    Due a due

    Quale periodo dell’anno migliore per parlare di attesa se non il Natale?

    Milioni di volte abbiamo sentito e risentito che l’attesa è più bella del Natale stesso, che una volta arrivato e passato il Venticinque Dicembre, la magia svanisce e non resta che un po’ di nostalgia di quel tempo così magico dedicato a preparare la casa, a sistemare gli addobbi, ad allestire i presepi, a cercare dei doni.

    Vogliamo parlare dell’entusiasmo per la prima passeggiata tra le lampadine accese? Il primo abete abbellito nel centro commerciale? La prima pubblicità a metà novembre e la felicità ogni anno di ritrovare nello scatolone natalizio in soffitta un angioletto che non ricordavi di avere, un pungitopo, un vassoio doratissimo o una super palla comprata ai saldi?

    Per questo oggi Luana è felice.

    Oggi è il quattro novembre 2015, ha il giorno libero al lavoro e sta spolverando la sua stanza, piena di così tante cose che almeno una volta al mese deve dedicare un pomeriggio intero a rimettere ordine.

    Ogni angolo della stanza racconta qualcosa di lei, per esempio l’armadio è ricco di fotografie: campi scuola, tavolate, abbracci speciali, serate con amici, paesaggi, tramonti, fiori. Tutti momenti immortalati sulle ante e sui laterali, praticamente non si vede più neppure il colore del legno. A destra dell’armadio una libreria zeppa di libri e riviste. Libri di narrativa e riviste di cucina in grandissima quantità. Da piccolina le era nata la passione per i fornelli e ogni settimana comprava un giornale di ricette speciali, li aveva conservati tutti. Lavare i piatti e preparare dolci era ciò che amava fare già dai tempi della scuola elementare. Finiva in fretta i compiti a casa e raggiungeva la mamma in cucina, sicura che le avrebbe dato qualcosa da fare: oggi ricorda con più felicità il giorno che ruppe per la prima volta un uovo senza far cadere un grammo di guscio nell’impasto del giorno in cui prese dieci in matematica in pagella.

    Era così, innamorata delle creazioni, delle trasformazioni e dei cambiamenti. Si incantava dinnanzi al forno che conteneva una teglia con solo farina, zucchero e uova che mescolati generavano un pan di spagna; avrebbe voluto coricarsi accanto ai germogli bianchi dei ciliegi e dei mandorli in primavera e osservarne il divenire fiore e poi frutto; adorava il laboratorio di biologia al liceo e vedere dai vetrini come nell’acqua si generava la vita o come una goccia di sangue contenesse milioni di microrganismi viventi; si impressionava della muffa che si formava sul pane o sulla frutta. Un’appassionata alla vita in tutte le forme possibili e immaginabili.

    Le mensole della stanza invece sono cariche di oggetti presi da ogni città in cui ha messo piede.

    Praga e l’uccellino Pepik di legno, Venezia e il posacenere in vetro soffiato, Monaco e il boccale di birra, Roma e la miniatura del Colosseo.

    Tra tutto spicca lei, la matrioska presa a Mosca da sua nonna durante un viaggio con nonno Michele. L’aveva sempre amata perché poteva occupare pochissimo spazio, conservando i pezzi nel grembo, o poteva colonizzare tutta la mensola, tirando fuori ogni parte. Insomma quelle bamboline che sembrano tanto ine hanno un grande potenziale: aprirsi e mostrare al mondo gli strati interiori o restare intatte e nascondere tutto.

    La Matrioska è madre e si chiude con un pezzo chiamato seme, aveva spiegato la guida a nonna Teresa, è quindi un simbolo di fertilità, di famiglia, generosità, come d’altronde qualunque figura materna, concluse.

    A queste parole decise di acquistare la più grande del negozio nel corso principale, segno dell’intensità con cui l’aveva colpita l’argomento. Alla morte della nonna Luana aveva spostato la matrioska dalla camera della nonna alla sua e ogni volta che spolverava la stanza era sempre attratta dal riprendere in mano anche il rotolo di carta conservato vicino alla bambola e rileggerlo. Quel foglio conteneva una ricerca che la nonna aveva fatto dopo l’ascolto della guida; aver scoperto la storia delle bambole scatola l’aveva fulminata ma la guida che parlava un italiano un po’ confuso non l’aveva soddisfatta totalmente e aveva voluto approfondire su una vecchia enciclopedia fotocopiando altre informazioni:

    La Matrioska simboleggia anche la nostra vita perché in ognuna di esse vi sono raccolte storie, ricordi, relazioni, esperienze. Le bambole in essa contenute rappresentano sempre la madre, una ragazza, un ragazzo, una bambina e via dicendo fino al piccolo seme, neonato, forse riconducibile all’anima. La parte più pura e invisibile, da cui si generano gli altri strati, può essere scovata solo se si ha la pazienza di andare in profondità. C’è chi, nel seme, ravvisa l’atomo che contiene il tutto, incluse le bambole più grandi.

    Anche Luana si era affezionata a questo simbolo mondiale e da quelle parole non riusciva a staccarsi, le calava nella profondità di se stessa e prendeva consapevolezza che la nonna aveva portato a termine la sua missione: farla appassionare alla vita, ai semi, alle origini, alle nascite e rinascite. Lavorare per un fioraio inoltre la faceva sentire molto fortunata: tutti i giorni vedeva germogli spuntare, fiori sbocciare, piante riprendersi e grazie alle richieste continue dei clienti componeva fiori, verde e colori ogni giorno per occasioni differenti.

    Qualcosa interrompe la sua attenzione verso i souvenir: in televisione la canzone del famosissimo panettone. Era arrivato da un po’ il suo momento dell’anno quasi preferito ma la prima pubblicità le metteva una certa adrenalina. Così iniziò a saltare per le scale che la portavano giù in cucina, con il suo cane che la inseguiva saltellando.

    Luana esultava sempre per il Natale nonostante il carico di malinconia che questa festa portava con sé. L’affascinava perché per almeno un paio di mesi sapeva come occupare il suo tempo libero senza esitazione: fare dolci, cercare regalini, cucire calze da riempire con cioccolatini home-made e passeggiare in centro, anche quando non aveva nulla da comprare, col solo piacere di spiare gli alberi di Natale nelle case, fotografare le vetrine e cercare il pendente originale che ogni anno si aggiungeva alla sua collezione per l’abete del suo salotto.

    Mamma, urlò, è ufficiale! Natale sta arrivando, le pubblicità sono iniziate! Iniziamo a pensare quando fare l’albero? Quando andiamo a raccogliere il muschio per il presepe? Prepariamoci a schiacciare le mandorle per il torrone!

    In realtà mamma Maria non era alle stelle come Luana nel periodo natalizio. Ma Luana era giovane ed era giusto che fosse così entusiasta e innamorata della vita, pensava tra sé. Una mamma che sa incassare per bene un dolore, pur di mantenere vivo e zampillante il sorriso contagioso della figlia, rispondeva urlando anche lei: Evviva, mettiamoci subito al lavoro!

    Dopo qualche settimana il presepe era pronto, l’albero pure. Avevano raccolto insieme il muschio da una casa abbandonata vicino la campagna dei nonni, una casa che se le mura potessero parlare per Luana sarebbe l’occasione di risentire la voce delle sue emozioni di quando era adolescente. In quella casa abbandonata erano racchiusi tutti i momenti vissuti con Sabrina, quell’amica del cuore che guai se qualcuno a sedici anni ti dice che prima o poi l’amicizia ti delude, quella per cui ti venderesti l’anima a poco prezzo, quella che sapeva tutto di te, e anche più di te, perché in adolescenza ci sono verità che non ti dici ma che un’amica del cuore sa, forse perché ti asciuga quintali di lacrime, quelle lacrime parecchio preziose perché sono le prime a sgorgare per amore.

    Luana, urlava Sabrina, Giovanni e Cosimo stanno arrivando! Come li salutiamo dal momento che l’ultima volta ci siamo lasciati col sapore di un bacio improvviso in bocca e non ci siamo più visti? E camminava su e giù mordendosi il labbro. Che dici va bene un semplice ciao oppure meglio…ehi, ma ciao! ripeteva tra sé i vari tentativi per un saluto perfetto, poi si fermava guardava l’amica e piagnucolava: Dai fai l’amica, assicurami che non si vede che lo amo da morire?

    E Luana sempre sincera, rassicurante e paziente replicava: Inutile fare prove Sabri, appena arriveranno saremo sciolte come neve al sole e rigide come peli al gelo! Salutiamoli e basta. Perplessa e un po’ ansiosa pure lei. Intanto vieni qui, dalla parte del panorama e fumiamo questa sigaretta... l’ho rubata a zio Vito, gustiamoci questa vista e speriamo che Minguccio non debba arare il terreno proprio adesso, o subito la notizia arriverà alla mamma!

    Luana era stata sempre una ragazza innamoratissima delle cose belle ma uno strappo alla regola ogni tanto lo aveva fatto anche lei coi suoi sedici anni o poco più e così le piaceva, con la sua cara amica, inspirare un po’ di nicotina, consapevole che la danneggiava ma anche orgogliosa di sperimentare piccole trasgressioni.

    Figo ’sto posto Lu, eh?! diceva ogni volta Sabrina come se fosse la prima volta che andavano lì a sedere e a godere della vista.

    Non ti abbandonerò mai fosse solo per dare onore a tutta questa bellezza, per tutta la vita. Uscirono dolci queste parole quel giorno dalla bocca della ragazza guardando l’amica fissa negli occhi; parole che suonavano come una promessa, una vera e propria dichiarazione d’amore.

    Un braam violento, rombo di marmitte truccate, ruppe la magia. Erano arrivati gli scooter e gli adorati play-boy a cavallo. Dalla bocca delle ragazze uscì un ciao che più brutto e imbarazzato non poteva essere, come sempre.

    Pronto? Signorina? Che fai lo tagli un po’ di muschio o resti imbambolata tutto il tempo a guardare la casa?

    Furono interrotti così i pensieri di Luana.

    C’è il rischio che crolli il tetto per come stai scrutando questa vecchia catapecchia! aggiunse ridendo sotto i baffi la mamma che aveva capito benissimo che quel posto straripava di ricordi per la sua bambina di ormai venticinque anni.

    Sì mamma arrivo subito, bofonchiò Luana, scusa ma questo posto profuma di cose belle e di Sabrina con cui venivo sempre… mi manca un sacco.

    Sabrina era stata una di quelle amiche che aveva esattamente obbedito al detto di molti adulti che dicono che l’amicizia prima o poi fa male, prima o poi delude. Sabrina si era innamora del fidanzato di Luana e per una limonata di venti minuti era stata disposta a compromettere la relazione di una vita. Anche se l’amica era la persona con cui aveva un panorama mozzafiato in comune nel cassetto delle cose belle da conservare e custodire. Ma non tutti conoscono la bellezza del custodire, proprio il significato autentico della parola e soprattutto le conseguenze che può portare nella vita dimenticare di custodire qualcosa.

    Custodire una persona, una relazione è un sinolo di vigilanza, di assistenza e di protezione.

    Luana aveva trovato questa definizione sul vocabolario quando si era lasciata incuriosire da questa parola.

    "Il custode non è una guardia bruta. Il

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