Il Conte (Collana Io me lo leggo)
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Il Conte (Collana Io me lo leggo) - Barbara Buttiglione
M
PROLOGO
Vienna, otto gennaio 1866.
L’Imperatrice Elisabetta, nota a tutti come Sissi, riceve a corte una delegazione ungherese. Parlando la loro lingua, appresa fin da bambina grazie al padre e perfezionata attraverso le amicizie ungheresi di cui è riuscita a circondarsi a Vienna, è ansiosa di poterli incontrare.
Fa da contraltare al suo entusiasmo il malcontento dell’Arciduchessa Sofia, suocera di Elisabetta e simbolo indiscusso del rigore austriaco alla Hofburg. L’Imperatrice indossa il suo abito ungherese e una splendida acconciatura: il suo stile così ribelle la rende la sovrana più ammirata e misteriosa d’Europa.
Nei ranghi magiari, impeccabile e affascinante, è presente il Conte Gyula Andrássy: Sissi sa tutto del beau pendu
, il ribelle scampato all’impiccagione, grazie alla sua amorevole amica e confidente ungherese Ida Ferenczy, e si tengono in contatto con assiduità.
Il bel Conte desidera conquistare il cuore della Sovrana. L’Imperatrice si tratterrà, dopo pranzo, con Andrássy confidandogli quanto le stiano a cuore l’Ungheria e il popolo magiaro; egli, subendo il suo irresistibile fascino, comprende di avere un’alleata sincera ed appassionata che lo aiuterà a negoziare un compromesso tra Ungheria ed Austria. D’ora in poi si sentirà indissolubilmente legato a Sissi.
L’otto giugno 1867 Francesco Giuseppe ed Elisabetta vengono incoronati sovrani d’Ungheria: è il Conte Andrássy a porre la corona sul capo di Sissi nella Cattedrale di Mátyás mentre fuori risuonano gli Éljen, éljen Erzsébet!
(Viva, viva Elisabetta!) dei magiari e il suono delle campane a festa riempie le strade.
Da questo memorabile giorno, i fili dei loro destini sono intrecciati nella stessa trama.
Che l’incanto del loro amore immaginato prenda il posto della storia ufficiale.
CAPITOLO 1
"Sono una figlia della domenica, una figlia del sole.
I suoi raggi mi hanno condotta al trono,
la mia corona fu intrecciata con il suo splendore
e rimango nella sua luce."
Elisabetta, Aurelia, Eugenia di Wittelsbach
Duchessa in Baviera
Imperatrice d’Austria e Regina d’Ungheria
Il naso contro il finestrino della carrozza, come faceva da bambina, quando fantasticava con gli occhi vispi e ribelli; l’espressione triste e assorta, la mano destra stretta in quella di Ida, l’inseparabile amica. L’Imperatrice sta fuggendo dalla Hofburg, la corte di Vienna dove ormai vive infelice e insoddisfatta. Da tempo non vede più la figlia del sole sorriderle, quando si guarda nello specchio. Certo, gli occhi fieri non si sono spenti e mantiene, a dispetto delle circostanze, un amore per la vita e per le meraviglie della natura immutato: è questo che la sta conducendo in Ungheria, la terra che ama con passione sincera, dove può camminare per ore nei boschi, senza che nessuno glielo faccia pesare, e dove può cavalcare ogni volta che lo desidera.
L’amarezza per il suo matrimonio, ingabbiato dal protocollo e dalle formalità, dagli obblighi e dai divieti non le lascia scampo: ha bisogno di stare lontana da tutti, di respirare il vento freddo, di sporcarsi le scarpe di terra, di ricominciare ad arrampicarsi sugli alberi, sì!
E pensare che quando si erano conosciuti, Franz era rimasto incantato dalla sua fierezza e dalla sua dolcezza. Sembrava adorasse il suo atteggiamento refrattario agli schemi e ai rigidi canoni austriaci, ed ella era certa che suo marito avrebbe sostenuto i suoi desideri di cambiamento di fronte alla severità dell’Arciduchessa Sofia: ma non è stato così. Per anni ha sopportato una suocera feroce e possessiva, che non riusciva ad apprezzare nulla se non la sua giovane età e la sua presunta malleabilità. Franz era troppo oppresso dal carico che la sua posizione gli imponeva: un sovrano giovane in un periodo politico e storico estremamente delicato e movimentato non aveva tempo da dedicare alla sua giovanissima moglie, se non durante gli impegni ufficiali.
Ogni volta che Sissi richiedeva le sue attenzioni, l’Imperatore veniva richiamato da qualche faccenda di Stato estremamente urgente, questo accade da troppo tempo, ormai. Quanto avrebbe potuto ancora resistere Elisabetta in quella gabbia? Non possono dire di non amarsi, ma troppe persone e troppe questioni prendono puntualmente il posto che Sissi dovrebbe occupare nel cuore di Franz; sempre che gli Asburgo ne posseggano uno.
Non sa ancora bene cosa succederà ora: gli ha solo comunicato il desiderio di passare qualche settimana in Ungheria per riposarsi, ma suo marito sa che, senza una valida motivazione, senza un drastico cambiamento, Sissi non tornerà.
É una donna incantevole, affascinante con un fisico atletico ma aggraziato ed esile, ha un portamento regale e fiero, una chioma splendida e sul suo viso un velo di malinconia che la rende fatale e misteriosa. Ha tanta voglia di essere felice, di essere apprezzata e, nel suo essere più profondo, ha tanta voglia di innamorarsi e di essere desiderata. Ida è molto preoccupata per la Sovrana: spesso questi momenti di sconforto hanno provocato gravi inappetenze e stati di prostrazione. Dio non voglia che l’Imperatrice si lasci andare alla depressione.
Il viaggio verso Gödöllő, la cittadina ungherese dove si trova il Castello di Grassalkovich, dono degli Ungheresi alla famiglia imperiale, è quasi terminato. Il castello si affaccia all’orizzonte e Sissi comincia a riprendere colore: quanto ama questa terra e la sua gente! Quasi quanto gli ungheresi amano la loro regina, Erzsébet Kyràlyné.
Un ungherese che ama Elisabetta, distante e silenzioso, è il Conte Gyula Andrássy: nato in una famiglia aristocratica, il Conte aveva fatto parte dei moti rivoluzionari del 1848 e, condannato all’impiccagione, era riuscito a fuggire all’estero. A Londra e Parigi la sua fama di affascinante tombeur de femmes e le sue numerose qualità personali lo resero famoso. Rientrato dal suo esilio, grazie all’amnistia imperiale, Andrássy venne eletto vicepresidente dell’assemblea nazionale convocata dall’Imperatore e in seguito avrà l'onore di incoronare Elisabetta Regina d'Ungheria. Da quel memorabile evento è passato tanto tempo, non senza incontri ufficiali e lettere spedite a nome di Ida per conto di Sua Maestà. Meglio evitare sgradevoli pettegolezzi.
Quando Sissi arriva a Gödöllő è indecisa se far sapere al Conte del suo arrivo, ma parlandone con Ida decide di attendere gli eventi: sicuramente egli avrà notizie e non tarderà a presentarsi.
É lo stesso Imperatore infatti, che avverte il Conte dell'arrivo di Sissi, tramite una lettera nella quale gli chiede di assicurarsi che l’Imperatrice sia arrivata sana e salva, non prima di averlo convocato a Vienna per questioni della massima urgenza: il Conte Andrássy è, in questo momento, il Ministro degli Esteri dell’Impero ed è senza dubbio grato a Franz Joseph di avergli affidato un compito tanto gradevole. Andrà a trovare l’Imperatrice l’indomani mattina e, pensando a lei, non riesce ad evitare di ricordare l’espressione fiera dei suoi occhi scuri e la sua bellezza impareggiabile.
La notte lascia presagire un domani intrigante. Con questo auspicio, il Conte si ritira nella sua residenza di Buda-Pest, insieme al suo segretario factotum, il fedelissimo ed insostituibile Bernàt Molnar, che ha l'ordine di svegliarlo presto e di far preparare la carrozza, per l’indomani. l’Imperatrice è a Gödöllő ed è necessario recarsi a salutarla, Bernàt si inchina in cenno di comprensione e si congeda.
Buonanotte mia Regina, pensa il Conte guardando il cielo fuori dalla finestra della sua stanza.
CAPITOLO 2
"Tolgo la corona
dal mio capo pesante sospirando;
quante belle ore mi ha rubato
questo bastone di cerimonie,
contemplo lungamente
questi ornamenti luccicanti:
per altre sarebbero grandi gioie,
per me sono solo un giogo pesante."
Elisabetta
Sotto leggeri fiocchi di neve, la carrozza del Conte percorre il viale che conduce al Palazzo Reale di Gödöllő e si ferma davanti all’imponente portone, prontamente dischiuso dal valletto: «Chi debbo annunciare a Sua Altezza Imperiale?» «Sono il Conte Andrássy. Vengo per conto dell’Imperatore.» Dal valletto, l’annuncio passa direttamente a Ida che avvisa la Sovrana. Non senza un’espressione sorpresa, Elisabetta acconsente alla visita e chiede a Ida di aiutarla a rendersi presentabile.
«Va bene - dice dopo avere controllato la sua immagine nel grande specchio della sua camera - andiamo.» Nel frattempo, la servitù ha ricevuto l’ordine di far accomodare il Conte nel salone di Sissi, ma in preda ad una piacevole impazienza, egli non riesce a stare seduto. Dopo qualche minuto l’Imperatrice fa il suo ingresso nella stanza, più luminosa e bella di quanto egli la ricordasse. Il Conte resta per un attimo immobile, fissando quella visione; ripreso il suo piglio abituale, si inchina e saluta: «Vostra Altezza Reale, quale immensa gioia è per il mio cuore rivedervi qui, nella mia terra!». L’Imperatrice gli sorride e si accomoda rispondendo: «Conte Andrássy, sapete bene quanto io ami l’Ungheria e quanta stima io abbia di voi.»
«E questo, Mia Regina, mi rende più ungherese di tutti gli ungheresi. È l’Imperatore che mi ha chiesto di venire a sincerarmi della vostra salute: era preoccupato per il viaggio, ma devo dire che, in ogni caso, sarei venuto a salutarvi anche senza sue indicazioni.»
L’espressione della Sovrana si incupisce: stando lontana dalla Hofburg, pensava di poter allentare la tensione della vita di corte, ma le basta sentir parlare dell’Imperatore per ritornare ad essere tesa e triste. «Conte Andrássy, potete riferire all’Imperatore che godo di ottima salute e che sarà così finché rimarrò qui in Ungheria.» nello stesso momento in cui le parole escono dalla sua bocca, si rende conto di averle pronunciate in tono seccato, cambiando repentinamente espressione. Il Conte ha ascoltato e, naturalmente, notato l’atteggiamento infastidito di Elisabetta; dopo un attimo di silenzio risponde: «Vostra Altezza vi prego di non considerarmi inopportuno e sfrontato, ma non posso evitare di cogliere i colori cupi che avvolgono il vostro animo.» I loro sguardi si incatenano per un istante: quanto vorrebbe che egli capisse tutto da quello sguardo! Quanto vorrebbe non dover dire nulla. Sissi distoglie lo sguardo e assume un’espressione assente.
«Vedo bene, Vostra Maestà, che il vostro desiderio più urgente ora è sparire agli occhi del mondo. Venite a fare una passeggiata con me nel parco? È piuttosto freddo fuori, ma ho idea che la vostra tempra sia abituata ai rigori del nostro inverno.»
La voce calda e il tono premuroso del Conte strappano un sorriso all’Imperatrice: quanto si sente attratta da quest’uomo bello e sicuro di sé, forte e affascinante, all’altezza della sua fama! Non sa se ne è innamorata, ma sa per certo che anche lui è terribilmente attratto da lei. L’Imperatrice si alza e decide di accettare l’invito del Conte. La dolce Ida le porta il mantello e la accompagna camminandole accanto, fino all’ingresso. Il Conte segue a qualche passo e non riesce a sottrarsi ad una sorta di trance provocata dall’ondeggiare della splendida capigliatura dell’Imperatrice. Si ritrovano così soli e sorprendentemente poco imbarazzati, nel verde del parco, a piccoli passi silenziosi verso un’altra dimensione. Il Conte rompe il silenzio: «Devo confessarmi alquanto sorpreso, Vostra Altezza. Mi aspettavo di incontrare la Sovrana illuminata e decisa che ho conosciuto alla Hofburg, ma vedo invece, una donna affranta e stanca. So che la vita di corte vi sottrae ore che potreste impiegare andando a cavallo o a passeggio per i boschi, ma sento che non è tutto. Sapete di avere in me un amico fidato e leale, tuttavia capirò se non vorrete confidarmi ciò che vi angustia.»
L’Imperatrice ha ascoltato le parole del Conte, camminando con lo sguardo basso e il cuore in tumulto. Ha sospirato al suo riferimento alla vita di corte e si è fermata per guardarlo in viso nell’attimo in cui ha sentito, in cuor suo, di potersi fidare. «Avete ragione, non è tutto» risponde in tono sommesso, ma guardando il Conte dritto negli occhi. «Sono disperatamente infelice e sento di non avere vie d’uscita!» Gli occhi di Elisabetta stanno per riempirsi di lacrime, ma il suo orgoglio le ricaccia prontamente indietro. Il Conte sostiene il suo sguardo, sorridendole: «Se lo volete davvero, la via d’uscita la troverete. La felicità non può sottrarsi al vostro cospetto, la meritate più di chiunque altro.» Elisabetta alza decisamente il passo, costringendo il Conte a fare altrettanto. «Vostra Altezza! Ho detto qualcosa che vi ha offesa? Vostra Altezza! State gareggiando con qualcuno? Pensavo fosse una passeggiata!» Elisabetta si ferma e sorride, senza voltarsi «Sapete che sono atletica e veloce. Pensavo foste all’altezza…» dice alzando la voce, immaginando il Conte ancora indietro. Inaspettatamente, il suono caldo delle sue parole vibra a pochi centimetri dall’orecchio imperiale: «Lo sono, Maestà…»
Elisabetta si volta e teme che in quel momento, il battito del suo cuore sia udibile anche al di fuori del suo petto. Si guardano per pochi intensi attimi. «Credo sia meglio rientrare, Conte. L’aria comincia a farsi gelida, anche per una montanara come me.» «Come volete, Altezza» risponde il Conte, anche se, in verità, vorrebbe dirle che desidera abbracciarla e non lasciarla, non ora. Ritornano verso il Castello avvolti da un silenzio irreale, mentre qualche fiocco di neve si posa sulle loro teste, sciogliendosi all’istante. Entrambi avrebbero pensieri da confidarsi, emozioni da confessarsi, ma procedono verso l’ingresso del castello, un passo dopo l’altro, uno accanto all’altra, senza parlare e senza sfiorarsi.
Arrivati alla soglia, il Conte prende la mano gelida di Elisabetta e la tiene per più di un istante a contatto con sue labbra. « Arrivederci, Vostra Altezza. Vi auguro di ritrovare la gioia di vivere che ho amato