La Signora del mare e La vendetta di Manfras
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Anteprima del libro
La Signora del mare e La vendetta di Manfras - Gianfranco Orecchio
dell’inferno.
1
«Hai rischiato la vita per me, perché l’hai fatto?»
Le due donne erano rimaste sole, dopo cena, a bordo della Signora del mare. Di questo titolo Deborah era stata insignita da Davide, dopo l’incredibile avventura in Grecia, e così lei aveva voluto chiamare anche la sua barca a vela. Il 40 piedi blu con la coperta in teak era a poche decine di metri da Kochab, la barca di Davide, disposta parallelamente ad essa. Le due imbarcazioni all’ancora galleggiavano sull’acqua immobile al centro della riparata Cala Milazzese.
Ora che gli equipaggi festosi erano partiti in tender, per trascorrere la serata in paese sull’isola di Panarea, tutto era immerso nel silenzio delle prime ombre del crepuscolo, in un’atmosfera surreale.
Deborah, rimasta di guardia come ogni buon comandante a bordo della sua barca, con l’accordo di dare un’occhiata anche all’altra, nella penombra della tenue luce che filtrava dall’oblò della cabina di poppa, a quelle parole abbozzò un impercettibile sorriso. Poi assunse un’espressione seria. In quel momento, si pose anche lei la stessa domanda.
Rivide, con un leggero brivido, alcune scene di quella storia, un rapimento in piena regola che si era concluso con la liberazione della giovane greca. Eyrene, con lo sguardo fisso, aspettava una risposta. La ragazza si era fatta accompagnare col gommone e aveva deciso di passare la serata con Deborah per farle compagnia, e magari farle anche qualche domanda.
Finora, viaggiando sull’altra barca durante la traversata senza soste da Porto Infreschi alle Eolie, non avevano avuto modo di parlare. Deborah era uscita da quell’avventura con le idee chiare, aveva fatto pace con sè stessa, ed anche con il marito che ora, insieme ai figli, la seguiva in quel tipo di vacanze. Questa sua nuova passione per la vela era stata inizialmente accolta con sospetto dai ragazzi, Fannia e Gianni, che le avevano fatto compagnia in barca prima nei weekend e poi durante qualche intera settimana.
I due giovani l’avevano seguita per accontentarla e, soprattutto, per vedere di nuovo i genitori insieme; poi avevano cominciato a divertirsi e ad appassionarsi anche loro alla vela.
La Signora del mare, come ormai la chiamavano tutti scherzosamente, in circa tre anni aveva fatto vari corsi, teorici e pratici, aveva preso la patente nautica, poi noleggiato alcuni natanti. Ultimamente aveva scovato in un annuncio quella magnifica barca che, pur datata di dieci anni, era così ben tenuta da sembrare nuova.
«Non l’ho fatto per te, Eyrene, di sicuro, neanche ti conoscevo. E neanche perché sono una paladina della giustizia o della libertà.»
Le parole di Deborah furono pronunciate senza enfasi, in modo freddo, asettico.
«Quando sono partita» riprese dopo una lunga pausa e con tono questa volta più dolce e confidenziale «era la prima volta che mettevo piede su una barca a vela. Ero sconvolta, ero in preda ad un’ossessione...
Quando Augusto mi ha raccontato la tua storia, ho pensato che aiutando lui a liberarti, oltre che a distrarmi mi sarei sentita meglio. Certo, poi ho esagerato, eh!» Fece un largo sorriso, quasi come per non cadere nel drammatico. Toccando la delicata mano di Eyrene dalle dita lunghe e affusolate, sfiorò l’anello che stava fissando da un po’.
«Accidenti, è un bel pezzo» esclamò, «è un regalo importante! Ed ha anche un significato, immagino.»
La sua espressione, pur alquanto maliziosa, fu gradita dalla greca che distese le belle dita dalle unghie curate. Sull’anulare della mano destra luccicava una pietra e il raggio che rifletteva, appena incontrava la fievole luce, era particolare. Ebbe il dubbio fosse un diamante, ma non ritenne opportuno chiederglielo.
«Sì, me l’ha regalato Leo» ammise timidamente e forse con un po’ d’imbarazzo la giovane. È un regalo di fidanzamento.»
Poi, forse per non far trapelare la sua emozione, si alzò dalla panca e prese una felpa che era poggiata sulla tuga. Quando la infilò alzando le braccia, Deborah non poté fare a meno di notare le sue splendide forme, il suo seno florido, la sua vita sottile. Alta, bel viso, dai modi gentili. E anche una brava ragazza, pensò.
Il dentista, noto playboy ben in vista sui social network e sempre circondato da belle donne, che non si era mai impegnato in una relazione seria, forse aveva cambiato idea.
Eyrene si sedette dall’altro lato stendendo le lunghe gambe nude sulla panca, e riprese:
«Appena sono arrivata in Italia, Leo mi ha curato un dente. Poi mi ha invitato a uscire la sera con gli amici. In seguito da soli. È nata una bella amicizia. Quando mi ha chiesto di lavorare nel suo studio dentistico ero al settimo cielo, avevo anche un lavoro.»
Alzò le spalle spalancando i grandi occhi neri, quasi come a volersi giustificare. A Deborah piacevano le persone semplici e sincere, ed Eyrene lo era.
«Tu lo ami?» avrebbe voluto chiederle, ma non lo fece, l’avrebbe messa in imbarazzo. No, non era ancora il caso, così cambiò argomento.
«Si sta alzando la brezza di terra» disse mettendosi in piedi e osservando la superficie del mare. Non era preoccupata, ma era opportuno controllare l’ancoraggio per la notte. Era previsto tempo buono, come Davide aveva accennato, ma la brezza di terra, pensò, soprattutto quando ha fatto molto caldo di giorno, può essere sostenuta. In tal caso qualche metro di catena in più, e poi una cima tra la catena e una galloccia a prua, l’avrebbero fatta dormire meglio. Si chiese se fosse il caso di eseguire già l’operazione. Si guardò intorno notando l’acqua che, increspata dal vento, rifletteva ora in modo diverso le luci delle barche alla fonda, poche in verità, ed anche lontane. Verso terra le luci dell’isola; a dritta il contorno del promontorio di capo Milazzese, dove si trovano i resti di un villaggio preistorico.
L’aveva raggiunto a piedi in un’altra occasione partendo dalla spiaggia di sabbia rossa e marrone della Cala degli Zimmari
. Conosceva bene Panarea, anche per questo non desiderava scendere a terra. Da quando aveva quella barca a vela, in ogni caso, il suo desiderio era restare il più possibile a bordo. Anche per il pranzo o per cena non amava raggiungere ristoranti. Non amava la confusione né, soprattutto, le attese. E poi era bello cucinare in quella che spesso definiva la sua casetta.
Era giugno inoltrato, un periodo tranquillo per godersi quella crociera, proprio com’era nei desideri di tutti i suoi amici. Tra questi c’era in programma di veleggiare tra le Eolie e poi verso la costa settentrionale della Sicilia; e infine raggiungere le Egadi che sicuramente, non conoscendo, avrebbe visitato volentieri.
La giovane greca si rese conto che il pensiero di Deborah era altrove.
Pensò che anche lei avesse alle spalle una brutta storia, da quanto aveva intuito, una storia che le avrebbe fatto piacere conoscere. Comunque, non ebbe il coraggio di chiederle di raccontarla. Almeno per adesso.
«Hai fame?» chiese la Signora del mare. «Io comincio ad avere un languorino allo stomaco. C’è in frigo un tonnetto che hanno pescato i ragazzi, meglio consumarlo prima che vada a male. Ma sì, tanto comunque non sarebbe sufficiente per tutti. E aspettare che ne peschino altri potrebbe significare doverlo buttare a mare, è già successo.»
«Va bene, dimmi cosa devo fare, posso pulirlo se vuoi» propose Eyrene.
«No, è già pulito, fammi solo compagnia.» Deborah avviandosi in dinette le fece cenno di seguirla. «Nel frattempo, un po’ di aperitivo.»
Tirò fuori dal frigo, oltre al tonnetto, una bottiglia già aperta di Fiano e ne versò in due bicchieri in finto cristallo. «Brindiamo a questa vacanza» continuò, «sperando di divertirci e di lasciarci alle spalle tutti i brutti pensieri.»
In effetti, dopo quella storia, per lungo tempo a Eyrene i brutti pensieri non erano mancati.
Dopo aver mangiato con gusto il pesce all’acqua pazza con aglio e pomodorini e aver bevuto liberamente nell’accogliente dinette della barca, si rilassò sul morbido divano. In quel clima di amicizia, fu tentata di condividerli con Deborah.
Il pensiero di essere cercata e ritrovata da Manfras non l’aveva mai abbandonata: aveva già tentato di uccidere sua madre, che però era riuscita a fuggire in Italia. Poi pensò al suo più grande tormento: non aver avuto il coraggio di raccontare a Leo la sua pena.
Era rimasta incinta durante il periodo di convivenza con Manfras e costretta, contro la sua volontà, ad abortire. Piangeva spesso ripensando a quel figlio che avrebbe potuto crescere con lei, che ora avrebbe avuto circa tre anni: l’età di Aleki, il figlio che sua Madre Sophia aveva avuto con Augusto. Magari anche Manfras avrebbe cambiato vita e atteggiamento nei suoi confronti con l’arrivo di un figlio. A volte si era illusa che quell’uomo le volesse bene. Il più delle volte, quando era in intimità con Leo, si sentiva sporca, vile.
Dirgli tutto poteva significare la fine di quello che stava vivendo ora. Aveva paura di perderlo.
E poi lei forse non aveva fatto abbastanza per liberarsi di Manfras, aveva provato una sola volta a fuggire. Ma era stata ritrovata e massacrata di botte.
Un’esperienza terribile! E riviveva spesso anche quell’incubo. Per questo si era rassegnata a rimanere segregata in quella casa, in quel paesino sperduto, dove il suo carnefice la raggiungeva solo quando ne aveva voglia.
Quando le lacrime riempirono fino all’orlo delle palpebre i suoi occhi tristi, decise di liberarsi di quello che aveva dentro. Deborah era l’unica persona con cui poteva farlo.
2
Per le stradine di Panarea, intanto, gli allegri naviganti si erano divisi in tre gruppetti. Spesso, se si è in molti su una barca, si cerca un po’ di libertà, quando si scende a terra. Sophia e Augusto col bambino, insieme a Ida, la mamma di Leo, avevano assaggiato le specialità della rosticceria Panarea in forno
e ora erano seduti al Bar del Porto
a gustare un gelato. Augusto, il libraio, era palesemente felice. Era stato fin dall’inizio entusiasta di questa vacanza, anche se nutriva qualche dubbio circa la gestione di Aleki. Si era fatto un po’ tardi, e anche se il piccolo non mostrava segni di cedimento, stava pensando fosse ora di tornare a bordo. Certo, la sua vita era stata stravolta da quella donna greca. Era passato dalla solitudine nella sua libreria alla gioia di avere una famiglia. Sophia, Eyrene e Aleki riempivano le sue giornate di serenità e di affetto ed anche economicamente le cose andavano meglio. Eyrene era autonoma perché lavorava con Leo, mentre Sophia aveva fatto incrementare le vendite dei libri. Non poteva desiderare altro. Quando ci pensava, dava tutto il merito alla Signora del mare. Mentre lui giocava con Aleki, Ida e Sophia giravano intorno a quello che era un aspetto importante di quella vacanza: conoscersi bene. La storia tra i loro figli non era vissuta con lo stesso entusiasmo.
Se per la greca era motivo di orgoglio, per la mamma del dentista era stata un cruccio fin dall’inizio, e aveva accettato quella vacanza anche per studiare bene con chi avrebbe avuto a che fare.
L’altro gruppo, quello dei familiari di Deborah, aveva raggiunto la Raya
. Fannia e Gianni avevano il desiderio di vedere la famosa discoteca di Panarea, e il padre li aveva accompagnati.
I magnifici quattro nel frattempo, come La Signora del Mare li aveva definiti, gli inseparabili amici Carlo, Leo, Davide e Antonio, avevano fatto una lunga passeggiata fino alla chiesa di San Pietro e poi una sosta al ristorante Da Pina
, dove avevano mangiato una particolare caponata di melanzane e un sarago arrosto.
Il dentista aveva immortalato le ottime pietanze, nonché gli amici, in tante foto che sicuramente, Davide immaginò, avrebbe condiviso sul web. L’ispettore, Antonio, l’aveva più volte punzecchiato riguardo alla sua storia con Eyrene. Non lo aveva mai visto così impegnato e serio con una donna, e con tutta la sua teatralità aveva sentenziato che ormai era vittima di un rimbecillimento acuto causato da una forma parossistica di attrazione sessuale. Per fortuna temporanea
. E portarsi la suocera appresso poi…
«Io e mia suocera» aveva fatto un’altra battuta «siamo stati felici per dieci anni, poi l’ho incontrata.»
Anche Davide era stato al gioco proponendosi di celebrare il matrimonio in barca, officiando la cerimonia quale Capitano. Carlo il medico, invece, da profondo conoscitore dell’animo umano, dell’amico ed anche della biochimica, tra il serio e il faceto spiegò che l’amigdala, la parte del cervello deputata alle emozioni, attiva con l’innamoramento un’elevata produzione di dopamina, noradrenalina e feniletilamina, gli stessi neurotrasmettitori che sono responsabili degli effetti delle sostanze stupefacenti e che agiscono sui centri del piacere. «Alla fine, è come quando qualcuno si droga» aveva detto «ma tutto ciò ha una durata limitata, che in genere si esaurisce nel giro di massimo due anni.»
Battute a parte, i tre amici del dentista erano molto scettici riguardo quel rapporto. Sapevano delle sue infinite amicizie femminili, l’avevano sempre visto circondato di belle donne e si chiedevano se tutte quelle foto su Facebook fossero state viste dalla greca.
La telefonata di Augusto interruppe le risate dell’allegra brigata. Aleki si era addormentato e, almeno loro, dovevano tornare in barca.
3
Un sottile raggio di luce, che filtrava dall’oblò della cabina di prua, svegliò Deborah che aveva dormito beatamente senza interruzioni, come a volte capitava per il vento o per il mare. Dopo la leggera e gustosa cena, la brezza era calata. Aveva discusso fino a tardi con Eyrene, fino a quando non erano tornati tutti gli altri. A mezzanotte circa, dopo il saluto a Eyrene che tornava in barca con Davide, ognuno si era sistemato nella sua cabina. I suoi figli ora dormivano beati, ognuno in una delle due cuccette di poppa. Ennio, il marito, supino accanto a lei a prua, respirava in modo tranquillo e profondo. La barca era immobile, sembrava di stare in un porto riparato e l’idea di qualche ora in più in quel posto beato, prima della partenza, magari con un bagno e un po’ di relax al sole, non le dispiaceva affatto.
Del resto, per la successiva mèta erano previste solo due o tre ore di navigazione, e per andare un po’ a vela conveniva prendersela comoda e aspettare il vento