Fermi tutti... sto sclerando
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Anteprima del libro
Fermi tutti... sto sclerando - Natascia Marchi
Beauvoir
Prefazione
Difficile leggere un libro come questo di Natascia Marchi e non sentirsi coinvolti, non avvertire addosso tutto il peso di una vita ancora giovane ma già troppo carica di sofferenze. D’altronde lei il libro l’ha scritto proprio per questo: per cercare di scaricare nelle sue pagine tutto il nero che portava dentro di sé, come in un gesto di liberazione capace di darle coraggio per affrontare il domani augurandosi che la lasci finalmente respirare, le permetta di vivere una vita normale.
Fermi tutti… STO SCLERANDO
, questo il titolo molto significativo del suo libro, maiuscole comprese! Un’opera prima scritta di getto, pur se la stesura è avvenuta in momenti dilazionati nel tempo. Un testo che presenta un linguaggio molto fluido ed attuale in cui si averte la voglia, quasi affannosa, di dire, di raccontare ad anche di opporsi con coraggio ad un mostro come all’inizio pure a lei era sembrata quella diagnosi di Sclerosi Multipla
che aveva dovuto ascoltare dalla bocca dei suoi dottori. Una diagnosi che le era apparsa, almeno in un primo momento, davvero infausta, mitigata solo dal fatto che non era quella di tumore maligno fulminante
, sorte che, invece era toccata a suo padre, una figura assai presente ma pure tanto assente nelle sua vita.
Protagonista di questa storia è una ragazza con i suoi tic, le sue paranoie e le sue paturnie, che, come è normale per tutti i giovani, tentava anche di programmare la propria esistenza pur se in un contesto familiare per nulla semplice fin dall’inizio. Ma, in mezzo a tante difficoltà ed anche a tanta sofferenza, non aveva ancora incontrato la Sclerosi Multipla, Sua Maestà. Così, molto significativamente, lei chiama la sua malattia, quella che l’avrebbe obbligata a rimettere tutto in discussione, fino a dover rinunciare a qualsiasi programmazione della propria esistenza obbligandola, invece, ad accettare tutto quello che essa può portare con sé, può esigere dai propri sudditi.
Del tutto normale, dunque, almeno in un primo momento, il suo ripiegamento su se stessa, quasi una rinuncia a combattere perché la propria sorte le appariva già segnata. Lei non avrebbe più potuto essere una ragazza come tutte le altre, con i problemi e le gioie di tutte le persone della sua età. A cosa sarebbe potuto servire l’amicizia? Solo per farsi commiserare, per farsi compatire? Avrebbero avuto ancora un senso per lei il sesso, l’amore, la maternità oppure erano divenuti argomenti a cui non doveva più pensare, traguardi che non avrebbe mai potuto raggiungere?
Ma un giorno, un bel giorno qualcuna delle persone che le stavano accanto e non per compatirla, trovò il coraggio di dire, quasi a bruciapelo, a lei ammalata
: «Leva il culo dai calci!». Quel qualcuno, così Natascia ritenne in un primo momento, doveva solo aver voglia di prenderla in giro, soprattutto perché quel dottore conosceva perfettamente la sua situazione. Come poteva lei evitare le pedate che la vita le aveva finora inferto? Per lei che senso poteva avere combattere, muoversi alla ricerca del proprio posto nella società? E, poi, esisteva davvero un posto per lei come per tutti gli altri portatori di handicap?
Ma, in seguito, Natascia ha compreso e stravolto quel consiglio, facendolo diventare un monito ancora più pregnante: «Alza il culo e dai calci». Sì, proprio lei doveva imparare a dare calci a trovare il proprio posto nella società. Ma a chi avrebbe dovuto dare calci? E perché avrebbe dovuto cercare il proprio posto nella vita?
Un po’ alla volta e non senza fatica, perché le conquiste si realizzano sempre soffrendo, lo comprese. Incominciò a capire che quel posto particolare esisteva davvero e nessuno avrebbe potuto occuparlo se non lei stessa. Era solo suo e la aspettava.
Da allora Natascia si è convinta che era per lei necessario davvero alzare il culo e imparare a dare calci alla malasorte, affrontando a muso duro Sua Maestà. Bisognava riprendesse a muoversi, a scalciare per non morire di inedia e di rassegnazione. Soprattutto perché accanto a sé aveva dalle persone che le volevano veramente bene. A cominciare da quelle di casa sua, da quelle che lavorano all’ospedale, i vari medici, i fisioterapisti e gli infermieri per i quali lei non era solamente un numero, solo una paziente con cui poter fare soldi vendendole magari sogni illusori di una guarigione, del tutto improbabile, almeno per i traguardi che la medicina fino ad ora ha raggiunto nella guerra contro la Sclerosi Multipla.
«Alza il culo e dai calci» ora doveva diventare per lei lo slogan della sua nuova esistenza, delle sue conquiste e riconquiste progressive, come quella di riprendere a camminare da sola e di saper guidare di nuovo l’automobile.
Lungo questa strada, e proprio nell’ottica di far chiarezza, prima per se stessa e poi anche per gli altri, sulla realtà della sua malattia che l’ha aggredita e che le sembra ancora poco conosciuta da troppe persone, vanno lette alcune delle pagine del suo libro. Pagine quasi didattiche e all’apparenza anche categoriche, in cui spiega ciò che di vero e di falso circonda Sua Maestà costituendone la corte.
A questo proposito Natascia, riportando un pensiero di John Fitzgerald Kennedy, scrive: «Il grande nemico della verità non è la menzogna deliberata, creata ad arte e disonesta. Piuttosto lo è il mito persistente, persuasivo ed irrealistico». Con questa citazione lei vuole sottolineare come proprio i pregiudizi che ancora circondano la Sclerosi Multipla la fanno ritenere una malattia ancor più terribile di quella che è nella realtà. Essa, infatti, non ha un’unica forma nel suo manifestarsi. I suoi danni non sono sempre uguali per tutti i suoi sudditi. E questo bisogna imparare a riconoscerlo.
Per aiutare a raggiungere tale traguardo ci sono in questo libro pagine che permettono di comprendere meglio cosa è la Sclerosi Multipla ed i modi in cui essa si presenta. Ma ce ne sono anche altre che parlano di come Sua Maestà ha portato pure qualcosa di positivo nella vita di questa ragazza. E qui ci viene subito da chiedere: «E’ possibile che una disgrazia
come questa, enorme come un grattacielo, possa avere anche dei risvolti positivi? Sì, se vogliamo prestare fede alle parole della giovane scrittrice.
Del resto, che motivo abbiamo per non crederle? È lei che sta vivendo la propria vita alla corte di Sua Maestà non noi che, pur se coinvolti dal suo racconto, non viviamo questa realtà e, spesso, tempo per fermarci a riflettere sugli aspetti importanti della nostra vita ne troviamo sempre meno perché riteniamo di avere tantissime cose più importanti da fare.
Ma, a mio avviso, dobbiamo proprio dire grazie a Natascia per quanto ci offre con il suo libro, con la sua testimonianza che ci costringe ad aprire gli occhi sulle realtà che davvero contano e che, spesso, sappiamo appezzare in tutto il loro autentico valore solo quando ci mancano.
Ma non è troppo tardi?
Giuseppe Corrà
Se vuoi una vita felice devi dedicarla ad un obiettivo, non a delle persone o a delle cose».
Albert Einstein
Questo mio libro nasce con lo scopo di informare che la Sclerosi Multipla non colpisce le persone nella stessa maniera, che non tutti noi ammalati di tale patologia siamo seduti o siamo destinati a sedere su di una sedia a rotelle e che non tutti andiamo in depressione quando ci viene comunicato che soffriamo di questa malattia.
Io porto la mia esperienza, quella di una ventisettenne che convive da tre anni con la Sclerosi Multipla, che ogni giorno sente dire tantissime cose assurde su questa malattia, che tutti i momenti si interfaccia con persone ed è guardata in maniera strana, quasi con incredulità solo perché cammina e perché ha una vita normale.
Vorrei solamente che tutti gli ammalati