Nata sotto il segno del cancro
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Protagonista è Karima, ragazza appena ventenne, costretta a combattere il male del secolo, che, al suo cospetto, ha assunto la forma di “carcinoma duttale infiltrante multifocale” al seno.
Durante questo tortuoso viaggio sarà accompagnata dalla sua amica Katia, trentenne in preda a crisi depressive e con manie autolesionistiche.
L’epilogo della storia sarà il resoconto di una vita vissuta all’insegna della sua caducità e quasi un elogio della morte, quale fine dei tormenti e, allo stesso tempo, rinascita e germoglio di una nuova speranza per l’umanità.
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Anteprima del libro
Nata sotto il segno del cancro - Rocco Cosentino
Collana
Deluxe
ROCCO COSENTINO
Nata sotto il segno
del cancro
ISBN 978-88-6822-585-8
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione eBook 2017
Via Camposano, 41 (ex via De Rada) - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.it - www.pellegrinieditore.com
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
A Maria, Carmine, Matteo…
Note dell’autore
Mi sembra doveroso informare il lettore che, trattandosi di un romanzo, anche se del genere memoir, la presente opera è esclusivamente frutto della fantasia del sottoscritto e ogni riferimento a fatti accaduti o a persone esistite deve ritenersi una semplice casualità. Il tentativo di voler ricollegare alla realtà un episodio narrato o un personaggio descritto rischierebbe di trasformarsi in mero artificio stilistico fine a se stesso. Onestà intellettuale mi impone comunque di non negare che un racconto inevitabilmente trascina con sé il vissuto di chi lo propone al grande pubblico. Tuttavia, cercare di scoprire cosa abbia spinto l’autore a trattare certi argomenti piuttosto che altri, oppure interpretare l’intreccio narrativo alla luce di quello che di lui si conosce (o si crede di conoscere), svilirebbe l’arduo lavoro fatto per richiamare l’attenzione con un prodotto letterario accessibile a tutti, coinvolgendoli, loro malgrado, in un più ampio e serio dibattito su un tema di grande attualità: la prevenzione dei tumori.
Comprendo che l’obiettivo di affrontare argomenti delicati, sotto le mentite spoglie di un romanzo, sia molto pretenzioso, ma se ciò servirà a far capire anche a un solo lettore che, a volte, un semplice accertamento diagnostico può contribuire a salvare una vita, allora potrò dire che le mie fatiche hanno avuto un senso. È bene, inoltre, sottolineare che, se pura finzione deve considerarsi il concreto evolversi della storia narrata attraverso le gesta dei suoi personaggi, corrisponde purtroppo a verità quella parte descrittiva del lungo calvario di accertamenti, cure e riabilitazioni a cui di regola si sottopone chi ha la sfortuna di dover combattere contro il male del secolo.
Al di là di quanto si potrebbe pensare, quest’opera vuole essere soprattutto un messaggio di speranza per tutti coloro che, soli e disorientati, credono di essere ad un passo dal baratro. Infatti, accettare la propria condizione e condividere emozioni con chi ha vissuto la stessa esperienza, credo sia il primo passo verso una nuova vita, che spazzerà via quella che si credeva fosse la normalità, ma altro non era che un canovaccio di esistenza, che invero non ci è mai appartenuta.
Grazie per l’attenzione… e buona lettura!
Prologo
Afrodite K
Cancro. Sono nata sotto il segno del cancro.
Questa circostanza, all’apparenza insignificante, mi ha perseguitato sin dagli albori della mia esistenza. Tutti a prendermi in giro per questo segno zodiacale che mi era stato impresso dal destino come un marchio indelebile e che, nella buona e nella cattiva sorte, mi avrebbe accompagnato per il resto della vita. Di certo, un bel gemelli o il segno della bilancia avrebbero reso più agevole le mie pubbliche relazioni, ma, se questo è quello che il destino ha deciso, tanto vale accettarlo e farne un punto di forza.
E così ho fatto.
Non so nemmeno io spiegare il perché mi sia ritrovata ad affrontare problemi molto più grandi di me, ma ho preso in mano la mia vita e ne ho fatto un esempio per i miei cari e per chi ha avuto la fortuna/sfortuna di vivere questa esperienza.
Caro lettore, so benissimo a cosa stai pensando. Hai già immaginato il tema di questa storia e non ti capaciti di come si possa parlare di fortuna in una situazione del genere. A te, che sei così impaziente e non credi nelle mie capacità narrative, chiedo soltanto di continuare a leggere queste sentite pagine, scritte in un momento in cui la lucidità mentale è tornata a fare capolino in una testa ancora offuscata da brutti pensieri, ai quali, per quanto nocivi e forieri di preoccupazioni e patemi d’animo, in fondo devo dire grazie.
Quando ero piccola, dividevo il mondo in ricchi e poveri, intellettuali e persone di fatica, colti e ignoranti, uomini di giustizia e di malaffare (anche se, in effetti, queste ultime due categorie potrebbero fondersi e farne una terza, ma questo è un discorso lungo da poter fare in questa sede e, per il momento, sebbene a gran fatica, taccio).
Tutto qua. Nessun’altra ripartizione, nella quale poteva essere ricompreso il genere umano, era da me contemplata.
E sbagliavo, ovviamente.
In effetti, con la mia esperienza e a mie spese, ho compreso che l’universo degli esseri umani debba essere diviso in due grandi gruppi: sani e malati.
Certo, da chi è stato sempre in salute (o comunque non ha vissuto sulla pelle di un proprio caro l’afflizione di una malattia), questa somma suddivisione potrebbe essere vista come un’esemplificazione negativa, che non tiene conto del fatto che, nel lungo periodo, le gioie superano di gran lunga le pene. Tuttavia, questa è l’amara verità, raccontata da chi ha messo un piede nell’altra metà del cielo e ha avuto la fortuna di riacquistare le forze, mentali prima che fisiche, per metterla nero su bianco, a vantaggio di chi avrà pazienza e voglia di leggerla.
Quando, a torto o a ragione, sei convinto che nel giro di qualche mese potresti assistere alle vicende terrene comodamente seduto su una nuvoletta in cielo, in compagnia di qualche glorioso eroe di cui hai letto sui libri di storia, ti assicuro che, anche affacciarti alla finestra e osservare il brulichio sfrenato della società dei giorni nostri, potrebbe indurti a una attenta riflessione sul senso della vita e sul reale significato della morte.
Credimi se ti dico che, assistere alle altrui gioie terrene, mentre stai vivendo il periodo più brutto della tua vita, ti rende simile a una bestia ferita che, rinchiusa nella gabbia di uno zoo, scruta la gente festante e gioiosa passeggiare senza meta e senza pensieri, noncurante del dramma che si sta consumando in quei cinque metri quadrati di libertà negata. Angusto spazio che, in quel momento, rappresenta il tuo mondo e che però presto potrebbe trasformarsi in giaciglio mortale.
Sono proprio le esperienze come questa che ti aiutano a capire di essere diverso dagli altri, a comprendere chi eri, chi sei diventato e cosa rischi di diventare se non darai una brusca sterzata alla tua vita; soprattutto in termini di approccio mentale con il quale accetterai, studierai, analizzerai e risolverai tutti i problemi che ti si presenteranno.
Insomma, se sei così fortunato di stare al di qua del confine tra il bene e il male, segui questi miei consigli, che ti aiuteranno a capire perché ogni tua condotta debba essere improntata al rispetto di te stesso e del prossimo.
Invece, se ti è capitata l’amara disgrazia di stare al di là di tale infame linea immaginaria, fattene una ragione, guarda avanti, sappi di non essere il solo e l’unico, acquista al più presto la consapevolezza che il cammino della vita è in realtà una lunga corsa in salita attraverso una scala irta e perigliosa: da una parte, invidierai profondamente chi ti guarda dall’alto; dall’altra, guardando verso il basso, ti imbatterai in un’infinità di occhi grondanti lacrime che darebbero quanto di più caro al mondo per trovarsi al tuo posto.
Riappropriamoci della nostra vita! Diventiamo consapevoli dei limiti e delle debolezze! Allo stesso tempo però non facciamoci travolgere dagli eventi. Usiamo la forza negativa che si è abbattuta su di noi e sprigioniamo un’onda d’urto uguale e contraria che ci dia la spinta necessaria a rialzarci e a proseguire il nostro cammino, rinvigoriti nell’animo e nella mente.
Riflettiamo sulla morte e non consideriamola più un tabù. Superiamo gli ostacoli di ordine etico, che ci impediscono di discuterne liberamente con i nostri cari.
Rendiamoci protagonisti di un gran salto in avanti, proprio come quello fatto con il sesso: un tempo, parlarne in famiglia era visto come un oltraggio alla morale, adesso un dovere imposto dalla necessità che le giovani menti non rimangano impressionate dal bombardamento quotidiano a cui sono sottoposte da una società tecnologicamente avanzata, ma moralmente arretrata. Parlare di morte è il primo passo per disarmarla e renderla un argomento alla portata di tutti, in maniera tale che, quando sarà arrivata l’ora per ciascuno di noi, sapremo come accoglierla e soprattutto potremo promuoverla da evento contro la vita a evento della vita.
1. Come tutto ebbe inizio
Quella notte non riuscii a chiudere occhio. Non capita tutti i giorni di andare dall’ecografista e sentirsi diagnosticare un carcinoma al seno.
Carcinoma
… che nome! Certo, io che mi chiamo Karima avrei altro di cui lamentarmi in fatto di nomi, ma tant’è…
Lo avrò sentito tante volte, ma, pronunciato da un medico, in mia presenza e all’esito di un’ecografia, fa di certo tutto un altro effetto. Non che mi possa lamentare della sua accortezza nel comunicarmi l’infausta novella, anzi… se è per questo, l’ha pure presa molto alla leggera.
Ben altri erano i miei progetti per quel pomeriggio. Il dramma dello scoprire al tatto un nodulo, mentre stavo facendo la doccia, ha preso in me il sopravvento sulle buone maniere, che avrebbero imposto che chiamassi la segretaria, esponessi candidamente il mio problema e aspettassi che mi fissasse un appuntamento (a quando non lo so, forse a quando non avrei avuto più scampo!)
E fu così che, ancora bagnata e insaponata, chiamai il medico direttamente sul cellulare, esponendo il mio terrore, il mio smarrimento e una fastidiosa pesantezza alla spalla, segno inequivocabile che la signora morte stava esercitando un non meglio identificato diritto di prelazione su anima e corpo.
«Signorina, non si preoccupi. Alla sua età questi noduletti non destano particolare preoccupazione. Nella maggior parte dei casi, si tratta di accumuli di grasso, del tutto innocui e senza rischio che degenerino in qualcosa di spiacevole.»
«Sì, dottore caro. Ho venti anni e ho capito l’antifona. Ciò che accade di solito non esclude che io possa far parte di una minoranza sfortunata…», questo avrei voluto rispondergli, ma non lo feci in virtù della mia buona educazione.
«Comunque, se questo può farla stare più tranquilla, le consiglio di passare dal mio studio tra un paio d’ore.»
«Bontà sua!»
«Cos’ha detto, prego?»
Tagliai a quel punto la conversazione. Lo salutai garbatamente e lo ringraziai per l’attenzione a me riservata.
Inutile dire che quelle due ore, che mi separavano dal momento in cui avrei saputo se stavo per morire o no, furono i centoventi minuti più lunghi della mia vita. Sebbene fossi stata ampiamente rassicurata, nutrivo in me il presentimento che qualcosa sarebbe cambiato nella mia esistenza.
Quando mi presentai nel suo studio, c’erano almeno tre pazienti prima di me. Una coppia di anziani, un ragazzo di circa trent’anni e una mamma con il proprio bambino; ero certa che a fare l’ecografia sarebbe stato il bambino e non la mamma, così come sapevo che quella mamma, che all’apparenza scoppiava di salute e di beltà, aveva patito qualche anno prima le pene dell’inferno per una leucemia, che l’aveva colta nel fiore degli anni, ma che, per fortuna, sembrava averle dato una tregua.
Venne finalmente il mio turno.
Ribadii velocemente al dottore quello che gli avevo già anticipato per telefono. Lui mi guardò incredulo, proprio come si guarda qualcuno che crede di aver visto atterrare un extraterrestre. Senza batter ciglio, mi chiese di togliere il reggiseno, mi spalmò un po’ di gel e iniziò l’esplorazione. Sembrava andare tutto bene… anche perché aveva cominciato dal seno sbagliato. Quando lo riportai sulla retta via, ecco che l’espressione del suo volto mutò in maniera evidente. Più che dalla mimica facciale, venni negativamente colpita dalla smorfia della sua segretaria/infermiera. Feci buon viso a cattivo gioco e non diedi segni di cedimento morale.
«È bene che lei faccia una risonanza magnetica!» fu il laconico responso, invitandomi a rivestirmi.
Rimasi di sasso e non ebbi la forza di dire alcunché.
Poi continuò: «Lei ha poco più di vent’anni, vero?»
Feci segno di sì con la testa, come avrebbe fatto un condannato al patibolo alla richiesta se gradisse un bicchiere d’acqua.
«Data la sua giovane età, non posso che consigliarle una risonanza magnetica. Per la mammografia è ancora troppo presto, almeno stando ai protocolli standard.»
Il modo in cui lo guardai gli trasmise sicuramente un senso di pietà, per cui un attimo dopo mi chiese di togliermi di nuovo il reggiseno.
Fece un secondo controllo, per coscienza e per non lasciare nulla di intentato, all’esito del quale mi disse, povera me, che non soltanto l’ecografia aveva evidenziato più di una formazione sospetta, ma, estendendo gli accertamenti ai linfonodi, un paio si presentavano ingrossati.
«I miei sospetti iniziali sono stati confermati. L’ingrossamento di due linfonodi e le caratteristiche dei noduli non depongono per nulla di buono. A questo punto, le consiglio di aggiungere anche una mammografia.»
All’ardua sentenza, non potei che rispondere affermativamente. Cercai di avere qualche altro chiarimento, sperando di aver capito male e che tutto quello che mi aveva prescritto fosse solo in funzione di un eccesso di zelo
. Tuttavia, anche questa volta, l’espressione incupita della sua segretaria/infermiera mi fece cadere nello sconforto totale.
2. Le regole del gioco non si discutono,
si accettano
Più tentavo di addormentarmi, più pensavo e ripensavo a quello che mi era successo. Non riuscivo ad accettare il fatto che fossi stata io la prescelta per un lungo calvario, fatto di sofferenze e lunghe