Reborn
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Info su questo ebook
Prisca desidera Tancredi. E lo avrà, in un modo o nell’altro.
Nata a Firenze nel 1975,Valentina Belgrado si è laureata in Letteratura Teatrale Italiana nella sua città, per trasferirsi successivamente ai Castelli Romani, dove vive con il marito e il figlio. Prima di Reborn, ha pubblicato poesie su riviste e antolo-gie, recensioni a libri e film su riviste, il romanzo Ius (eBook ©2017 Amazon Formato Kindle), il romanzo Eloheinu (Nulla Die, 2018) e il romanzo Il gioco interrotto, finalista al Premio del Mare Marcello Guarnaccia (Nulla Die, 2019).
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Anteprima del libro
Reborn - Valentina Belgrado
niente
I
Adesso, tre settimane prima
Quella radissima peluria albina sul naso mi fa pensare a una scimmia.
E la vista del suo culetto arrossato, refrattario perfino all’ossido di zinco e alla calendula, me lo conferma. È senza dubbio una scimmietta ma da me voluta con tutte le mie forze. È spelacchiato, Tancredi.
Il nome, l'ho scelto tra circa cento possibilità, senza esagerazioni, accumulate in oltre trentacinque anni di aspirazione alla maternità. Giocavo coi bambolotti fin da piccolissima, e lo facevo realisticamente. Almeno a mio avviso, non c’era quasi niente nell’appropriazione dei ruoli che fuoriuscisse dall’oggettivismo del reale. Oddio, intorno a me, in tutta onestà, non avevo mai visto altre mamme ficcare a forza il ciucciotto dentro una piccola fessura di bocca sdentata. Né infilare un termometro tra le dita dei piedi o arricciare gli sparuti ciuffetti che incorniciano le orecchie con le forbici come si inanellerebbe un nastro su un pacco regalo, con l’intento audace di cotonarli. Tuttavia, dell’onestà, non sapevo che farmene: ero fin troppo schietta in tutte le altre manifestazioni e mi potevo concedere, se non altro, la stravaganza di mentire a me stessa nello spazio ridotto del gioco.
Tra tutte quelle possibilità, ho puntato su Tancredi, perché avevo a suo tempo molto amato Il Gattopardo libro, la sua trasposizione cinematografica e il suo interprete. La vocale finale poi, così tinnente e argentina, gli assicurerà un successo indiscusso, fin dalle presentazioni.
L’avevo immaginato biondo e con gli occhi blu. E quello che è non si discosta tanto dalle mie previsioni. Di certo, non potevo ipotizzare che i capelli di un neonato fossero deboli fili di lanugine impiastricciati e unticci, separati in fragili ciocche e parzialmente raggrumati di crosta lattea. Questo particolare, se non fosse mio figlio, mi ripugnerebbe sicuramente. Un lattante qualunque non mi produrrebbe gli stessi conati di tenerezza mista a uno spirito d’osservazione tanto acuto: due aspetti che difficilmente coesistono in me e, se succede, avviene sempre col predominio dell’uno, a scapito dell’altro.
I suoi occhi sono perennemente spalancati sul mondo, perché è molto curioso. Non è vero che i neonati non riescono a mettere a fuoco i dettagli: lo fanno benissimo, solo che hanno i loro tempi e, soprattutto, i loro sistemi di riferimento, diversi dai nostri. Tancredi ci vede perfettamente. E, quando l’ho preso in braccio per la prima volta, estraendolo dalla sua copertina sanitaria verde trifoglio, così come mi è stato consegnato, nudo ma già pulito, mi ha scrutato con un’attenzione direi inquietante, considerati i suoi pochi minuti di vita. Non ha sorriso. Lo ha fatto poche volte, anche in seguito. Per strappargli un risolino, bisogna che io mi collochi a una certa distanza e lo esamini magari in penombra, senza che mi percepisca. Altrimenti, si falsa tutto.
La contaminazione dell’ambiente intorno a lui, in effetti, è stata una questione di cui ho dovuto tenere conto fin dall’inizio, subito dopo averne preso atto. Ad appena tre giorni dal suo arrivo, il cicalino di un grosso furgone in retromarcia proprio di fronte alla finestra del salotto, dove lo stavo allattando, ne ha arrestato la suzione. Ma non in modo normale, come potrebbe avvenire per qualsiasi altro neonato. Le sue labbra sono rimaste ghiacciate in posizione semi-aperta per ore, in una fissità marmorea e, tuttavia, ancora penetrabile dalla tettarella. Il nutrimento che gli do è stato da subito misto, non bastandogli il seno, che per Tancredi è più un ninnolo che altro.
Quando succhia, gli si avvallano le fossette asimmetriche sulle guance, che io stessa ho approfondito con la punta delle dita, memore di quella che pareva essere una ingenua diceria della mia nonna paterna ma che si è rivelata, alla fine, vera. La carne del neonato, sosteneva la nonna, è tenera e flessibile e pertanto