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1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne
1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne
1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne
E-book278 pagine3 ore

1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne

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Info su questo ebook

Questo lavoro è una cronologia dei fatti avvenuti nel 1978. Si basa sul racconto di un anno indimenticabile e i tre capi saldi del libro sono: Il rapimento di Aldo Moro, i tre Papi che si sono succeduti in quell'estate e l'elezione di Sandro Pertini a Presidente della Repubblica. Nel libro, l'autore racconta anche il campionato di calcio 1977-78, nel quale la Juventus, vincendo lo scudetto numero 18, diventa maggiorenne per quanto riguarda le vittorie tricolori.
LinguaItaliano
Data di uscita1 apr 2020
ISBN9788831666640
1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne

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    Anteprima del libro

    1978 - Nell'anno dei tre Papi, la Juventus diventa maggiorenne - Silvio Mia

    mag­gio­ren­ne

    Sil­vio Mia

    1978

    Nell’an­no dei 3 Pa­pi, la Ju­ven­tus di­ven­ta mag­gio­ren­ne

    You­can­print

    Ti­to­lo | 1978 - Nell'an­no dei tre Pa­pi, la Ju­ven­tus di­ven­ta mag­gio­ren­ne

    Au­to­re | Sil­vio Mia

    ISBN | 978-88-31666-64-0

    Pri­ma edi­zio­ne di­gi­ta­le: 2020

    © Tut­ti i di­rit­ti ri­ser­va­ti all'Au­to­re.

    Que­sta ope­ra è pub­bli­ca­ta di­ret­ta­men­te dall'au­to­re tra­mi­te la piat­ta­for­ma di sel­fpu­bli­shing You­can­print e l'au­to­re de­tie­ne ogni di­rit­to del­la stes­sa in ma­nie­ra esclu­si­va. Nes­su­na par­te di que­sto li­bro può es­se­re per­tan­to ri­pro­dot­ta sen­za il pre­ven­ti­vo as­sen­so dell'au­to­re.

    You­can­print Self-Pu­bli­shing

    Via Mar­co Bia­gi 6, 73100 Lec­ce

    www.you­can­print.it

    in­fo@you­can­print.it

    Qual­sia­si di­stri­bu­zio­ne o frui­zio­ne non au­to­riz­za­ta co­sti­tui­sce vio­la­zio­ne dei di­rit­ti dell’au­to­re e sa­rà san­zio­na­ta ci­vil­men­te e pe­nal­men­te se­con­do quan­to pre­vi­sto dal­la leg­ge 633/1941.

    JU­VEN­TUS PUN­TI 51

    TO­RI­NO PUN­TI 50

    Co­sì si era con­clu­so il cam­pio­na­to di cal­cio 1976/77.

    Un tor­neo che ave­va vi­sto le due squa­dre to­ri­ne­si do­mi­na­re net­ta­men­te il re­sto del grup­po, tan­to che la Fio­ren­ti­na, ter­za clas­si­fi­ca­ta, ave­va to­ta­liz­za­to 35 pun­ti.

    La Ju­ven­tus trion­fa­va con un +6 in me­dia in­gle­se, che vo­le­va di­re aver per­so in 30 par­ti­te, so­lo 9 pun­ti.

    Ri­cor­do che al tem­po, le vit­to­rie va­le­va­no due pun­ti.

    I Cam­pio­ni d’Ita­lia uscen­ti, il To­ri­no, ter­mi­na­va­no il cam­pio­na­to con 50 pun­ti, a + 5 in­gle­se, pun­teg­gio che avreb­be per­mes­so lo­ro di vin­ce­re tut­ti i cam­pio­na­ti di cal­cio, fi­no ad al­lo­ra di­spu­ta­ti.

    La sta­gio­ne 1977/78, quel­la che ci por­te­rà all’es­sen­za di que­sto scrit­to, che non nar­re­rà so­lo le im­pre­se spor­ti­ve dei bian­co­ne­ri, ma sa­rà un cam­mi­no che ri­cor­de­rà al­cu­ni av­ve­ni­men­ti di un an­no in cui dav­ve­ro il ma­te­ria­le non man­ca, ri­par­ti­va con le due squa­dre to­ri­ne­si fa­vo­ri­te e pron­te a dar­si bat­ta­glia.

    La vit­to­ria del Cam­pio­na­to con 44 pun­ti, por­te­rà in do­te il di­ciot­te­si­mo scu­det­to al­la Ju­ven­tus, da­van­ti al To­ri­no e al sor­pren­den­te La­ne­ros­si Vi­cen­za di GB Fab­bri e Pao­lo Ros­si, non an­co­ra Pa­bli­to, ca­po­can­no­nie­re del tor­neo con 24 re­ti, che to­ta­liz­ze­ran­no 39 pun­ti.

    Dal­la Sar­de­gna, in se­de di cam­pa­gna ac­qui­sti/ces­sio­ni esti­va, al­la Ju­ven­tus è ar­ri­va­to An­to­nio Pie­tro Pao­lo Vir­dis, un gio­va­ne at­tac­can­te, che nel cam­pio­na­to di se­rie B ap­pe­na con­clu­so, ha se­gna­to 18 re­ti con la ma­glia del Ca­glia­ri, che fu di Gi­gi Ri­va.

    Il ra­gaz­zo pe­rò crea qual­che pro­ble­ma nell’ac­cet­ta­re il tra­sfe­ri­men­to, con con­ti­nui ri­fiu­ti, dan­do il via a una que­rel­le, che ve­drà il Pre­si­den­te bian­co­ne­ro Giam­pie­ro Bo­ni­per­ti, vo­la­re per­so­nal­men­te in Sar­de­gna, a ca­sa del gio­ca­to­re, per con­vin­cer­lo ad ac­cet­ta­re il tra­sfe­ri­men­to a To­ri­no.

    Al­la fi­ne con­vin­ce il ra­gaz­zo, par­lan­do con lui e con mam­ma De­me­tria.

    Que­sta dia­tri­ba del ri­fiu­to di ve­sti­re la ma­glia del­la Ju­ven­tus, pro­ba­bil­men­te vie­ne vi­sta co­me un at­to di ar­ro­gan­za e di pre­sun­zio­ne e i rap­por­ti di Vir­dis con il mon­do bian­co­ne­ro non rie­sco­no a de­col­la­re.

    An­che se il ra­gaz­zo, con­fer­man­do le sue qua­li­tà, se­gna il goal vit­to­ria a Na­po­li al suo esor­dio con la ma­glia bian­co­ne­ra, la sua sta­gio­ne è ne­ga­ti­va, co­sì co­me le due suc­ces­si­ve, quan­do la Ju­ven­tus lo ce­de in pre­sti­to al Ca­glia­ri.

    Fi­ni­to il pre­sti­to, tor­na al­la Ju­ven­tus, ma non rie­sce a le­ga­re con un am­bien­te che non ha mai sen­ti­to suo.

    Vie­ne ce­du­to all’Udi­ne­se e poi rie­sce ad af­fer­mar­si con la ma­glia del Mi­lan, do­ve con­qui­sta an­che una clas­si­fi­ca dei can­no­nie­ri, di­mo­stran­do che an­co­ra una vol­ta, il fiu­to che il Pre­si­den­te Bo­ni­per­ti ave­va avu­to, nell’in­di­vi­dua­re un gio­va­ne di gran­de qua­li­tà.

    Vir­dis avreb­be do­vu­to so­sti­tui­re Bo­nin­se­gna.

    Il pun­to più bas­so del­la sua espe­rien­za con la ma­glia bian­co­ne­ra, du­ran­te un der­by, quan­do sba­glia una re­te a por­ta vuo­ta, co­sa che por­ta a pen­sa­re che il ge­sto sia vo­lu­to e fa pro­nun­cia­re all’Av­vo­ca­to Agnel­li una del­le sue ce­le­bri e pun­gen­ti bat­tu­te, che quel­la re­te l’avreb­be se­gna­ta an­che lui, con la sua gam­ba di­sa­stra­ta.

    Il suo ri­fiu­to, le cui cau­se non so­no mai sta­te sve­la­te, nep­pu­re ne­gli an­ni suc­ces­si­vi, ha ri­cor­da­to quel­lo di qual­che an­no pri­ma, quan­do la Ju­ven­tus ar­ri­va ad of­fri­re gio­ca­to­ri e sol­di per un gio­ca­to­re, ma non rie­sce a smuo­ver­lo dal suo in­ten­to.

    Il gio­ca­to­re al qua­le mi ri­fe­ri­sco è Gi­gi Ri­va.

    Al­la fi­ne, pro­ba­bil­men­te è me­glio ri­nun­cia­re all’ac­qui­sto di un gio­ca­to­re che mal­vo­len­tie­ri ve­ste una ma­glia a lui sgra­di­ta, ma evi­den­te­men­te, nel ca­so di Vir­dis, Bo­ni­per­ti non ave­va vo­lu­to ce­de­re ai ca­pric­ci di un gio­va­ne, si­cu­ra­men­te sba­glian­do vi­sto poi co­me so­no an­da­te le co­se, per una que­stio­ne di prin­ci­pio.

    Al­la Ju­ven­tus ar­ri­va an­che Pie­tro Fan­na, pro­ve­nien­te dall’Ata­lan­ta, il ser­ba­to­io bian­co­ne­ro dell’epo­ca, vi­sto che da­gli oro­bi­ci ar­ri­va­va­no le mi­glio­ri pro­mes­se del cal­cio ita­lia­no, una su tut­te, Gae­ta­no Sci­rea.

    Fan­na nei pri­mi tre an­ni non si espri­me al me­glio, poi­ché è im­pie­ga­to in ruo­li che non si adat­ta­no al­le sue ca­rat­te­ri­sti­che ed è fre­na­to an­che dal suo ca­rat­te­re in­tro­ver­so.

    Nel­le due sta­gio­ni suc­ces­si­ve, in tut­to ve­ste il bian­co­ne­ro per cin­que sta­gio­ni, tro­va spa­zio tra i ti­to­la­ri e con­tri­bui­sce con al­cu­ni gol e nu­me­ro­si as­si­st al­la con­qui­sta del­lo scu­det­to; in par­ti­co­la­re, suo è il ti­ro che, fer­ma­to con un brac­cio da un di­fen­so­re del Ca­tan­za­ro, pro­cu­ra il ri­go­re che va­le ai bian­co­ne­ri lo scu­det­to 1981-1982.

    Per le sue gio­ca­te di clas­se è sta­to pa­ra­go­na­to a un al­tro gran­de gio­ca­to­re bian­co­ne­ro, Hel­mut Hal­ler.

    Il ter­zo e ul­ti­mo ac­qui­sto, pro­vie­ne dal vi­va­io, è un cen­tro­cam­pi­sta, Vi­ni­cio Ver­za, che vie­ne ri­cor­da­to an­che per il goal scu­det­to se­gna­to a Na­po­li al­la terz’ul­ti­ma gior­na­ta dal cam­pio­na­to 1980/81.

    Un ini­zio scop­piet­tan­te che fa pre­sa­gi­re un al­tro cam­pio­na­to re­cord.

    Co­sì non sa­rà, an­che se ba­ste­ran­no 44 pun­ti per lau­rear­si per la di­ciot­te­si­ma vol­ta Cam­pio­ni d’Ita­lia.

    Il 4 set­tem­bre, a San Cri­sto­bal in Ve­ne­zue­la, Fran­ce­sco Mo­ser si lau­rea Cam­pio­ne del Mon­do di ci­cli­smo, nel­la pro­va più at­te­sa, quel­la su stra­da.

    Ter­zo si clas­si­fi­ca un al­tro az­zur­ro, Cuo­re Mat­to Fran­co Bi­tos­si.

    Fran­ce­sco Mo­ser è so­pran­no­mi­na­to lo Sce­rif­fo per la sua ca­pa­ci­tà di ge­sti­re il grup­po du­ran­te la cor­sa.

    Ha vin­to in car­rie­ra, un Gi­ro d'Ita­lia, tre Pa­ri­gi-Rou­baix, due Gi­ri di Lom­bar­dia, una Frec­cia Val­lo­ne, una Gand-We­vel­gem e una Mi­la­no-San­re­mo, ol­tre a un Cam­pio­na­to del Mon­do su stra­da e a uno su pi­sta, nell'in­se­gui­men­to in­di­vi­dua­le.

    Ha rea­liz­za­to un’al­tra gran­de im­pre­sa, sta­bi­len­do a Cit­tà del Mes­si­co il 19 gen­na­io 1984, il re­cord dell’ora su pi­sta, per­cor­ren­do Km. 50,808.

    Non con­ten­to si è ri­pe­tu­to il 23 gen­na­io, per­cor­ren­do Km. 51,151, mi­glio­ran­do co­sì se stes­so, quat­tro gior­ni do­po.

    Per Mo­ser, è sta­ta co­strui­ta una bi­ci­clet­ta con le ruo­te len­ti­co­la­ri, cioè a di­sco pie­no in­ve­ce che a rag­gi, usa­te in quell'oc­ca­sio­ne per la pri­ma vol­ta e di­ver­si al­tri ac­cor­gi­men­ti tec­no­lo­gi­ci.

    Un re­cord pre­pa­ra­to nei mi­ni­mi ter­mi­ni.

    La bi­ci­clet­ta di Mo­ser ave­va un pe­so pa­ri a quel­la usa­ta da Cop­pi, si era fi­nal­men­te ca­pi­to che il fat­to­re fon­da­men­ta­le era l'ae­ro­di­na­mi­ca, uni­ta a una strut­tu­ra ri­gi­da.

    Mo­ser per rag­giun­ge­re l’obiet­ti­vo è sta­to se­gui­to an­che da un'équi­pe me­di­ca che ha cu­ra­to in mo­do spe­cia­le la sua pre­pa­ra­zio­ne fi­si­ca.

    Con 273 vit­to­rie su stra­da da pro­fes­sio­ni­sta ri­sul­ta a tutt'og­gi il ci­cli­sta ita­lia­no con il mag­gior nu­me­ro di suc­ces­si all'at­ti­vo.

    Pre­ce­de in que­sta pre­sti­gio­sa clas­si­fi­ca il ri­va­le di sem­pre, Giu­sep­pe Sa­ron­ni (193) e Ma­rio Ci­pol­li­ni (189).

    È inol­tre ter­zo as­so­lu­to a li­vel­lo mon­dia­le, al­le spal­le di Ed­dy Merc­kx (426) e Rik Van Looy (379), e da­van­ti a Rik Van Steen­ber­gen (270) e Ro­ger De Vlae­minck (255).

    La sua ri­va­li­tà con Giu­sep­pe Sa­ron­ni, è sta­ta pa­ra­go­na­ta a quel­la che qua­si trent’an­ni pri­ma ave­va di­vi­so Fau­sto Cop­pi e Gi­no Bar­ta­li.

    Nel­la ga­ra in cui Mo­ser si è lau­rea­to Cam­pio­ne del Mon­do, al ter­zo po­sto si clas­si­fi­ca un al­tro cor­ri­do­re ita­lia­no, che nel 1972, a Gap in Fran­cia, si è vi­sta sfug­gi­re agli ul­ti­mi me­tri, una vit­to­ria che pa­re­va co­sa fat­ta.

    Il ci­cli­sta in que­stio­ne è Fran­co Bi­tos­si.

    Il cir­cui­to sem­bra adat­to più che mai al can­ni­ba­le Ed­dy Merc­kx, in quan­to pre­ve­de lun­ghe sa­li­te e lun­ghe di­sce­se, in al­ter­nan­za a fal­so­pia­ni che gi­ro do­po gi­ro, stron­ca­no le gam­be dal­la fa­ti­ca.

    A vin­ce­re in­ve­ce è sta­to un ve­lo­ci­sta ita­lia­no, Ma­ri­no Bas­so, che do­po aver mar­ca­to per tut­ta la ga­ra Ed­dy Merc­kx, rie­sce a su­pe­ra­re in vo­la­ta un al­tro az­zur­ro, Fran­co Bi­tos­si, in quel­la che si è tra­sfor­ma­ta in una ve­ra tra­ge­dia spor­ti­va.

    Bi­tos­si, so­pran­no­mi­na­to cuo­re mat­to per un'arit­mia car­dia­ca, che non gli im­pe­di­sce di cer­to di com­pe­te­re con i più for­ti di al­lo­ra, con uno scat­to a sor­pre­sa, è riu­sci­to a stac­ca­re il grup­po a tre chi­lo­me­tri dal tra­guar­do e con uno sfor­zo di­spe­ra­to man­tie­ne un van­tag­gio esi­guo sul grup­po.

    Die­tro di lui co­me av­vol­toi ci so­no Merc­kx, Gui­mard, Zoe­te­melk ma an­che quat­tro ita­lia­ni che ten­ta­no in tut­te le ma­nie­re di fre­na­re gli in­se­gui­to­ri.

    Bi­tos­si è sem­pre pri­mo, ma a due­cen­to me­tri dall'ar­ri­vo vol­tan­do­si fa ca­pi­re agli in­se­gui­to­ri, di es­se­re al­lo stre­mo del­le for­ze.

    E’ pian­ta­to, co­me si di­ce in ger­go, Merc­kx e Gui­mard ten­ta­no l'ul­ti­mo scat­to per ten­ta­re di ri­pren­de­re il fug­gi­ti­vo.

    Ma­ri­no Bas­so, an­co­ra fre­sco, gran­de sprin­ter, quan­do si ac­cor­ge che Bi­tos­si sta per es­se­re in­ghiot­ti­to dal grup­po, ope­ra una del­le sue vo­la­te ful­mi­nan­ti.

    Su­pe­ra in suc­ces­sio­ne Gui­mard, Merc­kx e per ul­ti­mo il com­pa­gno di squa­dra, an­dan­do a vin­ce­re il Mon­dia­le.

    Cuo­re mat­to rie­sce a con­ser­va­re, al fo­to­fi­ni­sh, la se­con­da po­si­zio­ne da­van­ti a Gui­mard e Merc­kx.

    Sul po­dio, le la­cri­me so­no di gio­ia per Bas­so e di do­lo­re per Bi­tos­si, che si è vi­sto su­pe­ra­to quan­do or­mai sen­ti­va la ma­glia iri­da­ta sul­le pro­prie spal­le.

    Nel­la sto­ria del ci­cli­smo, non si è mai as­si­sti­to ad un fi­na­le co­sì emo­zio­nan­te per un Cam­pio­na­to del Mon­do.

    Il 5 set­tem­bre in Ger­ma­nia, la Ro­te Ar­mee Frak­tion, ra­pi­sce il Pre­si­den­te de­gli in­du­stria­li te­de­schi Hanns-Mar­tin Schleyer, che vie­ne tro­va­to mor­to nel ba­ga­glia­io di un’au­to il 19 ot­to­bre.

    L’8 set­tem­bre in Ita­lia, si di­met­te Giu­sep­pe Zam­ber­let­ti, com­mis­sa­rio del­la ri­co­stru­zio­ne in Friu­li.

    Vie­ne ar­re­sta­to per cor­ru­zio­ne.

    Il 10 set­tem­bre, vie­ne usa­ta per l’ul­ti­ma vol­ta a Mar­si­glia, la ghi­gliot­ti­na.

    L’ul­ti­mo a es­se­re giu­sti­zia­to è l’omi­ci­da Ami­da Djan­dou­bi.

    L’11 set­tem­bre 1977, ini­zia il cam­pio­na­to, con la vit­to­ria del­la Ju­ven­tus sul Fog­gia per 6 a 0.

    Le re­ti se­gna­te nell’or­di­ne da Bet­te­ga (2), Bo­nin­se­gna, Cuc­cu­red­du, Bo­nin­se­gna e Bru­schi­ni (au­to­re­te).

    Bo­nin­se­gna è sta­to ac­qui­sta­to l’an­no pre­ce­den­te, scam­bio con Ana­sta­si che ha pre­so la via di Mi­la­no.

    Gran bom­ber a cui Gian­ni Bre­ra co­nia il so­pran­no­me Bo­nim­ba, che è la cra­si dei no­mi Bo­nin­se­gna e Ba­gon­ghi, que­st’ul­ti­mo un de­sue­to pseu­do­ni­mo, ri­fe­ri­to ai na­ni da cir­co e se­con­do Bre­ra, espri­me­va al me­glio il fat­to che, pur non van­tan­do una gran­de sta­tu­ra fi­si­ca, Bo­nin­se­gna riu­sci­va agil­men­te a sal­ta­re più in al­to dei suoi mar­ca­to­ri.

    Il no­mi­gno­lo, che il gior­na­li­sta gli ave­va af­fib­bia­to quan­do gio­ca­va nel Ca­glia­ri, non era par­ti­co­lar­men­te gra­di­to all’at­tac­can­te, ora in for­za al­la squa­dra bian­co­ne­ra.

    Il 14 set­tem­bre la Ju­ven­tus ini­zia la sua av­ven­tu­ra in Cop­pa dei Cam­pio­ni.

    Nei se­di­ce­si­mi di fi­na­le, che cor­ri­spon­do­no al pri­mo tur­no, al­lo­ra si gio­ca­va­no sem­pre e sol­tan­to par­ti­te a eli­mi­na­zio­ne di­ret­ta, i bian­co­ne­ri do­vran­no af­fron­ta­re i ci­prio­ti dell’Omo­nia Ni­co­sia.

    L’im­pe­gno non è di quel­li che tol­go­no il son­no e la Ju­ven­tus vin­ce le due par­ti­te.

    L’in­con­tro di an­da­ta si gio­ca a Ni­co­sia, do­ve la Ju­ven­tus si im­po­ne per 3 a 0.

    Le re­ti ven­go­no rea­liz­za­te da Bet­te­ga, Fan­na e Vir­dis, che di fat­to chiu­do­no già al ter­mi­ne del­la par­ti­ta di an­da­ta, il di­scor­so qua­li­fi­ca­zio­ne.

    Il 16 set­tem­bre a Ca­tan­za­ro è in­cri­mi­na­to per re­ti­cen­za al pro­ces­so di Piaz­za Fon­ta­na, Ma­ria­no Ru­mor.

    A Pa­ri­gi muo­re Ma­ria Cal­las.

    Ave­va 53 an­ni.

    Na­ta Ma­ria An­na Ce­ci­lia So­fia Ka­lo­ge­ro­pou­los, re­gi­na in­di­scus­sa del­la li­ri­ca, do­ve vie­ne ap­pel­la­ta co­me Di­va, Di­vi­na, Dea e via di­cen­do.

    C’è un alo­ne di mi­ste­ro sul­la sua da­ta di na­sci­ta, che do­vreb­be es­se­re il 2 di­cem­bre 1923, an­che se c’è chi so­stie­ne che po­treb­be es­se­re na­ta il 3 o 4 di­cem­bre.

    La cer­tez­za è che la Di­vi­na, vie­ne al­la lu­ce a New York.

    Il mo­ti­vo dell’in­cer­tez­za sul­la da­ta di na­sci­ta, è da­ta dal fat­to che i ge­ni­to­ri avreb­be­ro vo­lu­to un ma­schio, vi­sto che ave­va­no per­so il fi­glio Va­si­ly di so­li tre an­ni, per un’epi­de­mia di ti­fo.

    Quan­do la mam­ma ap­pren­de che era na­ta una bim­ba, non vuo­le nem­me­no ve­der­la nei suoi pri­mi gior­ni e il pa­dre non si cu­ra di re­gi­stra­re la sua na­sci­ta all’ana­gra­fe.

    La sua in­fan­zia è co­mun­que tran­quil­la, an­che se all’età di cin­que an­ni vie­ne in­ve­sti­ta da un’au­to.

    L’in­ci­den­te la co­strin­ge a ri­ma­ne­re in co­ma per 22 gior­ni, pri­ma di ri­pren­der­si.

    Ma­ria ave­va una so­rel­la, più vec­chia di lei di sei an­ni, che era la pre­di­let­ta.

    Si chia­ma­va Jac­kie e pren­de­va le­zio­ni di can­to e pia­no­for­te, al con­tra­rio di Ma­ria che era co­stret­ta ad ascol­ta­re die­tro la por­ta.

    Il fat­to era che, al con­tra­rio del­la so­rel­la, Ma­ria im­pa­ra­va, tan­to che a 11 an­ni, par­te­ci­pan­do a una tra­smis­sio­ne ra­dio­fo­ni­ca, vin­ce il se­con­do pre­mio.

    Do­po il di­vor­zio dei ge­ni­to­ri, tor­na in Gre­cia con la mam­ma, en­tra in con­ser­va­to­rio e in­tan­to per­fe­zio­na l’ap­pren­di­men­to del­la lin­gua gre­ca e di quel­la fran­ce­se.

    In se­gui­to, la Cal­las tor­na a New York, per ab­brac­cia­re il pa­dre e per evi­ta­re la per­di­ta del­la cit­ta­di­nan­za ame­ri­ca­na.

    Il ri­tor­no in Ame­ri­ca non sa­rà po­si­ti­vo e Ma­ria de­ci­de di fug­gi­re in Ita­lia con me­ta Ve­ro­na, do­ve co­no­sce il suo fu­tu­ro ma­ri­to, Gio­van­ni Bat­ti­sta Me­ne­ghi­ni, ap­pas­sio­na­to di mu­si­ca e di buo­na cu­ci­na.

    In Ita­lia tro­va la sua for­tu­na e can­ta a Ve­ro­na, Ve­ne­zia e Mi­la­no.

    Co­no­sce An­to­nio Ghi­rin­ghel­li, so­vrin­ten­den­te al­la Sca­la di Mi­la­no e Ar­tu­ro To­sca­ni­ni, che ri­ma­ne af­fa­sci­na­to dal­la sua splen­di­da vo­ce.

    Nuo­vi amo­ri, non so­lo ar­ti­sti­ci, en­tra­no a far par­te del­la vi­ta di Ma­ria, Lu­chi­no Vi­scon­ti che la di­ri­ge a Mi­la­no nel 1954, Pier Pao­lo Pa­so­li­ni, a cui scri­ve mol­te let­te­re per con­so­lar­lo del­la fu­ga di Ni­net­to Da­vo­li e Fran­co Zef­fi­rel­li.

    La Di­vi­na ha ora trion­fi in tut­to il mon­do, Lon­dra, Vien­na, Ber­li­no, Am­bur­go Stoc­car­da, Pa­ri­gi, New York, Chi­ca­go Phi­la­del­phia, Dal­las e Kan­sas Ci­ty, do­ve la sua vo­ce com­muo­ve e stu­pi­sce.

    Do­po la rot­tu­ra del ma­tri­mo­nio nel 1959, gra­zie al­la sua ami­ca El­sa Max­well, co­no­sce l’ar­ma­to­re gre­co Ari­sto­te­le Onas­sis.

    Il lo­ro è un amo­re brut­to e di­strut­ti­vo, co­sì lo de­fi­ni­sce la Di­vi­na, ma so­no an­ni di pas­sio­ne, amo­ri sfre­na­ti, di lus­so e sre­go­la­tez­za.

    E’ un uo­mo che fa­rà sof­fri­re mol­to la Cal­las.

    Dal­la lo­ro unio­ne na­sce Ome­ro, che pe­rò vi­ve so­lo po­che ore.

    Nel 1964 ini­zia il de­cli­no del­la can­tan­te e Ari­sto­te­le Onas­sis la la­scia per Jac­que­li­ne Ken­ne­dy.

    Lei ap­pren­de la no­ti­zia at­tra­ver­so i gior­na­li e que­sto le pro­vo­ca, ol­tre a una gran­de de­lu­sio­ne, una re­pen­ti­na di­sce­sa ver­so l’oblio.

    Ma­ria si ri­fu­gia a Pa­ri­gi, do­ve muo­re il 16 set­tem­bre 1977.

    Ac­can­to a lei un mag­gior­do­mo e Ma­ria, la fe­de­le go­ver­nan­te.

    Do­po la sua mor­te, i suoi ve­sti­ti ven­go­no mes­si all’asta e le sue ce­ne­ri ver­ran­no di­sper­se nel mar Egeo.

    A Zu­ri­go, vie­ne ese­gui­ta da An­drea Gruen­tzig, la pri­ma an­gio­pla­sti­ca co­ro­na­ri­ca.

    Il 18 set­tem­bre si gio­ca la se­con­da gior­na­ta di cam­pio­na­to, che ve­de la Ju­ven­tus im­pe­gna­ta a Na­po­li, Sta­dio San Pao­lo, con­tro gli az­zur­ri al­le­na­ti da Gian­ni di Mar­zio.

    La par­ti­ta, ve­de la vit­to­ria per 1 a 2 del­la Ju­ven­tus.

    Le re­ti se­gna­te nell’ or­di­ne da Gen­ti­le, Pin L. e Vir­dis.

    Il 20 set­tem­bre co­min­cia per la pri­ma vol­ta in Ita­lia, l’an­no sco­la­sti­co.

    Fi­no all’an­no pre­ce­den­te, era ca­len­da­riz­za­to al pri­mo di ot­to­bre.

    Lo ha sta­bi­li­to la leg­ge del 04/08/1977 n° 517, che ha abo­li­to gli esa­mi di ri­pa­ra­zio­ne ed ha mo­di­fi­ca­to qual­che nor­ma dell’or­di­na­men­to sco­la­sti­co.

    La cam­pa­nel­la che an­nun­cia l’ini­zio dell’an­no sco­la­sti­co do­vrà suo­na­re tra il 10 e il 20 set­tem­bre e la fi­ne dell’an­no sco­la­sti­co è fis­sa­ta, tra il 10 e il 30 giu­gno.

    I bam­bi­ni di pri­ma ele­men­ta­re ve­ni­va­no chia­ma­ti re­mi­gi­ni in quan­to il pri­mo ot­to­bre vie­ne ce­le­bra­to San Re­mi­gio.

    Dal 22 al 24 set­tem­bre a Bo­lo­gna, si apre il con­ve­gno con­tro la re­pres­sio­ne.

    Par­te­ci­pa­no al­cu­ne mi­glia­ia di per­so­ne, tra le qua­li è net­ta e in­sa­na­bi­le la spac­ca­tu­ra, tra chi si op­po­ne all’esca­la­tion del­lo scon­tro e i fau­to­ri del­la lot­ta ar­ma­ta.

    E’ sta­to or­ga­niz­za­to an­che in se­gui­to all'ap­pel­lo ap­par­so il 5 lu­glio sul quo­ti­dia­no Lot­ta con­ti­nua e fir­ma­to da al­cu­ni in­tel­let­tua­li fran­ce­si, fra cui Sar­tre, Fou­cault, De­leu­ze e Guat­ta­ri.

    So­no cir­ca cen­to­mi­la i gio­va­ni che tra­sfor­ma­no la cit­tà in un pal­co­sce­ni­co per fe­ste, rap­pre­sen­ta­zio­ni tea­tra­li e mu­si­ca­li, men­tre all'in­ter­no del pa­laz­zo del­lo sport i grup­pi più po­li­ti­ciz­za­ti si con­fron­ta­no du­ra­men­te sul fu­tu­ro del mo­vi­men­to stu­den­te­sco che por­ta a una ris­sa tra Au­to­no­mi e espo­nen­ti di Lot­ta con­ti­nua, che ven­go­no apo­stro­fa­ti dai pri­mi co­me la nuo­va po­li­zia.

    Al­la chiu­su­ra del con­ve­gno, un cor­teo e uno spet­ta­co­lo di Da­rio Fo in piaz­za VIII Ago­sto.

    Sen­za un ac­cor­do stra­te­gi­co tra le sue va­rie ani­me, la tre gior­ni di set­tem­bre se­gna pro­ba­bil­men­te la fi­ne po­li­ti­ca del Mo­vi­men­to.

    Il 25 set­tem­bre al­lo Sta­dio Co­mu­na­le di To­ri­no, è in pro­gram­ma una clas­si­ca del cam­pio­na­to di cal­cio.

    Si gio­ca Ju­ven­tus- Mi­lan.

    La de­fi­ni­zio­ne di clas­si­ca, è sta­ta da­ta da Gian­ni Bre­ra e con que­sto ter­mi­ne, si vo­glio­no in­di­ca­re tut­te le par­ti­te che ve­do­no in cam­po, due squa­dre che ab­bia­no vin­to al­me­no una vol­ta il ti­to­lo di Cam­pio­ne d’Ita­lia.

    La par­ti­ta in que­stio­ne fi­ni­sce con un ri­sul­ta­to di pa­ri­tà 1 a 1.

    Le due re­ti a ini­zio dei due tem­pi.

    Do­po due mi­nu­ti, Gen­ti­le por­ta in van­tag­gio i bian­co­ne­ri e al ter­zo mi­nu­to del se­con­do tem­po, Mal­de­ra, pa­reg­gia i con­ti.

    Coin­ci­den­za vuo­le, che le due re­ti ven­ga­no se­gna­te dai due gio­ca­to­ri con la ma­glia nu­me­ro 3.

    Una par­ti­ta che la Ju­ven­tus do­mi­na, co­struen­do mol­te oc­ca­sio­ni da goal, non sfrut­ta­te.

    Tra le oc­ca­sio­ni, una mez­za ro­ve­scia­ta di Bet­te­ga che col­pi­sce il pa­lo.

    Nem­me­no il tem­po di ri­fia­ta­re e bi­so­gna di nuo­vo scen­de­re in cam­po.

    Nel mer­co­le­dì di Cop­pa, il 28 set­tem­bre, la Ju­ven­tus de­ve af­fron­ta­re la par­ti­ta di ri­tor­no con­tro l’Omo­nia di Ni­co­sia, già bat­tu­to nel­la ga­ra di an­da­ta per 3 a 0.

    An­che la par­ti­ta di ri­tor­no non ri­ser­va sor­pre­se e i bian­co­ne­ri si im­pon­go­no per 2 a 0.

    Le re­ti so­no se­gna­te da Bo­nin­se­gna e Vir­dis.

    Qua­li­fi­ca­zio­ne agli ot­ta­vi di fi­na­le rag­giun­ta age­vol­men­te, con­tro un av­ver­sa­rio mor­bi­do, co­me ac­ca­de­va in ge­ne­re al­lo­ra.

    Il 29 set­tem­bre a Ro­ma, Piaz­za Igea, ven­go­no spa­ra­ti 5 col­pi di pi­sto­la con­tro un grup­po di gio­va­ni, ap­par­te­nen­ti al­la si­ni­stra.

    La di­cian­no­ven­ne Ele­na Pa­ci­nel­li vie­ne col­pi­ta da tre pro­iet­ti­li, che la uc­ci­do­no.

    I re­spon­sa­bi­li non so­no mai sta­ti in­di­vi­dua­ti.

    Il 30 set­tem­bre, a se­gui­to dell’ag­gua­to mor­ta­le del gior­no pre­ce­den­te, i com­pa­gni di Ele­na Pa­ci­nel­li, di­stri­bui­sco­no un vo­lan­ti­no di pro­te­sta nel quar­tie­re del­la Bal­dui­na, do­ve c’è una se­de del Mo­vi­men­to So­cia­le Ita­lia­no, pun­to di ri­fe­ri­men­to dei fa­sci­sti del­la zo­na nord di Ro­ma.

    Du­ran­te il vo­lan­ti­nag­gio, il mi­li­tan­te di Lot­ta Con­ti­nua, Wal­ter Ros­si,

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