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L'Inter dalla A alla Z
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E-book548 pagine8 ore

L'Inter dalla A alla Z

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Tutto quello che devi sapere sul mito neroazzurro

Un nuovo vocabolario nerazzurro, per chi ha ancora negli occhi la magia del triplete e sogna nuovi traguardi

Una controstoria della squadra che descrive – rigorosamente in ordine alfabetico – fondatori, calciatori (da Beniamino Abate a Carlo Zoppellari), dissidenti, allenatori, dirigenti, maestranze, simboli, colori, gare celebri, stracittadine, derby d’Italia, successi, sconfitte, curiosità, aneddoti, sponsor, tifosi famosi, sedi sociali, stadi, campi di allenamento, amici, nemici, donne, record, inni, canzoni, film, tifoseria e impegni sociali. In poche parole, tutto l’Inter minuto per minuto, dal lontano 9 marzo 1908 fino ai giorni nostri.
Vito Galasso
è nato a Taranto il 6 aprile 1984. Impegnato nel settore della comunicazione, si occupa da diversi anni di giornalismo sportivo, in particolare di calcio e tennis. Con la Newton Compton ha pubblicato 1001 storie e curiosità sulla grande Inter che dovresti conoscere e I campioni che hanno fatto grande l'Inter.
LinguaItaliano
Data di uscita13 ott 2015
ISBN9788854186989
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    Anteprima del libro

    L'Inter dalla A alla Z - Vito Galasso

    introduzione

    Quella che inizialmente era solo una costola del Milan, successivamente è diventata una grande realtà del calcio italiano. Un gruppo di quarantaquattro contestatori, quasi tutti stranieri, decide di chiudere la porta in faccia al passato, prendere coscienza della realtà e avere la forza di ricominciare da zero. Nasce così l’Inter, la Beneamata, in quel lontano 9 marzo 1908 in un ristorante milanese a pochi passi dal Duomo. Nonostante l’ostruzionismo prima del regime fascista e poi del Veto Andreotti, ha sempre cercato di mantenere intatta la sua impronta cosmopolita, capace di far confluire nazionalità e culture differenti.

    In oltre cent’anni di storia la società nerazzurra ha conosciuto ogni tipo di sentimento: dal piacere allo sconforto, dal sogno all’illusione, dalla speranza alla recriminazione. In questa opera si cerca di scandagliare fin negli angoli più remoti della sua vita, andando alla ricerca delle origini, delle evoluzioni, delle svolte, delle frenate e delle ripartenze. Il tutto attraverso le gesta dei suoi protagonisti, piccoli e grandi: da Javier Zanetti, il giocatore con il maggior numero di presenze in prima squadra, a Luca Caldirola, che nell’Inter conteggia solamente un minuto di gioco. Dal primo presidente, il veneziano Giorgio Paramithiotti, all’ultimo, il magnate indonesiano Erik Thohir. Non solo. Avranno il loro spazio anche gli allenatori, i dirigenti, le maestranze, le donne e i tifosi più o meno famosi.

    Si tratta essenzialmente di un vocabolario di nomi, cose, persone, eventi, luoghi, simboli, episodi, pettegolezzi, partite, gol e tutto quello che gravita intorno alla formazione meneghina. Nel bene e nel male.

    Tra le gioie di una coppa conquistata e il dolore di uno scudetto perso all’ultimo minuto, il Biscione può fregiarsi di essere l’unica squadra italiana a non aver subito la vergogna della retrocessione in serie b e ad aver ottenuto il fatidico Triplete. E, dunque, con questa controstoria si vuole per certi versi celebrare una compagine italiana che ha incantato il Belpaese grazie ai successi, ai trionfi e ai sorrisi smaglianti che ha saputo portare nel tempo in giro per il mondo.

    Quell’Inter che è stata in grado di scrollarsi di dosso la nomea di seconda formazione di Milano, elevandosi a club pregiato, vincente e onorevole, e catturando le attenzioni di numerosi italiani, che prendono a cuore le sue prestazioni e diventano i suoi grandi sostenitori.

    Quell’Inter che non è soltanto una squadra di calcio, ma è anche e soprattutto una passione, un grande amore, un vizio, una consuetudine, una compagna fedele e un motivo d’orgoglio. Ci vorrebbero altre parole per esplicare la sua grandezza e la sua superiorità, tuttavia è giusto fermarsi qui. Senza peccare di presunzione.

    1001_calcio_Inter_IC03.tif

    A

    abate beniamino

    Sarà una battuta scontata, ma il portiere di San Martino Valle Caudina, in provincia di Avellino, è il Beniamino della Beneamata. Cresciuto nelle giovanili del Benevento, arriva a Milano nel 1991, quando ha ormai 29 anni e conta delle esperienze importanti a Napoli, Messina e Udine. È la riserva di Walter Zenga e sebbene evidenzi un fisico corpulento e unʼinvidiabile professionalità, in tre stagioni totalizza a stento dodici presenze. Debutta in campionato il 3 novembre ʼ91 nel pareggio a reti bianche con il Torino. Nel ʼ94 viene ceduto alla Fidelis Andria, mentre sul finire della carriera si divide tra Cagliari, Reggiana e Prato. Dal 2004 al 2009 è lʼallenatore dei portieri del Milan, per poi ricoprire lo stesso ruolo nella formazione primavera. Suo figlio Ignazio è un terzino destro dei rossoneri e della nazionale azzurra.

    acanfora renato

    Centrocampista, allenatore, medico e scrittore. Chi più ne ha, più ne metta per questo duttile signore nato a Scafati il 23 luglio 1957. Il primo percorso professionale è sui campi di calcio delle giovanili dellʼInter, dove sverna fino al debutto in prima squadra, avvenuto il 2 maggio 1976 contro il Perugia. Compete in 6 gare in due anni, intervallate da una stagione in prestito al Lecco. Nel ʼ77 passa al Monza per quattro campionati e gira in diverse società militanti nel torneo di serie c. Si arrende nei primi anni Novanta, cominciando la carriera di tecnico nel Roccaravindola, nellʼisernino, e in alcune formazioni giovanili di Scafati. La laurea e la specializzazione in medicina e traumatologia dello sport gli consentono di rimanere nellʼambiente, entrando nello staff medico di Avellino, Nocerina, Salernitana e nello Scafati Basket. Da non sottovalutare le sue esperienze da scrittore romanzesco.

    achilli camillo

    Lo definiscono Gamba di sedano per via del suo fisico asciutto che ricorda le fattezze dellʼortaggio. Nasce a Milano il 21 agosto 1921 e dellʼInter è un buon mediano per più di un decennio, salvo una stagione in prestito al Caproni Milano. Alla quantità è in grado di coniugare anche una buona visione della porta che mette in mostra soprattutto negli anni iniziali, prima di spostarsi davanti alla difesa. Dino, come lo chiamano gli amici, fa il suo debutto il 14 ottobre 1945 in occasione della gara contro lʼAndrea Doria. Nel 1951 dice arrivederci alla sua squadra del cuore, trasferendosi al Genoa con cui vince il campionato di serie b. Effettivamente, allʼInter ritorna da allenatore, accanto ad Aldo Campatelli: in 31 incontri raccoglie 11 vittorie, 10 pareggi e 10 sconfitte. Suo figlio Marco giocherà in nerazzurro verso la fine degli anni Sessanta.

    achilli marco

    Segue le orme del padre Camillo e così nella seconda parte degli anni Sessanta, nellʼera post-Grande Inter, si accomoda nella rosa nerazzurra. Sono anni difficili perché i Bauscia sono costretti a ricostruire e a ripartire in fretta e furia, non trovando però alternative valide. Lʼattaccante di Milano, nato il 9 dicembre 1948, viene abbordato dalla Vercellese ed esordisce il 12 giugno 1968 nella sconfitta per 3-2 contro il Cagliari. La sua avventura sarà intermittente dato che fino al 1973 passa in prestito a Varese, Monza, Livorno e Piacenza. Muore a 60 anni a causa di un tumore.

    adani daniele

    Lo ricordano perfettamente i tifosi di Brescia e Fiorentina, mentre quelli interisti un poʼ meno. Il difensore centrale di Correggio, a Reggio Emilia, nasce il 10 luglio 1974 e viene a galla nel vivaio del Modena. LʼInter lo prende nel 2002, dopo il fallimento del club Viola, per rinforzare il reparto arretrato. In verità, è solo una solida alternativa che scende in campo 45 volte in due stagioni, debuttando il 17 settembre 2002 nella gara di Champions League contro il Rosenborg. Vede bene la porta, siglando cinque reti, tra cui la prima alla sua futura squadra, lʼEmpoli, il 6 novembre 2002. Tra lʼaltro, il buon rendimento gli permette di accumulare gettoni di presenza in nazionale. Dopo una turbolenta annata a Brescia, culminata con la contestazione dei tifosi, e le esperienze ad Ascoli ed Empoli, si congeda nel 2011 dalla Sammartinese. Per un anno svolge il ruolo di vice-allenatore del Vicenza, ma la sua passione è spiegare il calcio ai tifosi. Così fa prima il commentatore tecnico per Sportitalia e poi per Sky.

    adriano leite ribeiro

    Croce e delizia di Massimo Moratti, raggiunge la terra milanese nel 2001, dopo aver fatto faville nellʼattacco del Flamengo. Nasce a Rio de Janeiro il 17 febbraio 1982 e conquista i colori nerazzurri in seguito a una segnalazione dellʼex mediano Salvatore Bagni. Costa 15 miliardi di lire e dimostra di valerli tutti nel corso di unʼamichevole estiva al Bernabeu contro il Real Madrid: mancano pochi minuti alla fine del match ed Héctor Cúper gli dà una possibilità per mettersi in mostra; il futuro Imperatore non la fallisce e con un calcio di punizione magistrale strappa la rete. La prima di una lunga serie. Ha forza, classe, dinamismo e una buona visione della porta, non sufficienti però per mantenere il posto in una squadra già stracolma di campioni. Viene, dunque, prestato alla Fiorentina, dove gioca qualche partita in più ma non riesce a evitare lʼonta della retrocessione. Il presidente Moratti commette lʼerrore di cedere la metà del suo cartellino (12 milioni di euro) al Parma, dove vi resta due stagioni e mette a segno 23 reti. Sono gli anni della consacrazione che costringono il patron nerazzurro a rimettere mani al portafogli, sborsando 26 milioni di euro per riportarlo allʼovile. Sembra un affare, almeno fino a quando non sorgeranno i primi guai. Segna con costanza, è regolare negli allenamenti, partecipa fattivamente alla vittoria di scudetti, coppe Italia e supercoppe italiane, tuttavia da un momento allʼaltro le cose cambieranno in negativo: subisce un grave infortunio al tendine dʼAchille, litiga in maniera animata sia con Mancini sia con Mourinho, perde il papà, partecipa a festini fino a notte fonda, frequenta molte donne e si ubriaca. Tutti eventi e situazioni che deterioreranno il suo rendimento, portandolo alla regressione. La dirigenza cerca di aiutarlo fornendogli un supporto psicologico e mandandolo in prestito al Santos per cambiare aria. Ciononostante non si muove foglia nello stato dellʼattaccante brasiliano e dopo 123 presenze e 48 gol solo in campionato, risolve il contratto il 26 aprile 2009. La sua carriera precipiterà con le successive esperienze a Roma, Corinthians, Flamengo e Atlético Paranaense.

    aebi ermanno

    Padre svizzero, madre italiana, nasce a Milano il 22 novembre 1892 e cresce in un collegio a Neuchȃtel, dove impara lʼarte del pallone. NellʼInter viene portato dal presidente Giovanni Paramithiotti nel 1910, rimanendoci fino al 1922. Il calciatore elvetico è un dopolavorista, come tutti a quei tempi, e per portare soldi a casa si arrangia come impiegato in un cotonificio. Esordisce come interno destro di centrocampo il 10 aprile 1910 in occasione dellʼincontro tra Inter e Torino, vinto per 7-2 dalla formazione milanese, e passo dopo passo riesce a ritagliarsi 142 partite e 102 reti. Tutti lo chiamano Signorina per la sua eleganza, il suo portamento e la sua intelligenza, ma Ermanno non dà importanza allʼambiente esterno. Tra lʼaltro, è il primo oriundo della storia della nazionale italiana: esordio con una tripletta, nel gennaio del 1920, contro la Francia. Archiviato il suo legame con lʼInter, ottiene lʼincarico di selezionatore del settore giovanile dellʼItalia e successivamente si trasforma in arbitro. Muore il 22 novembre 1976.

    agosteo paolo

    Catanese, nato il 27 novembre 1908, corre lungo la corsia destra della difesa nerazzurra dal 1933 al 1935, esordendo il 10 settembre del ʼ33 contro il Casale. Palesa sin dal principio un buon tiro, soprattutto dal dischetto, senso della posizione, scaltrezza e fermezza nei recuperi. In 67 partite disputate mette a segno 7 reti e tanti complimenti, non sufficienti però a meritare la convocazione in nazionale. Passa, dunque, al Genoa 1893, dove trascorre ben cinque tornei, prima di chiudere la carriera in serie c con la maglia dei capitolini dellʼAlba Motor. Dopo una timida gavetta come allenatore, inizia la professione di critico sportivo.

    agradi emilio

    Uno dei giocatori che ha vestito più a lungo la maglia nerazzurra. Dal 1914 al 1928 lʼattaccante, e allʼoccorrenza centrocampista, bolognese disputa 166 partite siglando 62 gol: solo nella prima stagione mette a segno 31 reti in 21 match. Preso dallʼamc Milanese, debutta a ottobre del 1914 contro la formazione del Como. Con il passare degli anni, abbassa il suo baricentro diventando meno prolifico in fase di realizzazione. Dopo quattordici anni, intervallati da due prestiti a Modena, viene ceduto al Varese.

    albani giuseppe

    Semplicemente Peppino. Il portiere di Cava Manara, piccolo comune in provincia di Pavia, classe 1921, conquista la maglia dellʼAmbrosiana nel 1941, ma non gioca mai. Terminata la guerra, riprende lʼattività sportiva ripartendo dal Pro Broni. LʼInter lo riporta a casa nel ʼ46, garantendogli solo 14 incontri fino al 1949. Nonostante un discreto senso della posizione e una sicurezza encomiabile, esordisce solamente il 17 novembre 1946 contro la Triestina. In seguito difende i pali di Atalanta, Brescia e Pavia.

    alfonso enrico

    Acquistato in comproprietà dal Chievo nellʼestate del 2007, il portierone di Padova, nato il 4 maggio 1988, si ritrova catapultato in una realtà più grande di lui, giocando addirittura due amichevoli di prestigio contro Barcellona e Ajax, contro questʼultima para il tiro dal dischetto di Heitinga che sancisce la vittoria dei nerazzurri nella lotteria dei rigori. In una gara ufficiale esordisce il 17 gennaio 2008 negli ottavi di finale di Coppa Italia contro la Reggina. A gennaio, però, ha già la valigia pronta e passa in prestito al Venezia. Stesso discorso negli anni a seguire: una stagione a Pisa e due a Modena. Nel 2011, lʼInter cede lʼintero cartellino alla Cremonese.

    aliatis osvaldo

    Un gol che ne vale cento. Quello del centrocampista milanese, nato il 13 gennaio 1894, permette alla formazione nerazzurra di vincere lo spareggio salvezza del 9 settembre 1922 contro il Libertas Firenze. Viene acquistato nel 1921 dallʼAusonia Pro Gorla, disputando fino al 1925 ben 42 partite e segnando 7 reti. Lo strano scherzo del destino vuole che venga ceduto proprio al club fiorentino che aveva condannato qualche anno prima.

    aliatis tullio

    Nasce a Milano il 4 giugno 1905 lʼattaccante che raggiunge lʼInter agli inizi degli anni Venti. Esordisce solamente il 5 dicembre 1926 nello scontro di campionato con il Verona, trovando il gol nel derby del 5 giugno 1927 contro il Milan. Incasella altre tre presenze prima di essere venduto al Legnano.

    alibec denis

    Costa 500 mila euro il cartellino dellʼattaccante di Mangalia che lʼInter acquista nellʼestate del 2009 dal Farul Costanza. Nato il 5 gennaio 1991, debutta in campionato il 21 novembre 2010 nel corso della partita contro il Chievo. Nel periodo di permanenza a Milano, segna una doppietta fatale al Bayern Monaco nella finale di Champions Under-18 Challenge ed è uno dei protagonisti del successo nel Torneo di Viareggio 2011. Nella stessa estate comincia un giro di prestiti che lo porta prima in Belgio, al Mechelen, poi in Romania, al Viitorul Constanța, e infine al Bologna. A gennaio 2014 la società nerazzurra lo vende allʼAstra Giurgiu con cui vince Coppa e Supercoppa di Romania.

    allemandi luigi

    Uno dei primi scandali del calcio italiano è legato al nome del terzino di San Damiano Macra, nella provincia di Cuneo, nato lʼ8 novembre 1903. Il 5 giugno 1927 Gigione gioca nella Juventus e un dirigente del Torino, tal dottor Nanì gli propone di facilitare la vittoria dei granata in cambio di un compenso economico rateizzato di circa cinquantamila lire. Una cifra ragguardevole per quei tempi persino per il calciatore bianconero. Il Toro vince la gara per 2-1, ma Allemandi risulta uno dei migliori in campo e per questo gli viene negata la seconda rata della caparra. Il caso scatena un litigio tra le due parti in una stanza d’albergo, che arriva alle orecchie di un giornalista de «Il Tifone». Il giorno dopo la notizia fa il giro dellʼItalia fin dentro gli uffici della Federazione. Il Torino perde lo scudetto e Allemandi viene squalificato a vita. È davvero un peccato perché aveva appena firmato un accordo con lʼAmbrosiana, giocando pure una decina di partite. La fortuna vuole che lʼItalia vinca le Olimpiadi di Amsterdam e la figc conceda la grazia a tutti gli sportivi che avevano subito lʼonta della squalifica. Anche Allemandi. In nerazzurro aveva debuttato già il 25 settembre 1927 nella gara contro la Dominante Genova, per poi accumulare in otto anni 207 presenze e 1 scudetto nel 1929-1930. Anche in nazionale si fa valere dato che è protagonista della vittoria nel mondiale italiano del 1934 e delle coppe internazionali del 1927-1930 e del 1933-1935. Le ultime stagioni le disputa alla Roma, poi in cadetteria al Venezia e, infine, da riserva nella Lazio nel 1938-1939.

    allodi italo

    Da calciatore non ha avuto tanta fortuna dato che ha bazzicato sempre nei campetti di provincia. Nato ad Asiago il 13 aprile 1928, diventa prima giornalista e poi segretario del Mantova, che di lì a poco sarebbe arrivato in serie a. Nel 1959 Angelo Moratti gli assegna il compito di segretario sportivo e amministrativo con uno stipendio di centoventimila lire al mese e la speranza di diventare il futuro direttore generale al posto di Alberto Valentini. Col tempo crescono gli obblighi e di conseguenza i compensi. Assume il ruolo di manager, tappando tutte le falle in seno alla società. Si tratta di un ruolo nuovo, insolito, nel mondo del calcio, in precedenza ricoperto da più persone. Italo Allodi ha il merito di costruire mattone dopo mattone la Grande Inter, adocchiando giocatori dalla provincia come Burgnich, Corso, Domenghini, Picchi, Sarti, fino ai gioielli Jair, Suárez, Facchetti e Mazzola e conquistando ogni titolo possibile e immaginabile. Nel maggio del 1968 decide di andar via, al seguito del presidente Angelo Moratti e dellʼallenatore Helenio Herrera. Assume prima un ruolo nella Federcalcio, poi si lascia trascinare da Boniperti nella Juventus vincendo 2 scudetti. Nominato responsabile delle squadre nazionali, si defila nel momento in cui lʼItalia fa una figuraccia nel Mondiale del 1974. Successivamente si concede anima e corpo alla struttura di Coverciano, centro tecnico dove si tengono corsi per allenatori, che lascia otto anni dopo a causa della rottura con Enzo Bearzot. Va, quindi, alla Fiorentina, ma non va dʼaccordo con il presidente Pontello, poi fa il commentatore sportivo e infine si sistema al Napoli, dove porta i tasselli necessari per la conquista del primo scudetto della storia dei partenopei. Un anno più tardi viene assalito dallo scandalo del Totonero, che lo vedrà pulito ma molto provato. Il 12 giugno 1987 muore a causa di uno scompenso cardiocircolatorio.

    almeyda matías jesús

    Il centrocampista centrale di Azul, nello stato argentino, è senza dubbio uno dei migliori uomini nel suo ruolo che lʼItalia abbia mai visto tra la fine del xx secolo e lʼinizio del xxi. Dal River Plate fino a Siviglia, Lazio e Parma fa incetta di titoli nazionali e internazionali: una Coppa Libertadores e uno scudetto con i sudamericani, uno scudetto, due Coppe Italia, una Supercoppa italiana, una Coppa delle Coppe e una Supercoppa uefa con i capitolini e una Coppa Italia con i ducali. A Milano arriva nel 2002, quando ha quasi 29 anni, e trascorre due stagioni non proprio felicissime. Del resto, neanche a Parma si era trovato bene. Infortuni, alcol e depressione lo tormentano e, malgrado le 47 presenze e 1 gol, non riesce a lasciare un ricordo positivo. Si trascina a Brescia, nel Quilmes in patria, nei norvegesi del Lyn e negli uruguaiani del Fénix, prima di fare un dignitoso ritorno nel River Plate. Nel 2012, da allenatore, riconduce i Millionarios nella massima serie argentina, subendo lʼonta dellʼesonero qualche mese più tardi, allʼinizio della nuova stagione.

    aloe ilario

    Tre minuti infiniti per lʼattaccante varesotto, classe 1986, in occasione della partita di campionato contro il Cagliari del 14 maggio 2006: entra al posto del compagno di primavera Germinale. La sua parabola assumerà una traiettoria rivolta sempre in basso, senza alcun punto di risalita. A parte una promozione in b con il Ravenna, si deve accontentare di indossare le scarpette nei campetti dellʼeccellenza romagnola.

    altobelli alessandro

    Allergico ai libri, dona tutto se stesso alla passione per il calcio. A Sonnino, in provincia di Latina, il piccolo Spillo, nato il 28 novembre 1955, si catapulta immediatamente nella formazione del barbiere Gaspare Ventre, la spes. Tra i tanti ragazzi che vanno e vengono in quella squadra, si mette in evidenza per la velocità, la furbizia, la capacità di utilizzare sia il sinistro sia il destro e la scaltrezza nel gioco acrobatico. È Cecco Lamberti, tecnico del Latina, ad accorgersi per prima di lui e a trascinarlo nella compagine laziale. Nel corso di una partita, lʼesile ragazzo di Sonnino riceve le attenzioni di Fulvio Bernardini, il direttore sportivo del Brescia, che ha avuto una soffiata dal tecnico Beppe Banchetti. Per 64 milioni di lire si trasferisce al nord, allontanandosi da amici e parenti. Però gli conviene perché segna 26 reti in tre stagioni, accattivandosi le grazie delle principali formazioni italiane. È il 1977 quando i nerazzurri propongono Viviano Guida, Giorgio Magnocavallo, Silvano Martina e unʼofferta di 600 milioni di lire per riuscire a strapparlo alla concorrenza. Lʼaffare si concretizza e Altobelli diventa ufficialmente un giocatore dellʼInter. Dal 1977 al 1988 gioca 466 partite, scaraventando la palla in porta 209 volte. Il debutto avviene il 21 agosto ʼ77 in un match di Coppa Italia contro il Como nel corso del quale segna la prima delle due marcature della Beneamata. La sfortuna, però, è sua compagna fedele: in oltre un decennio di fedeltà non riesce a vincere mai una volta la classifica cannonieri, sfiorandola con 17 reti nel 1985. A livello collettivo si aggiudica solo lo scudetto del 1979-1980 e le Coppe Italia del 1977-1978 e 1981-1982. Il rapporto si deteriora nel momento in cui sulla panchina siede Giovanni Trapattoni, il quale lo considera più una riserva che un titolare. Per tal ragione, nel 1988, un poʼ a sorpresa viene dato in consegna alla Juventus, dove attraversa un periodo buio della sua vita a causa di un problema fisico che non gli dà tregua. Un ultimo giro lo fa, quindi, al Brescia, trovando un clima più tranquillo per un uomo ormai arrivato al capolinea. Anche con la nazionale la sorte non vuole sentire ragioni: Bearzot lo ritiene un rincalzo e lui deve sgomitare per farsi avanti. Lʼoccasione ghiotta la trova nella finale della Coppa del Mondo del 1982 contro la Germania: Graziani si fa male e il ct è costretto a sostituirlo con Altobelli, che coglie la palla al balzo e segna la terza rete che regala allʼItalia il titolo mondiale.

    altobelli mattia

    Figlio dʼarte, nasce a Brescia il 17 agosto 1983 e trova lʼoccasione per maturare nel vivaio dellʼInter, dove con la formazione primavera vince il titolo nazionale e il Torneo di Viareggio nel 2002. Il 4 dicembre dello stesso anno rosicchia qualche minuto di gioco negli ottavi di finale di Coppa Italia contro il Bari. Dallʼestate del 2003 comincia ad andare in prestito allo Spezia, poi alla Spal, allʼAvellino e alla Torres, finché nel 2006 non viene ceduto agli svizzeri del Chiasso. La sua carriera andrà sempre più verso il basso, verso il mondo non professionistico, che lo porterà tra lʼaltro a trovare un secondo lavoro come portiere di notte.

    álvarez ricardo alberto

    Il soprannome Ricky Meravilla induce in confusione. Perlomeno a Milano non ci sarà quasi nulla di meraviglioso. Il centrocampista argentino è un tuttofare: può essere mezzala, trequartista e interno di centrocampo. Nasce il 12 aprile 1988 e da adolescente subisce una sonora bocciatura ai provini per entrare al Boca Juniors. Il Velez Sarsfield, però, non si lascia sfuggire il suo tiro mancino e anche grazie a lui arriva in semifinale nella Coppa Libertadores. Nellʼestate del 2011 lʼInter spende 5,5 milioni di euro per farlo capitolare alla sua corte, ma non verrà ripagata. Esordisce il 6 agosto in Supercoppa di Lega contro il Milan e in tre stagioni combina ben poco. Nel 2014 viene spedito al Sunderland in prestito con diritto di riscatto obbligatorio in caso di salvezza. Il traguardo il club inglese lo raggiunge, ma è un poʼ restio a esercitare il proprio compito. Dopo un lungo tira e molla, le due società trovano lʼaccordo.

    amadei amedeo

    Da garzone del forno del padre a Frascati a punta di diamante di Roma, Inter e Napoli. Fornaretto è un attaccante, nato il 26 luglio 1921, che scappa di casa in bicicletta pur di fare un provino per la formazione giallorossa. Viene naturalmente preso e proiettato subito nel vero calcio. Basti pensare che è il più giovane giocatore a esordire in serie a: ha 15 anni e lʼavversario è la Fiorentina. Non solo. È anche il più giovane marcatore di sempre, segnando un gol al Livorno il 9 maggio 1937. Dal 1936 al 1948 mette a segno 116 reti in 234 gare, meritando lo scudetto nel 1941-1942 e il soprannome Ottavo Re di Roma. È molto legato alla squadra capitolina tantʼè che, una volta ceduto, chiede di non scendere in campo come avversario perché «non può accoltellare la madre». In nerazzurro arriva ormai ventisettenne, ma con un gran voglia di dimostrare quanto vale. In effetti, in due anni, dal ʼ48 al ʼ50, strappa la rete 42 volte in 70 incontri, esordendo il 12 settembre in occasione di Inter-Sampdoria. Nel mentre, si costruisce una solida base in nazionale. Segue lʼesperienza al Napoli di Lauro, dove vi resta per quattro anni come giocatore e cinque come allenatore, vincendo anche un Seminatore dʼOro. In panchina guida anche la Lucchese, il Frosinone e la nazionale italiana femminile. Nel settembre 2012, un anno prima della sua morte, avvenuta a Frascati il 24 novembre 2013 allʼetà di 92 anni, è uno dei primi calciatori a essere inserito nella Hall of Fame della Roma.

    ambrosiana

    Negli anni Venti il regime fascista decide di allungare i propri artigli anche sul mondo del calcio e costringe molte squadre alla fusione. Tra queste, ci sono anche lʼus Milanese e lʼInter. Al governo dà fastidio il nome Internazionale che ha una connotazione comunista e propende per Ambrosiana, che rinvia al patrono della città meneghina. La divisa è bianca con una croce rossa al collo che rappresenta Milano e reca lʼemblema del fascio littorio tipico della dittatura fascista. Nel 1929-1930 vince lo scudetto nel primo campionato a girone unico. Nel 1931 viene rimodellata la denominazione in Ambrosiana-Inter. Vince 2 Tricolori nel 1937-1938 e nel 1939-1940 e 1 Coppa Italia nel 1938-1939. Il 27 ottobre 1945, a margine della guerra, il presidente Carlo Masseroni annuncia il ritorno alle origini con lʼabolizione del nome sostenuto da Mussolini.

    ambu claudio

    Lʼamico di Walter Zenga, quello che gli suggerisce il provino in nerazzurro. Anche lʼattaccante milanese, nato il 2 agosto 1958, proviene dalla Macallesi e vive lʼesperienza interista in due fasi ravvicinate: dal 1976 al 1977 e dal 1979 al 1981. Debutta il 2 gennaio 1977 contro la Roma e colleziona 42 partite e 4 gol. È uno dei protagonisti dello scudetto 1979-1980 e della promozione dellʼAscoli in serie a nella stagione 1977-1978. Nel 1981 è ceduto definitivamente al Perugia.

    anastati pietro

    Questo ragazzo non è da Inter. Qualcuno lo doveva capire prima. Pietro Anastasi nasce a Catania il 7 aprile 1948 e in principio si arrabatta nella formazione etnea della Massiminiana, che porta il nome del fondatore Giuseppe Massimino. Scattante e fantasioso, anche se un poʼ incerto nel palleggio, spicca nella squadra del Varese sul finire degli anni Sessanta. Nel 1968 si scatena unʼasta tra Juventus e Inter per aggiudicarselo: ha la meglio la Vecchia Signora, che sborsa 660 milioni di lire e una cospicua fornitura di compressori per frigoriferi per il presidente Borghi. Pietrino è un attaccante che conosce la porta tantʼè che consegue il titolo di capocannoniere nellʼedizione della Coppa delle Fiere del 1970-1971 e in quella della Coppa Italia del 1974-1975. A livello di collettivo, invece, trionfa in campionato per ben 3 volte. Dopo una lite con il tecnico Carlo Parola, finisce sul mercato rientrando nella trattativa che porta Boninsegna in bianconero. Anastasi debutta nellʼInter il 1° settembre 1976 in una gara di Coppa Italia contro il Palermo. Ormai è sgonfio, appagato, per nulla utile alla causa della compagine meneghina. In un biennio accumula 66 presenze, 13 reti e 1 Coppa Italia. Nel 1978 la Beneamata lo utilizza come pedina di scambio per avere Giancarlo Pasinato dallʼAscoli. A parte la sua centesima marcatura nel massimo campionato italiano, non si fa notare per nulla, cedendo alla voglia di giocare allʼestero, negli svizzeri del Lugano, nel 1982.

    anderson hernanes de carvalho viana lima

    Per la sua rigorosa fede un conduttore televisivo brasiliano lo battezza O Profeta. Hernanes nasce a Recife il 29 maggio 1985 e si forma nelle categorie di base del San Paolo, destreggiandosi come regista di centrocampo e come esterno. Dopo un periodo di formazione, conquista 2 scudetti e 2 Bola de Prata e viene definito dal «Times» come miglior giocatore Under 23 in circolazione. Attrezzato di una grande gestione della palla e di unʼottima capacità di calciare sia con il piede destro sia con il sinistro, nellʼestate del 2010 firma un contratto di cinque anni per la Lazio. Disputa tre anni e mezzo ad alti livelli, vincendo anche unʼedizione della Coppa Italia. A gennaio del 2014 lʼInter vuole che diventi il suo trequartista e per questo versa 18 milioni di euro nelle casse biancocelesti pur di assicurarselo. Debutta il 9 febbraio 2014 nella partita di campionato contro il Sassuolo e in un biennio riunisce 50 presenze e 2 reti. Il funambolico calciatore alla fine del mercato estivo del 2015 tradisce i tifosi nerazzurri e approda alla Juventus.

    angelillo antonio valentin

    Con la sua faccia sporca lʼangelo di Buenos Aires incanta tutti i suoi estimatori nel corso della Coppa America del 1957. Ha solamente ventʼanni quando è chiamato a superare lʼoceano Atlantico per sbarcare in Europa, in quellʼInter di Angelo Moratti che a poco a poco salirà sulle vette più alte dʼItalia e del mondo. Inizialmente i 90 milioni di lire spesi per tesserarlo sembrano un vuoto a perdere: Angelillo fa fatica ad ambientarsi al clima e alla lingua. Poi, però, qualcosa va per il verso giusto: fa le prime amicizie, scopre le sue origini potentine e soprattutto vede la porta come ai tempi del Boca Juniors. La fortuna e il talento lo assistono nella stagione 1958-1959 quando segna 33 reti in altrettante gare e infila addirittura una cinquina alla Spal con un ginocchio malandato. Tutti record che in un girone a diciotto squadre rimarranno illibati. La convivenza con Livio Fongaro ed Enea Masiero lo porta a condurre una vita fatta di sprechi e vizi, almeno fino a quando non sʼinnamora della ballerina Attilia Gironi, in arte Ilya Lopez, colei che comprometterà la sua permanenza in nerazzurro. È il 1961 quando lʼavvento di Helenio Herrera sulla panchina dellʼInter mette in crisi il prolifico attaccante argentino. Dopo 127 presenze e 77 reti, è costretto a cambiare aria a causa dei suoi eccessi e del suo calo di rendimento. Almeno queste sono le illazioni che Habla Habla sciorina pur di farlo andare alla Roma. Completerà il suo profilo professionale militando nel Milan, nel Lecco, nel Genoa e nellʼAngelana. Per merito delle sue discendenze lucane, riesce a ritagliarsi un paio di apparizioni con la nazionale italiana. Divenuto un bravo allenatore e un attento osservatore, fornisce alla Beneamata gli input per arrivare ad Altobelli, Córdoba e Zanetti.

    angloma jocelyn

    Les Abymes, a Guadalupe, nel dipartimento di oltre mare francese, è il luogo dove nasce il 7 agosto 1965 il laterale che trascorre nellʼInter la stagione 1996-1997. Ha corsa, dribbling e un curriculum in cui spiccano scudetto e Champions League con lʼOlympique Marsiglia. Preso dal Torino, la prima volta con la maglia dei Bauscia avviene il 28 agosto 1996 in una gara di Coppa Italia contro il Ravenna. Lʼanno sarà fallimentare, in compenso riesce a raggruppare 46 presenze e 3 reti.

    annibale antonio

    Famoso più per un record negativo piuttosto che per le sue qualità atletiche, il portiere milanese nasce il 10 aprile 1940 e germoglia nel vivaio nerazzurro sul finire degli anni Cinquanta. NellʼInter viene ricordato non per le cinque presenze, ma per un primato singolare, quello del maggior numero di gol subiti da un singolo avversario in una gara di serie a. Gliene fa sei Omar Sivori in occasione della sconfitta per 9-1 contro la Juventus in quel famoso 10 giugno 1961. Il suo nome verrà ricordato principalmente dalle tifoserie di Pisa e Cesena.

    ansbacher luigi

    Avvocato e professore di diritto commerciale allʼUniversità Bocconi di Milano, Luigi Ansbacher è il presidente dellʼInter nella stagione 1913-1914. Lascia il posto a Giuseppe Visconti di Modrone.

    antona piero

    LʼAmbrosiana è la casa della mezzala di Vigevano tra il 1935 e il 1939. Dato alla luce il 5 aprile 1912, esordisce il 6 ottobre 1935 in una partita di campionato contro il Bologna. Acciuffa 55 presenze, 2 reti, 1 scudetto e 1 Coppa Italia, dopodiché viene mandato a Firenze per difendere la maglia dei Viola.

    arena civica

    Si tratta di un impianto sportivo costruito il 18 agosto 1807, realizzato dallʼarchitetto Luigi Canonica. È il catino che ospita le partite casalinghe della Beanamata dal 1930 al 1958.

    ardizzi giovanni

    È la stagione 1918-1919 quando il difensore milanese disputa il campionato lombardo con la maglia nerazzurra. Lʼemozione della prima la prova il 12 gennaio 1919 allorquando lʼInter viene sconfitta per 4-3 dal Milan. Saranno sette le presenze fino a marzo, dopo verrà ceduto al Novara.

    arezzi giuseppe

    Dotato e ordinato tecnicamente e tatticamente, lʼinterno di centrocampo di Pontecurone, nellʼalessandrino, gioca nellʼInter nella stagione 1947-1948, dopo aver speso gli anni migliori nelle fila di Padova, Modena, Varese, Pavia e Alessandria. A Milano raggranella 26 partite e 1 gol segnato nel febbraio del ʼ48 contro la Triestina. Lʼannata di prova non gli garantisce la riconferma e in autunno torna a casa per vestire la maglia dei grigi.

    armano gino

    Le oltre 400 presenze in serie a non bastano per raccogliere un posto in nazionale. Eppure il talento del sobborgo alessandrino Litta Parodi lʼavrebbe davvero meritato. A ventun anni Ginetto mette in valigia dribbling e corsa e si dirige verso Milano, dove lo aspetta a braccia aperte il presidente Rinaldo Masseroni. Esordisce il 10 ottobre 1948 contro il Palermo di Varglien in un incontro che lascia molte perplessità. Il sopraggiungere di Alfredo Foni cambia un poʼ le carte in tavola nello schieramento nerazzurro: il tecnico nel 1952 adotta un cambiamento tattico, inserendo le figure del libero e dellʼala tornante. Il primo è Ivano Blason, mentre il secondo è proprio Armano. Questʼultimo ha il compito di fare la spola dalla difesa allʼattacco, fornendo ai compagni dei palloni invitanti in area di rigore. Con lʼInter vince 2 scudetti e segna 72 reti in 255 match, dopodiché nel 1956 si avvicina a casa, al Torino, alimentando le sue presenze nel campionato italiano. La prima ala tornante del nostro calcio scompare il 29 ottobre 2003 allʼetà di settantasei anni.

    arnautović marko

    Il carattere un poʼ pepato di questo spilungone austriaco, di origini serbe, classe 1989, poteva mettere a repentaglio il suo destino. Dopo le bocciature in molte importanti squadre giovanili viennesi, si ostina a giocare nel Floridsdorfer, la formazione del distretto in cui è nato, riuscendo a vincere il campionato di categoria. Gli osservatori del Twente rimangono incantati dallʼimpetuosità, dallʼagilità, dalla tecnica, dal dribbling e dal destro di questo attaccante e lo portano in Olanda. Nel 1999 subisce una lesione rara al piede destro, una frattura da stress, che lo costringe a rimanere fermo per tanto tempo. In quellʼestate è a un passo dal Chelsea, ma viene scartato nel rituale delle visite mediche. Lo prende la Beneamata in prestito con diritto di riscatto a 10 milioni di euro: la conferma è legata allʼinfortunio. A Milano diventa subito amico di Balotelli, palesando persino lo stesso carattere un tantino folle e svogliato. Mourinho non lo apprezza molto e lo manda in campo solo tre volte di cui il debutto risale al 6 gennaio 2010 contro il Chievo. La società nerazzurra decide di non puntare su di lui e lo rispedisce in Olanda.

    arrigoni luigi

    Del centrocampista di Milano, nato il 14 dicembre 1892, si sa molto poco. È certa la sua presenza in campo, il 3 novembre 1911, nella sconfitta casalinga per 3-2 contro il Genoa.

    asti giuseppe

    Come avviene di frequente nel calcio dei primi anni del Ventesimo secolo, lʼInter adocchia dei giovani di talento dalle piccole formazioni milanesi. Così la punta, nata il 31 luglio 1891, confluisce in nerazzurro dal Minerva nella stagione 1914-1915, gareggiando in tre fasi differenti per un totale di 17 gol in 48 presenze. Esordisce con una rete al Modena lʼ11 ottobre 1914 e trova un posto in prima squadra nel 1919-1920 e nel 1922-1923. Per lui anche una partita in nazionale nel 1920 contro la compagine elvetica. Estinta lʼesperienza interista, decide di ritirarsi.

    astley david john

    A Dowlais, in un villaggio nella contea di Merthyr Tydfil, nasce il forte attaccante degli anni Trenta della nazionale gallese e dellʼAston Villa. Astley, ancora un poʼ acerbo come allenatore, viene chiamato dallʼInter nel 1948. È il 23 maggio quando debutta in panchina contro il Vicenza, prendendo il posto di Carlo Carcano e conducendo il gruppo al dodicesimo posto in graduatoria. Confermato anche lʼanno seguente, dura poco. Il presidente Masseroni, infatti, lo esonera nel gennaio del 1949 dopo una sconfitta contro il Palermo. Raggruppa 25 presenze, divise in 13 vittorie, 7 pareggi e 5 sconfitte. Le ultime esperienze le fa al Genoa e al Djurgårdens, in Svezia. Muore il 7 novembre 1989.

    ausilio piero

    Infortunatosi prestissimo come calciatore, intraprende immediatamente la carriera di dirigente nella Pro Sesto. Nel 1998, a soli ventiquattro anni, diventa prima segretario e poi responsabile dellʼarea ricerca del settore giovanile dellʼInter. Questo ruolo lo svolge per parecchi anni, fino a quando nel 2010 si riscopre manager accanto al direttore sportivo Marco Branca, che sostituirà nel febbraio del 2014.

    azzarini ferruccio

    Ex canottiere, lʼala di Varese nasce lʼ8 novembre 1924 e si distingue nel Verbania, dove conquista la prima divisione piemontese. La velocità, i cross perfetti e i tiri potenti vengono messi al servizio dellʼInter nella stagione 1946-1947. Debutta il 22 settembre 1946 contro la Fiorentina, siglando una delle tre reti del pareggio finale. Alla fine dellʼanno agonistico racimola solamente dieci presenze, poi viene rifilato al Vigevano.

    B

    bacchetti antonio

    Partigiano sulle montagne friulane prima e mezzala sinistra abile ed elegante dopo. Nato il 17 marzo 1923 in provincia di Udine, a Codroipo, durante la Resistenza uccide un uomo, ma viene graziato per motivi politici. Calcisticamente parlando, si mette in bella mostra quando milita nellʼAtalanta, nellʼarco tra il ʼ45 e il ʼ47, diventando nerazzurro pochi anni più tardi. Preso dalla Lucchese, esordisce il 20 febbraio 1949 nel successo esterno per 2-1 contro il Bari. Quattro presenze non bastano per la riconferma e così si trasferisce a Brescia. Tuttavia, è a Napoli che riesce a farsi un nome e un soprannome. I tifosi partenopei, infatti, lo chiamano ’o Cammello per il portamento della sua testa quando aveva il pallone tra i piedi. Passa, poi, allʼUdinese, al Torino, al Crotone e alla Cividalese, dove appende gli scarpini al chiodo. Non lascia il mondo del pallone, anzi, si mette alla ricerca di nuovi talenti da lanciare. Finisce in carcere per aver ucciso il presidente di una squadra giovanile che non aveva pagato le sue prestazioni di negoziatore. Nello stesso carcere muore il 9 maggio 1979, a 56 anni, dopo aver contratto un male incurabile.

    bachlechner klaus

    Il robusto stopper di Brunico, classe 1952, si veste di nerazzurro nel campionato 1981-1982, raggiungendo la vittoria in Coppa Italia. Cresciuto nel Verona e prelevato dal Bologna, il riservato ragazzo delle montagne bolzanine scende in campo per la prima volta con lʼInter il 23 agosto 1981 in occasione del match di Coppa Italia contro il Pescara. Raggruppa 31 presenze e nemmeno una rete, dopodiché fa ritorno a Bologna. In seguito al ritiro, decide di dedicarsi allʼattività di commercialista e contemporaneamente gestisce un residence a Valdaora.

    baggio dino

    Una sola stagione in prestito dalla Juventus nella stagione 1991-1992 per il meno famoso dei Baggio. Cresciuto nelle giovanili del Tombolo e del Torino, il mediano di Camposampiero, nel padovano, nasce il 24 luglio 1971 e ha a stento 20 anni quando viene parcheggiato dai bianconeri sotto il Duomo. Esordisce il 4 settembre 1991 in un impegno di Coppa Italia contro la Casertana e totalizza in una stagione 34 presenze e 2 gol. È un incontrista dedito al sacrificio e allʼinterdizione, arrembante, abile nel gioco aereo e nei calci piazzati. Le sue fortune le deve al Parma, dove fa incetta di trofei nazionali ed europei. Con la nazionale Under 21 vince lʼEuropeo nel 1992.

    baggio roberto

    Nemmeno una santabarbara di infortuni può compromettere il talento così cristallino del ragazzo di Caldogno. Le ginocchia scricchiolano sin dagli albori, pregiudicando seriamente quella che sarebbe stata una carriera luminosa. La forza dʼanimo e la fiducia delle persone che lo circondano saranno fondamentali per resuscitarlo ogni volta che cade a terra. Dal Lanerossi Vicenza alla Fiorentina fino alla Juventus, Baggio saprà rialzarsi con caparbietà, stringendo tra le mani trofei che da piccolo sembravano un miraggio. Ecco, allora, che per il Divin Codino si inseguono il Premio Bravo, lo scudetto, la Coppa Italia, la Coppa uefa, il Pallone dʼOro e il fifa World Player. Tutto sembra in discesa, fino a quando nel 1995 in mezzo alle grane fisiche si intromettono Alessandro Del Piero e Marcello Lippi. Lascia Torino per assecondare le richieste del Milan, dove, dopo il primo anno tranquillo e vincente, deve fare i conti con Arrigo Sacchi, colui che lʼaveva bistrattato ai tempi del Mondiale americano. Cambia aria, difendendo lʼonore del Bologna per il quale mette in rete oltre venti palloni in 30 gare. È il 1998 quando Massimo Moratti vuole inquadrare la sua squadra intorno allʼestro del trentunenne funambolo vicentino. Debutta il 12 agosto segnando lʼultimo dei quattro gol con cui lʼInter strapazza lo Skonto Riga in Champions League. Gigi Simoni gongola finché non si fa cacciare, lasciando il povero Baggio in balìa di tecnici sconclusionati. Lʼanno seguente la ciliegina sulla torta la mette Marcello Lippi, che ha sempre affermato un palese disamore nei suoi confronti. Lo sanno anche i topi di fogna. Eppure Roby metterà in sesto la traballante panchina del tecnico viareggino, segnando la doppietta decisiva che permetterà alla Beneamata di vincere lo spareggio per lʼaccesso in Champions League contro il Parma. Dopo 59 presenze e 17 reti, è consapevole che deve togliere il disturbo, preferendo abbracciare il progetto di Carletto Mazzone a Brescia.

    bagni salvatore

    Correggese, classe 1956, lima gli orpelli per raggiungere la perfezione in serie d, nella squadra del Carpi. Salvatore Bagni è un attaccante dʼassalto, capace di segnare 23 reti in due stagioni, non lasciando indifferenti chi gli lancia un colpo dʼocchio. A Perugia si trasforma in ala destra, contribuendo in maniera sostanziosa al grande salto dai dilettanti alla serie a. Quella dei Grifoni è una squadra intelligente, giovane, in grado di leggere le partite in qualsiasi momento. Nel 1981 giunge lʼofferta irripetibile dellʼInter e così si ritrova per la prima volta in una metropoli. Debutta il 23 agosto nella gara di Coppa Italia contro il Pescara, segnando uno dei quattro gol finali. Rino Marchesi lo retrocede a centrocampo, davanti alla difesa, e lui ringalluzzisce. Battagliero e tatticamente disciplinato, mostra le proprie capacità per 121 volte, siglando 17 marcature. Il suo carattere è una continua miccia: un giorno tira un manrovescio a Müller e un altro ancora arriva alle mani con Radice. I dissidi con la dirigenza nerazzurra lo spediscono a Napoli nellʼestate del 1984, allorquando è chiamato a inventare per il genio Maradona. Nel periodo partenopeo trionfa in campionato e in Coppa Italia nel 1986-1987, perdendo il tricolore nella stagione seguente per un calo nella seconda parte del torneo. I maligni parlano di una spaccatura nello spogliatoio di cui è protagonista, manco a dirlo, il guerriero Bagni. Nel 1988 è di proprietà dellʼAvellino, ma ormai le ginocchia cominciano a scricchiolare e lʼepilogo è dietro lʼangolo.

    bagnoli osvaldo

    Campione dʼItalia con il Verona, il mago della Bovisa viene assunto da Ernesto Pellegrini nellʼestate del 1992. Si affida a un centrocampo di gregari come Manicone e  alimov, ma può far leva su attaccanti stimati e stimabili come Rubén Sosa, Schillaci e il vice Pallone dʼOro Pančev. I primi due riescono a mantenere ritmi più che discreti, tuttavia il terzo si rivela un autentico ramarro. O un bidone, per non essere buoni. La pazienza di Bagnoli ha un limite e a un certo punto esaurisce tutta la sua mitezza e lo accantona. LʼInter infila una serie di vittorie, ma non riuscirà a raggiungere il Milan in testa alla classifica. Lʼanno successivo si fa esonerare alla ventiduesima giornata di campionato, non tornando più alla

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