Le 101 partite che hanno fatto grande la Juventus
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In novanta minuti si può condensare un’intera vita. Una vita fatta di attesa, trepidazione, strategia, tecnica; e poi ancora emozioni, fatica, sofferenza e cuore in gola fino al triplice fischio finale. Ma per condensare la storia della grande Juventus servono almeno 101 intervalli di novanta minuti. 101 partite in cui la vita bianconera ha fatto un improvviso salto in avanti, ha spostato i suoi confini e la sua gloria ancora più in là. Alcune partite, meglio di altre, hanno scritto la storia del club. Una storia che inizia agli albori del secolo e che arriva fino a oggi: 101 “novanta minuti” di irripetibile intensità, 101 urla di gioia, 101 attimi che hanno reso grande la Juventus.
Claudio Moretti
è autore del programma televisivo Sfide dal 2007. Scrive programmi per la televisione da dieci anni. È sposato e ha due figli. La sua fede bianconera è stata messa a dura prova nel 1995 con la cessione di Roby Baggio. Dopo un rapido calcolo ritiene di aver visto più di 1200 partite della Juve… finché una sera la figlia Martina, di cinque anni, gli chiede: «Papà, a che servono le partite?». Già, a che servono le partite? 101 sono un inno alla bellezza della vita. Le altre 1099? Sono la ricerca della bellezza. Con la Newton Compton ha pubblicato cinque libri in bianconero: 1001 storie e curiosità sulla grande Juventus che dovresti conoscere, I campioni che hanno fatto grande la Juventus, La Juventus dalla A alla Z, Forse non tutti sanno che la grande Juventus… e 101 partite che hanno fatto grande la Juventus.
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Le 101 partite che hanno fatto grande la Juventus - Claudio Moretti
522
Prima edizione ebook: ottobre 2017
© 2017 Newton Compton editori s.r.l.
Roma, Casella postale 6214
ISBN 978-88-227-1481-7
www.newtoncompton.com
Realizzazione a cura di Librofficina
Claudio Moretti
Le 101 partite che hanno fatto grande la Juventus
Illustrazioni di Thomas Bires e Fabio Piacentini
Indice
INTRODUZIONE. CINETECA BIANCONERA
PARTE PRIMA
1. LA PRIMA VITTORIA NON SI SCORDA MAI
2. LA PRIMA COPPA
3. PRIMO SCUDETTO IN CONTUMACIA
4. LA CINQUINA DI HIRZER
5. …E DUE
6. IL CASO ALLEMANDI
7. UN… DICI NULLA?
8. CAMPO TESTACCIO PERDE LA SUA VERGINITÀ
9. IL DERBY D’ITALIA ANTE LITTERAM
10. LA GRANDE ABBUFFATA
PARTE SECONDA
11. FARFALLINO PUNGE COME UN’APE
12. SANTA RITA E IL MIRACOLO DELLA PRIMA COPPA
13. LO SCIOPERO
14. LA COPPA TRA LE BOMBE
15. DERBY DI GUERRA
16. LE PRIME DUE MUCCHE PER BONI
17. IL BATTESIMO DI HANSEN
18. PAROLA ROVESCIA IL CALCIO
19. IL NANO E IL GIGANTE
20. LA JUVE SPINGE LA ROMA IN B
PARTE TERZA
21. NEMICI PER LA PELLE
22. I GRIFONI E I RIGORI BENEDETTI
23. boniperti più in alto di farfallino
24. LA STELLA
25. DOUBLE
26. LA MADRE DI TUTTE LE POLEMICHE
27. MATARE IL REAL
28. HH1 vs HH2
29. IL CAPOLINEA DELLA GRANDE INTER
30. PAPERE E OPERAI AL FOTOFINISH
PARTE QUARTA
31. NOTTE DI COPPE DI CAMPIONI
32. DIO ZIGO VS IL DIAVOLO
33. LA GIORNATACCIA DI LO BELLO
34. QUEL DERBY DEDICATO A PICCHI
35. COPPA ADDIO
36. TUTTO HA UN INIZIO
37. C’È UN CAPELLO NELL’ANTIPASTO
38. LA MALATTIA DI BETTEGA
39. TRE VOLTE BARONE
40. ANASTASI E LA STATUA DI CERA
PARTE QUINTA
41. VOCE GROSSA IN EUROPA
42. LA PARTITA A POKER
43. ROCAMBOLESCA GIOSTRA DEL GOL
44. ’O LIONE DOMATO
45. JOSÉ, CORE ’NGRATO
46. ALL’INFERNO I DIAVOLI ROSSI
47. SCACCIAPENSIERI
48. EUROJUVE
49. TESTA A TESTA SOTTO LA MOLE
50. IL BELL’ANTONIO ROMPE IL DIGIUNO
51. UN PO’ DI BRIO IN ATTACCO
52. LA QUESTIONE DI CENTIMETRI
53. GHIACCIO BRADY
PARTE SESTA
54. BELLO DI NOTTE
55. MAGGICA
ESPUGNATA
56. BAGARRE A ŁÓDZ
57. LA COPPA DI CONSOLAZIONE
58. UNA NUOVA VITA
59. UNA FOGLIA MORTA
60. PABLITO ALL’ULTIMO RINTOCCO
61. IL BENIAMINO DELLA COPPA
62. UNA NOTTE SUPER
63. SOGNO E TRAGEDIA ALL’HEYSEL
64. LA COPPA DEI DUE MONDI
65. IL LUNGO BRIVIDO DELL’86
PARTE SETTIMA
67. REGINA DI COPPE
68. AGGRAPPATI AL CODINO
69. POESIA E KO
70. OLTRE IL BIANCO E IL NERO
PARTE OTTAVA
71. LA VENDETTA CON LA STORIA
72. SFIDA AL TABÙ
73. ALEX COME MICHEL
74. L’ANIMA BIANCONERA
75. LUNGA VITA ALLA REGINA
76. LE CENTO CANDELINE BIANCONERE
77. IL FENOMENO CE L’ABBIAMO NOI
78. 5 MAGGIO: CHIEDI ALLE STELLE
79. ATTACCO D’ARTE
80. GOL E LACRIME DA CAMPIONI
PARTE NONA
81. PER PAPÀ VACLAV E PER IL PALLONE D’ORO
82. MAMMA PRIMA TIFOSA
83. LA LINGUACCIA ALLO SCUDETTO
84. DA BARI A BARI
85. APPLAUSI AL BERNABÉU
86. ALEX… OLTRE BONI
87. NASCITA DI UNA CASA
88. ALEX, ADDIO
89. LE STRADE DELLO SCUDETTO SONO INFINITE
90. TÉVEZ!
91. AL RISTORANTE DA CENTO EURO
92. LA DECIMA
PARTE DECIMA
93. ’U PICCIRIDDU È UN GIGANTE
94. BUFFON SUONA LA CARICA
95. THRILLER VIOLA
96. LA REGOLA DEL 5
97. DUE PER DUE
98. MA LA JUVE SARÀ MAI SAZIA?
99. SCAMBIO DI MAGLIA PRIMA DEL MATCH
100. IL DOPPIO RECORD ASSOLUTO
101. DYBALA: 10 NATO
BIBLIOGRAFIA
A Benedetta, Martina e Michele,
in ordine di apparizione,
per rendere materiale da cineteca
ogni scena della nostra vita.
Si ringrazia Fabio Purgatori per la preziosa collaborazione nelle ricerche e nella stesura del testo.
INTRODUZIONE
CINETECA BIANCONERA
Difficile scegliere tra 4242 partite (al momento di andare in stampa).
Diciamo che potremmo sottrarre le 842 sconfitte.
Ma non è che sia una svolta: siamo ancora a 3400.
E quindi? Come fare a scegliere solo 101 partite in mezzo a una mole simile di incontri?
Ci viene in soccorso il signor Bolesław Matuszewski, pioniere del cinema in Polonia, poi emigrato in Francia.
Nel 1897 era lì che pensava a come raccogliere e collezionare i film, una sorta di museo cinematografico
, per consegnare ai posteri i capolavori del cinema.
Proprio nello stesso anno, a pochi chilometri di distanza, un gruppetto di ragazzi, seduti su una panchina, decidevano di fondare la Juventus. I due eventi, accaduti sotto lo stesso ombrello storico, finirono inevitabilmente per attrarsi: i pionieri della Juve avrebbero fondato una squadra capace di riempire l’immaginario collettivo di ricordi memorabili, e il polacco avrebbe gettato il seme per le moderne cineteche.
Ed ecco che proprio ispirati dal signore polacco è possibile scegliere solo 101 partite (su 4242) da inserire nella Cineteca Bianconera per consegnarle ai posteri.
Non sarà mica un caso che il Museo nazionale del Cinema sorge proprio a Torino?
PARTE PRIMA
combi.jpg1. LA PRIMA VITTORIA NON SI SCORDA MAI
GINNASTICA TORINO vs JUVENTUS 0-2
18 marzo 1900
STAGIONE
1899-1900 – Campionato Federale – Eliminatorie – 1° turno – 2ª giornata
Torino – Campo di Piazza d’Armi
GINNASTICA TORINO:
Cominetti, Masserano, De Giuli, De Donatis, Durante, Bonfante, Manfredi, Arese, Garabello, Scaffone, Ravelli.
JUVENTUS:
Nicola B., Armano G., Chiapirone, Donna, Rolandi, Varetti, Malvano, Canfari, Forlano, Ferrero C., Nicola C.
ACCADDE QUEL GIORNO:
Cinque ragazzi olandesi fondano l’Ajax.
Traboccanti di emozione e ardore, i soci del club juventino si dispongono sul rettangolo polveroso di Piazza d’Armi, davanti a un pubblico sparuto ma estremamente incuriosito. Il presidente Enrico Canfari gioca da terzino, mentre in porta ci va il laureando in chirurgia Beniamino Nicola, segnato sui tabellini come Nicola
I
per distinguerlo dal fratello minore Costantino, detto appunto Nicola
II
, il quale si piazza sulla linea mediana. Lì di fianco prende posto il sedicenne Umberto Malvano, futuro ingegnere e futuro presidente del club, mentre in avanti c’è il più abile della truppa a fare gol, vale a dire il quindicenne Luigi Forlano. Non va poi dimenticato l’attaccante Domenico Donna, che all’epoca ha solo diciassette anni e ancora frequenta il liceo Massimo d’Azeglio, ma che farà in tempo a diventare un brillante avvocato. Nonostante la giovane età, Domenico è uno tosto e sarà lui a caricarsi la squadra sulle spalle per ben undici stagioni, compresa quella del primo scudetto bianconero, tanto che alla fine si dirà: «La Juventus ha dieci giocatori. E poi ha Donna».
All’alba del nuovo secolo, il neonato Sport-Club Juventus era stato invitato a debuttare nel campionato federale di prima categoria. All’epoca nel vocabolario italiano la parola calcio
non aveva ancora assunto una connotazione sportiva e così, per dare un nome a questa stramba disciplina in cui si prende a pedate un pallone di cuoio, bisogna ricorrere al termine inglese football
. Il football rappresentava la novità del momento, ma si trattava pur sempre di uno sport semisconosciuto e di matrice prettamente estera, che i pionieri juventini stavano imparando a giocare con generosa dedizione, copiando le mosse degli svizzeri e degli inglesi che lavoravano nelle fabbriche torinesi di pizzo e merletti. Durante le pause, gli operai stranieri si divertivano infatti a organizzare in piazza delle partitelle che finivano immancabilmente per attirare l’attenzione di tutti.
Tenendo gli anglosassoni e gli elvetici a modello, gli appassionati soci della Juventus si erano allenati per tre anni nel palleggio e nella corsa, giocando e perfezionandosi di giorno in giorno, tanto che ormai si sentivano pronti per il grande passo. A deciderlo era stato il giovane presidente e fondatore Enrico Canfari, che raccolse il guanto di sfida lanciato dal F.C. Torinese e accettò di iscrivere per la prima volta la sua squadra al campionato organizzato dalla
FIF
, la Federazione Italiana del Football. Non prima però di aver fatto indossare agli juventini una divisa da gioco nuova di zecca, composta da pantaloni lunghi di colore nero, elegantissimi, ai quali venne abbinata una camiciola di percalle sottile a maniche lunghe color rosa vivido e in ultimo, come tocco di classe, una cravatta rigorosamente nera, o in alternativa un farfallino della stessa tonalità.
Vestiti di tutto punto, il ventiduenne Canfari e i suoi compagni potevano finalmente dare inizio alla loro avventura nella terza edizione in assoluto del torneo nazionale. Il football dei grandi si rivelò tuttavia un ambiente meno ospitale del previsto e la Juventus, dopo aver riposato nella prima giornata, finì per macchiare il suo debutto in campionato con una sconfitta, seppur di misura, contro gli energumeni del F.C. Torinese. Ma una settimana più tardi, precisamente il 18 marzo 1900, gli sconfitti del secondo turno eliminatorio possono già rifarsi fronteggiando i ragazzi della Ginnastica Torino.
La Ginnastica Torino, che indossa una vistosa casacca blu con una striscia rossa orizzontale, è una compagine temibile e ben più rodata di quella juventina, ma i ragazzi in rosa stavolta ci tengono a fare bella figura e soprattutto a ottenere la loro prima vittoria in una gara ufficiale. Sfruttando al meglio le loro rudimentali conoscenze tecniche, i pionieri della Juve riescono con caparbietà a volgere la partita a proprio favore, sbarazzandosi infine dei concittadini per 2 reti a 0. La vittoria è sensazionale e attira addirittura le attenzioni della carta stampata. Canfari, Donna e tutti gli altri si sono infatti meritati un trafiletto su La Stampa, che il mattino seguente esce con queste righe: «Ieri, nonostante il vento, si giuocò in Piazza d’Armi la terza partita eliminatoria. Si incontrarono la squadra della Ginnastica
e quella della Juventus
, che vinse facilmente con goal due a zero. Il Club Juventus
era rappresentato dai signori: Nicola C., Ferrero, Forlano, Canfari, Malvano, Varetti, Rolandi, Donna, Chiapirone, Armano e Nicola B.; la Ginnastica
componevasi dei signori: Ravelli, Scaffone, Garabello, Arese, Manfredi, Bonfante, Durante, De Donatis, De Giuli, Masserano e Cominetti». Nessuna menzione riguardo i marcatori dell’incontro, che a tutt’oggi rimangono sconosciuti, benché sia molto probabile che almeno uno dei gol sia stato opera del giovanissimo bomber Luigi Forlano.
Il forte vento di Piazza d’Armi ha soffiato nelle vele dei debuttanti juventini, portandoli a raggiungere con merito il loro primo storico successo: il primo di una lunga serie di trionfi per i bianconeri del futuro. Peccato solo che domenica 8 aprile, nell’ultimo turno delle eliminatorie, i bruti del F.C. Torinese infrangeranno impietosamente le velleità delle camicie rosa per 2 reti a 1 e la Juve sarà costretta a dire addio al campionato federale.
Da queste primissime prove generali, la Signora del calcio italiano ha imparato a stare sotto i riflettori, tanto che il monologo che ancora oggi le riesce meglio si intitola Vittoria
. Non a caso, andando a sbirciare sul colletto delle attuali casacche zebrate, appare scritto in piccolo un celebre motto:
VINCERE NON È IMPORTANTE, È L’UNICA COSA CHE CONTA
.
2. LA PRIMA COPPA
JUVENTUS vs MILAN 2-2 (3-3 d.t.s.)
2 novembre 1902
Finale Coppa Città di Torino
Torino – Velodromo Umberto
I
JUVENTUS:
Armano, Canfari, Donna, Durante, Ferrari, Forlone, Goccione, Malvano, Muetzell, Varetti, Vigo.
MILAN:
Ermolli, Hood, Kilpin, Angeloni
I
, Camperio
II
, Walty, Angeloni
II
, Gregoletto, Madler, Suter, Davies.
ARBITRO:
Calì
II
.
ACCADDE QUEL GIORNO:
Nasce la principessa Mafalda di Savoia, figlia di Vittorio Emanuele
III.
Siamo sul finire del 1902 e in Europa non si fa che parlare di un film stranissimo e ricco di colpi di scena realizzato da un certo Georges Méliès. Le sequenze surreali e fantascientifiche di Le Voyage dans la lune sono sulla bocca di tutti e la pellicola ha finito per sbarcare perfino in America, distribuita illegalmente da un pirata di nome Thomas Edison. Ma tornando dalla Luna alla Terra, in quel di Torino è una magica squadra che pratica il football a far molto parlare di sé. Il 2 novembre del 1902, in particolare, tutti i riflettori sono puntati su questo sport innovativo che si gioca prendendo a calci un pesante pallone di cuoio. In quel freddo pomeriggio autunnale, là dove oggi s’incrociano corso Duca degli Abruzzi e via Amerigo Vespucci, l’ampio ovale del velodromo Umberto
I
non è invaso da moto o biciclette, ma appare allestito con porte di legno e righe di gesso in terra a formare un perfetto rettangolo da gioco. L’impianto sportivo più prestigioso dell’intero Piemonte è pronto per ospitare la finale del torneo quadrangolare di calcio intitolato Coppa Città di Torino.
È trascorso appena un lustro da quando un manipolo di imberbi liceali ha dato vita allo Sport-Club Juventus ma molte cose sono accadute in quella stagione: gli juventini hanno cambiato pelle e hanno indossato delle inedite casacche a righe verticali bianche e nere, gradito regalo venuto da oltremanica, inoltre sono capaci di accedere con merito alla finalissima del torneo nazionale, che ha luogo il 13 aprile 1903 sulla terra battuta di Ponte Carrega, in quel di Genova, di fronte a un pubblico composto da poche centinaia di curiosi. Tuttavia, alla fine della fiera, l’encomiabile e gagliardo zelo dei bianconeri non è sufficiente a impedire la bruciante sconfitta per 3-0 contro i padroni di casa del Genoa Cricket and Football Club, che si riconferma campione d’Italia per la quinta volta.
La delusione è indicibile, inutile nasconderlo, ma per fortuna un’altra importante gratificazione sportiva sta per concretizzarsi, a coronamento di un momento storico che finalmente vede la giovane Juventus combattere ad armi pari con le grandi d’Italia.
E torniamo così a quel 2 novembre 1902. Appena il giorno prima, lo Sport-Club Juventus ha soffiato sulla sua quinta candelina e adesso vede scritto il proprio nome fra le due squadre finaliste del torneo. Nella semifinale disputata il 24 ottobre, infatti, gli ex studenti del liceo d’Azeglio hanno spazzato via i concittadini dell’Audace. Le cronache parlano di una schiacciante superiorità juventina nel corso del primo tempo, con un 3-0 talmente netto che gli avversari, memori anche di un 6-0 subìto otto mesi prima in campionato, hanno deciso addirittura di non ripresentarsi in campo una volta finito l’intervallo.
Nell’altra semifinale è il Milan Football and Cricket Club a spuntarla. I lombardi allenati da mister Herbert Kilpin sono pronti a calcare il terrapieno del velodromo Umberto
I
, consapevoli di essere unanimemente riconosciuti come una delle squadre più forti d’Italia, oltre che una delle compagini con più stranieri tra le proprie fila. Per quanto riguarda la Juve, i liceali che solo cinque anni prima hanno ufficializzato la fondazione del club sono ormai cresciuti, ciò nonostante la formazione appare ancora composta da studenti, per lo più universitari, ai quali da più parti si imputa una certa mancanza di malizia: qualità indispensabile se si vuol sperare di farla franca contro gli scafati volponi inglesi del Milan.
L’arbitro dell’incontro è il baffuto Francesco Calì di Riposto, meglio noto come Franz, perché la sua famiglia era emigrata in Svizzera dalla Sicilia in cerca di fortuna, dopo che un assalto di pirati aveva messo in ginocchio l’azienda vinicola del padre. Storia bizzarra, quella del signor Franz Calì, che in Svizzera aveva appreso i segreti del football e appena l’anno precedente, ossia nel 1901, aveva fatto ritorno in patria e si era stabilito a Genova, dove aveva giocato insieme al fratello Salvatore con i campioni d’Italia del Genoa, perdendo la finale del quarto campionato di calcio proprio contro il Milan, con un rotondo 4-1 che per lui e per tutti i genoani aveva il sapore amaro della beffa. Non perdendosi d’animo e lisciandosi le punte dei folti mustacchi corvini, nel febbraio seguente (vale a dire nove mesi prima di essere chiamato ad arbitrare la finale della Coppa Città di Torino), Calì era passato all’Andrea Doria in qualità di giocatore e allenatore. Franz terminerà la sua carriera agonistica proprio tra le schiere dei biancoblù doriani e farà anche in tempo a segnalarsi come il primo capitano di sempre della Nazionale italiana, indossando la pregiata fascia nel corso della storica amichevole che si disputerà all’Arena di Milano contro la Francia, il 15 maggio 1910. Gli Azzurri, che per l’occasione vestiranno maglie di tessuto bianco in quanto meno costoso di quello colorato, vinceranno la loro prima partita con un roboante 6-2 e anche nel corso della seconda partita, il 26 maggio 1910 contro l’Ungheria, l’undici nazionale sarà nuovamente capitanato da Francesco Calì. Motivo della scelta: perché lui è un giocatore assai scaltro, merito dei suoi ventotto anni di età, ma soprattutto perché Franz è l’unico in campo a conoscere le lingue straniere!
Ecco che le formazioni del Milan Cricket e dello Sport-Club Juventus si affacciano sul campo dove l’austero signor Calì da Riposto è in piedi ad attenderle. In un campionato non ancora organizzato a girone unico, bensì suddiviso per aree geografiche di appartenenza con turni eliminatori, le occasioni per sfidare squadre di altre regioni sono ben poche, ma la Coppa Città di Torino offre finalmente la possibilità di togliersi alcuni sassolini dagli scarpette. La Juve si presenta sul rettangolo di gioco con Armano, Canfari, Donna, Durante, Ferrari, Forlano, Goccione, Marano, Muetzell, Varetti e Vigo. Risponde il Milan con Ermolli, Hood, Kilpin, Angeloni, Camperio, Walty, Angeloni, Gregoletto, Madier, Suter e Davies.
Il direttore di gara fischia l’inizio e la partita diventa subito un affare di Stato: gli inglesi di mister Kilpin e del presidente Alfred Edwards contro gli studenti di Enrico Canfari e di suo fratello Eugenio, che a bordo campo sta facendo un tifo indiavolato. Al 90’, dopo un doppio botta e risposta, il risultato resta inchiodato sul 2-2. Si passa dunque ai supplementari, che però non spostano di molto gli equilibri: un altro gol per parte e 3-3 allo scadere del tempo regolamentare.
A questo punto i presenti si guardano attoniti e interrogativi. Dichiarare un ex aequo sarebbe impensabile nel caso di un trofeo come la Coppa Città di Torino, ma anche decidere la tenzone utilizzando la lotteria dei rigori è un qualcosa di molto distante dalla sensibilità calcistica dell’epoca. Interviene a sbrogliare l’impasse il solito signor Calì, che lisciandosi il baffo puntuto propone di giocare a oltranza finché qualcuno non segni una rete. Senza saperlo, l’arbitro doriano inventa il Golden Goal con 90 anni di anticipo!
L’idea non dispiace affatto ai calciatori in rosa, mentre gli sfidanti rossoneri mal digeriscono il suggerimento di Franz Calì e così, dopo un fitto conciliabolo, decidono di abbandonare il campo e di tornarsene stizziti a Milano, lasciando alla Juventus vittoria e coppa. Una vittoria e una coppa davvero rocambolesche.
Molti dei ragazzi in pantaloncini che hanno preso parte all’impresa, presto saranno costretti a vedere gli orrori della guerra e alcuni – come Enrico Canfari – non faranno più ritorno dal fronte, ma in questa rigida giornata di novembre ci si può scaldare facendo festa intorno a un trofeo di prestigio: il primo della storia bianconera.
3. PRIMO SCUDETTO IN CONTUMACIA
US Milanese vs Genoa Cricket and Football Club 2-2
9 aprile 1905
MARCATORI:
Meazza, Pollak, Meazza, Pollak.
ACCADDE QUEL GIORNO:
L’aviatore svizzero Armand Dufaux prepara il primo volo in elicottero.
Nello sport capita talvolta che le sorti di un’intera stagione siano decise da una partita altrui, ossia che dal risultato di una sfida fra due squadre avversarie possa dipendere il tuo trionfo o la tua disfatta. È il caso del primo scudetto bianconero, quello del 1905, conquistato appunto mentre i calciatori della Juve si trovavano nelle loro case per rispettare un turno di riposo.
La storia di quella partita ha inizio alla vigilia dell’ottava edizione del campionato nazionale, con il club torinese che si presenta sui blocchi di partenza da vicecampione uscente, dopo la cocente beffa che si era consumata proprio all’ultimo atto della stagione precedente: allorché un rinvio fortuito, scoccato dal terzino genoano Étienne Bugnion dalla sua metà campo, venne catturato dal vento di marzo che spirava forte sul campo ligure e si tramutò in una parabola maledetta che finì per insaccarsi alle spalle del disattento portiere bianconero Luigi Durante, regalando al Genoa Cricket and Football Club il suo sesto titolo italiano in sette anni.
Quell’assurdo 1-0 nella sfortunatissima finale del 1904 ancora brucia nello stomaco e nella memoria di tutti gli juventini, ma adesso c’è da rimboccarsi le maniche e prepararsi a dovere per le prossime sfide, evitando inutili autocommiserazioni. La Zebra è pronta a vendere cara la pelle, tuttavia si capisce fin da subito che questa nuova annata sportiva sarà fausta e ricca di cambiamenti positivi. Il primo cambiamento riguarda la formula stessa del campionato federale di Prima Divisione, con l’introduzione di un girone nazionale nel quale si affronteranno le squadre vincitrici dei tre tornei regionali, in sostituzione della classica finale singola adottata fino alla stagione precedente. Il secondo cambiamento avviene nell’organizzazione societaria della giovane Juventus, con il ricco imprenditore svizzero Alfred Dick che fa il suo trionfale ingresso nella stanza dei bottoni bianconera, assumendo il ruolo di presidente. Il signor Dick offre immediatamente un segnale inequivocabile della propria determinazione stipulando un lungo contratto d’affitto per l’utilizzo del prestigioso velodromo Umberto
I
, in modo tale che la Juve possa vantare un tempio adeguato ai suoi desideri di vittoria e alla sua malcelata brama di vendetta. Sbrigata questa pratica, l’ambizioso neopresidente svizzero decide anche di mettere mano alla rosa bianconera inserendo molti calciatori stranieri, alcuni dei quali – come il suo connazionale Paul Arnold Walty, lo scozzese Jack Diment e l’inglese James Squire – diverranno ben presto i perni inamovibili della rinnovata Juventus. A questo punto non resta che tagliare il nastro dell’ottavo torneo nazionale di football.
In questa edizione le partecipanti sono solamente sei, o per meglio dire cinque: perché i ragazzi del F.C. Torinese, acerrimi rivali dei bianconeri da diverse stagioni, decidono all’ultimo momento di ritirarsi dalla competizione per motivi tuttora ignoti. Senza versare una goccia di sudore, la Juve ringrazia per il forfait e passa il turno eliminatorio della regione Piemonte con un 3-0 a tavolino sia nella partita di andata sia in quella di ritorno. Nel frattempo, in Liguria, all’imbattibile Genoa basta un singolo gol per spuntarla nel doppio confronto con l’Andrea Doria. Ben altra storia nel girone lombardo, dove una sorprendente matricola del campionato, l’Unione Sportiva Milanese, fa fuori il blasonato Milan al termine di uno spettacolare duello al cardiopalma caratterizzato da grandinate di gol in ambedue i confronti: tre per parte nel pareggio di andata e ben 7 reti a 6 nella decisiva partita di ritorno.
Si arriva così alla novità del 1905, vale a dire al girone triangolare che dovrà incoronare la squadra campione d’Italia. La cenerentola meneghina non riesce a ripetere l’impresa delle eliminatorie e perde fragorosamente i primi tre incontri, uno col Genoa e due contro la Juve, mentre gli scontri diretti fra grifoni e bianconeri terminano entrambi in parità, ogni volta per 1-1. È dunque giunto il momento di giocare l’ultima gara del girone finale, che vede la spaurita
US
Milanese contrapposta ai campioni uscenti del Genoa Cricket and Football Club. I ragazzi del presidente Dick, infatti, hanno fatto il possibile e ora sono costretti a restarsene a Torino con le mani in mano, in trepida attesa di conoscere quale fato decideranno di riservare loro gli insondabili dèi del Calcio.
La palla è rotonda, recita un famoso adagio calcistico a sottintendere l’incertezza di ogni risultato. Eppure, quel 9 aprile 1905, nessuno si sarebbe mai sognato di scommettere una lira sulla vittoria del Davide lombardo contro il Golia rossoblù. Il Genoa è uno squadrone abituato a vincere e per di più ha il vantaggio di giocare in casa, mentre la
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Milanese è una parvenu alla prima ribalta e fa quasi tenerezza vedere i suoi componenti guadagnare il campo timorosi, con le loro buffe casacche a quadrettoni bianchi e neri: che poi sono il motivo per il quale tutti li chiamano gli scacchi
. A ogni modo, per quanto le quotazioni indichino i genoani come strafavoriti, il match è ancora tutto da giocare e infatti, una volta che l’arbitro ha fischiato l’inizio, tutti i presenti si accorgono immediatamente che i milanesi non sono scesi fino a Genova per perdere la loro quarta partita consecutiva. I ragazzi che indossano i medesimi colori sociali juventini danno battaglia su ogni pallone e la sfida appare molto più equilibrata di quanto si potesse immaginare alla vigilia. I padroni di casa riescono a siglare due reti, ma gli scacchi trovano sempre il modo di fare una contromossa vincente e così, al termine dei 90 minuti, il risultato è un clamoroso pareggio per 2-2!
Davide ha fatto lo sgambetto a Golia e a gioire sono soprattutto i bianconeri di Torino, che si aggiudicano in extremis il loro primo titolo nazionale, con 6 punti in classifica contro i 5 del Genoa. In quella splendida domenica di inizio aprile in cui la Juve ha dovuto rispettare un turno di riposo, la
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Milanese ha recitato il ruolo del vendicatore, consegnando l’ambita targa federale nelle mani del presidente Alfred Dick. Un alloro ottenuto in contumacia, certo, ma non per questo meno entusiasmante.
4. LA CINQUINA DI HIRZER
JUVENTUS vs MANTOVA 8-1
20 giugno 1926
STAGIONE
1925-1926 – Campionato di Prima Divisione – Girone eliminatorio, 9a ritorno
Torino – Campo Juventus di corso Marsiglia
JUVENTUS:
Combi, Gianfardoni, Ferrero M., Violak, Meneghetti, Bigatto C., Munerati, Vojak A., Rosetta, Hirzer, Torriani – Allenatore Károly.
MANTOVA:
Rizzi, Ghirelli, Grigoli, Venturin, Negri, Bodini, Barbieri
III
, Prosperi
III
, Preuss, Agostinelli, Rossetti
I
.
ARBITRO:
Carraro.
MARCATORI:
Vojak A. 5’, Hirzer 33’, Hirzer rigore 35’, Hirzer 36’, Hirzer 38’, Hirzer 39’, Munerati 40’, Preuss 75’, Munerati 80’.
ACCADDE QUEL GIORNO:
Negli Stati Uniti al secondo posto tra i libri più venduti c’è Gli uomini preferiscono le bionde, di Anita Loos.
Quando, nel settembre del 2015, il polacco Robert Lewandowski del Bayern Monaco segnò cinque gol in soli nove minuti, tutti gridarono al record. Quello che in pochi ricordano, però, è che quasi novant’anni prima ci fu un attaccante bianconero in grado di fare meglio di lui.
È il 20 giugno 1926 e sulla terra erbosa del Campo Juventus di corso Marsiglia va in scena la nona giornata di ritorno del girone
B
di Lega Nord. La sfida, diretta dal signor Carraro, vede contrapposti i primi in classifica contro gli ultimi della classe e la totalità della carta stampata dell’epoca, prima ancora che la partita abbia luogo, ha già iniziato a vergare un sentito necrologio per la sventurata squadra sfidante. Il piccolo Mantova allenato dal fondatore del club Guglielmo Reggiani, infatti, è costretto ad affrontare nuovamente l’inarrestabile Juve del presidente Edoardo Agnelli, dopo la fragorosa disfatta per 5-0 subita dai biancorossi nel turno di andata. Nessuno pensa neanche lontanamente che i padroni di casa possano essere impensieriti dallo sparring partner lombardo e in effetti i torinesi sbrigano la formalità senza intoppi, facendo strage nella porta mantovana e lanciandosi a tutta velocità verso il secondo scudetto della storia bianconera. Il pieno rispetto dei pronostici della vigilia non tiene però conto che, nel corso di quel match ad armi impari, si verifica un fatto assolutamente incredibile: un fatto che ha le sembianze del capolavoro e che porta la firma di Ferenc Hirzer, il nuovo azzeccatissimo acquisto juventino del 1925-1926.
La gara parte subito in discesa per i bianconeri, grazie al gol che Antonio Vojak sigla dopo appena 5 minuti dal fischio d’inizio. L’1-0, tuttavia, appare ancora un risultato troppo poco aderente alla schiacciante superiorità della Juve allenata dal maestro danubiano Jenó Károly, perciò l’altro ungherese del gruppo, per l’appunto Ferenc Hirzer, reputa sia giunto il momento di mostrare al pubblico qualcosa di memorabile. Il fuoriclasse appena prelevato dall’Altona 93 decide infatti di far valere quella rapidità grazie alla quale si è già guadagnato il soprannome di Gazzella
e al 33’ del primo tempo dà il via al suo personale show.
In soli sette minuti, Hirzer gonfia la rete avversaria per ben 5 volte, facendo perfino in tempo a calciare un rigore al 35’! Gli unici movimenti che è in grado di fare il povero Attilio Rizzi, malcapitato numero 1 biancorosso, sono quelli che lo vedono ogni volta recuperare la sfera dalla propria porta per farla tornare sul dischetto di centro campo, dove il rapace Hirzer sta già scaldando i quadricipiti in vista della prossima implacabile discesa offensiva.
La cinquina dell’asso magiaro lascia tutti a bocca aperta e lui, compiaciutissimo, adesso può comodamente dedicarsi al suo vezzo preferito, che consiste nel pettinare con cura maniacale la sua bionda chioma. Già, perché Hirzer corre a un ritmo talmente indiavolato che i suoi capelli finiscono immancabilmente per scompigliarsi, motivo per il quale lui ha preso l’abitudine di tenere sempre a portata di mano un piccolo pettine, utile a ricomporre la sua ribelle capigliatura e a mantenere un look degno della sua fama.
Dopo il vortice di reti prodotto dalla vanitosa stella bianconera e con un risultato che ormai vede la Juventus condurre per 6-0, la partita può dirsi ampiamente conclusa. A ogni modo c’è ancora parecchio da giocare e a completare l’opera ci pensa la riccioluta ala juventina Federico Munerati, che mette insieme la sua personale doppietta a cavallo fra il primo e il secondo tempo, mentre ai lombardi viene concesso soltanto il gol della bandiera a opera del mediano Andrea Domenico Preuss.
L’impietoso 8-1 di Torino è un risultato non scevro da cruciali implicazioni, perché sprofonda ancor di più i mantovani nelle sabbie mobili della bassa classifica e di contro offre l’abbrivio ideale agli juventini per lanciarsi alla conquista del loro sogno tricolore. Alla fine del girone eliminatorio di Lega Nord, infatti, il Mantova arriverà ultimo e verrà retrocesso in Prima Divisione, mentre la Juventus diventerà campione del Nord e finirà per sbarazzarsi agevolmente dell’Alba Roma, vincitrice