La Juventus dopo calciopoli
Di Silvio Mia
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La Juventus dopo calciopoli - Silvio Mia
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INTRODUZIONE
La Juventus rinasce come l’Araba Fenice dalle sue ceneri, dopo la retrocessione dovuta allo scandalo di Calciopoli, su cui non voglio fare commenti particolari, se non che si è trattato di un massacro mediatico e di una condanna eseguita dopo un processo sommario in cui è prevalsa la fretta di concluderlo, saltando addirittura un grado di giudizio.
Non è calciopoli l’argomento di questo libro, ma gli anni successivi, in cui la Juventus è stata rifondata in tutti i suoi settori, dalla dirigenza, ai giocatori e soprattutto allo Stadio, vero fiore all’occhiello di questa seconda vita della Società.
La Juve, quella vera, quella aristocratica, sabauda e con quello snobismo di inizio novecento, se n’è andata con la scomparsa di Gianni e Umberto Agnelli, i veri fautori di una serie di vittorie che hanno portato la Juventus in cima al Mondo.
I due fratelli sono stati il simbolo della Società che dal 1923 è entrata, come un giocattolo di valore, nelle tante cose possedute dalla Famiglia più importante d’Italia. Alternandosi alla guida, hanno sempre cercato il meglio per quelle maglie a strisce che emozionavano e emozionano, con le loro vittorie, con la loro storia, i tanti tifosi che hanno scelto la Juventus come loro squadra del cuore.
Un nome scelto dopo molte discussioni, che incarna lo spirito della squadra, con il significato della parola.
Juventus vuol dire gioventù, cosa ci può essere di più bello che sentirsi sempre giovani.
La personalità, il carisma di Giovanni il vecchio Patriarca della Famiglia, è servita a Umberto per ricalcarne le gesta, lo spirito vincente, anche se in modo minore, ma con la stessa autorevolezza.
Con lo scandalo del 2006, la Juve, conosciuta da me, che ho 61 anni, è definitivamente scomparsa. Da quell’ estate maledetta è rinata una Società diversa, meno aristocratica e più al passo con i tempi, che fanno dimenticare l’essenza di una squadra nata su una panchina del centro di Torino a fine ottocento, per merito di un gruppo di studenti liceali, appassionati di questo gioco, il Football, arrivato dalla terra di Albione.
Dopo il 2006, è nata una Juve che ha faticato cinque anni per ridarsi uno smalto vincente, cinque anni in cui i tifosi come me, che tutt’altra Società avevano visto negli anni precedenti, facevano fatica a credere che fosse potuta succedere una simile tragedia sportiva per i nostri colori.
Proprio in frangenti come questi, ho potuto verificare con piacere, la solidità di una nave guidata da una Famiglia che ne ha fatto la storia e con tutte le proprie forze ha cercato di ridarle stabilità per evitare che affondasse negli abissi in cui il processo l’aveva cacciata.
Cinque anni in cui sono stati commessi, tanti, troppi errori da parte di una dirigenza e di una Proprietà che si sono trovati improvvisamente in un mare in tempesta e hanno cercato di chiudere le falle con tutti i problemi che ne sono conseguiti. L’inesperienza, la fretta di voler tornare grandi, non sono stati buoni consiglieri e la tempesta, man mano che passava il tempo, sembrava non quietarsi mai, anzi in certi momenti pareva che lo sprofondo aumentasse la sua intensità, ma nonostante tutte le intemperie alla fine si è vista la luce e il cielo ha cominciato a rasserenarsi.
Sulla tolda di comando prima un giovane, il predestinato, l’uomo scelto dall’ Avvocato per assumere incarichi ben più importanti, John Elkann, poi dal 2010, il ritorno in Società di un altro rampollo della Famiglia, un Agnelli, Andrea cugino di John e figlio di Umberto, ha dato una spazzata definitiva alle nuvole minacciose che hanno fatto temere per le sorti della Società.
Il 19 maggio 2010, la comunicazione da parte di John Elkann, che Andrea Agnelli è il nuovo Presidente della Juventus chiude il cerchio e dà alla Juventus la forza e la capacità di poter sperare il ritorno nelle posizioni che il suo blasone chiede. Il lavoro si preannuncia lungo e difficile, ma Andrea sì butta a capofitto nel nuovo incarico e dimostra subito di avere le idee chiare per ripartire.
La situazione tecnica e finanziaria, non è certamente quella che abbiamo visto negli ultimi anni. Gli errori fatti dal ritorno in serie A, sono stati gravi e per rimediare bisogna avere le idee chiare e il polso fermo.
I due cugini non hanno e credo non avranno mai la personalità e il peso dei due fratelli Gianni e Umberto, i tempi cambiano e le cose della vita vanno affrontate in modo diverso, ma la loro determinazione, la loro voglia di riportare in alto la Società dopo anni di frustrazioni, non in linea con il blasone della Juventus, hanno fatto e stanno facendo in modo che i bianconeri negli ultimi sette anni abbiano riconquistato quella solidità e quel rispetto in campo e fuori che avevano sempre avuto.
Voglio solo dire ancora un pensiero rispetto alla squadra per cui da sempre faccio il tifo. La Juve ora è meno Sabauda, ha meno aplomb e la sua aristocrazia è soltanto più per i nostalgici tifosi che come me hanno qualche capello grigio in testa. Ora la Juventus è una Società al passo con i tempi, una grande e basta, mentre prima era la Juventus.
Tornando ad Andrea, il suo primo anno è stato quello della ricostruzione e i risultati sportivi portano un altro settimo posto, ma intanto è stato assunto un nuovo Direttore nella persona di Marotta e un direttore sportivo che tutti ci invidiano, nella persona di Paratici.
In quella prima campagna acquisti, servita per gettare le basi per gli anni futuri, è stato messo alla guida tecnica un allenatore come Del Neri, protagonista di un campionato positivo alla Sampdoria, dove ha raggiunto la qualificazione ai preliminari della Champions League. Del Neri è stato l’artefice del miracolo Chievo, una squadra di un rione di Verona che nel 2001 è salita in serie A, grazie al gioco spumeggiante che questo allenatore ha saputo dare alla squadra. Al timone della Juventus si dimostra subito, di fronte alle prime difficoltà, inadatto a guidare una squadra come quella bianconera, ma porta a termine la sua esperienza e il campionato, nonostante un declino tecnico sempre più marcato.
I giovani John e Andrea, stanno lavorando benissimo, come dicevo la Juventus è tornata ad essere una grande Società, si è dotata di uno Stadio, costruito negli anni dove le difficoltà sembravano non finire mai, con annesso un centro commerciale, un centro medico, un museo, uno store per la vendita del merchandising.
Recentemente ha portato in fase di completamento la costruzione della Cittadella, vicino all’Allianz Stadium nell’area della Cascina della Continassa, dove sorgono, oltre alla nuova Sede Sociale che è stata costruita sui muri della Cascina dismessa e ormai decadente, una scuola, un Hotel e i nuovi campi di allenamento per la prima squadra, mantenendo il settore giovanile nell’area di Vinovo dove è attivo anche JTV, il canale mediatico societario.
Con queste proprieta’ immobiliari, la Juventus ha fatto un salto verso le realtà dei grandi squadroni europei, con cui lotta nel risalire le posizioni anche per quanto riguarda il fatturato, che in questi anni ha avuto un’importante impennata verso l’alto.
Un altro capitolo importante nel racconto del progetto dirigenziale post calciopoli va al bilancio, seguito con attenzione, con spese folli bandite e con utili che fanno stare tranquilli per il futuro societario, nonostante campagne acquisti che hanno portato giocatori sempre più bravi tecnicamente, anche con il sacrificio di campioni che sono serviti per poter arrivare a giocatori acquistati per migliorare la rosa. Quello della vendita di campioni per acquistarne altri è sempre stato un modo per poter fare campagne acquisti di livello, ma con risorse proprie della Società che condivido, perché non bisogna farsi trascinare in aste che porterebbero dei campioni, a discapito della salvaguardia dei conti societari. In questo si vede la mano Sabauda della Famiglia.
Ho cominciato a seguire i bianconeri dall’ormai lontano 1966. Sono stato juventino da sempre, ma troppo piccolo per seguire direttamente attraverso Tv e giornali le vicende calcistiche dei bianconeri e comunque il mio primo anno da tifoso effettivo, si è concluso con la vittoria del 13^ scudetto, avvenuto con il sorpasso sull’Inter all’ultima giornata del campionato 1966-67.
Ho quindi vissuto tutti i cambiamenti che si sono susseguiti in ambito societario e naturalmente tecnico, man mano che gli anni passavano. La Juventus ha saputo diventare un’azienda moderna per i tempi che si vivono, abbandonando e questo vale per tutti, quella vena romantica che accompagnava questo sport, che oggi sarebbe al di fuori della realtà.
In quegli anni il calcio era diverso, si pensava agli avversari come tali e non come entità da distruggere, come purtroppo si sente oggi negli stadi. Un modo di tifare che sovente va oltre quelli che sono i canoni dello sport. Allora quando una squadra italiana era impegnata nelle coppe europee, si faceva il tifo affinchè tenesse alto l’onore dell’Italia e non come oggi, che si spera nella sconfitta della nostra rappresentante e si gode solo quando viene eliminata. Questo aspetto del tifo non mi piace, ma purtroppo è ormai diffuso e quindi nessuno si sente in dovere di sostenere una squadra italiana, quando sa benissimo che non è corrisposto dai tifosi avversari, quando la propria è impegnata oltre confine.
La nascita stessa della Juventus, ha qualcosa di molto romantico, visto che è stata fondata da un gruppo di studenti liceali, su una panchina del centro di Torino.
Gli inizi sono stati difficili, i soldi pochi e le difficoltà tante. Un esempio è dato dal fatto di aver cambiato, nel 1903, i colori sociali. La prima maglia della Juventus, o meglio si trattava perlopiù di camicie con tanto di cravatta, era rosa con appunto una cravatta nera, in stile cricket. A forza di giocare e di lavarle, le maglie sono sbiadite e si sono sgualcite, quindi necessitava la loro sostituzione. L’ordine era stato fatto in Inghilterra, a Nottingham, perché l’idea era quella di adottare delle divise sul modello del Nottingham Forest, prima squadra della città, che aveva le maglie rosse.
Il personale della fabbrica, ricevute le vecchie maglie rosa, visto lo stato, ha pensato si trattasse di maglie bianconere e così a Torino sono arrivate le casacche del Notts Country.
All’arrivo delle maglie si è creduto a un errore e l’idea era di rimandarle indietro per avere quanto richiesto, ma gli eccessivi costi che si sarebbero dovuti affrontare, sono stati determinanti e decisivi per tenerle.
Inoltre con il campionato alle porte, non c’era il tempo