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Racconti per un anno (Ranello e altre favole)
Racconti per un anno (Ranello e altre favole)
Racconti per un anno (Ranello e altre favole)
E-book100 pagine1 ora

Racconti per un anno (Ranello e altre favole)

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Info su questo ebook

Racconti per un anno (Ranello e altre favole) comprende nove favole dedicate ai bambini e ai ragazzi ai quali si augura una buona lettura.
LinguaItaliano
Data di uscita17 apr 2020
ISBN9788831668057
Racconti per un anno (Ranello e altre favole)

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    Anteprima del libro

    Racconti per un anno (Ranello e altre favole) - Michele Città

    633/1941.

    Ranello

    ( me­tà ra­na e me­tà uc­cel­lo )

    Nel lon­ta­no pia­ne­ta di Groel­lo­po­li, abi­ta­to tut­to quan­to da ani­ma­li che sul­la Ter­ra non esi­sto­no, c’era pu­re Ra­nel­lo, co­sì chia­ma­to per­ché era me­tà ra­na e me­tà uc­cel­lo.

    A Ra­nel­lo pia­ce­va tan­to gio­ca­re nel­lo sta­gno e an­che vo­la­re da un al­be­ro all’al­tro per­ché, ap­pun­to, per sua na­tu­ra era ra­na ed era uc­cel­lo. Ma ahi­mè, il suo pia­ne­ta era trop­po pic­co­lo e pie­no di tan­ti ani­ma­li e i più gran­di e gros­si fa­ce­va­no da pa­dro­ne.

    Nel­le gran­di poz­ze d’ac­qua sguaz­za­va­no gli ip­po­fan­ti e su­gli al­be­ri ni­di­fi­ca­va­no i bec­chi­ri­tor­ti, uc­cel­li ver­di e ne­ri che non vo­le­va­no in­tru­si e cac­cia­va­no via Ra­nel­lo, bec­can­do­lo ma­la­men­te.

    Un gior­no Ra­nel­lo vi­de ca­de­re una pic­co­la stel­la su dal cie­lo, chiu­se gli oc­chi e pen­sò in­ten­sa­men­te espri­men­do il suo più gran­de de­si­de­rio: tro­var­si in un luo­go con tan­ti sta­gni e tan­ti al­be­ri do­ve po­ter vi­ve­re e gio­ca­re tran­quil­la­men­te. E fu co­sì for­te il de­si­de­rio che, quan­do ria­prì gli oc­chi, si ri­tro­vò sul­la Ter­ra, in mez­zo a quel­la na­tu­ra che lui ave­va for­te­men­te de­si­de­ra­to.

    Ra­nel­lo non cre­de ai suoi oc­chi: da­van­ti a lui c’è pro­prio uno sta­gno con tan­te pic­co­le ra­noc­chie che sal­tel­la­no di fo­glia in fo­glia che mac­chia­no con il lo­ro ver­de in­ten­so lo spec­chio d’ac­qua.

    En­tu­sia­sta del nuo­vo luo­go e da gran gio­che­rel­lo­ne qual è, vo­lan­do sul­lo sta­gno lan­cia sas­so­li­ni dall’al­to con l’in­ten­zio­ne di at­ti­ra­re l’at­ten­zio­ne del­le ra­noc­chie, stan­do be­ne at­ten­to a non col­pir­le, per­ché non vuo­le far­gli ma­le e per­ché in­ten­de fa­re ami­ci­zia. I sas­so­li­ni fi­ni­sco­no nell’ac­qua met­ten­do­la lo­cal­men­te in mo­vi­men­to in cer­chi che pro­gre­di­sco­no smor­za­ti e rag­giun­go­no al­cu­ne ra­noc­chie, che, già all’er­ta per il ton­fo cau­sa­to dal sas­so­li­no, si im­pet­ti­sco­no all’ar­ri­vo dell’on­da. Guar­da­no in­tor­no ma non ve­do­no nes­su­no. Poi una di lo­ro, con gli oc­chi sbar­ra­ti ver­so l’al­to, os­ser­va Ra­nel­lo che fa dei ghi­ri­go­ri nell’aria, e av­vi­sa le al­tre ra­noc­chie di­cen­do:

    -- Uno stra­no ti­po ci vo­la so­pra. As­so­mi­glia a noi, ma ha le ali e dev’es­se­re sta­to lui a bom­bar­dar­ci.

    E un’al­tra:

    -- Se scen­de qua fra noi, gli da­re­mo il ben­ser­vi­to.

    Ra­nel­lo, es­sen­do­si ac­cor­to di es­se­re sta­to no­ta­to, si lan­cia giù fa­cen­do un bel tuf­fo dall’al­to, co­me da un tram­po­li­no.

    Gra­ci­da a mo’ di cin­guet­tio, il pla­ci­do Ra­nel­lo, cer­can­do di chia­ri­re la sua na­tu­ra e la sua po­si­zio­ne, ma le ra­noc­chie del­lo sta­gno, uni­te in un uni­co in­ten­to, gli sal­ta­no ad­dos­so, spro­fon­dan­do­lo nell’ac­qua. Ra­nel­lo ca­pi­sce ben pre­sto, co­sì, che an­che qui l’al­log­gio non è fa­ci­le e, al­lor­quan­do l’azio­ne pu­ni­ti­va del­le ra­noc­chie ha fi­ne, prof­fe­ri­sce lo­ro que­ste pa­ro­le:

    -- Ca­re ra­noc­chie che abi­ta­te que­sto sta­gno, io lan­cian­do i sas­so­li­ni vo­le­vo sol­tan­to far­mi no­ta­re da voi, pri­ma di ren­der per me ca­sa il vo­stro sta­gno. Ho no­ta­to che non ave­te le ali, ma mi so­mi­glia­te tan­to. Nel mio pia­ne­ta gli ip­po­fan­ti non mi con­sen­ti­va­no di sguaz­za­re nel­lo sta­gno. Mi avreb­be­ro schiac­cia­to senz’al­tro, ma voi, voi ca­re ra­noc­chie sie­te co­me me ed io so­no co­me voi. Da­te­mi spa­zio nel vo­stro sta­gno ed io vo­lan­do su­gli al­be­ri qui in­tor­no fa­rò da ve­det­ta e vi av­vi­se­rò quan­do ar­ri­va­no i ser­pen­ti man­gia­to­ri di ra­ne.

    Un gra­ci­dio di con­sul­to ed ec­co la ri­spo­sta:

    -- D’ac­cor­do, sa­rai la no­stra ve­det­ta e que­sto sta­gno sa­rà la tua ca­sa e noi i vi­ci­ni con cui gio­che­rel­la­re. Af­fa­re fat­to, qua la zam­pa!

    E co­sì Ra­nel­lo ora sal­te­rel­la da un pun­to all’al­tro del suo sta­gno, in­cro­cian­do­si con le ra­noc­chie che sbuf­fet­tan­do gio­ca­no con lui. Il suo se­sto sen­so - per­ché Ra­nel­lo ha un se­sto sen­so, da­to che pro­vie­ne da un’al­tro pia­ne­ta - lo av­ver­te dell’im­mi­nen­te pe­ri­co­lo: ser­pen­ti in ar­ri­vo e al­lo­ra lui al­lun­ga, stro­pic­cian­do­le, le ali e fa un gi­ro di ri­co­gni­zio­ne, poi si pog­gia su un ra­mo dell’al­be­ro più al­to lì vi­ci­no e, ap­pe­na in­di­vi­dua quei ma­le­det­ti man­gia­to­ri di ra­noc­chie, lan­cia un gra­ci­dio d’al­lar­me. Tut­te le ra­noc­chie, al­lo­ra, van giù sul fon­do più pro­fon­do del­lo sta­gno den­tro la nic­chia di una roc­cia e stan­no lì ad aspet­ta­re ta­ci­tur­ni e tre­pi­dan­ti fin quan­do Ra­nel­lo non le rag­giun­ge av­vi­san­do del­lo scam­pa­to pe­ri­co­lo. E tut­te su, fra le lar­ghe fo­glie a far fe­sta.

    Ma ec­co che una vol­ta, uno dei ser­pen­ti più fur­bo de­gli al­tri, fa­cen­do fin­ta d’an­dar via, si era ce­la­to fra l’er­ba e non ap­pe­na le ra­noc­chie ri­po­po­la­no le ac­que su­per­fi­cia­li è lì lì per fa­re un bel ghiot­to­ne di una di es­se. Ra­nel­lo, più svel­to del ven­to, rac­co­glie con le zam­pe un gros­so sas­so e svo­laz­zan­do in aria, pren­de la mi­ra e giù sul­la te­sta del ma­le­fi­co ser­pen­te che ri­ma­ne to­tal­men­te in­ton­ti­to e, do­lo­ran­te, fug­ge via tra­la­scian­do la pre­da.

    Le ra­noc­chie, tem­po do­po, riu­ni­to­si in con­sul­ta, de­cre­ta­no che l’azio­ne fat­ta da Ra­nel­lo è de­gna di es­se­re pre­mia­ta con la mas­si­ma ca­ri­ca pre­vi­sta: ca­po del­la co­mu­ni­tà del pic­co­lo la­ghet­to.

    In oc­ca­sio­ne del­la no­mi­na di Ra­nel­lo a ca­po del­la co­mu­ni­tà, vie­ne ban­di­ta una fe­sta, du­ran­te la qua­le av­ver­rà il sim­bo­li­co in­co­ro­na­men­to.

    La con­sul­ta del­le ra­noc­chie, per vo­ce del­le più an­zia­ne dà l’an­nun­cio a Ra­nel­lo, che in quel mo­men­to as­si­so su una nin­fea, si spec­chia­va mi­man­do va­ri at­teg­gia­men­ti, con l’espres­sio­ne del­la fac­cia, da as­su­me­re, ora che era il ca­po, nel­le va­rie cir­co­stan­ze: al­le­gro, im­pet­ti­to, se­rio, stu­pe­fat­to, inor­ri­di­to, al­te­ra­to, di­mes­so, com­pren­si­vo.

    -- Gra, gra. So­no lie­to di an­nun­ciar­ti che tut­ta la co­mu­ni­tà del­lo sta­gno, per fe­steg­gia­re la tua no­mi­na, vuo­le fa­re una gran­de fe­sta. Que­sta fe­sta è per te e toc­ca a te, ora che sei il ca­po, or­ga­niz­zar­la.

    -- Gra­cip, gra­cip. So­no mol­to lie­to che vo­le­te fa­re una fe­sta. È giu­sto che tut­ti co­lo­ro che pra­ti­ca­no lo sta­gno e tut­ti co­lo­ro che vi­vo­no nei

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