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Media e crimine: Come i media influenzano l'opinione pubblica
Media e crimine: Come i media influenzano l'opinione pubblica
Media e crimine: Come i media influenzano l'opinione pubblica
E-book115 pagine1 ora

Media e crimine: Come i media influenzano l'opinione pubblica

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Info su questo ebook

Il presente saggio pone come filo conduttore logico il forte connubio tra comunicazione tout court e criminologia. Infatti l’intento interpretativo-analitico è quello di dimostrare come la comunicazione, prima giornalistica e poi televisiva, influenzi la ricezione interpretativa di un caso di cronaca e, conseguentemente, la sua trattazione giurisprudenziale.
LinguaItaliano
Data di uscita1 mag 2020
ISBN9788835819202
Media e crimine: Come i media influenzano l'opinione pubblica

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    Media e crimine - Marino D'Amore

    Marino D'Amore

    Media e Crimine

    Come i media influenzano l'opinione pubblica

    2020 Tutti i diritti riservati.

    Primiceri Editore Srls

    Via Savonarola 217, 35137 Padova

    Prima Edizione

    www.primicerieditore.it

    Questo ebook è lo sviluppo di un elaborato di tesi dottorale in criminologia discussa a Lugano nel 2016.

    UUID: 79c9faf6-4832-4538-9d92-e7731f6d926b

    Questo libro è stato realizzato con StreetLib Write

    http://write.streetlib.com

    Indice

    Dedica

    Premessa

    Introduzione

    I media: influenze e possibilità

    Media e pubblico

    Informare e comprendere

    Voyeurismo mediatico

    Comunicazione e comprensione: conclusioni

    Media e crimine

    Il processo Fadda

    Gino Girolimoni

    Il Mostro di Nerola

    Il delitto di via Puccini

    Il caso Lavorini

    Il caso Sutter

    Il caso Tortora

    Il delitto di via Poma

    Fruizione critica e consapevole

    Informazione, informazione manipolata e disinformazione

    Media, comunicazione e integrazione

    Conclusioni generali

    Bibliografia

    Dedica

    A mio padre.

    Premessa

    Il presente saggio pone come filo conduttore logico il forte connubio tra comunicazione tout court e criminologia. Infatti l’intento interpretativo-analitico è quello di dimostrare come la comunicazione, prima giornalistica e poi televisiva, influenzi la ricezione interpretativa di un caso di cronaca e, conseguentemente, la sua trattazione giurisprudenziale. L’analisi, all’interno del testo, procede da un punto di vista oggettivo, ossia riferendosi ad ogni singolo caso in modo il più possibile esaustivo, ma anche diacronico, generazionale, osservando come la trattazione mediatica di questi casi è mutata nel corso del tempo e all’interno del contesto storico-culturale di appartenenza.

    L’iter analitico che tale lavoro ha portato avanti si è basato sullo studio degli articoli dei quotidiani e più tardi sul potere icastico del mezzo televisivo nel trattare determinate tematiche, nel tipo di comunicazione utilizzata attraverso l’uso degli strumenti semantico-linguistici che la caratterizzano.

    I casi trattati, dal Processo Fadda a Sara Scazzi, dimostrano come un titolo, un aggettivo, una proposizione, un’immagine, può mistificare il reale svolgimento di un fatto, una verità, addirittura mitigare la sanzione sociale nei confronti dell’autore di un reato che assurge al ruolo di personaggio pubblico non per merito ma per nomina di audience dai connotati voyeuristici. Pubblici che in molti casi non hanno gli strumenti cognitivo-interpretativi adeguati per comprendere determinate notizie, connotandole di significati erronei. L’opinione pubblica inoltre, in quanto portatrice di un pensiero comune e condiviso, influenza, insieme alla cosiddetta gogna mediatica, anche il giudizio di una certa letteratura giurisprudenziale, che ovviamente prima del suo ruolo giudiziario e anche pubblico e quindi inevitabilmente soggetto a questo tipo d’influenza mediatica. Tali valutazioni impongono di porre in essere, da un punto di vista socioculturale, istanze formatrici per i pubblici e per i fornitori di contenuti giornalistico-televisivi, nel rispetto di codici deontologici e etici.

    Introduzione

    Sicurezza reale e percepita

    La sicurezza ha rappresentato storicamente una tematica molto delicata nonché centrale in qualunque proposta programmatico- politica finalizzata alla cura e al governo, sia esso locale sia esso nazionale, di una determinata comunità. La sicurezza (la cui etimologia si rintraccia nella locuzione latina sine cura : senza preoccupazione) può essere definita tecnicamente come la conoscenza che l'evoluzione di un sistema sociale dato non produrrà stati indesiderati. Il presupposto della conoscenza è fondamentale da un punto di vista epistemologico o meramente conoscitivo poiché un sistema può evolversi senza dar luogo a stati indesiderati o imprevisti, ma non per questo esso può essere ritenuto sicuro. Solo una conoscenza di tipo scientifico, attraverso la cosiddetta empiria basata quindi su osservazioni ripetibili, si può garantire una valutazione sensata e attendibile della sicurezza di un determinato contesto sociale.

    La sicurezza totale si ha, ovviamente, in assenza di pericoli. In senso assoluto, si tratta di un concetto difficilmente traducibile nella vita reale anche se l'applicazione delle norme di sicurezza rende più difficile il verificarsi di eventi dannosi e tende, nei suoi intendimenti, al raggiungimento di quello stato ideale, prefiggendosi un miglioramento della qualità della vita e tentando di rendere concreta una tale astrazione utopistica. Il concetto di sicurezza è sinonimo di migliore qualità della vita, uno stato di cose a cui tutti aspiriamo, una condizione secondo la quale ognuno di noi può dormire sonni tranquilli, tra le mura della propria abitazione, all’interno del proprio quartiere e quindi della propria città.

    Il termine ombrello sicurezza rappresenta una sorta di macrocategoria, un contenitore semantico in cui confluiscono più concetti che appartengono al medesimo ambito. Come ad esempio il concetto di prevenzione, ossia acquisire misure affinché determinati atti delinquenziali non avvengano, che non si verifichino quelle contingenze, quei contesti circostanziali che a loro volta rappresentato il terreno fertile, l’habitat più adatto e congeniale per quel tipo di eventi. Insomma le misure di prevenzione sono applicate per impedire che avvengano quegli atti che le misure di sicurezza dovranno, in seguito, sanzionare. Ossia sono rivolte a tutti quei soggetti che per il loro comportamento siano considerati dediti a reati o ad azioni di tipo delittuoso prima che questi ultimi vengano materialmente commessi, quando entrano in gioco invece le misure di sicurezza vere e proprie a cui poi si lega anche il concetto di certezza della pena, ossia la formulazione legislativa inequivocabile e proporzionalmente adeguata al reato commesso, finalizzata a punire tutti coloro che delinquono a vario grado nonché la complementare certezza che quelle norme vengano applicate fermamente. Altro aspetto importante, centrale ai fini di un’analisi del fenomeno e di una speculazione il più possibile esaustiva, è quello della percezione della sicurezza che ogni cittadino ha. In questo un senso un ruolo fondamentale è giocato dai mass media e da coloro che li gestiscono, dalle inchieste, dai dibattiti e dai servizi giornalistici. Quante volte abbiamo sentito l’espressione questo è un processo che si è svolto prima davanti alle telecamere, e poi nelle aule di tribunale oppure il mostro in prima pagina o ancora è una gogna mediatica, sono tutte espressioni che evidenziano l’importanza e l’invasività nelle nostre vite dei mezzi di comunicazione, mostrano quanto questi mezzi siano capaci d’influenzare e, al tempo stesso, indirizzare certi comportamenti, di quanto tutti noi siamo soggetti al cosiddetto quarto potere. Ed è proprio il concetto di gogna mediatica quello che rappresenta la cifra culturale dei nostri tempi, è infatti quella la moderna gogna che ci pone davanti al marcio, all’esecrabile, al reato; quella finestra sul mondo, da cui noi percepiamo l’effettivo stato delle cose, avvertiamo più o meno consapevolmente il polso della sicurezza sociale. Tutto questo avviene, come detto, attraverso i mass media che a volte nella ricerca spasmodica, a volte irrazionale, del sensazionalismo applicano criteri di notiziabilità che seguono gerarchie valoriali quantomeno discutibili; mistificando quindi la realtà e la sua percezione. Mi spiego meglio, di esempi ce ne sono tanti storicamente: da Sacco e Vanzetti puniti e uccisi per un delitto che non avevano commesso; Girolimoni considerato il mostro sanguinario che torturava e uccideva bambine durante il fascismo, fino a Enzo Tortora accusato di associazione camorristica. In tutti questi casi i media per inseguire il voyeurismo degli spettatori e dei lettori hanno alimentato immotivati e pericolosi stereotipi: l’italiano radicale e anarchico e quindi colpevole, il serial killer che scapolo e benestante sfoga le sue trasgressioni su vittime innocenti, l’uomo di spettacolo legato alla bella vita e agli ambienti criminali. Questo tipo di comunicazione ha progressivamente catalizzato paure, pregiudizi e condanne di popolo verso mondi, contesti e ambiti che nulla avevano a che fare con

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