Una granita di fragola e Panna
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Anteprima del libro
Una granita di fragola e Panna - Salvatore Leto
moglie.
Nota introduttiva
Questa è la seconda creatura che nasce dalla penna di Salvatore Leto.
E’ un bel racconto, ben articolato, in un linguaggio senza ambizioni letterarie e pure sciolto e gradevole, che conduce di pagina in pagina, curioso di conoscere il seguito.
Il racconto e il linguaggio riflettono il carattere del loro autore che io ben conosco. Salvatore è una persona mite, socievole, equilibrata, che si accosta agli altri senza supponenza alcuna, ed è un buon comunicatore.
Tutto questo si evidenzia lungo tutta la narrazione dei fatti, a volte simpaticamente intricati, ma il cui breve intrigo si risolve nel capitolo successivo.
I personaggi non sono di grande spessore perché riguardano i piccoli eventi del vissuto quotidiano: incontri, ricordi, pettegolezzi, a volte anche simpatici, del piccolo mondo di quartiere.
I protagonisti principali sono il professore Mulè, un’antica sua alunna, Eugenia e il Dottò
che, pur parlando poco, tiene le fila e la trama di tutto il racconto. Gli altri personaggi, come sottofondo, fanno da contorno, pur essendo, in pochi tratti, ben definiti.
Il personaggio principale, che naturalmente domina tutto il racconto, è il professore Mulè. È un vero personaggio, sbalzato a tutto tondo e tratteggiato con fine psicologia.
È un uomo colto, appunto, un professore di lettere classiche, saggio e di grande buon senso, con quel pizzico di anticlericalismo di maniera, caratteristico di certa cultura italica. Possiede un buon intuito psicologico capace di inquadrare subito le sue allieve, verso le quali usa un tono bonario, come un padre di famiglia, anche se vive solo, senza una famiglia.
Il racconto scorre con un linguaggio piacevole e garbato, caratteristica che facilita la lettura e dà il piacere di leggere.
Anche la figura di Eugenia è tratteggiata con un certo garbo e rispecchia il dramma di tante ragazze buone, intelligenti, capaci e sole, la cui vita senza storia, quasi piatta, non sempre ha la buona sorte di un finale lieto, quanto imprevisto, come nel nostro caso.
La sua controfigura, che fa da controcanto, è la sua compagna di classe, Sabrina. Carattere inquieto, alla moda, dalle molte esperienze osé e dalla disponibilità facile, che personifica la classica perfidia femminile nei confronti delle rivali o di chi le ha fatto uno sgarbo. C’è poi la figura di Frat’Antonio, sacerdote pieno di fede, di buon senso e di sapienza. Con il suo fare semplice e bonario ispira fiducia e riesce a far breccia nel cuore dell’uomo che spontaneamente si apre, si sente compreso e si lascia guidare.
L’incontro con Frat’Antonio è del tutto casuale, eppure questo sacerdote diventa, in un certo senso, il deus ex machina
di tutta la trama che si va ingarbugliando, e non è indifferente il suo intervento in tutta la vicenda, anzi ne prepara il felice esito.
Le espressioni dialettali, simpatiche e azzeccate, danno un colore tutto particolare, danno quel tocco di sicilianità che caratterizza i personaggi e il piccolo mondo del quartiere, fatto di piccoli intrighi, di pettegolezzi e dell’intreccio di tante piccole esistenze.
Una granita di fragola e panna
, torno a ripetere, è un bel racconto che offre una gradevole lettura.
Non è impegnato, non affronta i grandi problemi della vita e, forse, questo non è nelle intenzioni dell’autore, né ha alcuna pretesa didascalica. Non è buonista; però ci dà uno spaccato delle vicende e delle trame semplici della vita quotidiana non senza una buona dose di buon senso. Che offre un contenuto positivo.
Don Giuseppe Pitarresi
Capitolo 1
Oggi il sole splende, la giornata è di quelle dove il dolce far niente impera, tuttavia ho bisogno di andare dal barbiere per sistemare i capelli, meglio dire i pochi peli che sono rimasti sulla mia testa. Pensiero profondo, nessuna volontà, ma bisogna approfittare della giornata, sembra che tutto si possa fare, barbiere, passeggiata, lettura del giornale… ma prima di pensare a tutte queste cose una bellissima colazione (che non si potrebbe fare), poi una comunissima doccia così risparmiamo anche i denari per lo shampoo dal barbiere.
Forza e coraggio, iniziamo il rito. In cucina apparecchio la tavola per la colazione, latte e caffè, pane e nutella, qualche biscotto di grano saraceno con su’ un po’ di miele… che goduria! Mia moglie dorme per cui non può criticarmi o peggio ancora impedire il mio godimento ed io, per non sentirmi in colpa, preparo la colazione anche per lei, alla mia sinistra una tazza vuota sopra un piattino, poi lei deciderà di cosa riempirla: normalmente con latte bianco e forse una fetta biscottata ma non la voglio criticare, faccia come meglio le aggrada.
Fatta la colazione che ho programmato concludo con un espresso che divido in due, una metà o quasi la porto a mia moglie svegliandola con un bacio e dicendole: sono le otto, io vado dal barbiere.
Il mio barbiere è un po’ anziano, non si dice vecchio perché è offensivo, siamo ambedue anziani. Mi trovo bene perché quando mi siedo sulla poltrona non mi chiede come voglio tagliati i capelli ma sa già come deve fare, tuttavia visto che i tempi cambiano e per lavorare bisogna aggiornarsi, Vincenzo il barbiere, detto Vicè, ha assunto un giovane che lui dice mezzobraccio¹, Giuseppe, per tagliare i capelli ai ragazzi nelle forme più svariate e strane. Aprendo la porta, dico Permesso?
- Si accomodi, deve aspettare un poco, c’è sutta ù professure².
Il professore Mulè mi saluta anche lui, e io rispondo al saluto di entrambi.
- Non c’è problema, oggi è domenica e non abbiamo grandi cose da fare.
Mi seggo in una delle scomodissime sedie d’attesa, prendo il Giornale di Sicilia a disposizione gratuitamente nel salone e comincio a sfogliarlo. Giuseppe il mezzobraccio con la macchinetta, quella per tosare, sta scolpendo la testa di un giovane che vuole essere all’ultima moda, lo guardo e nella mia testa si muovono una serie infinita di pensieri del tipo: lo manderei a fare il militare dove una volta li tosavano veramente a tutto tondo in maniera da essere sicuri che non avessero pidocchi, oppure imbarcato su un peschereccio a stare un mese fuori godendosi il dondolio continuo delle onde, con i calli sulle mani a furia di tirare le reti e per necessità fare i bisogni fuori bordo, altro che comodità… io a questi ragazzi gli darei una bella lezione per diventare uomini con la U maiuscola! Ma i tempi sono questi, i maschietti crescono più effeminati possibile, tanto che le donne oggi si lamentano che è difficile trovare uomini, uomini veri.
Finalmente il professore Mulè ha concluso il suo taglio e viene il mio turno.
- Facciamo prima la barba o i capelli?
- Come volete, per me è uguale.
- Allora capelli.
Il professore interviene: "Vicenzu dumanna pi cortesia, ma poi è iddu ca cumanna!³
Il professore, brava persona, pensionato, insegnava latino e greco, cerca sempre di attaccare bottone per occupare il tempo; poi non parliamo di quando uno gli dà spazio su una frase latina, perché allora inizia e non si ferma più, ma è una persona colta e piacevole a cui piace parlare anche in dialetto siciliano, il dialetto è il sale dei popoli, dice. Vicé parte per provocarlo mentre sforbicia sui miei capelli:
- Usque tandem…
E il professore:"Sceccu cu i brasi⁴! Cicerone, il padre dell’eloquenza, disse: Quousque tandem abutere, Catilina, patientia nostra?
che significa Fino a quando dunque, Catilina, abuserai della nostra pazienza?
E prosegue Quamdiu etiam furor iste tuus nos eludet? Quem ad finem sese effrenata iactabit audacia?
che significa Quanto a lungo ancora codesta tua follia si prenderà gioco di noi? Fino a che punto si spingerà la tua sfrenata audacia?
Hai capito? Vicè, la storia parla a chi la capisce e a chi la ama, ma tu scecco sì e tali vo’ restare⁵.
Io sto in silenzio, la prima parte la ricordavo anch’io ma la seconda assolutamente no, silenzio assoluto, sicuramente dopo questo scambio affettuoso di apprezzamenti si sarebbe rivolto a me, in qualità di persona istruita, e guai a non rispondere a tono, mi sarei venduto la faccia… E infatti arriva la domanda:
- Duttù, ciù dicissi lei como⁶ si chiamava Cicerone, tutti lu chiamano Cicerone perché non si ricordano il nome completo.
Meno male, rientra nelle mie reminiscenze liceali e a tono rispondo Marco Tullio Cicerone
. Per fortuna ho fatto bella figura, ho risposto esattamente.
- E che voleva questo Catilina???
Crisi. Non me lo ricordo. Con un giro di parole, acchianando i muri lisci⁷, costringo lui stesso a dirlo:
- 8 novembre del 63 avanti Cristo, presso il Senato, Cicerone declamò quanto ho detto perché Catilina voleva rovesciare la Repubblica. Hai capito?
Io imperterrito guardo nello specchio Vicè che mi taglia i capelli, Giuseppe che sta rapando il giovane ragazzo e il Professore che è soddisfatto di avere dimostrato la sua cultura.
Mentre i miei pensieri sono concentrati sulla scena che ho di fronte ecco che il Professore riparte:
- Andate a missa ora?
- Certamente.
- Io no, sono ateo.
- Siete ateo? Mi lasciate perplesso?! Vi ho visto in chiesa!
- Si, sicuramente. Non andiamo avanti, il terreno è minato. Ci vediamo.
Prende la birritta⁸, come la chiama lui, e se ne va.
Apre la porta una bella ragazza in jeans con strappi e buchi nei pantaloni come si usa adesso, slanciata, alta, una ragazza solare e chiede se c’è molto da aspettare per un taglio. Vicè risponde che ci vogliono circa 20-30 minuti.
- Va bene, tenetemi il turno che sto tornando.
- Viri cose che s’hanno a viriri oggi! ⁹Questa bella ragazza non va dal parrucchiere per donna ma viene da noi per farsi tagliare i capelli da Giuseppe, taglio moderno!
- Caro Vicè, i tempi cambiano, i gusti anche, a lei sta bene o ha difficoltà?
- No no, nessuna difficoltà, mi paga e mi sta bene. Come dicevano l’antichi, attacca ù scecco unni vuole ù patrune.¹⁰
- Lei la conosce?
- Si chiama Eugenia, abita da poco qua vicino. Mah! Mah!
- Ma cosa? Vicè, come le sa queste cose?
- L’ho vista passare diverse volte, e nel quartiere ci si conosce tutti. Quando arriva una persona nuova si guarda, si vede di capirla, e poi il passa parola la fa conoscere a tutti, specialmente se è una persona seria.
- Ma dove le prendete le informazioni?
- Volete sapere chi sono i nostri agenti segreti? Bene, noi non abbiamo agenti segreti, abbiamo persone che conoscono e sanno pesare quelle che non conoscono, ad esempio sappiamo dal postino che la signorina vive da sola, che si chiama Eugenia Amato, che è di Campofelice, perché le scrivono da Campofelice.
- Sempre il postino ah! ah!
- Certamente. Che è sola, non ha un fidanzato, un amico masculo¹¹, che è impiegata al Comune.
- Sempre il postino?
- No. Il portiere. Don Giovanni, portiere dello stabile da oltre 20 anni conosce tutti, uomini e cose, e difficilmente si sbaglia.
- Va bene, come dite voi, però vedo che è difficile farvi i cazzi vostri.
- No, dovete capire che nel quartiere ci piace vivere in pace, pensate se fussi una malafimmina? Eh! Eh!, problema! Le nostre mogli, le nostre figlie come sopporterebbero questa cosa? Però è davvero una bedda figghia¹²! Certamente ai masculi sta bene, ma anche lì, la cosa è delicata, certamente lei comprende?!
- Ho capito, Vicè. Adesso passiamo alla barba. Però spicciati, mi stà faciennu perdere à rutta a forza ri discursi persi¹³!
- Dottò, si viene dal barbiere senza prescia¹⁴… questo è il bello, se no lei come poteva sapere quello che ha visto, e si inchìo l’occhi¹⁵, e quello che ha sentito? Tra cinque minuti viene la signorina Eugenia così ha occasione di vederla nuovamente. Se vuole gliela presento.
- No, no assolutamente, dai, forza, sbrighiamoci.
Dopo 5 minuti precisi, mentre Vicè finisce di rinfrescarmi il viso con il dopobarba dal profumo inconfondibile di barbiere, apre la porta la signorina Eugenia.
- Posso?
- Trasiti,¹⁶ Giuseppe è tutto per lei.
- Vicè, quanto vi devo per taglio, barba e chiacchiere?
- Per barba e capelli 10 euro, le chiacchere gratis.
- Vicè, oggi il Palermo dove gioca?
- Ma che tifoso siete se non sapete neanche questo? Oggi il Palermo non gioca.
- Ho