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L'estate indiana
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E-book219 pagine3 ore

L'estate indiana

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Info su questo ebook

Un delizioso cocktail mediterraneo, lei; un whisky liscio sorseggiato lentamente, lui; la meraviglia di una città pulsante, illuminata dai caldi colori dell'autunno e accarezzata da un insolito tepore: è l'estate indiana, una poetica parentesi, sospesa nel tempo, che si insinua furtivamente tra la pioggia, la neve imminente e il ghiaccio. E se non fosse solo un'illusione?
LinguaItaliano
Data di uscita9 dic 2019
ISBN9788831651530
L'estate indiana

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    Anteprima del libro

    L'estate indiana - Irene Rando

    placa".

    1. CHLOE

    Avete presente quella sensazione di smarrimento che vi travolge dopo un sogno o un incubo strano, inspiegabile e apparentemente senza significato? Ecco, io mi sentivo così. Giovedì mattina, il cielo cominciava ad albeggiare e dalle finestre a nastro un timido chiarore illuminava la camera riflettendosi sui muri rosso-arancio. Mi tirai a sedere sul letto in preda a spasmi di paura. Mi guardai attorno e riconobbi la mia stanza da letto, ampia e senza grandi fronzoli. Un grande specchio sulla destra e grandi vetrate sulla sinistra. Raramente abbasso le veneziane, mi piace essere cullata dal rumore della city. Il letto di ferro battuto poggia contro l’unica parete di mattoni rosso-arancio della stanza. Della trapunta neanche l’ombra, segno tangibile che durante la notte devo essermi agitata parecchio. Presi il cellulare leggendo l’ora: 5.45. Numerose notifiche avevano riempito la schermata principale del telefono. Troppo agitata per soffermarmi nella lettura, decisi di alzarmi e di andare in cucina. Preso un sorso d’acqua, mi sedetti sul divano. Afferrai il mio iPad cercando sul web Il suicidio nei sogni. Già scriverlo mi mise una tale angoscia che sentii le gambe tremare. Diverse letture e interpretazioni catturarono la mia attenzione, ma poi decisi di chiudere e dimenticare. Vi sembra facile? Avete mai provato a non pensare a qualcosa a cui in realtà ossessivamente pensate? Impossibile. Il fotogramma di quel pensiero vi ritorna alla memoria a intervalli regolari e, se siete fortunati, viene spesso arricchito da dettagli sempre più precisi e nitidi. Un’alternativa? Accettare che il cervello vi faccia da regista e attendere che decida di cambiare pellicola. Nel frattempo, puoi fare altro… come ad esempio preparare dei buonissimi pancakes. Accendere la tv, spesso aiuta, ma attenzione perché basta una parola a farvi rituffare nel pensiero molesto. Comunque io accesi la tv e cominciai a prendere gli ingredienti per i pancakes. Era ancora presto per telefonare allo zio; di sicuro si sarebbe spaventato se lo avessi chiamato a quell’ora. Però, una cosa che ho imparato dai pensieri ossessivi è questa: se li condividi, per quanto strambi siano, i maledetti perdono d’intensità. Bada bene con chi ti confidi, la persona che ti ascolta molto probabilmente potrebbe prenderti per pazza, anche se, data l’omologazione della mente umana, tutti facciamo dei pensieri strani almeno una volta nella vita.

    Il notiziario andava mostrando la mappa degli Stati Uniti ricoperta da una linea a indicare delle perturbazioni: sole in California e Florida, alcune nuvole in qualche stato del Nord, saette in Oklahoma. Quando vi fu nel dettaglio Manhattan, aguzzai l’orecchio. È fondamentale sapere il meteo della tua città ogni mattina se hai in programma di andare al lavoro in tacco 12 (cit. Anna). Per il mio primo giorno di lavoro nella grande mela, anni fa, avevo scelto di indossare un décolleté verde pistacchio. Peccato che quel giorno, nonostante fosse giugno, piovve così tanto che il verde diventò marrone sbiadito e presi tant’acqua da farmi dolere i talloni per mesi. Questo non significa che non possiate indossare scarpe alte quando piove, ma sceglietele di colore scuro affinché, una volta asciutte, non mostrino i segni della pioggia battente, e prendete un taxi, così piedi e caviglie vi ringrazieranno.

    Ritornando a quella mattinata, ascoltai il meteo mentre preparavo i miei buonissimi pancakes. Al diavolo, chiamerò Anna – pensai – cosa importa se è presto? Il mio buon senso, però, mi suggerì di scriverle un messaggio. Se fosse stata sveglia mi avrebbe richiamato lei. Digitai quindi il messaggio:

    Sto preparando i pancakes!

    Veloce come un asteroide arrivò la sua chiamata. Credo che Anna sottovaluti il riposo notturno: pensa di togliere tempo prezioso alle sue innumerevoli attività. E a dispetto di chi dice che durante il sonno avviene il rinnovo cellulare, questa donna diventa sempre più bella dormendo sì e no quattro ore per notte.

    "Che cosa ti è successo? Non cucini mai i tuoi pancakes se non sei abbastanza depressa o… un momento! C’è un uomo nel tuo letto che si sta stiracchiando e aspetta che la sua amante prepari la colazione… e in quel caso deve essere veramente un dio, a letto, se in una sola notte ti ha trasformata in una melensa donna di casa" disse tutto d’un fiato.

    Aspetta, frena la lingua Annina ribattei. Le sue congetture, di prima mattina, mi avevano spiazzato. "Purtroppo non c’è nessun uomo e li ho preparati per te i pancakes perché sei la donna più orgasmica del mondo."

    Ahahaha, stupida! Dimmi che ti succede.

    Ho fatto un sogno orribile e mi sono svegliata tutta trafelata. Ho sognato che nel mio paese si era suicidato un tizio di nome ‘Amore’ e tutta la cittadina era piena di necrologi con scritto ‘Amore’ ovunque, capisci? Lei cominciò a ridere di gusto.

    Smettila di ridere, sono ancora scossa. Da dove mi vengono questi sogni?

    Hai mangiato dei peperoni ieri sera? Sul serio, con te Freud impazzirebbe! Tu, mia cara, soffri d’isteria! Ti ci vuole un uomo e alla svelta! Tutto si risolve con una sana scopata.

    Smettila Anna, sono così stressata al lavoro, che non ho tempo di mettermi dietro a qualcuno; esco dall’ufficio alle otto di sera e dovrei anche andare a cercarmi un uomo? E no, ti fermo prima che tu lo dica, non pagherò un uomo per venire a letto con me risposi lapidaria.

    Cercatene qualcuno in ufficio, così sai come passare il tempo durante le pause caffè, e il sesso sulle scrivanie non ha prezzo. Poi non capisco cosa ci sia di strano a pagare qualcuno, sai quanto sono dettagliati i cataloghi…

    Ti prego mi viene la nausea. Non voglio pagare nessuno, non voglio stare con nessuno del mio ufficio, sono il capo e non posso scoparmi i dipendenti, ANNA!

    La tua socia la pensa come me…

    Alice non è monogama per natura. Io, per tua informazione, lo sono e ci rimango. E non voglio ritrovarmi a licenziare un mio dipendente perché mi spezza il cuore o non mi soddisfa abbastanza… chiuso il discorso.

    Come sei drammatica… spezzare il cuore è eccessivo. Devi solo usarlo nello stesso modo con cui usi uno di loro per andare a prendere in tintoria i tuoi abiti.

    Io non li uso, e nessuno prende i miei abiti in tintoria! Ricordami perché sei la mia migliore amica?

    Perché sono il tuo alter ego, il lato che respingi e reprimi. Il tuo lato sexy e aggressivo.

    "Nulla, Anna, non mi hai aiutato… e devo scappare perché i pancakes si stanno bruciando; ci vediamo venerdì al solito posto. Non fare tardi, sai quanto odio aspettare da sola seduta al tavolo."

    Ok, ok, farò il possibile. Questa settimana Maggie non sarà con il padre, devo organizzarmi. Bye bye miss isteria!

    Anna era la mia migliore amica da sempre. Entrambe italiane ma naturalizzate a New York. Sia io che lei avevamo fatto di Gotham City il nostro habitat naturale: la nostra personale Sin City; lei però aveva colto il lato sin della city e io quello più metropolitano senza tanti eccessi. Lei si era trasferita a Manhattan qualche anno prima di me, aveva seguito il marito chiamato a lavorare nell’azienda madre di New York. Dopo qualche anno di assestamento anche lei aveva trovato un lavoro come direttore del The Pierre, A Taj Hotel, tra la seconda e la sessantunesima strada. Organizzava anche eventi aziendali. La sua esuberanza vulcanica aveva però intimorito, anche troppo, suo marito, il narcisista, che non era riuscito a relegarla nel ruolo di semplice moglie e madre. Il successo della moglie lo aveva destabilizzato. Morale della favola: due anni fa i due, di comune accordo, scelsero di rimanere amici solo per la figlia adolescente che cresceva tra i lapilli roventi della madre e il narcisismo del padre. Benché più grande di me, c’era tra noi un’intesa sensazionale. Era proprio vero quando diceva di essere il mio alter ego, perché in realtà lei dava voce ai mei più profondi pensieri: eh sì, era senza dubbio una persona cui poterli confidare senza problemi. Non mi avrebbe mai preso per pazza e non avrebbe mai riso di me. Sapeva sempre darmi il consiglio giusto, analizzava e valutava ogni situazione con accuratezza, mancava forse di modi, spesso era un caterpillar nelle affermazioni, ma aveva un cuore grandissimo, avrebbe fatto tutto per me e non mi avrebbe mai delusa.

    Quella mattina l’incubo prima e la successiva telefonata con Anna mi avevano irritata. Benché non avesse detto nulla di nuovo o di offensivo, sapevo che nel profondo aveva ragione e che il mio desiderio spasmodico di avere una relazione seria mi aveva intrappolata in una spirale di compostezza che non si addiceva alla mia età.

    Dopo aver scelto con cura cosa indossare… ecco un altro mio consiglio: quando siete giù di morale, scegliete ciò che di più bello avete nell’armadio e sfoderate il vostro fascino. Un vestito attillato e delle scarpe alte vi daranno il giusto sostegno per affrontare la giornata. È naturale che i vostri jeans o pantaloni anonimi richiamino la vostra attenzione, ma così, come si fa con i pensieri fastidiosi, accettate di aver dei pantaloni orrendi che potrebbero fare al caso vostro in un giorno già brutto, e allora lasciateli giù! Non assecondate sempre il vostro istinto, amatevi e fate in modo di essere tanto sexy da lasciarvi senza fiato e privi di pensieri dannosi alla vostra autostima.

    Ritornando alla scelta dell’abito per il lavoro, avevo indossato un vestitino casual poco sopra il ginocchio, perché anch’io non ho delle bellissime gambe snelle da mostrare, però ho sempre delle bellissime scarpe tacco 12 che slanciano la figura. La giornata era calda benché fossimo quasi giunti al giorno del Ringraziamento. Scesi in strada coperta da una corta pelliccetta sintetica e mi diressi verso la metro. La cosa che più adoro di questo periodo dell’anno è il fervore che si scruta negli occhi dei passanti, che poi è il mio stesso fervore, quando i camioncini degli addobbi natalizi cominciano ad affiancarsi ai marciapiedi e distese di luci vengono srotolate e posizionate per la città.

    La mia casa era tra la Lexington Ave e la 2nd Ave (160 East 48th St.) e quella mattina mi soffermai a guardare un tizio in tuta da lavoro con un elmetto che provava le luci e automaticamente mi sentii proiettata verso il Natale! E il Natale a New York non lo batte proprio nessuno. Altro consiglio: se credi che nella tua testa ci siano solo brutti pensieri, se non trovi proprio nulla che sposti la tua attenzione dai pensieri più tristi, è perché non osservi abbastanza. Attorno a te sono tanti gli stimoli che possono cambiare il corso dei pensieri. Da negativi a positivi. Il tizio che metteva le luci di Natale mi aveva catapultato in una dimensione romantica e messo subito di buon umore, insieme alle scarpe, naturalmente.

    Mi accorsi che ero in ritardo perché il farmacista, che puntualmente incontravo mentre sollevava la saracinesca del suo negozio, era già con il camice bianco e stava apostrofando la moglie con le sue solite colorite battute. A New York, se esci da casa allo stesso orario, per quanto inconsueto e impossibile possa sembrarti per una città grande come questa, incontrerai le medesime persone sui marciapiedi e sulla metro tutti i giorni, e io avevo instaurato con ognuna di loro un rapporto di amicizia insolito, perché unilaterale. Mi sentivo però parte di un sistema e fiancheggiata da persone che mi davano, a modo loro, stabilità.

    Salii sulla metro trafelata e misi la mia borsa da ufficio tra le gambe perché quella mattina la calca era veramente tanta. Nelle successive fermate la metro cominciò a svuotarsi. Era piuttosto tardi. Non appena si liberò un posto mi ci fiondai, la borsa quella volta pesava più del dovuto e mi dava fastidio. Preso il telefono da brava abitudinaria, feci la solita, ma non per questo meno importante, chiamata della mattinata:

    Zio, come stai? Dall’altro capo del telefono mi rispose una voce possente, quasi tonante.

    Come stai mia piccola? Ero preoccupato, sei in ritardo stamattina… Il gene dell’abitudine è intrinseco nella nostra famiglia.

    Sì, sono un po’ in ritardo oggi, ma sto quasi per arrivare al lavoro. La zia?

    Come al solito gira in camicia da notte e, piccola mia, è sempre un bello spettacolo.

    Anche il romanticismo è nel nostro DNA.

    Ben detto, zio. Oggi sembra una bellissima giornata ed è abbastanza calda. Ho fatto un incubo verso l’alba, per questo sono in ritardo, benché sia sveglia dalle sei: te lo racconterò nel week end. Alice mi ha già mandato tre messaggi stamattina e dice che ha un’idea sorprendente da propormi. Ho quasi il terrore…

    Alice mette paura anche a me che sono un reduce di guerra e ormai ottantenne. Mi alzai per avvicinarmi alla porta di uscita, sarei scesa tra due fermate.

    Mentre ridevo alla battuta dello zio, fui scossa da una sensazione familiare: un brivido mi percorse la schiena, e quel maledetto stormo di farfalle che mi avevano lasciata da tempo, fece irruzione nel mio stomaco. Mi sedetti di nuovo incapace di reggermi e naturalmente di parlare: vidi quelle spalle, il taglio corto dei capelli che lasciavano completamente scoperto il collo. Dall’altra parte della cornetta mio zio m’incitava e continuava a urlare il mio nome come un forsennato. Il mio amico buon senso mi spinse a rispondere all’ennesima richiesta di mio zio:

    Ci sono, zio, non prende bene, ti chiamo dopo.

    La mia frase detta in italiano suscitò l’interesse dell’uomo di spalle, che si girò improvvisamente lasciandomi priva di dubbi sulla sua identità. Era Lui a più di sei mila chilometri di distanza. Appena mi vide i suoi occhi azzurri s’illuminarono e senza pensarci due volte si avvicinò a me, mi prese per un braccio e costringendomi ad alzarmi mi strinse a sé. Anche il suo profumo mi abbracciò con forza. Il suo viso tondo andava oltre ogni immaginazione: esprimeva solarità, sempre. Ma la cosa che più mi colpiva e bloccava il respiro erano i suoi occhi. I suoi deliziosi occhi! Azzurri, azzurri come il mare più puro, come il cristallo più trasparente, come il cielo infinito in una mattina d’inverno in Sicilia, come uno zaffiro pervinca. Due distese attraenti e seducenti di piccoli semi di soffioni che abbracciavano le minuscole pupille nere che si confondevano in tutto quell’azzurro mistico e fantasioso che solo la mente di un grande artista avrebbe potuto creare.

    La voce della metro annunciava ora una fermata ora un’altra: io avevo superato la mia, ma non ero pronta a staccarmi da Lui. D’un tratto fu lui a decidersi, e, guardandomi felice, mi strinse forte le mani.

    Dio, Chloe, non avrei mai immaginato di incontrarti, nonostante lo volessi con tutto me stesso. Prima di partire avevo cercato qua e là un tuo contatto… beh sì, cavolo, ti trovo bene. Sei bellissima!

    Mentre parlava a perdifiato, una donna, che evidentemente era con lui, gli si piazzò accanto con la faccia interrogativa e profondamente seccata. Ehm, sì, lei è Mara, la mia ragazza. Siamo qui perché si è appena laureata in farmacia e le ho regalato questo viaggio che desiderava tanto… ma è fantastico averti incontrato…

    Io continuavo a non formulare alcuna parola. Il mio sguardo passava da lui a lei. Non avevo neanche notato che quella povera donna mi allungava la mano per una formale presentazione e avevo immediatamente capito che non era entusiasta di sapere chi fossi. Finalmente rinsavii e dissi:

    Dovevo scendere due fermate fa, sto andando al lavoro e sono molto in ritardo, buona continuazione e auguri per la laurea. Afferrai la mia borsa e mi catapultai fuori. Lui, afferrandomi per un braccio, scese con me, mentre le porte si chiusero lasciando Mara all’interno del vagone smarrita.

    Perché scappi? mi chiese.

    Ti ho già detto che sto andando al lavoro… e hai lasciato la tizia in metro.

    Prenderò la prossima! e mi abbracciò di nuovo.

    Devo proprio andare dissi, mentre cercavo di divincolarmi dal suo abbraccio.

    "Io e Mara staremo qui per un mese circa. Siamo arrivati ieri.

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